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L A SECOLARIZZAZIONE DELL ' IDEA MESSIANICA NEL SIONISMO

Analizzeremo adesso attraverso le voci di diversi pensatori e studiosi la questione centrale che ha permesso al sionismo di configurarsi come religione secolare: ovvero la secolarizzazione dell'idea messianica. Se possiamo tranquillamente parlare di una speranza messianica, da sempre presente nella tradizione religiosa ebraica – si pensi solo al pianto per la perduta Sion del Salmo 137 –, sul finire dell'Ottocento assistiamo invece all'imporsi di una nuova, diversa speranza: trattasi di quell'anelito che animò la nascita del sionismo e il suo «utopico ritorno a Sion», per dirla con Gershom Scholem81. I processi di emancipazione del mondo ebraico europeo determinarono infatti uno scarto tra speranza messianica, tipica della sfera religiosa, coltivata nel tempo dell'esilio, e utopia messianica, ovvero l'aspirazione politica a Sion che guidò il progetto sionista82. Se la discontinuità tra speranza religiosa e utopia politica è una conseguenza della laicizzazione della tradizione ebraica, meno intuitiva risulta la continuità tra i due ordini di discorso, religioso e politico. Tale continuità dipende dalla secolarizzazione dell'idea messianica, cioè dall'aver recuperato e sfruttato a fini politici un concetto religioso. Il sionismo infatti, in qualità di movimento politico, da un lato si propose di rompere gli indugi e mettere fine all'attesa millenaria e con essa all'esilio, per ritornare finalmente a Sion. Dall'altro lato, invece, recuperò le sue tradizionali energie messianiche per farle convogliare nel progetto di ritorno e riconquista della Palestina. Le classi politico-intellettuali sioniste secolarizzarono dunque il messianismo religioso,

80 Il concetto di nazionalità ebraica è un concetto ambiguo. Esiste da ben prima l'insorgere dei nazionalismi europei ed è proprio questo a generare una ambiguità problematica. Se infatti da sempre gli ebrei si sono considerati una nazione, ciò che cambiò nel corso dell'Ottocento fu proprio la risemantizzazione del termine nazione, oggi indissociabile dal nazionalismo. Così non era in antichità, quando cioè con i termini di nazione e nazionalità si voleva semplicemente indicare un preciso gruppo etnico, geograficamente localizzato. Se le società europee sovra-scrissero l'idea di nazionalità ebraica con la loro nuova risemantizzazione, prodotta dall'imporsi di un nuovo ordine di discorso, il nazionalismo, le comunità ebraiche prima seguirono l'Europa su tale strada, avvallandone di fatto la confusione, poi se ne dissociarono, operando però una secolarizzazione del concetto stesso di nazionalità che era da tempo presente nella loro storia ebraica, ma con una connotazione ben diversa da quella moderna.

81 «Io definisco il sionismo un ritorno utopistico degli ebrei alla loro storia» (SCHOLEM, Chi è ebreo?, p. 18). 82 L'analisi svolta sulle fonti sioniste che presenteremo nei prossimi due capitoli successivi confermano di fatto

l’immagine dell’esodo biblico dall’Egitto, l’idea di un popolo ebraico e la lingua antica al fine di farne dei concetto politici funzionali al nascente nazionalismo. In tal modo, la secolarizzazione del messianismo fu uno degli elementi centrali nella configurazione teologico-politica assunta dal sionismo, come vedremo.

Hans Kohn (1891-1971), storico dei nazionalismi molto ammirato da George Mosse, fu tra i primi ad aver riconosciuto un nesso decisivo tra la secolarizzazione dell'idea messianica e il sionismo. Il nazionalismo fu un argomento che affascinò da sempre Kohn, come egli stesso riconobbe nella prefazione al suo studio più noto, The idea of nationalism (1944): «l'argomento del nazionalismo ha affascinato l'autore per molti anni. Egli è nato nella monarchia asburgica, stato che ha percorso nella sua idea e nella sua struttura l'epoca del nazionalismo e che è diventato per effetto di quest'epoca il grande laboratorio e il campo di osservazione dei suoi conflitti»83. Due furono gli elementi determinanti per la formazione politica e intellettuale di Kohn: l'essere nato nell'impero asburgico nella sua fase finale e l'aver partecipato attivamente al movimento sionista. Egli infatti si unì a Praga al movimento giovanile Bar Kochba84, attraverso cui entrò in contatto col sionismo. L'ambiente praghese sionista unito all'influenza del nazionalismo neo-romantico della gioventù tedesca ebbe molta influenza su Kohn e sulle sue scelte di studio future. Vicino alle posizioni di Martin Buber, un'autorità nella Praga dell'epoca, iniziò a collaborare con la rivista «Der Jude»85 e, finita la Prima guerra mondiale, iniziò a studiare il nazionalismo in tutte le sue molteplici sfaccettature, portando avanti una serie di riflessioni che confluirono in una raccorta di scritti

Revolutions and Dictatorships (1939) e poco dopo nella sua opera più famosa The Idea of

83 H.KOHN, The idea of Nationalism. A study in ita origins and Background, Macmillan Company, New York,

1944; tr. it. L'idea del nazionalismo nel suo sviluppo storico, La nuova Italia, Firenze, 1956, p. VIII.Le citazioni seguono l'edizione italiana. Vedi anche: H. KOHN, Nationalismus: über die Bedeutung des Nationalismus im Judentum und in der Gegenwart, Löwit, Wien, 1922.

84 Vedi: ČAPKOVÁ,KATEŘINA, Bar Kochba Association, in YIVO Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Bar_Kochba_Association.

85 L'influenza di Buber fu decisiva tanto per le sue scelte politiche, quanto nei suoi studi sul nazionalismo, che furono sempre profondamente influenzati dall'idea di un possibile nazionalismo, espunto dalla matrice esclusivista e mirante piuttosto a coniugare assieme nazionalismo e umanesimo. Un pensiero diffuso tra molti sionisti dell'epoca, soprattutto tra coloro che afferivano al sionismo culturale. Ricordiamo inoltre che Kohn partecipò attivamente al gruppo Brit Shalom [alleanza per la pace]. Esso fu un movimento fondato nel 1925 da Arthur Ruppin, assieme al rabbino Yehuda Leib Magnes, a Martin Buber e ad altri personalità della nuova Università ebraica di Gerusalemme, inaugurata lo stesso anno. Sul Brit Shalom si veda quanto scrive lo storico Mosse: «Brit Shalom era un gruppo molto piccolo costituito da un nucleo di professori universitari ebrei, che si erano formati intellettualmente nel mondo ebraico di lingua tedesca» (G.L.MOSSE,

Gershom Scholem as a German Jew, «Modern Judaism», n. 10 (1990), pp. 117-33; tr. it. Gershom Scholem ebreo tedesco, in ID., Ebrei in Germania fra assimilazione e antisemitismo, Giuntina, Firenze, 1991, p. 160). Vedi anche: A. GORDON, Toward Nationalism's End: an intellectual Biography of Hans Kohn, Brandeis University Press, Hanover, 2017. Per la corrispondenza tra Martin Buber e Hans Kohn vedi MBA (Martin Buber Archives) – National Library of Israel – Arc. Ms. Var. 350, CHET, 376.

Nationalism (1944)86. Dopo tale lavoro, Kohn aveva in progetto di scrivere un ulteriore

volume, sempre relativo alla storia delle origini intellettuali del nazionalismo europeo, un progetto che tuttavia non vide mai la luce87, seppur egli continuò lo studio dei nazionalismi in diversi lavori monografici dedicati al nazionalismo russo, slavo, tedesco, francese e svizzero88.

Sebbene Kohn avesse iniziato ad allontanarsi dal sionismo a partire dal 1929 fino alla decisione di lasciare la Palestina nel 1934 per emigrare negli Stati Uniti, l'influenza di alcune teorie sioniste perdurò anche nei suoi successivi lavori, specialmente per quel che riguardava i presupposti di fondo che animarono la sua ricerca sul nazionalismo89. Scriveva infatti Kohn nel 1944 che il nazionalismo era innanzitutto «uno stato d'animo», «un'idea-forza», capace di indurre nell'uomo nuovi pensieri e nuovi sentimenti. Tali pensieri e sentimenti erano di natura positiva. Il sentimento di nazionalità andava infatti concepito come «un frammento di umanità» e come qualcosa che avrebbe garantito «il valore finale dell'individuo»90. Ebbene, una simile concezione, mirante a epurare il nazionalismo dal suo intrinseco esclusivismo, fu innanzitutto un'idea largamente condivisa dagli esponenti del sionismo culturale e successivamente dal gruppo Brit Shalom di cui anche Kohn fece parte. Fondato da Arthur Ruppin nel 1925, questo ristretto gruppo di professori e intellettuali ebrei tedeschi tentò la strada di un Nationalhumanismus, ovvero una sintesi tra nazionalismo e umanesimo, al fine di indebolire gli elementi maggiormente conflittuali, esclusivisti del moderno nazionalismo, in vista di una soluzione bi-nazionale che tenesse in considerazione la componente araba91.

86 H. KOHN, Revolutions and Dictatorships. Essays in contemporary History, Cambridge University Press, Cambridge, 1939.

87 L'autore ne parla sempre nella prefazione, risalente all'autunno del 1943. Il volume doveva intitolarsi L'epoca del nazionalismo: studio dello sviluppo e dell'applicazione di un'idea dal 1789 al 1932 (ibid.). Vedi anche K.WOLF, Hans Kohn's Liberal Nationalism: The Historian as Prophet, «Journal of the History of Ideas» n. 4 (1976), p. 651.

88 H.KOHN, Prophets and peoples. Studies in nineteenth-century Nationalism, Macmillan, New York, 1946; ID., Pan-slavism, its history and ideology, University of Notre Dame Press, 1953; ID., German History: some new german view, Allen & Unwin, London, 1954; ID., The mind of modern Russia: political and

social thought in Russia's great age, Rutgers university Press, 1955; ID., Making of modern french mind, D.

Van Nostrand, Princeton, 1955; ID., Nationalism and liberty. The swiss example, Allen & Unwin, London, 1956.

89 Anche secondo Ken Wolf per comprendere la visione del nazionalismo di Kohn sono imprescindibili i suoi studi precedenti e la sua formazione sionista, soprattutto in relazione alla forte influenza di Buber sullo storico (K.WOLF, Hans Kohn's Liberal Nationalism: The Historian as Prophet, p. 652.)

90 KOHN, L'idea del nazionalismo, p. 25.

91 A proposito di tale sintesi tra nazionalismo e umanesimo, a detta dello storico Mosse, Kohn fu uno tra i primi a indagare storiograficamente tale espediente di umanesimo nazionale, specialmente nel libro L'humanisme juif (1931). «Qui Moses Hess, Achad Ha'am, Aaron David Gordon e Martin Buber» erano presentati, assieme ad altri, tra coloro che «tentarono di riconciliare nazionalismo e universalismo, creatività individuale e comunità etnica» (G.L.MOSSE, Can Nationalism Be Saved? About Zionism, Rightful and

Finché Kohn fu vicino all'impresa sionista, egli credette in questa possibilità di ridurre le tendenze esclusiviste del nazionalismo tramite un rinvio a un ideale umanesimo ebraico, di sospetta matrice buberiana. Il suo allontanamento dalla Palestina e dal movimento sionista significarono per l'autore la fine di questa speranza.

Con lo studio The Idea of Nationalism Kohn dimostrò di essere uno tra i primi studiosi a riflettere sul nesso tra religione e politica nei moderni nazionalismi. Sotto tale aspetto il suo lavoro è importante anche per l'influenza che ebbe sugli storici successivi, in particolare su Jacob Katz, Jacob Talmon e George Mosse. Il nostro interesse è qui circoscritto ad alcune utili considerazioni che Kohn sviluppò all'interno della sua analisi comparativa sui nazionalismi europei. Egli avanzò infatti alcune ipotesi relative allo sviluppo della dottrina messianica sfruttata a fini politici nei nascenti nazionalismi, così come fece Talmon in

Political Messianism (1960)92. Già in un precedente articolo dedicato al messianismo Kohn aveva individuato tale nesso, sostenendo che l'idea messianica ebraica avesse influenzato non soltanto l'ambito religioso, ma anche indirettamente la formazione dei moderni movimenti secolari93. Secondo l’autore, l'idea messianica nella sua forma politico-religiosa era scomparsa con il sorgere del moderno razionalismo. Tuttavia, la speranza messianica non era venuta meno dal momento che essa era stata recuperata nella forma politica-secolare dal sionismo, movimento che seppe unire la fede del messianismo politico-nazionale al moderno nazionalismo94. Sembra dunque che a partire da tali considerazioni Kohn allargò poi il suo discorso, cercando di rintracciare un nesso più generale tra messianismo e nazionalismi moderni. Lo storico Talmon si comportò analogamente.

La relazione tra la nascita del nazionalismo in seno allo sviluppo dello stato moderno europeo e la necessità di richiamarsi a nuovi sentimenti religiosi fu un punto che Kohn esplicitò fin dall'inizio del suo studio The idea of Nationalism. Per lo storico, lo sviluppo del nazionalismo era un processo di integrazione delle masse popolari in una forma politica comune. Tale forma politica comune era il presupposto di partenza di ogni nazionalismo, per quanto reale o ideale essa fosse. Senza l'assolutismo monarchico e prima del sorgere dello stato moderno non sarebbe stato pensabile alcun nazionalismo europeo, il quale accettò la forma-stato, «ma la trasformò, animandola di un nuovo senso della vita e di un nuovo

tenuta al The 1995 Annual Chaim Weizmann Lecture in Humanities. Torneremo più avanti su tale passaggio dello storico.

92 Vedi: J.L.TALMON, Political Messianism: the Romantic Phase, Secker & Warburg, London, 1960. 93 H.KOHN, Messianism, in ID., Revolutions and Dictatorships, p. 11.

fervore religioso»95. Secondo l'autore, da sempre esistevano sentimenti umani di appartenenza e di attaccamento al territorio, alla lingua, alle consuetudini e alla religione, su cui far leva per stimolare un nuovo fervore religioso, cosa che il moderno nazionalismo dimostrò di fare.

Tra tali sentimenti la religione aveva un peso rilevante, in quanto essa «fu la grande forza dominante prima della nascita del nazionalismo nei tempi moderni»96. Essa ebbe in passato un significato politico fondamentale e sostanziale, plasmando e dominando la società97. Proprio per ciò il nazionalismo moderno si dovette confrontare con tale eredità, contraendo in un certo senso un debito nei confronti della religione98. Tale debito fu decisivo nello sviluppo del nazionalismo. Il passaggio di testimone dalla religione alla nazione fu opera del processo di secolarizzazione, che comportò, a detta di Kohn, la «spoliticizzazione della religione». A seguito di tale processo, i vincoli con le istituzioni, con le autorità politiche, con lo Stato vennero sciolti. Si operò la separazione tra sfera civile e sfera religiosa, così che «la religione si ritirò nell'intimità e nella spontaneità della coscienza individuale»99. Il nazionalismo emerse lentamente da tale processo di spoliticizzazione del religioso, riempiendone il vuoto. Kohn non parla di nazionalismo come religione secolare, come nello stesso anno fece Raymond Aron, eppure le sue riflessioni indirettamente sembrano incamminarsi nella stessa direzione.

Il problema per lo storico era molto vicino a quello di Aron anche per un altro aspetto: l'esito degenerativo al quale erano giunti i nazionalismi europei. Il nazionalismo aveva riempito le speranze e il cuore degli uomini con la promessa di nuova libertà e nuove relazioni più civili tra i popoli. Questa fu la sua forza propositiva. Una forza che legava assieme l'aspirazione nazionalistica a ideali di emancipazione più universali. La tendenza verso l'esclusivismo, in tal senso, rappresentò un allontanamento da tale seconda aspirazione. A detta dello storico, fu a causa del prevalere di simili tendenze esclusiviste e aggressive che si determinò la fine dell'equilibrio tra nazionalismo e «umanesimo», in cui egli aveva fermamente creduto. Da qui si produsse quella degenerazione, incarnata dai fascismi novecenteschi, che spinse «il nazionalismo fino al suo limite estremo, fino al nazionalismo

95 KOHN, L'idea del nazionalismo, p. 5. 96 Ivi, p. 18.

97 Ivi, p. 28.

98 «La nascita delle nazionalità e del nazionalismo fu quindi accompagnata da trasformazioni nel comportamento religioso dell'uomo e lo sviluppo della nazionalità è stato favorito od ostacolato per diversi aspetti dall'influenza della religione» (Ibid.).

totalitario, nel quale l'umanità e l'individuo scompaiono e non rimane altro che la nazionalità», ovvero l'uno e il tutto100. L'analisi di Kohn qui si distanzia molto da quella di Aron sulle religioni secolari, in quanto Aron riconosce una sostanziale distinzione tra i diversi movimenti politici novecenteschi sulla base della loro ideologia. Kohn sembra invece subire una certa influenza buberiana che ne altera l'analisi. Gli echi sionisti, inoltre, sono fin troppo evidenti nel suo tentativo di individuare un'origine positiva del nazionalismo, corrottasi nel tempo con l'emergere di un nazionalismo sempre più sciovinistico e totalitario. Del resto, questo tentativo di «umanizzare il nazionalismo» era stato al centro della sua adesione politica al movimento praghese prima e al gruppo Brit Shalom poi. Tuttavia, Kohn si dimostrò piuttosto disincantato verso un possibile esito positivo dei nazionalismi. Per lo storico il solo modo per salvare il nazionalismo da simili degenerazioni sembrava risiedere in una futura e auspicabile «spoliticizzazione della nazionalità» che avrebbe così potuto «svincolarsi dall'organizzazione politica e rimanere un sentimento intimo e commovente»101. Per quanto Kohn non utilizzò mai il termine religione secolare, tuttavia egli rifletté sul problema correlato: la secolarizzazione dei concetti religiosi in concetti politici, concentrandosi nello specifico sulla secolarizzazione dell'idea messianica di matrice ebraica. Nel secondo capitolo del libro, Israele e l'Ellade. Dallo spirito tribale all'universalismo, egli si impegnò a individuare la genesi dell'«idea del nazionalismo», del suo «contenuto ideologico», risalendo fino ai «popoli dell'Era antica», ovvero l'antica Grecia e l'antico Israele102. Tuttavia, sebbene entrambi i popoli avessero sviluppato nel tempo una certa sensibilità storica, gli ebrei si spinsero più in là dei greci, «sostenendo l'importanza

100 Ivi, p. 25. Non è difficile vedere in tali riflessioni di Kohn il debito che lo storico Mosse contrasse, soprattutto in relazione al suo libro Man and Masses (1980) in cui recuperò lo stesso discorso nella prefazione al volume. Vedi: G.L.MOSSE, Masses and Man. Nationalist and Fascist Perceptions of Reality,

H. Fertig, New York, 1980; tr. it. L'uomo e le masse nelle ideologie nazionalistiche, Laterza, Roma-Bari, 1982.

101 KOHN, L'idea del nazionalismo, p. 28. L'autore mostrava di essere ben consapevole del fatto che un simile esito avrebbe portato alla fine dell'epoca dei nazionalismi, così come la secolarizzazione comportò la fine del dominio della religione sulla società. Dunque, una simile posizione, oltre a dimostrarsi fortemente pessimista circa gli esiti futuri del nazionalismo, poneva altresì una pietra tombale su qualsivoglia possibile recupero di un'idea positiva e alternativa di nazionalismo. L'unico modo per salvare l'idea di “nazionalità” era dunque attraverso una disgiunzione dal nazionalismo e dunque da qualsivoglia discorso politico. Indirettamente, lo storico sembrava quindi ritenere impossibile perseguire ancora una sintesi tra nazionalismo e umanesimo. Diversamente si comportò lo storico Mosse, come analizzeremo più avanti, che ne recuperò il discorso e le speranze, ritenendo invece che l'idea di un nazionalismo dal volto umano non poteva, né doveva considerarsi del tutto archiviata in un'epoca di religioni civili.

102 Ivi, p. 31. Anche qui, l'influenza dell'ideologia sionista sembra ancora permeare la visione storiografica di Kohn. Rintracciare un nesso tra l'antica nazione ebraica e il moderno nazionalismo fu infatti una classica operazione ideologica del sionismo. Qui, pur riconoscendo uno scarto tra antichità e modernità, lo storico sembra portare avanti questa stessa ideologia, secondo cui l'idea di nazionalismo fosse in un certo senso già presente presso il popolo greco e quello ebraico.

essenziale della storia e rivelandone per la prima volta l'unità»103. Fu esattamente questa rivelazione a portare gli ebrei a sviluppare una «coerente filosofia della storia». Ciò che permise di tenere assieme questa filosofia della storia e la coscienza nazionale è detto poco dopo: trattasi del messianismo, «nazionale e universale» insieme. Sembra che l'intero discorso di Kohn sia stato costruito per giungere a questo punto, per individuare cioè nel messianismo quell'ideale «nazionale e universale» che l'ebraismo aveva conservato attraverso i secoli della diaspora fino alla sua riattivazione moderna. La riattivazione di tale ideale messianico fu ciò che permise di animare e alimentare il nuovo e inedito nazionalismo ebraico. Ancora una volta, il suo discorso, pur mirando a una generale trattazione del nazionalismo, sembra richiamarsi ad alcune sue precedenti osservazioni, specificamente svolte in relazione al caso sionista. In Zionism, articolo in cui si ripercorreva rapidamente la storia del sionismo, Kohn aveva infatti individuato nel messianismo l'ideale politico del sionismo. Secondo l'autore, la vita nazionale e religiosa nell'ebraismo culminavano in una sola speranza: il ritorno a Sion. Con il processo di modernizzazione della vita e del pensiero ebraici questo «ideale politico», precedentemente realizzabile solo per volontà di Dio, poté diventare l'obiettivo principale del sionismo, il quale si configurò come «una continuazione di questo sentimento profondamente radicato nella coscienza nazionale ebraica»104. Il sionismo riattivò dunque la speranza messianica ebraica, secolarizzandola in un'utopia politica, quella del ritorno a Sion. Tale secolarizzazione dell'idea messianica fu l'elemento decisivo nel configurare il sionismo come religione secolare.