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I L SIONISMO TRA UTOPIA MESSIANICA E IDEOLOGIA POLITICA

Tanto la guerra dei sei giorni (1967), quanto le successive tensioni tra Israele ed Egitto (la cosiddetta guerra di attrito 1967-70) furono eventi che non lasciarono indifferenti né filosofi come Lévinas, né studiosi come Katz, Talmon, Scholem e Leibowitz. Fin dagli anni Cinquanta, lo storico Jacob Katz aveva iniziato ad occuparsi della questione della secolarizzazione tra società europee cristiane e comunità ebraiche. Se gli studi di Talmon aprono la strada alle ricerche sul messianismo politico e sulla sua diretta relazione con l'ideologia sionista – precondizione necessaria per poter parlare di religioni secolari –, alcuni contributi di Katz, incentrati su secolarizzazione e nazionalismo ebraico, sono decisivi nell'individuare gli aspetti utopici inerenti alla genesi del sionismo. In tal senso, le prospettive di entrambi gli storici risultano complementari per chiarire i termini all'interno dei quali il sionismo si configurò come una religione secolare del Novecento. Da un lato la secolarizzazione ebraica permise la trasposizione della speranza messianica nell'utopia

133 RUBINSTEIN, Religion and State in Israel, p. 108. 134 Ivi, p. 116.

135 Ibid. 136 Ibid.

politica, su cui si fondò il ritorno a Sion (Katz), dall'altro, a secolarizzazione avvenuta, il messianismo politicizzatosi divenne un perno centrale dell'ideologia sionista con tutti i rischi connessi a tale politicizzazione del religioso (Talmon).

Nell'affrontare il rapporto tra secolarizzazione e nascita dell'utopia sionista lo storico Katz sembrò recuperare in parte alcuni temi e argomenti che all'epoca circolavano negli ambienti universitari della cosiddetta Jerusalem School. Specialmente egli sembrò sviluppare alcuni problemi legati all'idea messianica e alla sua secolarizzazione che erano già stati sollevati e discussi in più occasioni da Gershom Scholem, la cui figura rimane ancor oggi centrale per gli studi sull'idea messianica nell'ebraismo137. Di origini ungheresi, Jacob Katz compì inizialmente degli studi religiosi per diventare rabbino. Poi si trasferì in Germania, dove nel 1930 iniziò a frequentare l'università di Francoforte. Qui conobbe numerose personalità come Paul Tillich, Theodor Adorno, Karl Mannheim che influenzarono i suoi studi. Soprattutto all'interno dei seminari sul liberalismo di Mannheim Katz sviluppò quell'attitudine critica verso il moderno liberalismo che associò poi all'ideologia dell'assimilazione, ponendo così le basi della sua tesi di dottorato in storia sociale che conseguì nel 1934138. Due anni più tardi, nel 1936, emigrò in Palestina, dove a lungo insegnò presso le scuole secondarie, prima di diventare professore all'università ebraica di Gerusalemme139. Riteniamo molto probabile che anche la sua formazione a metà tra studi religiosi e studi storici abbia in qualche modo influito sulle sue successive

137 Jacob Katz dedicò alla figura e all'autorità di Scholem un articolo sulle pagine di «Ha'artez» nel 1957. Vedi J.KATZ, L'autorità di Gershom Scholem, «Ha'artez», 12 giugno 1957, p. 60 [ebraico]. L'anno successivo

uscì il saggio più noto di Scholem: G.SCHOLEM, Zum Verstandnis der messianischen Idea im Judentum, «Eranos Jahrbuch» n. 28 (1959), pp. 193-239; raccolto poi in ID., Judaica, Suhrkamp, Frankfurt am Main, 1963, pp. 7-74; tr. it. Per la comprensione dell’idea messianica nell’ebraismo, in ID., L'idea messianica

nell'ebraismo, Adelphi, Milano, 2008, pp. 13-45. Ricordiamo poi un altro significativo contributo scholemiano alla questione in occasione degli incontri di Eranos nel 1968: ID., Der Krises der Tradition im jüdischen Messianismus, «Eranos Jahrbuch» 37 (1968, pubblicato però nel 1970) pp. 9-44; ristampato in Judaica 3, Suhrkamp, Frankfurt am Main, 1973, pp. 152-97; tr. it. La crisi della tradizione nel messianismo ebraico, in ID., L'idea messianica nell'ebraismo, cit., pp. 59-86. Sulla figura di Scholem vedi: D.BIALE,

David Biale, Gershom Scholem: Kabbalah and Counter History, Harvard University Press, Cambridge,

1979.

138 J. KATZ, Die Entstehung der Judenassimilation in Deutschland und deren Ideologie, David Droller, Frankfurt am Main, 1935. Vedi: D.N.MYERS, Rebel in Frankfurt: the scholarly Origins of Jacob Katz, in

J.M.HARRIS (ed.), The Pride of Jacob. Essays on Jacob Katz and his works, Harvard University Press,

Cambridge, 2002, pp. 9-27.

139 Ricordiamo che durante il periodo di insegnamento pubblicò un'opera in più volumi, intitolata Israele e le nazioni (Tarsis, Yerushalaim, 1945; 19622; 197933) [ebraico]. Il libro Israele e le nazioni comprendeva

quattro volumi pubblicati tra il 1945 e il 1948 come libri di testo per le scuole elementari, e trattava della storia di Israele nell'età biblica fino all'epoca moderna. L'operazione riscosse l'interesse del nascente governo israeliano che in seguito, nel 1978, finanziò una riedizione dell'opera, sotto la collaborazione del professore Zvi Bachrach.

riflessioni, specialmente in merito al nazionalismo ebraico e alla questione messianica140. L'inizio della sua carriera accademica presso l'università ebraica di Gerusalemme, grazie al supporto e ai consigli dello storico Ben-Zion Dinur (1884-1973), segnò anche l'inizio dell'interesse verso la storia dell'ebraismo in relazione alla recente nascita dello stato di Israele141. Come per altri professori dell'università ebraica di Gerusalemme, anche per Katz gli anni Cinquanta furono un momento importante di riflessione politica congiunta allo studio storico. A tale periodo risalgono infatti i suoi primi articoli dedicati al nazionalismo ebraico in rapporto alla tradizione religiosa usciti sulla rivista «Shivat Zion» [Ritorno a Sion]142. Affinché le questioni dibattute in Israele in quegli anni uscissero dal contesto nazionale e dai corridoi dell'università, bisognò attendere ancora una decina di anni. Di certo eventi di rilevanza internazionale come il processo Eichmann (1961-62), la guerra dei sei giorni (11-17 giugno 1967), le dichiarazioni del generale De Gaulle nel novembre dello stesso anno ebbero il loro peso nel catalizzare l'attenzione sul caso israeliano. Tutto ciò molto probabilmente contribuì a destare l'interesse verso la storia tormentata del giovane stato. In tal senso l'anno 1967 segna l'inizio di tale nuova fase di studi e ricerche, proprio in concomitanza con la rinascita dell'interesse storiografico verso nazionalismi, religioni

140 Lo storico Katz iniziò a sviluppare il tema della secolarizzazione in relazione alla religione ebraica e a quella cristiana a partire dagli anni Cinquanta, cioè subito dopo la fondazione dello stato israeliano e negli stessi anni in cui Lévinas elaborava le sue riflessioni sul significato religioso dello stato di Israele. Non ci sembra un caso che entrambi gli autori, pur appartenendo ad ambiti disciplinari diversi, si ritrovino vicini per sensibilità alla questione relativa alla secolarizzazione dell'ebraismo nel mondo contemporaneo. Una sensibilità che proveniva per entrambi dalla loro religiosità e dall'interesse sincero verso le sorti della religione ebraica all'interno delle società secolari. Se Lévinas declinò in termini filosofici tali preoccupazioni, Katz cercò di trattare l'argomento da una prospettiva storica, cercando così di tracciare un primo nesso tra secolarizzazione e nazionalismo ebraico. Ricordiamo tuttavia che tali ricerche furono laterali rispetto al suo ambito di studi sulla storia moderna. Egli si occupò infatti prevalentemente di storia moderna dell'ebraismo, dimostrandosi un pioniere nell'applicare il metodo delle scienze sociali allo studio della storia ebraica. I suoi studi coprono un arco di tempo piuttosto ampio, spaziando dal ritratto della società ebraica medievale (Tradition and Crisis, 1958) all'analisi dell'epoca dell'emancipazione (Out of ghetto, 1973) e arrivano fino a trattare dell'antisemitismo contemporaneo (From prejudice to destuction: Antisemitism, 1980) e delle fondamenta ideologiche del nazionalismo ebraico (Jewish Emancipation and Self-Emancipation, 1986).

141 Sui rapporti tra i due storici si veda: D.A.PORAT, One Historian, Two Histories: Jacob Katz and the

Formation of a National Israeli Identity, «Jewish Social Studies» n. 3 (2003), pp. 56-75.

142 J.KATZ, Leverur hamusag “Mevasrei hatzionut” [Precisazione sulla nozione “Precursori del sionismo”], «Shivat Zion» n. 1 (1950), pp. 91-105; ID., Demuto ha-historit shel ha-rav Tzvi Hirsch Kalischer [La figura storica del rabbino Hirsch Kalischer], «Shivat Zion» n. 2-3 (1951-52), pp. 26-41; ID., Meshihut ve-leumiyut

bemishnato shel ha-rav Yehudah Alkalai [Cristianesimo e nazionalismo nell'insegnamento del rabbino Jehuda Alkalai], «Shivat Zion» n. 4 (1954), pp. 9-41. Ricordiamo poi l'articolo dedicato al lavoro storico di Ben-Zion Dinur: ID., B'in historiah leumit ve-leumiyut historit: Ben-Zion Dinur katvim historim, «Bhinut»

n. 168 (1956), pp. 230-8. Vennero successivamente raccolti in un'antologia di scritti in ebraico: ID.,

Leumiyut yehudit [Nazionalismo ebraico], Biblioteca sionista, Gerusalemme, 1979. Tuttavia, come informa un suo estimatore Yosef Salmon, tali lavori non vennero considerati tra i suoi studi più importanti e noti. Vedi: Y. SALMON, The Historical Imagination of Jacob Katz: on the Origins of Jewish Nationalism, «Jewish Social Studies» n. 3 (1999), pp. 161-79.

secolari, miti e simboli nelle teorie politiche novecentesche. Fu in tale contesto che diversi scritti dello storico Katz iniziarono a circolare al di fuori di Israele, attraverso ripubblicazioni in lingua inglese curate dallo stesso autore, il quale, inoltre, iniziò a partecipare anche ad alcune conferenze oltreoceano. Pensiamo, ad esempio, alle due conferenze organizzate nel 1974 dall'Association for Jewish Studies incentrate su The Role of Religion in the Modern

Jewish History, rispettivamente tenutesi all'Università della Pennsylvania (3-4 marzo 1974) e

all'Università di Toronto (28-29 aprile 1974)143.

Dalla disamina della produzione storiografica di Katz deriva la generale impressione che in gran parte dei suoi lavori il suo interesse principale gravitasse attorno alla questione della secolarizzazione e al suo impatto sulla vita collettiva ebraica144. Uno tra i primi lavori in cui Katz affrontò direttamente la questione della secolarizzazione è Judaism and Christianity

agaist the background of Modern Secularism (1968)145. In questo articolo Katz definiva cosa si dovesse intendere per secolarizzazione, parlando di un progressivo distacco da parte della società e del pensiero dal controllo e dalla supervisione della religione. Una definizione per molti versi simile a quella fornita già dallo storico Hans Kohn, autore noto e citato da Katz. Secondo costui, due furono gli elementi che determinarono nell'epoca moderna una spoliticizzazione del religioso: il razionalismo illuministico e la critica storiografica positivista. Tuttavia, secondo lo storico, le classi intellettuali ebraiche seppero reagire positivamente alle novità introdotte dal razionalismo e dalla sua dottrina della tolleranza. Moses Mendelssohn riuscì infatti a operare una buona sintesi tra razionalismo e religione. Il problema legato alla secolarizzazione esplose solo più tardi, con l'avvento del romanticismo146. Katz si interrogava così sull'effetto che tale processo avrebbe comportato su entrambe le religioni del libro, ebraismo e cristianesimo. Egli non esitava a ipotizzare una potenziale «fusione tra le due religioni»147, dimostrabile e perseguibile data la loro comune matrice originaria. Qui, tuttavia, si poneva un pericolo per l'ebraismo, in particolare per

143 Vedi J.KATZ (ed.), The Role of Religion in the Modern Jewish History, Association for Jewish Studies,

Cambridge, 1975.

144 Un interesse che sembra animare anche i suoi primissimi lavori, in cui le ricerche storiche sulle comunità ebraiche alla fine del medioevo e quelle sui rapporti tra ebrei e gentili tra medioevo ed età moderna sembrano condividere una medesima riflessione di fondo relativa all'incidenza della secolarizzazione sulla vita delle comunità ebraiche europee. Vedi: J.KATZ, Tradition and crisis: Jewish society in the Middle

Ages, The Bialik Institute, Jerusalem, 1958 e ID., Exclusiveness and Tolerance: studies in Jewish-Gentile Relations in Medieval and Modern Times, Oxford University Press, London, 1961.

145 J.KATZ, Judaism and Christianity agaist the background of Modern Secularism, «Judaism» n. 3 (1968),

pp. 299-315; raccolto poi in ID., Emancipation and Assimilation. Studies in Modern Jewish History, Gregg International Publisher, Westmead, 1972, pp. 111-27.

146 Ivi, p. 116. 147 Ivi, p. 119.

quello riformato, il quale, cavalcando la secolarizzazione, rischiava di essere assorbito e scomparire del tutto, in quanto religione minore rispetto a quella cristiana, dominante nelle società europee occidentali. Come dimostravano anche i suoi studi dell'epoca sulla massoneria inglese, la prima ad aver avvallato processi di secolarizzazione, ciò che si laicizzò non furono simboli e miti religiosi ebraici, ma quelli cristiani. Quindi, anche in un contesto di progressiva perdita di religiosità, il legame delle laiche società europee con le proprie radici cristiane restava e costituiva un problema per una secolarizzazione ebraica priva di un proprio contesto. In un certo senso, lo stato nazionale ebraico costituì tale contesto socio-culturale, in cui potesse darsi anche una secolarizzazione ebraica. Le precedenti osservazioni di Lévinas in L'assimilation aujourd'hui (1954) trovarono dunque con tali studi storici di Katz una conferma. Secondo lo storico, che così chiudeva l'articolo, il rischio era rappresentato dall'assorbimento della religione più debole, quella ebraica, da parte di quella più forte, quella cristiana.

Sempre nello stesso anno uscì un altro importante contributo dello storico, The jewish

national movement (1968)148, in cui si riflette sulla nascita del sionismo in relazione alla storia dell’emancipazione e del processo di secolarizzazione. A detta dello storico, il nazionalismo ebraico presentava fin da subito degli elementi di diversità rispetto agli altri nazionalismi europei. Esso mancava infatti di due tratti tipici che accomunavano i gruppi pre-nazionalistici: assenza di una lingua comune (nel diciannovesimo secolo, le comunità ebraiche formavano una babele di lingue) e assenza di un territorio condiviso149. Se questi due fattori costituivano lo svantaggio iniziale del nazionalismo ebraico rispetto agli altri movimenti europei, vi era tuttavia un elemento che lo avvantaggiava: ovvero «la coscienza storica ebraica», conservatasi nella religione tradizionale. Per Katz, infatti, accettare la fede implicava condividere le attese in una futura redenzione, la cui idea era intrinsecamente connessa ad aspirazioni nazionali sopite. Il vantaggio delle classi intellettuali ebraiche risiedeva dunque nelle reminiscenze storico-nazionali, cristallizzatesi nei secoli di diaspora nella religione. Essi dovevano solo avviare un processo di riattivazione di tale coscienza storica150, conservatasi nell'idea messianica, la quale doveva essere tradotta al di fuori del

148 J.KATZ, The Jewish National Movement, «Journal of World History» n. 1-2 (1968), pp. 267-83; ristampato

poi in ID., Confrontation. Viewpoint of Zionism. The Jewish national movement. A sociological analysis, The World Zionist Organization, Jerusalem, 1970. Utilizzeremo qui la seguente edizione del testo. Segnaliamo che in tale edizione Katz nel fornire in nota alcune indicazioni bibliografiche sulla sterminata letteratura sui nazionalismi cita tra i vari lavori quello di Hans Kohn, (The idea of Nationalism) la cui influenza è evidente in certi passaggi dell'articolo, come vedremo.

149 KATZ, The Jewish National Movement, p. 4.

contesto religioso. Dunque, secolarizzata.

Proprio in virtù della presenza dell'elemento messianico nella tradizione religiosa ebraica, Katz sosteneva che «alle soglie della modernità gli ebrei erano più preparati di altri gruppi etnici in Europa a un movimento nazionale»151. Tuttavia, affinché tali reminiscenze storico-nazionalistiche potessero essere sfruttate dal nascente nazionalismo ebraico, bisognava compiere un'operazione indispensabile: il messianismo ebraico andava secolarizzato. Ciò è quanto avvenne con l'avvento del sionismo, sosteneva Katz. «Il messianismo ebraico venne epurato, per così dire, dai suoi elementi escatologici e miracolosi e conservò solo i suoi connotati politico-sociali e alcuni dei suoi fini spirituali»152. Lo storico non parlava esplicitamente di secolarizzazione dell'idea messianica. Semplicemente ne descriveva il processo: «in questa fase di sviluppo, il moderno nazionalismo si appoggiò pesantemente sul vecchio messianismo e derivò da esso molti dei suoi richiami ideologici e ancor più emozionali»153.

Se il messianismo ebraico che aveva cristallizzato l'aspirazione storico-nazionale, conservandola nella tradizione religiosa, garantiva un margine di vantaggio al nazionalismo ebraico in fieri, tuttavia esso restava rappreso all'interno di una forma meramente simbolica, che non trovava un suo corrispettivo nella realtà storico-sociale delle comunità ebraiche dell'Ottocento. Agli ebrei dell'epoca mancavano delle tradizioni comuni, una lingua comune, uno medesimo luogo di nascita, dal momento che erano da secoli vissuti in diaspora. Mancavano così tutti quei fattori di aggregazione che ebbero un peso notevole per gli altri nazionalismi. Con questo passaggio Katz introduceva così il problema posto dall'emancipazione ebraica in relazione ai più generali processi di modernizzazione delle società europee. Gli ebrei emancipati costituivano infatti un caso speciale all'interno della generale riconfigurazione dei paesi europei, dal momento che essi costituivano un gruppo etnico e religioso a se stante, eppure privo di quei fattori aggregativi (lingua, costumi, tradizioni, territorio) su cui poterono istituirsi i nazionalismi. Nell'impossibilità di reintegrare gli ebrei sulla base di condivisi elementi di fondo, le opzioni erano solo due: assimilarsi e abbracciare i nascenti nazionalismi europei oppure creare ex novo quegli elementi aggregativi (lingua, costumi, territorio) su cui poi istituire un proprio nazionalismo. Con ben più di un decennio d'anticipo, Katz sembrava qui delineare indirettamente l'aut aut,

storico di una coscienza nazionale storica presente nell'ebraismo antico e conservatasi nel tempo della diaspora.

151 Ivi, p. 5. Anche qui ritorna un pensiero già presente in Kohn. 152 Ibid.

teorizzato successivamente dallo storico Gellner (1983). Nel processo di secolarizzazione dell'ebraismo, le classi intellettuali ebraiche si divisero così tra due tendenze antitetiche, ma inizialmente neutrali, ovvero cosmopolitismo ed etnocentrismo. Un equilibrio precario che durò finché esse non furono spinte all'eccesso, facendone due ideologie in contrapposizione sulla risoluzione della secolarizzazione: l'assimilazione e il nazionalismo.

Diversamente dal collega Jacob Talmon, Katz si espresse più apertamente sul rapporto tra sionismo e messianismo, la cui idea religiosa una volta secolarizzatasi venne sfruttata dal movimento politico alla ricerca di una solida legittimazione154. A detta dello storico, anche le correnti liberali e assimilazioniste dell'ebraismo europeo ottocentesco non si sottrassero da una simile tentazione: «i liberali usarono l'idea messianica solo per giustificare il fine politico che gli ebrei avevano raggiunto o stavano per raggiungere, cioè la loro integrazione nella vita dei rispettivi paesi»155. Qui stava per Katz la sostanziale affinità tra assimilazione e nazionalismo, «due antitetiche concezioni prodotte dalla stessa tradizione» che si rapportarono in modo opposto alla medesima idea originaria, cioè il messianismo. Anche Katz, dunque, riconobbe a modo suo una certa complementarietà tra le due risposte – una culturale, l'altra politica – alla secolarizzazione, come già Baron (1928) e Arendt (1938-39). La correlazione tra assimilazione e sionismo poggiava su una precisa lettura dello storico, fortemente debitrice delle tesi di Karl Mannheim: «in termini sociologici moderni possiamo definire la concezione dei liberali un'ideologia e quella dei nazionalisti un'utopia, nel senso definito da Karl Mannheim»156. Tale distinzione tra ideologia assimilazionista e utopia sionista era funzionale al discorso che Katz stava sviluppando157. In opposizione all'ideologia liberale dell'assimilazione, la concezione nazionalista poteva aver successo solo a partire da una rinuncia del singolo in vista di uno scopo collettivo raggiungibile nel futuro. Questo costituiva il carattere fortemente utopico del sionismo, secondo il quale i singoli avrebbero dovuto rinunciare al soddisfacimento dei propri immediati bisogni materiali, «con

154KATZ, The Jewish National Movement, p. 10.

155 Ibid.

156 Ibid. Il testo del sociologo Mannheim qui citato è il seguente: K.MANNHEIM, Ideologie und Utopie, Cohen,

Bonn, 1929; tr. it. Ideologia e utopia, Il Mulino, Bologna, 1985. Sull'influenza di Mannheim nei lavori di Jacob Katz rinviamo a D.KETTLER;C.LOADER;V.MEA, Karl Mannheim and the Legacy of Max Weber:

Retrieving a Research Programme, Routledge, London-New York, 2016, pp. 131-40.

157 Riteniamo piuttosto che nella sua complessità il sionismo abbia visto coesistere le due tendenze antitetiche: un'anima libertaria, erede della tradizione liberale, accanto ad un'anima romantico-utopica tipica dei nazionalisti. Ideologia e utopia coesistettero assieme nel sionismo, senza necessariamente dover escludere una delle due tendenze. Come riconobbe a distanza di due anni, nel 1970, il suo collega Talmon il sionismo, al pari di altri nazionalismi, si era nel corso del tempo configurato anche come un'ideologia e non unicamente come un'utopia politica, perseguita fino alla sua realizzazione storica con la fondazione dello stato di Israele. Esamineremo a breve tale scritto di Talmon.

la convinzione che così facendo essi avrebbero ottemperato il corso preordinato dello sviluppo storico»158. Si trattò dunque di una particolare fede moderna che contraddistinse il sionismo da tutti gli altri nazionalismi. Paradossalmente, proprio per questo motivo, sosteneva Katz, il sionismo non poteva essere definito un'ideologia. Esso fu piuttosto un'utopia nazionale: «l'idea di nazionalismo emerse non come un'ideologia corrispondente all'interesse di una qualche classe, ma piuttosto come un'utopia nazionale da perseguire in quanto prefigurazione del messianismo tradizionale»159. L'interpretazione di Katz coglieva un aspetto centrale del nazionalismo ebraico e della sua genesi, ma nel farlo ne rimuoveva volutamente un altro. Utopia e ideologia, per quanto tendenze di carattere opposto, nel sionismo coesistettero, come la fioritura e lo sviluppo delle utopie di Sion attesteranno nella