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Il «nucleo irriducibile» dei diritti fondamentali.

Il principio secondo il quale i diritti fondamentali risiedono nella natura stessa del soggetto e non sono da considerarsi, per così dire, una “concessione” da parte dello Stato, si desume dall’art. 2 Cost., in base al quale la Repubblica si limita a “riconoscere”, oltre che a garantire, i diritti inviolabili dell’uomo come realtà preesistente allo stesso ordinamento e come insieme di posizioni pre-giuridiche accordate e protette317. L’orientamento assunto dal Costituente in questa prima parte

del precetto, al di là di alcuni rilevi presenti in dottrina318, sembra coincidere con quella

anteposizione dell’individuo rispetto alle norme ordinamentali che discende dalla filosofia tipicamente giusnaturalista319. Non potendo, in questa sede, approfondire,

ancorché sinteticamente, la portata di questo concetto320, possiamo affermare con

estrema certezza che l’art. 2 Cost. riconosce tali diritti all’uomo, sia come singolo individuo, sia nelle “formazioni sociali” in cui si svolge la sua personalità, vale a dire in tutte quelle relazioni ove il soggetto svolge attività di partecipazione, che può essere (appunto) sociale, religiosa o, nel nostro caso, più propriamente politica. È come se la realizzazione della personalità richiamasse al suo fianco la tutela di determinate

317 Si veda, tra i tanti, AUGUSTO CERRI, Istituzioni di diritto pubblico, Milano, Giuffrè, 2009, p. 454, dove l’autore evidenzia proprio l’uso del termine “riconosce” che implica la preesistenza del diritto inviolabile rispetto all’ordine positivo.

318 EMANUELE ROSSI, Art. 2, in Raffaele Bifulco, Alfonso Celotto e Marco Olivetti (a cura di), Commentario alla Costituzione, Vol. I (art. 1-54), Torino, UTET Giuridica, 2006, p. 43, segnala che «dai lavori della Assemblea costituente non sembra dedursi una chiara e condivisa posizione in ordine al fondamento giusnaturalistico dei diritti inviolabili».

319 In tal senso, si rinvia ai ragionamenti svolti nel primo capitolo dell’opera. Cfr. NORBERTO BOBBIO, Stato, Governo, Società. Frammenti di un dizionario politico, Torino, Einaudi, 2006, p. 74, il quale individua «l’ipotesi di uno Stato di natura, dove i diritti dell’uomo sono pochi ed essenziali».

320 Cfr. AUGUSTO BARBERA, Commento all'art. 2, in G. Branca, Commentario alla Costituzione italiana, Bologna/Roma, 1974. In un certo senso, anche AUGUSTO BARBERA, FRANCESCO COCOZZA, GUIDO CORSO, Le libertà dei singoli e delle formazioni sociali. Il principio di uguaglianza, in Giuliano Amato e Augusto Barbera, Manuale di diritto pubblico, Bologna, Il Mulino, 1984, p. 221 ss.

posizioni giuridiche, atte a caratterizzare l’uomo non solo in quanto tale, bensì come membro del contesto nel quale vive (es. lavoratore, studente, professionista o membro di un partito politico). In questa visione dei diritti fondamentali dell’uomo, che potremmo definire uti socius, riscontriamo un preciso “incastro” con il tema della cittadinanza e della condizione dello straniero.

Date queste premesse, ci sembra non possano essere escluse, dalle formazioni entro cui l’individuo (nazionale o straniero) svolge la propria personalità, le istanze che qualificano una determinata appartenenza di quest’ultimo alla comunità locale o alla stessa Repubblica321. Si pensi, tra l’altro, anche alla cd. “solidarietà” di cui lo stesso

dettato costituzionale si fa portavoce. Sinora, gran parte della dottrina ha giustamente segnalato che i diritti e i doveri di solidarietà (sociale, economica e politica) siano da considerarsi come titolarità esclusiva di coloro che vantano un legame di cittadinanza con lo Stato322. Eppure, a nostro avviso, è ormai innegabile che la norma non si limiti

ai semplici cittadini; l’appartenenza all’ordinamento va vista lato sensu e va intesa come titolarità/soggezione all’ordinamento, in quell’insieme di posizioni attive e passive che richiedono, senza dubbio, il rispetto di quella “solidarietà” prima richiamata. A questo punto, è legittimo domandarsi se questo “catalogo di diritti e doveri” possa essere “graduato” in base al vincolo che intercorre tra il soggetto e lo Stato e se la fattispecie di questi diritti/doveri possa considerarsi “aperta”, ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione323.

321 Si rimanda a quanto sostenuto da TEMISTOCLE MARTINES, Diritto Costituzionale, Milano, Giuffrè, 1997, p. 760 ss., secondo cui le formazioni sociali costituzionalmente rilevanti sarebbero rappresentate dalla scuola, le confessioni religiose, la famiglia, l’ambiente di lavoro, i partiti politici, le province, i comuni e le Regioni. In tal senso, a nostro modesto avviso, anche lo Stato potrebbe essere inserito in queste formazioni, specie se si considera la riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione (art. 114) che pone lo Stato sullo stesso piano di dignità degli altri enti locali e, quindi, ascrivibile al “catalogo” protetto dall’art. 2 Cost.

322 Si rinvia alle riflessioni svolte da EMILIO CASTORINA, Introduzione allo studio della Cittadinanza.

Profili ricostruttivi di un diritto., Pubblicazioni della Facoltà di Giurisprudenza, Università di Catania,

Milano, Giuffrè Editore, 1997, p. 115 ss.

323 Come è noto, la tesi relativa all’art. 2 come “catalogo aperto di diritti” è stata sostenuta da AUGUSTO BARBERA, Commento all'art. 2, in G. Branca, Commentario alla Costituzione italiana, Bologna/Roma, 1974, p. 85. In tal senso, vale la pena ricordare che in dottrina ci si è interrogati se l’art.2 Cost. sia da considerarsi come una "formula riassuntiva" dei singoli diritti elencati nel testo costituzionale (cd. "serie chiusa”), o se invece il dettame consenta un’interpretazione estensiva e, quindi, l’apertura del catalogo ad altri e “nuovi” diritti non elencati. Secondo il primo filone interpretativo, «le

Riprenderemo questo tema più avanti. Per il momento, quello che vogliamo far emergere è una “potenziale” rinnovata visione del concetto di cittadinanza, da riconfigurare attraverso una prospettiva “elettiva” e non meramente etnica, che, da un lato, si sleghi dal presupposto della nazionalità e che, dall’altro, sia legato all’effettiva partecipazione dell’individuo alla comunità. Tale partecipazione, senza dubbio, deve avvenire nella piena condivisione dei principi che la stessa comunità assume come propri e inderogabili. A questo punto, anche lo status civitatis (probabilmente) finisce per confluire in un “gruppo sociale” che si forma su base (anche) consensuale e, quindi, meritevole di possedere diritti propri, «derivanti dalla partecipazione dell’individuo alla sfera comunitaria»324. Sulla scorta di queste considerazioni,

analizzeremo ora il contenuto di alcuni diritti sanciti nella Costituzione italiana, per poi soffermare l’attenzione sulle specifiche libertà di partecipazione politica.

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