• Non ci sono risultati.

I L « POPOLO ETERNO » IN CAMMINO VERSO S ION : P ERETZ S MOLENSKIN

II. A MORE PER LA SCIENZA E AMORE PER LA LINGUA : I DUE VOLTI DELLA SECOLARIZZAZIONE EBRAICA

5. I L « POPOLO ETERNO » IN CAMMINO VERSO S ION : P ERETZ S MOLENSKIN

L'esperienza galiziana, per quanto limitata e ristretta alle sole cerchie di maskilim locali, fu senz'altro decisiva nello sviluppo, nella conservazione e nella laicizzazione dell'amore per Sion. Non fu molto diversa l’elaborazione intellettuale nelle regioni dell’impero zarista, di cui non ci occuperemo, facendo solo qualche rapido accenno. Più ci si spostava ad est, più lo scarto tra una risicata élite emancipata e l'ingente massa di ebrei poveri degli shtetl pesava. La vita dei maskilim russi non aveva alcuna attrattiva, scrive Laqueur: isolati socialmente e lontani dalle masse ebraiche, ancora attaccate alle tradizioni religiose, i loro appelli alla

103 Stando così le cose, si capisce il generale giudizio di Martin Buber sulla Haskalah e sui suoi esiti: «per quanto credesse di cancellare ogni tradizione, essa portava con sé anche elementi positivamente ebraici, densi di futuro. Voleva europeizzare gli ebrei, ma non intendeva certo denazionalizzarli. Alla lingua della Bibbia dedicò un culto intenso. Dell'ebraico irrigidito e ormai estraneo alla realtà fece lo strumento di una lotta viva, arricchendolo e rafforzandolo. Così, indirettamente, la Haskalah servì anche a rigenerare il pensiero del popolo ebraico» (M.BUBER, Il problema culturale e il sionismo, in ID., Rinascimento ebraico,

riforma e i loro tentativi di modernizzare il pensiero ebraico cadevano nel vuoto, suscitando l'astio e le critiche del mondo ortodosso circostante, come del resto avveniva in Galizia104. L'isolamento sociale e il conseguente carattere elitario della Haskalah russa, al pari di quella galiziana, connotò anche la classe intellettuale russa, anch’essa impegnata a elaborare una sintesi appropriata tra il moderno razionalismo della Wissenschaft e l'imperituro amore per Sion. Appartennero a questa intellighenzia ebraica soprattutto personaggi come il medico Leon Pinsker (1821-1891), il poeta Yehuda Leib Gordon105 (1831-1892), gli scrittori Peretz Smolenskin (1842-1885) e Moses Leib Lilienblum106 (1843-1910), Reuveni Bierer (1837- 1931). Ciò che determinò un’evoluzione importante nel pensiero di questi personaggi fu soprattutto il repentino peggioramento delle loro condizioni di vita, a seguito dei violenti pogrom dei primi anni Ottanta del secolo.

Tuttavia, il primo momento di svolta e di rottura si ebbe un decennio prima con Peretz Smolenskin, il quale fu il primo a muovere delle critiche contro i precedenti tentativi di aggiornamento del pensiero ebraico, iniziati la Haskalah e i suoi discepoli. Per quanto tutti i pensatori appena citati vennero col tempo considerati dai primi studiosi sionisti dei pionieri nella storia della nascita del movimento sionista, la figura più significativa nell’evoluzione della storia che dall’emancipazione condusse al sionismo fu proprio quella di Smolenskin. Purtroppo questo personaggio è stato ingiustamente trascurato dagli studi storici successivi che finirono per concentrarsi invece maggiormente sulle figure più isolate dei rabbini Hirsch Kalischer (1795-1874) e Yehudah Alkalai (1798-1878) o su quella del socialista Moses Hess (1812-1875), forse sotto l’influenza dell’idea dei precursori del sionismo. Pensiamo solo al caso di Hess, il cui lavoro non riscosse un'influenza significativa sul suo tempo, considerato l'insuccesso di Rom und Jerusalem (1862), edito in una tiratura di millecinquecento esemplari, di cui ne furono venduti appena centosessanta in un anno107. Inoltre la sua esperienza politico-intellettuale rappresentò un caso isolato all'interno del mondo ebraico- tedesco, orientato in tutt'altra direzione e senza alcun legame con i movimenti letterari e di idee dell'Europa centro-orientale, che invece si mossero in una direzione più vicina alla sua. Rispetto alla più tarda rivalutazione storica di tali personaggi marginali, la figura di Peretz Smolenskin sembra essere stata decisiva per lo sviluppo del pensiero collettivo ebraico sul finire del secolo, al punto che Slouschz lo descrisse come «l'uomo che doveva compiere

104 LAQUEUR, Histoire du sionisme, vol. I, p. 104.

105 Vedi: M.STANISLAWSKY, For whom do I toil? Judah Leib Gordon and the crisis of Russian Jewry, Oxford University Press, New York, 1988.

106 Vedi: L.SIMON, Moses Leib Lilienblum, Cambridge University Press, Cambridge, 1912.

l'opera di sintesi tra la duplice corrente umanista e romantica e ricondurre la Haskalah morente alla sorgente viva del giudaismo nazionale»108. In effetti Smolenskin operò in tale direzione con la sua attività intellettuale ed editoriale, tanto da essere identificato dai primi sionisti come il vero «iniziatore del movimento nazionale progressista»109.

Scrittore ed editore di origini russe, Peretz Smolenskin (1842-1885) divenne famoso soprattutto tramite il suo giornale «Ha-Shahar» (1868-1884), che egli fondò a Vienna, una volta trasferitosi nella città nel 1868. Influenzato dal fratello Leib, fin da giovane egli si avvicinò alle idee della Haskalah e iniziò così a leggere libri secolari e a studiare il russo. Ciò suscitò l'ostilità del mondo hassidico circostante, che lo perseguitò e lo costrinse ad abbandonare diversi centri cittadini, come il piccolo villaggio di Lubavich o la città di Vitebsk, dove trascorse gli anni dal 1858 al 1861. Spostatosi a sud, verso la Crimea, Smolenskin finì per stabilirsi a Odessa nel 1862, dove poté proseguire i suoi studi, perfezionando la sua formazione di giovane maskil attraverso l'apprendimento delle moderne lingue europee, come il tedesco, il francese e l'italiano110. Qui Smolenskin iniziò a collaborare con la rivista «Ha-Melits» con recensioni di libri e traduzioni di testi letterari dal tedesco all'ebraico destinanti al supplemento culturale del giornale e cominciò altresì a lavorare alla stesura del suo primo romanzo Ha-Gemul [La ricompensa] (1867). Lasciata Odessa, per seguire il fratello Leib, viaggiò attraverso la Romania, la Germania e la Boemia, prima di stabilirsi a Vienna, dove proseguì la sua attività letteraria in un contesto decisamente più emancipato rispetto a quello russo111. Nel 1868, grazie al supporto di importanti personaggi, come Solomon Rubin (1823-1910) e il rabbino Adolf Jellinek (1821- 1893), Smolenskin fondò la rivista in lingua ebraica «Ha-Shahar» [L'alba], la quale in breve tempo divenne uno tra i giornali ebraici più noti e importanti in città e non solo. Destinata inizialmente agli ebrei russi e pubblicata a Vienna soprattutto per aggirare la censura russa,

108 SLOUSCHZ, La reinassance de la littérature hébraique (1743-1885), p. 175.

109 Ibid.

110 Per un maggior panoramica sulla vita e sulla attività intellettuale dell'autore vedi: C.H. FREUNDLICH,

Peretz Smolenskin: his life and thought. A study of the Renascence of Jewish Nationalism, Bloch Publishing Company, New York, 1965, pp. 98-117. La maggior parte delle informazioni sull'autore provengono dalla prima monografia di Reuven Brainin: R.BRAININ, Peretz ben Moshe Smolenskin: hayav

vsefarav [Peretz ben Mosé Smolenskin: la sua vita e le sue opere], Warsaw, 1896. Vedi anche: L.RAFAELS, Perez Smolensky und der zionistische Gedanke, «Die Welt», H. 12-13 (1900); M.BERCOWICZ, Perez

Smolensky, Zion Verlag, Wien, 1905. Inoltre vedi: LAQUEUR, Historie du sionisme, vol. II, pp. 107-13; S.

FEINER, Smolenskin, Peretz, in YIVO Encyclopedia of Jews in Eastern Europe (http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Smolenskin_Perets).

111 Secondo Slouschz, «egli decise di partire per l'Occidente civilizzato, paese promesso dei sogni dei maskilim russi, abbellito dalle figure di Rapoport e di Luzzato» (ivi, p. 179).

la rivista ebbe poi una diffusione anche in Austria, Galizia e Romania112.

La rivista nacque per dare voce all’esigenza di costruire una nuova e moderna cultura ebraica. Come scrive Ehud Luz, «Ha-Shahar» ebbe un enorme impatto sullo sviluppo spirituale dei maskilim, educati nelle Yeshivah, divenendo ben presto «l'organo di una generazione a cavallo tra vecchio e nuovo ebraismo»113 e configurandosi così da un lato come promotore dell'ultimo periodo della Haskalah e dall'altro come iniziatore dei primi passi del nazionalismo ebraico. Fu così che nel primo periodo della rivista, Smolenskin, sempre alle prese con problemi finanziari, riuscì a ottenere fondi per il suo giornale da diversi maskilim benestanti, dalla Alliance israélite universelle e dalla Società per la

diffusione della Haskalah di San Pietroburgo.

Tuttavia, le uscite della rivista, pensata come mensile, furono intermittenti sopratutto a causa dei costanti problemi economici del suo editore114. La necessità di trovare dei finanziatori portò Smolenskin a girare molto per l'Europa (Svezia, Norvegia, Germania, Francia, Inghilterra), cosa che lo fece entrare in contatto con diversi pensatori e rabbini molto noti all'epoca, come Abraham Geiger, Leopold Zunz, Adolf Cremieux115, apprezzando quelle libertà conseguite dagli ebrei con l'emancipazione. Eppure, similmente a quanto accadde già a Krochmal e a Rapoport, anche Smolenskin si rese conto dell'altra faccia della medaglia: l'emancipazione stava lentamente erodendo il pensiero ebraico. Da un lato la secolarizzazione allontanava gli ebrei dalla religione, dall'altro le società occidentali li attiravano verso la loro cultura. In ciò Smolenskin vide il rischio e gli effetti collaterali del processo di secolarizzazione, cavalcato dalle schiere di maskilim occidentali. Secondo l'editore di «Ha-Shahar», in linea con la strada già intrapresa dai pensatori galiziani, «gli ebrei dovevano acquisire la cultura europea, ma dovevano altresì costruire una propria cultura, essere orgogliosi della loro tradizione ebraica e, come le altre nazioni, gli ebrei dovevano pensare e agire all'interno di una prospettiva nazionale»116.

Smolenskin usò dunque il giornale come piattaforma di lancio per le sue idee e come mezzo per catalizzare nuovi contributi letterari. Fu così che la sua casa a Vienna divenne un crocevia di incontro per molti giovani scrittori. Mosso da grandi ambizioni egli voleva

112 Vedi: O. MENDA-LEVY, Ha-Shaḥar, in YIVO Encyclopedia of Jews in Eastern Europe

(http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Shahar_Ha-).

113 E.LUZ, Paralles Meet. Religion and Nationalism in the Early Zionist Movement, The Jewish Publication

Society, Philadelphia, 1988, p. 7.

114 FREUNDLICH, Peretz Smolenskin: his life and thought, p. 109.

115 Ivi, p. 108. Vedi anche: RAFAELS, Perez Smolensky und der zionistische Gedanke, «Die Welt» H. 12 (1900), p. 4.

rilanciare una cultura e una letteratura ebraica, in lingua ebraica, senza per questo rinnegare il rinnovamento positivo prodotto dalla Haskalah. Tuttavia, recuperando il cosiddetto «umanesimo galiziano», Smolenskin finì per elaborarlo ulteriormente, sostenendo sempre più l'idea che fosse il «sentimento nazionale, piuttosto che le istituzioni religiose» a costituire «la forza maggiore per preservare l'unità del popolo ebraico»117. In questo modo, Smolenskin mescolò elementi razionalistici e romantici, operando una prima sintesi tra l’amore per Sion e un nuovo sentimento nazionale ebraico118. In tal senso, l'operazione culturale promossa da Smolenskin con «Ha-Shahar» si configurò come un primo incontro tra i due differenti fronti della secolarizzazione ebraica, divisa tra ovest ed est. Se l'elemento nazionale rappresentava il fattore aggregativo principale, la religione ebraica non poteva che rafforzare tale fattore, concludeva Smolenskin. Pertanto egli non considerò mai la religione come nemica del nazionalismo: entrambi coesistevano e cooperavano assieme come l'olio e lo stoppino in una lampada119, secondo l'idea per cui in assenza dell'uno o dall'altro non si sarebbe potuta avere alcuna luce.

La volontà di trovare un accordo tra le conquiste dell'illuminismo e la rivitalizzazione di un sentimento nazionale ebraico venne espressa da Smolenskin fin dal primo numero di «Ha-Shahar»: il giornale aveva l'intento di diffondere la luce della scienza nell'ebraismo e di rigenerare la bellezza della lingua ebraica, dimostrando così di voler tracciare implicitamente una continuità con le esperienze editoriali passate, promosse dalle riviste «Ha-Me'assef», «Bikkurei ha-Ittim» e «Kerem Hemed». Tuttavia, se la rivista avesse avuto soltanto il carattere di continuità rispetto al passato, i sionisti non avrebbero di certo individuato proprio qui un momento di rottura. Nel suo tentativo di tenere insieme innovazione e conservazione, Smolenskin non poté evitare di criticare quegli aspetti dell'illuminismo che andavano a ledere la cosiddetta integrità dell'ebraismo, attraverso la rinuncia della propria lingua e della propria nazionalità. L'emancipazione poteva ancora essere accettata, l'assimilazione totale e completa no. Egli di fatto fu il primo a sostenerlo. La singolarità dell'esperienza ebraica, la sua storia, la sua civiltà si sarebbero dissolte, inglobate all'interno di un universalismo

117 LUZ, Paralles Meet, p. 21.

118 A detta di sionisti come Slouschz e Klausner, Smolenskin coniugò tra loro umanesimo ebraico e patriottismo. Significativo il discorso di Klausner sul ruolo svolto da Smolenskin: «egli è il padre di quella corrente nazionale e progressiva della letteratura ebraica, che accetta tutto quanto vi è di buono nell'ebraismo tradizionale e che nel nazionalismo non vede un regresso o un ritorno al passato antiquato, né una tendenza alla separazione; ma un progresso, ma un anelito vivo verso il risorgimento e il compimento degli aspetti buoni ed essenziali per tutta l'umanità che l'ebraismo storico racchiude» (KLAUSNER, Storia della letteratura neo-ebraica, p. 70).

cosmopolita di stampo europeo. A partire da tale constatazione Smolenskin si mosse per cercare una nuova sintesi e per trovarla bisognava necessariamente inventarsi un nuovo universalismo, più funzionale rispetto a quello escogitato dai maskilim e dai riformatori tedeschi. Fu proprio la ricerca di questo nuovo universalismo a interessare i giovani sionisti. Come scrive ancora Luz, «un'analisi delle opinioni trattate da Smolenskin negli anni Settanta mostra chiaramente che la crisi dell'identità ebraica fu un fattore decisivo per la nascita del moderno nazionalismo ebraico»120.

La ricerca di un nuovo minimo comune denominatore che facesse fronte a tale crisi si sviluppò progressivamente attraverso i numeri della rivista e gli articoli che Smolenskin vi scrisse, come notò Leo Rafaels sulle pagine di «Die Welt». L'articolo di Rafaels, pseudonimo di Leon Kellner (1859-1928) si intitolava significativamente Perez Smolnsky

und der zionistische Gedanke e risaliva al marzo del 1900. La fonte informativa di Rafaels fu

con ogni probabilità la monografia di Brainin (1896), il quale aveva avuto molteplici informazioni di prima mano, parlando direttamente con il fratello di Peretz, Leib Smolenskin121. Dopo il lavoro di Brainin, quello di Rafaels è una tra le prime ricognizioni sioniste fatte sulla figura di Smolenskin, predente di ben due anni lo studio di Slouschz. Kellner era uno storico della letteratura di origini galiziane, che a partire dal 1896 strinse amicizia con Theodor Herzl ed entrò poi a far parte dell'organizzazione sionista, intrattenendo rapporti con i più noti esponenti del movimento122. Per Rafaels, Smolenskin fu il primo scrittore realista nella storia della letteratura neo-ebraica, in quanto seppe rappresentare, senza abbellirlo, l'immediato presente della vita ebraica123. Secondo Rafaels, fin dai primi numeri della rivista si comprendeva l'orientamento implicito dell'editore e l'ambizione non soltanto a fornire nuove letture e punti di vista, ma a forgiare una nuova concezione del mondo ebraico124. Se inizialmente Smolenskin avanzò solo alcune sfumate critiche al mondo illuminista, accecatosi con la sua stessa luce, nei numeri successivi le sue posizioni si definirono sempre più apertamente in un netto contrasto fino a giungere a smitizzare la figura di Moses Mendelssohn. A detta di Rafaels, fu a partire dal terzo numero

120 Ivi, p. 23.

121 FREUNDLICH, Peretz Smolenskin: his life and thought, p. 103.

122 Presso gli archivi sionisti di Gerusalemme (CZA) sono conservati diversi scambi epistolari che egli intrattenne con Theodor Herzl e la consorte, con Moses Gaster, con Nathan Birnbaum ecc. Vedi CZA Fondo Theodor Herzl: H1\1455; H1\1264. Vedi anche: G.SCHIAVONI, Leon Kellner: un sionista fra la

Vienna di Herzl e gli ebrei della Bucovina, in Verso una terra antica e nuova. Culture del sionismo, Carocci, Roma, 2011, pp. 79-102.

123 RAFAELS, Perez Smolnsky und der zionistische Gedanke, «Die Welt» H. 12 (1900), p. 3.

della rivista che Smolenskin approdò esplicitamente a un «nuovo pensiero». Un pensiero che l'autore definiva semplicemente neue Gedanke, o più esplicitamente usando il plurale

judisch-nationalen Gedankens, dimostrando così di voler tracciare una continuità tra questo

«nuovo pensiero» formulato da Smolenskin e il zionistische Gedanke espresso nel suo titolo. Smolenskin in contrasto con la sintesi ebraico-tedesca sostenne chiaramente che gli ebrei non potevano venir ridotti a mera comunità religiosa a responsabilità limitata, in quanto erano un organismo compatto, indistruttibile. Essi formavano dunque un popolo con una storia eterogenea eppure in sé organizzata. Per quanto l'articolo di Rafaels sia fonte di preziose informazioni, la lettura incentrata sulla continuità tra il neue Gedanke di Smolenskin e il zionistische Gedanke risulta viziata dalla prospettiva sionista dell'autore. In tal senso, una breve ricognizione degli articoli principali di Smolenskin permette di comprendere quali fossero realmente le posizioni dell'editore nei confronti di un potenziale nazionalismo ebraico.

Nel corso degli anni Settanta, a partire dal 1872, con la pubblicazione del suo saggio più noto al mondo sionista, 'Am 'Olam [Il popolo eterno] (1872), passando poi attraverso Et

la'asot [Tempo di agire] (1873) e arrivando a Et lata'at [Tempo di piantare] (1875-78), si

determinò quella rottura tra Smolenskin e le precedenti risposte ebraiche alla secolarizzazione, che gli studiosi sionisti individuarono per primi125. Secondo Slouschz e Klausner, il suo scritto più importante rimase 'Am 'Olam [Il popolo eterno], in quanto divenne «la base del movimento di emancipazione nazionale»126. L'interesse sionista suscitato da quest'opera consisteva molto probabilmente in ciò che aveva ben messo in evidenza il professore Richard Gottheil (1862-1936), a capo della American Federation of

Zionist (1898-1904). Nel 1914 scriveva Gottheil che, per la prima volta, attraverso la voce di

un ebreo russo si era proclamato un nazionalismo ebraico di carattere civico e sociale e non religioso127. Stando alla ricezione sionista dell'opera di Smolenskin, egli fu ritenuto tra i primi ad aver colto la centralità della secolarizzazione dell'idea messianica, al fine di poter elaborare una risposta efficace e durevole alla secolarizzazione: se il «popolo eterno», secondo un'espressione introdotta da Krochmal, avesse voluto continuare a restar un popolo,

125 P. SMOLENSKIN, Am Olam, «Ha-Sharar» n. 3 (1872); ID., Et La'asot, «Ha-Sharar» n. 4 (1873); ID., Et La'atat, «Ha-Sharar» n. 6, 8, 9 (1875; 1876/77; 1878). Vd: D. Patterson, Smolenskin, Perez in Encyclopedia Judaica, Second Edition, vol. XVIII, Thomson Gale, Detroit, 2007, p. 693.

126 SLOUSCHZ, La reinassance de la littérature hébraique (1743-1885), p. 182. Vedi anche: KLAUSNER, Storia della letteratura neo-ebraica, pp. 64-5.

127R.GOTTHIEL, Zionism. Moviments in Judaism, The Jewish Publication Society of America, Philadelphia,

se la religione ebraica avesse voluto sopravvivere alla secolarizzazione, gli ebrei avrebbero dovuto trovare un'ideale funzionale a tale scopo, un'ideale eterno e al contempo immanente: il messianismo si prestò a questo compito, come del resto già Max Nordau aveva capito128. Anche Slouschz riconobbe l'importanza e la rilevanza della secolarizzazione dell'idea messianica all'interno dell'opera di Smolenskin, riconoscendo all'autore che «per la prima volta uno scrittore ebreo dichiarò che il messianismo è la resurrezione politica e morale di Israele, il ritorno alla tradizione profetica»129. Se i rabbini liberali avevano finito per rimuovere l'ideale messianico130 e gli ortodossi ne avevano preservato unicamente il carattere religioso di attesa della redenzione futura per opera di Dio, nell'ultimo paragrafo di

Am ‘Olam, intitolato La speranza di Israele, Smolenskin prese le distanze da entrambe le

fazioni, sostenendo la centralità del messianismo nel pensiero ebraico e sviluppando ulteriormente la secolarizzazione della speranza messianica in sentimento nazionale e volontà utopico-politica di edificare una nuova Sion, sulla scia della filosofia della storia di Krochmal131.

Gli articoli successivi, Et la'asot [Tempo di agire] e Et lata'at [Tempo di piantare], ampliarono ulteriormente la frattura, determinando sempre più la netta contrapposizione tra l'editore di «Ha-Shahar» e i seguaci di Mendelssohn. In tali scritti, infatti, Smolenskin criticò la definizione di civiltà ebraica come una mera comunità di fede e l'idea di un cosmopolitismo ebraico che esulasse da qualsivoglia attaccamento nazionalistico. Contrappose così a tali critiche la rivendicazione dell'ebraismo come 'Am ha-Ruah [popolo/nazione dello spirito], lasciando trapelare la sua idea di nazionalismo di tipo spirituale, più che politico. In tal modo, Smolenskin approfondì quella rottura, compiendo un passo ulteriore rispetto alle precedenti posizioni dei maskilim galiziani, in quanto toccò con le sue critiche uno dei fondamenti della sintesi mendelssohniana, edificata sulla separazione tra nazionalità e religione. In Et lata'at [Tempo di piantare], a detta di Smolenskin, solo il nome di «Israele» aveva posseduto in sé la forza sufficiente e necessaria a conservare la civiltà ebraica nel corso dei lunghi secoli della diaspora, evitando così l'estinzione del popolo ebraico. Tale nome non trasse mai la sua reale forza dalla religione, dalla legge scritta e orale

128 M.NORDAU, Das unentbehrliche Ideal, in ID.,Zionistische Schriften, Koln und Leipzig 1909, pp. 282-8. 129 SLOUSCHZ, La reinassance de la littérature hébraique (1743-1885), p. 183.

130 Vedi la conferenza dei rabbini riformati di Francoforte nel 1845, in cui si dibatte proprio sulla questione messianica: Protokolle und Aktenstueckte der zweiten Rabbiner-Versammlung, Frankfurt am Main, 1845, pp. 37-77. Vedi anche: MENDES-FLOHR;REINHARZ, The Jew in the Modern World, pp. 163-5.

131 Per una ricostruzione dell'influenza delle tesi di Krochmal sul pensiero di Smolenskin vedi: FREUNDLICH,