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L’impatto della cittadinanza europea non è da sottovalutare, né per quanto riguarda l’innovatività, né per ciò che concerne i suoi contenuti. Se si considerano le argomentazioni riportate precedentemente e che riguardavano la netta divisione tra la nazionalità e la cittadinanza, appare maggiormente comprensibile come tutto agrupaciones políticas, as¡ como el sufragio activo y pasivo en las elecciones locales y al Parlamento europeo». Cfr. Revista de instituciones europeas, vol. 18, n. 1, 1991, p. 405 ss.

133 A riguardo, si veda l’opinione della Commissione del 21 ottobre del 1990, in Bollettino della CEE, suppl. 2/91, COM(90) 600, p. 69.

134 È bene ricordare che la diretta applicabilità è un principio connesso al diritto dell’Unione e che trova le sue radici in un ciclo di numerose sentenze, inaugurato dalla nota sent. VANGELD c. LOOS del 5 febbraio del 1963. Tale adattamento ha poi subito non poche difficoltà sia per la poca duttilità della Corte costituzionale italiana, sia per le (poche, a dir la verità) resistenze del Tribunal Constitucional spagnolo. Per una ricostruzione più esaustiva in tema di applicabilità dei diritti connessi alla cittadinanza europea si veda MARCOS FRANCISCO MASSÓ GARROTE, Los derechos políticos de los extranjeros, op. cit., p. 189

135 Nella disciplina della cittadinanza europea, permane il problema dell’acquisto “differenziato” del titolo di cittadino che varia secondo l’ordinamento in cui si richiede: alcuni privilegiano lo ius soli (es. Irlanda), altri invece lo ius sanguinis (Germania, Italia…), altri invece ammettono la doppia cittadinanza (Slovenia, tra gli ultimi). Ciò continua a causare qualche problema nella fruizione dell’istituto europeo. Concordiamo, infatti, con le considerazioni di parte della dottrina secondo cui, a fronte di un eventuale ed ulteriore rafforzamento dei diritti connessi alla cittadinanza dell’Unione, «non è improbabile che si renda opportuno un intervento armonizzatore, promosso dall’Unione, delle legislazioni sulla cittadinanza degli Stati membri». Cfr. PAOLO CARETTI, La cittadinanza europea: spunti di riflessione dalla

quell’impianto teorico si realizzi quasi totalmente nell’istituto di stampo primariamente comunitario. Detto questo, su tale relazione (nazionalità versus cittadinanza) possiamo aggiungere un ulteriore tassello, essendo maggiormente chiaro che «la "nazionalità" è spesso vista come caratteristica del diritto internazionale, mentre la "cittadinanza" si riferisce alle sue implicazioni nel diritto nazionale»136. Contestualizzando, nel diritto

europeo «è ovvio che la nazionalità fa riferimento al legame formale tra una persona e uno Stato, indipendentemente dalle forme con cui questo collegamento viene classificato dalla legge nazionale, mentre la "cittadinanza dell'Unione" si riferisce ad un vero e proprio

status, di recente creazione nel diritto comunitario»137.

Detto questo, il contenuto materiale della cittadinanza europea comporta la fruizione di alcuni diritti che, a dir la verità, erano presenti nel diritto dell’Unione ancor prima che l’istituto fosse introdotto con il Trattato di Maastricht, il quale sopraggiunge per estendere e concretizzare tali libertà. Sotto tale profilo, bisogna considerare la libera circolazione e il diritto al soggiorno, secondo cui ogni “cittadino Ue” ha il diritto di circolare e soggiornare senza costrizioni all’interno dello “spazio europeo”, secondo quanto è disciplinato dal art. 21 TFUE138. Sebbene questi due diritti siano da considerarsi

come fondamentali e funzionali in egual misura per l’integrazione europea, è proprio l’esercizio della libera circolazione e del soggiorno che oggi comporta la massima attenzione da parte degli operatori giuridici nazionali ed europei. Certo è che la Direttiva

136 Cfr. Flora GOUDAPPEL, The Effects of EU Citizenship. Economic, Social and Political Rights in a Time of

Constitutional Change, Rotterdam, T.M.C. ASSER PRESS, 2010, p. 27

137 Cfr. GERARD-RENÉ DE GROOT, Towards a European nationality law, Electronic Journal of Comparative Law, 8, n. 3, 2004, p. 2 Per una panoramica sulla portata di tutti i diritti connessi alla cittadinanza Ue, si veda PIETRO GARGIULO, Politica e diritti sociali nell'Unione Europea, Napoli, Editoriale Scientifica, 2011.

138 Si precisa che i Paesi che sono in fase di adesione (come fu per Cipro, Malta, Romania e Bulgaria) sono soggetti a misure temporanee che permettono di applicare il regime ordinario ai cittadini che intendono esercitare tali diritti. Rispetto all’art. 21, va altresì segnalato che la versione consolidata del TFUE, così come novellato dal Trattato di Lisbona, aggiunge che «quando un'azione dell'Unione risulti necessaria per raggiungere questo obiettivo e salvo che i trattati non abbiano previsto poteri di azione a tal fine, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono adottare disposizioni intese a facilitare l'esercizio dei diritti» (par. 2) e che « salvo che i trattati non abbiano previsto poteri di azione a tale scopo, il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale, può adottare misure relative alla sicurezza sociale o alla protezione sociale. Il Consiglio delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo». (par. 3). Cfr. online su eur-lex.europa.eu.

2004/38/CE139 del 29 aprile 2004 ha contribuito a mettere ordine in questo districato

ambito del diritto che, per certi versi, tocca molto da vicino la legislazione degli Stati membri come unici titolari a disciplinare chi possa permanere nel proprio territorio. In effetti, detto istituto, visti i suoi contenuti, «si pone come disposizione di efficacia diretta», in quanto può abilitare «in maniera indiscutibile i cittadini a far valere i loro diritti»140, così

come esplicitato dalla Corte europea di Giustizia nella sentenza Baumbast141.

Proprio da questa direttiva e dalla successiva giurisprudenza della Corte, oggi la cittadinanza europea da diritto al soggiorno permanente e, in taluni casi, al rafforzamento dei diritti per i componenti della famiglia, i quali possono risiedere insieme al cittadino, per un periodo di tre mesi senza dover esibire documentazioni o autorizzazioni aggiuntive, salvo il documento di identità personale, semplificando di gran lunga le modalità e le condizioni formali necessarie alla permanenza. Dopo il periodo minimo, inoltre, i beneficiari possono usufruire di trattamenti simili ai nazionali anche in ambiti come l’assistenza sociale, la residenza o il diritto allo studio142. Questa particolare titolarità

in capo ai soggetti è stata più volte osteggiata dagli Stati membri, sia per quanto riguarda il soggiorno stabile (legato al previo esercizio della libera circolazione) che per ciò che concerne l’assistenza sociale. In tale ambito si è espressa la CGUE in maniera netta e risolutiva attraverso due importanti sentenze: per il primo caso, la sentenza McCarthy ha sancito che «i cittadini dell’UE che non abbiano mai esercitato il loro diritto di libera circolazione, non possono invocare la cittadinanza dell’Unione per regolarizzare il soggiorno del loro coniuge proveniente da un paese terzo»; nel secondo caso, invece, la

sentenza Stwart ha reso maggiormente evidente che «il principio della cittadinanza europea

e della libertà di circolazione viene violato dalla normativa di uno Stato membro che vincola una prestazione assistenziale ad un requisito di pregresso soggiorno del

139 attuata in Italia d. lgs. Del 6 febbraio 2007 n. 30, cfr. G.U. n. 72 del 27 marzo 2007

140 In tal senso, STEFANO NICOLIN, La cittadinanza europea, in Lauso Zagato, Introduzione ai Diritti di Cittadinanza, Venezia, Libreria Editirice Cafoscarina, 2009, p. 105

141 Sentenza del 17 dicembre 2002, causa C-413/99, in Racc. 2002, 1-7091

142 La direttiva impone il superamento del periodo minimo onde evitare una migrazione temporanea verso regimi sociali più favorevoli. Tale disposto, che condiziona la titolarità di questi diritti ad una residenza continuata di cinque anni, è stato più volte ritenuto sproporzionato e in contrasto con la giurisprudenza della Corte europea di Giustizia. Cfr. Sentenza Baibar, causa causa C-209/03 dove si sancisce che lo Stato membro non può non concedere sussidi allo studio alle persone che dimostrino un certo grado di integrazione e che esso possa erogarsi anche con un periodo di residenza inferiore ai cinque anni.

richiedente sul suo territorio». Queste due recentissime sentenze hanno contribuito a delimitare, per certi versi, gli ambiti di applicazione dell’istituto, riaffermando, specie per l’ultimo caso, una tendenza ormai consolidata nella giurisprudenza della Corte, per cui i principi della cittadinanza europea, e le libertà fondamentali a essa connesse, devono tutelare anche il cittadino nazionale nei suoi rapporti con lo Stato d’appartenenza.

Per ciò che concerne la condizione giuridica degli stranieri extra-europei, invece, la libera circolazione e il soggiorno stabile hanno dato impulso ad una nuova valutazione di tali libertà, sottoposte a condizioni relativamente più favorevoli rispetto al passato, che consentano una maggiore inclusione e tutela di questi soggetti. È evidente che la recente sentenza Zambrano143 ha innovato e rinforzato il concetto di cittadinanza europea, specie

nei confronti di coloro che provengono da Paesi terzi, stabilendo che «la cittadinanza dell’Unione impone che uno Stato membro autorizzi i cittadini di uno Stato terzo, genitori di un bambino in possesso della cittadinanza di detto Stato, ad soggiornare e lavorare nella misura in cui un diniego priverebbe il figlio del godimento dei diritti connessi allo status di cittadino dell’Unione». Questa decisione della Corte va al di là del riconoscimento dello status di cittadino europeo come fondamento dell'acquisizione di prestazioni nell'ipotesi di migrazioni intracomunitarie (come visto prima), per estendere i benefici anche quando non è stata esercitata alcuna circolazione in seno all'Unione europea. Va precisato, tuttavia, che gli stessi giudici europei, con la successiva sentenza

Dereci144, hanno circoscritto tali benefici derivanti dalla cd. “clausola Zambrano” all’

«godimento reale ed effettivo dei diritti»145. Ciò nonostante, queste sentenze146 sono da

considerare di notevole apertura nel campo della tutela dei diritti e della regolazione del soggiorno, atteso che la cittadinanza europea è fra i principi democratici fondamentali

143 Sentenza CGUE dell’8 marzo 2011, caso C-34/09 144 Sentenza CGUE del 15 novembre 2011, caso C‑256/11

145 Si precisa che al paragrafo 66 della sentenza si enfatizza come quest’ultimo criterio sia riservato a quelle «ipotesi contrassegnate dalla circostanza in cui il cittadino dell’Unione si trovi obbligato, di fatto, ad abbandonare il territorio non solo dello Stato membro di cui è cittadino, ma anche dell’Unione considerata nel suo complesso».

146 Per un commento articolato della sentenza Zambrano si veda LOÏC AZOULAI, "A comment on the Ruiz Zambrano judgment: a genuine European integration", Robert Schuman Centre, eudo- citizenship.eu; Per una visione correlata delle sentenze sinora citate, mi si consenta di rinviare a CLAUDIO DI MAIO, La cittadinanza europea ed il paradosso della "discriminazione inversa", 12 Novembre 2011, disponibile online su www.duitbase.it.

sanciti dal Trattato di Lisbona (art. 9 TUE), oltre ad essere contenuta nella Carta dei Diritti fondamentali che lo stesso Trattato ha reso vincolante per i tribunali europei.

L’opera riformatrice operata dal Trattato di Lisbona, in ultimo, ha contribuito a rinvigorire ed estendere alcuni diritti che, a nostro avviso, non sono da considerarsi come “minori” e che oggi costituiscono certamente la parte più concreta della cittadinanza dell’Unione147; ci riferiamo al diritto di petizione al Parlamento europeo148 che viene

riservato non solo ai cittadini, bensì ad ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia sede in uno degli Stati membri (art. 227 TFUE) se essa concerne direttamente l’attività dell’Unione149. Al pari di questo diritto, viene ampliata e resa più effettiva la possibilità di

godere della protezione diplomatica (art. 23 TFUE), resa fruibile anche in altri presidi d’ambasciata o uffici consolari che sono istituiti da Paesi membri dell’Unione europea (qualora non vi sia un diretto contatto con lo Stato di provenienza)150. Ulteriore

possibilità è stata offerta al cittadino attraverso il denominato diritto di accesso (art. 15 TFUE) che consente ai beneficiari di poter visionare i documenti delle istituzioni, degli

147 Sul punto si veda l’analisi critica svolta da GIANDONATO CAGGIANO, La “filigrana del mercato”

nello status di cittadino europeo, in Ennio Triggiani (a cura di), Le nuove frontiere della Cittadinanza

europea, Bari, Cacucci Editore, 2011, p. 209 ss.

148 Si precisa che, a norma dell’art. 228 TFUE (ex art. 195 TCE), i cittadini dell’Unione possono anche ricorrere alla figura del Mediatore europeo per denunce riguardanti la cattiva amministrazione nell’azione degli organi europei. Su tale ultimo aspetto (in assenza di ulteriori definizioni) si considera come parametro quanto previsto dal Codice europeo di condotta amministrativa, approvato dal parlamento europeo con Risoluzione del 6 settembre 2001. Per una visione più accurata di questo istituto si veda LUIGI COMINELLI, Il mediatore europeo, ombudsman dell'Unione. Risoluzione alternativa delle dispute tra

cittadini e istituzioni comunitarie, Milano, Giuffrè, 2005.

149 la Commissione ha risposto durante il periodo 2007/2010 a circa 170 singole domande, 30 domande del Parlamento europeo e 9 petizioni. Durante questo periodo, sono stati avviati procedimenti di infrazione contro 18 Stati membri che non erano riusciti a comunicare in tempo utile le misure per il recepimento della direttiva 2006/106/CE21 sulle modalità di voto alle elezioni comunali, tenendo conto dell'adesione della Bulgaria e della Romania. Cfr. Report from the commission to the European parliament, the council and the European economic and social committee, On progress towards effective EU

Citizenship 2007-2010, Bruxelles, 27 ottobre 2010, COM (2010) 602.

150 Per un’analisi più approfondita e attualizzata alle ultime riforme del diritto europeo, si veda MASSIMO FRAGOLA, "Cittadinanza europea e protezione diplomatica dei cittadini Ue all’«estero»", in atti del Convegno “Diritti fondamentali, cittadinanza europea e tutele giuridiche sovranazionali”, Consiglio Nazionale Forense, Milano, Franco Angeli, 2010.

organismi e degli organi dell’Unione, garantendo quel principio di trasparenza ormai proprio del diritto europeo (Reg. 1049/2001).

A completare il contenuto materiale della cittadinanza europea, infine, vi è il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni locali, che si concede ai cittadini appartenenti agli Stati membri che “risiedono” in un qualsiasi Paese di cui non sono cittadini. Tale diritto, che concerne quanto si sta cercando di delineare nell’indagine, è disciplinato dalla Direttiva 94/80/CE151 del Consiglio, approvata il 19 dicembre 1994. Secondo l’articolo 22 TFUE, inoltre, viene concessa l’eleggibilità anche al Parlamento europeo, previa dichiarazione dello Stato di appartenenza.

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