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Come già evidenziato anche per il caso spagnolo, anche nella Costituzione italiana i diritti politici, strictu senso, sono libertà che vengono riconosciute ai soli “cittadini” dello Stato. Inoltre, l’Italia non estende il diritto di voto alle elezioni locali per i cittadini extraeuropei, al contrario di come ormai accade per i cittadini dell’Unione europea343. Detto con parole più specifiche, la Carta costituzionale

“concede” il diritto di elettorato attivo (art. 48) e passivo (art. 51) a coloro che, da un punto di vista positivo, possiedono la cittadinanza italiana, vale a dire quel rapporto che qualifica l’appartenenza piena del soggetto allo Stato. Questo non è un particolare da sottovalutare, poiché in Italia tale requisito viene richiesto senza distinzioni relative al grado di consultazioni previste (nazionali, regionali, locali); per giunta, ai sensi del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, si stabilisce all’art. 13.1 che «sono elettori tutti i cittadini italiani iscritti alle liste elettorali»; ciò porta a concludere che anche per le elezioni amministrative sia necessario il possesso dell’istituto in questione.

Per altri versi, la legge ordinaria in materia344 circoscrive l’iscrizione alle

liste elettorali a «tutti i cittadini italiani»345. Da qui, ci si rende conto come le

scelte legislative che regolano la titolarità e l’esercizio delle libertà politiche sembrano essere una diretta emanazione di quanto previsto dallo stesso disposto costituzionale. Ciò nonostante, il dibattito su questi temi è in continua evoluzione, atteso che «né nell’ordinamento costituzionale interno, né tantomeno nelle convenzioni internazionali sui diritti umani, né nel diritto internazionale generale, esiste un principio che imponga l’esclusione assoluta dello straniero dai diritti politici»346. Ecco perché il nodo cruciale del discorso sull’estensione dei

diritti politici riguarda la modifica (o no) dell’art. 48 della Costituzione italiana347.

343 Oltre all’Italia, nell’Ue non estendono il diritto di voto anche Grecia, Germania e Austria.

344 Testo unico delle leggi recanti norme per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali - approvato con D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223,

345 L’unica eccezione è fatta dal Dlgs. n. 197/2006 che impone la realizzazione di un registro “ad hoc” nei comuni per l’esercizio del voto locale dei cittadini dell’Unione, ex articolo 19 TCE.

346 Cfr. ANGELA RODANO, Il diritto di voto agli immigrati: quali possibilità di intervento per le autonomie

territoriali?, IX Convegno internazionale della S.I.S.E., "La cittadinanza elettorale", Firenze, 14-15

Dicembre 2006, p. 2.

347 Oltre agli autori già citati, per una modifica della Costituzione si sono espressi PAOLO BARILE,

La dottrina, dal canto suo, ha cercato di individuare alcune soluzioni che vedremo in dettaglio nelle pagine successive348. C’è da dire, in primis, che i

sostenitori di una possibile estensione prendono le mosse dalla nota sentenza n. 172/1999 della Corte costituzionale con la quale è stata dichiarata conforme alla Costituzione la previsione dell’obbligo della leva militare anche in capo agli apolidi in quanto «parti di una comunità di diritti e di doveri, più ampia e comprensiva di quella fondata sul criterio della cittadinanza in senso stretto» che «accoglie e accomuna tutti coloro che, quasi come in una seconda cittadinanza, ricevono diritti e restituiscono doveri, secondo quanto risulta dall’art. 2 della Costituzione là dove, parlando di diritti inviolabili dell’uomo e richiedendo l’adempimento dei corrispettivi doveri di solidarietà, prescinde del tutto, per l’appunto, dal legame stretto di cittadinanza».

Non è difficile osservare, in effetti, come la Corte abbia evocato (per la prima volta) una concezione della cittadinanza più ampia dello status civitatis contenuto nelle norme costituzionali e nelle leggi che stabiliscono i criteri di attribuzione349. Per altri versi, però, la stessa Corte ha autorizzato il legislatore ad

Cittadinanza italiana, partiti politici e loro cariche dirigenti, Diritto e società, 1979, p. 702; EMILIO

CASTORINA, Introduzione allo studio della Cittadinanza. Profili ricostruttivi di un diritto., Pubblicazioni della Facoltà di Giusrisprudenza, Università di Catania, Milano, Giuffrè Editore, 1997, p. 201 ss. Tra la dottrina più recente, su queste posizioni e sull’eventale estensione al voto amministrativo degli stranieri, si veda GIANLUCA BASCHERINI, Immigrazione e diritti fondamentali. L’esperienza italiana tra storia

costituzionale e prospettive europee, Torino, Giappichelli, 2007, p. 386 ss.; ROBERTO BIN, GIOVANNI

PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, Torino, Giappichelli, 2009, p. 488.

348 Sull’articolata questione si veda, tra i tanti, PAOLO BONETTI, "Ammissione all'elettorato e acquisto della cittadinanza : due vie dell'integrazione politica degli stranieri profili costituzionali e prospettive legislative." In www.federalismi.it, 2003, MARCO CUNIBERTI, La Cittadinanza: libertà

dell'uomo e libertà del cittadino nella costituzione italiana, Diritto e istituzioni, Padova, CEDAM, 1997, p. 421

ss.; URIKE HAIDER QUERCIA, I diritti politici dello straniero, Roma, Aracne Editrice, 2012, p. 41 ss. 349 Così anche ENRICO GROSSO, Sull'obbligo di prestazione del servizio di leva da parte degli apolidi : spunti di

riflessione verso possibili nuove concezioni della cittadinanza : osservazione a Sent. (10 maggio) 18 maggio 1999 n. 172.,

Giurisprudenza costituzionale, 44, n. 3, 1999, p. 1724. Per altri versi, c’è chi sottolinea come la sentenza n. 172/1999 non sembri rappresentare un modello generale di interpretazione in materia di estensione dei diritti politici agli stranieri. La Corte, in questo caso, la avrebbe elaborato un concetto, peraltro poco definito, proprio in relazione al particolarissimo status dell’apolide, e non riferibile al cittadino straniero. Cfr. TOMMASO F. GIUPPONI, "Il diritto di voto agli stranieri, tra “cittadinanza” e autonomie territoriali." In Forum dei Quaderni Costituzionali, 2003, www.forumcostituzionale.it/contributi/voto- stranieri.htm.

estendere la tutela di taluni diritti (più precisamente, quelli inviolabili dell’uomo) tra cui non potevano essere comprese le fattispecie relative al vincolo di cittadinanza350. A partire sa qui, taluna dottrina sostiene che l’estensione del

diritto di voto debba necessariamente passare per una modifica dell’art. 48 Cost.; vale a dire che quanto sancito in Costituzione deve ritenersi come un limite all’estensione e, al contempo, una “salvaguardia” per lo stesso ordinamento nazionale. Altri, al contrario, ritengono sia sufficiente un’estensione “tenue”, attuata in via legislativa (come per i cittadini europei nelle elezioni amministrative). Senza dubbio, però, non possiamo che sottolineare sin da adesso il dato più interessante di questo dibattito: vi è una rinnovata attenzione verso i temi che riguardano gli stranieri e il loro rapporto con lo status di cittadino. Questa tendenza, come avremo modo di illustrare, è stata perseguita sia nelle aule parlamentari351 che (in maniera forse troppo sbrigativa, ma

apprezzabile) anche da alcune amministrazioni comunali e locali352, che sono gli

350 Sullo stesso tenore, TOMMASO F. GIUPPONI, Stranieri extracomunitari e diritti politici. Problemi

costituzionali dell'estensione del diritto di voto in ambito locale, Relazione al Convegno "Cittadini di oggi e di

domani. Le sfide dell’immigrazione per il territorio", Alessandria, 18 novembre 2006, www.forumcostituzionale.it, sulla sentenza della Corte costituzionale n. 11/1968.

351 Tra i d.d.l. costituzionali, si veda: S-1088, recante “Modifiche all’articolo 48 della Costituzione relative all’estensione del diritto di voto ai sedicenni e agli extracomunitari residenti da almeno cinque anni per le elezioni amministrative”, e C-1635, recante “Modifiche agli articoli 48, 50, 51 e 75 della Costituzione, in materia di diritti politici degli stranieri residenti in Italia”. Tra le proposte di legge, si veda: S-1871, recante “Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalità e ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992, limitatamente al capitolo C”, e C-2840, recante “Riconoscimento e disciplina del diritto di elettorato attivo e passivo dei cittadini di Stati esteri non comunitari e degli apolidi nelle elezioni comunali e circoscrizionali. Ratifica ed esecuzione del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992”.

352 In materia di elezioni comunali, in un primo momento il Consiglio di Stato, con il parere n. 8007/04 (28 luglio 2004), aveva ritenuto legittimo l’art. 50 dello Statuto del Comune di Forlì che attribuiva il diritto di elettorato passivo ed attivo per i consigli circoscrizionali agli stranieri extracomunitari residenti, posto che tale previsione «è coerente con la legge ordinaria (art. 17 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) e non contrasta con i principi costituzionali (art. 48 e 50 Cost.), dal momento che lo straniero è chiamato a far valere le proprie esigenze in forma partecipativa e consultiva in organi sub-comunali e in materia di gestione dei servizi di base». Viceversa, secondo il successivo parere n. 9771/04 (16 marzo 2005), «l’ammissione in sede statutaria dei cittadini di Stati non aderenti all’Unione europea all’elettorato

organi di governo (probabilmente) più interessati dalle istanze provenienti dal gran numero di popolazione straniera presente nelle loro comunità di riferimento.

III. I diritti politici e la condizione giuridica dello straniero.

Sin qui abbiamo visto alcune delle principali criticità che caratterizzano il tema della “partecipazione estesa” per ciò che concerne lo straniero. È chiaro che la sistemazione di alcuni termini del discorso quali «cittadino», «sovranità», «voto- partecipazione» e, in ultimo, «popolo», possono contribuire a creare maggiore confusione o scetticismo verso un’analisi sistematica ed attualizzata, quale quella che l’ambiente giuridico e politico necessita oggi per affrontare questa questione.

In effetti, il principio che viene ribadito dall’art. 1 Cost., secondo cui «la sovranità appartiene al popolo», sembrerebbe scartare subito la possibilità di rendere fruibili questi diritti i “non cittadini”, nella convinzione (forse obsoleta) che solo un istituto come quello della cittadinanza possa dare garanzia dell’effettivo legame con lo Stato in cui il soggetto soggiorna. Probabilmente, ciò è dovuto al fatto che la manualistica più diffusa sembra scarsamente incline ad aperture significative rispetto a nuove ricostruzioni della figura giuridica in questione. Per altri versi, invece, è proprio la menzione di “popolo sovrano” che ritroviamo nelle costituzioni moderne353 che

può frenare questi istinti di revisione e riforma della cittadinanza: come è stato osservato, questa fervente affermazione della tutela rispetto ai diritti elettorali per i soli cittadini si fonda sui timori di “destrutturazione” dei presupposti che reggono l’ordinamento giuridico, poiché «estendere i diritti politici ai “non cittadini”, in tal senso, potrebbe mettere in dubbio il concetto di cittadinanza, incidere sull’individuazione di un elemento costitutivo dello Stato, nonché sull’esercizio della sovranità popolare»354. Il nodo del discorso sta proprio nella trasformazione di quel

attivo e passivo nelle elezioni comunali ed in quelle circoscrizionali costituisce invasione di un’area che la Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato». In senso analogo Consiglio di Stato parere n. 11074/04 (6 luglio 2005) e n. 1842/06 (24 maggio 2006).

353 Così come analizzato da importanti voci della dottrina italiana quali COSTANTINO MORTATI,

Articolo 1, in G. Branca, Commentario alla Costituzione, Principi fondamentali, Bologna/Roma, 1975,

p. 21 ss. e ROBERTO ROMBOLI, Problemi interpretativi della nozione giuridica di popolo. Rivista trimestrale di

diritto pubblico, 1984, p. 159 ss.

“popolo sovrano” che, sino ad oggi, è stato inteso nella sua accezione più “formale” e che, inevitabilmente, tende ad evolversi verso una concezione più “sostanziale”, «corrispondente alla comunità politica, cioè alla somma concreta dei citoyens»355. Con

queste premesse, possiamo ora analizzare le differenti tendenze osservabili nella dottrina giuridica sul tema dell’estensione dei diritti politici allo straniero.

Le posizioni sono varie e, in alcuni casi, diametralmente opposte: una parte considera l’esclusione dello straniero dal godimento di questi diritti come qualcosa che non può essere modificato, neanche attraverso una legge di revisione costituzionale; in una posizione opposta, poi, vi sono coloro che sostengono l’assoluta estensibilità dei diritti politici allo straniero, che deriverebbe da una lettura complessiva delle Costituzioni e che, quindi, potrebbe essere attuata con una riforma del testo della Costituzione. Tra queste, si inserisce una terza posizione (quella più seguita) che adotta come metodo di possibile estensione la cd. “via legislativa” e che, al suo interno, raggruppa sia coloro che ipotizzano un intervento del legislatore ordinario per modificare la titolarità prevista oggi solo per i cittadini, sia coloro che sostengono il fatto che lo straniero già gode di questi diritti e, quindi, il conferimento di essi da parte dell’ordinamento potrebbe avvenire con una legge di attuazione356. A seguire,

cercheremo di analizzare queste differenti tendenze, cercando di coglierne i tratti fondamentali.

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