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A MORE PER LA SCIENZA E PATRIOTTISMO NELL ' INTELLIGHENZIA EBRAICA DELL 'E UROPA OCCIDENTALE

II. A MORE PER LA SCIENZA E AMORE PER LA LINGUA : I DUE VOLTI DELLA SECOLARIZZAZIONE EBRAICA

1. A MORE PER LA SCIENZA E PATRIOTTISMO NELL ' INTELLIGHENZIA EBRAICA DELL 'E UROPA OCCIDENTALE

Senz'altro l'emancipazione fu una delle prerogative essenziali alla formazione di un'intellighenzia ebraica secolarizzata sviluppatasi nel corso dell'Ottocento. Se, infatti, nel Settecento si ebbe una prima emancipazione, prettamente economica, nel secolo successivo a questa si aggiunse un'emancipazione civile, religiosa e culturale16. Furono questi gli ingredienti che contribuirono alla nascita di una moderna élite ebraica, nata inizialmente tra le classi di maskilim e di rabbini riformati. Dall'editto di Giuseppe II, Toleranz-Patent (1782) alla piena emancipazione degli ebrei francesi (1791) con la Rivoluzione e con Napoleone poi, nel corso dell'Ottocento furono molti gli Stati che riconobbero agli ebrei pari diritti di cittadinanza: Belgio (1830), Paesi Bassi (1834), Svizzera (1856), Regno Unito (1858), Italia (1861) e così via. Di certo non fu un processo facile e immediato, «nella maggioranza dei paesi europei fu ottenuta solo dopo lotte prolungate che costituirono un punto nodale della storia ebraica moderna nell'Europa del XIX secolo»17. Inoltre, come scrive

Bruno Di Porto, l'interesse verso il mondo esterno e le scienze profane, nutrito dai giovani maskilim, «impensieriva gli ambienti rabbinici e tradizionalisti», tanto quanto preoccupavano le pressioni esterne che spingevano ad abbandonare le usanze ebraiche18. Infatti, ricordiamo che alla concessione dell'emancipazione e all'acquisizione della cittadinanza corrispose «la sollecitazione ad adeguarsi non solo al contesto giuridico dello Stato, ma anche ai costumi della società circostante»19. Non è nostro interesse qui occuparci

nello specifico della storia di queste lotte per l'emancipazione. Va tuttavia tenuto presente un fatto: fu all'interno di tale contesto di trasformazione che una moderna élite ebraica poté formarsi a partire dagli ideali che diedero vita all'«ideologia dell'emancipazione»20. Un'ideologia incarnata tanto nell'illuminismo europeo e nella Haskalah ebraica, quanto in quelle premesse teoriche che volevano rifondare la civiltà europea su criteri secolari e su un senso di appartenenza universalizzato, anziché comunitario21. Tale ideologia cosmopolita fu

16J.I.ISRAEL, Gli ebrei d'Europa nell'età moderna 1550-1750, Il Mulino, Bologna, 1991. 17 S.N.EISENSTADT, Civiltà ebraica, Donzelli, Milano, p. 103.

18 B.DI PORTO, Il movimento di riforma nel contesto dell'ebraismo contemporaneo, in L. Vaccaro (a cura di),

Storia religiosa degli ebrei di Europa, Centro Ambrosiano, Milano, 2013, p. 269.

19 Ivi, p. 270. Ricorda inoltre Di Porto che «una delle norme introdotte per loro, al fine del riconoscimento dell'identità, fu l'assunzione dei cognomi, al posto dei tradizionali patronimici seguiti dai toponimi», come pure «la riduzione dell'autonomia delle comunità e dell'autorità interna ebraica, gestita conforme al sistema normativo dell'Halakhah» (ibid.).

20 D.SORKIN, The Transformation of German Jewry 1780-1840, Oxford University Press, New York, 1987.

molto pervasiva, specialmente nel mondo ebraico-tedesco, fondando le premesse di quella «simbiosi ebraico-tedesca» a cui George Mosse e molti altri storici hanno dedicato pregevoli lavori. L'ideologia dell'emancipazione, secondo Sorkin, era la risultante di diversi aspetti tra loro correlati: il mito maturato intorno alla figura di Moses Mendelssohn, padre della Haskalah, l'idea di uno stato tutelare, una «visione lacrimosa della storia ebraica», secondo l'espressione di Salo Baron, e la configurazione dell'ebraismo come mera comunità confessionale22. Del resto, tutto ciò fu il prezzo imposto dall'emancipazione, il cui conseguimento era tacitamente connesso a una precisa richiesta rivolta al mondo ebraico: definirsi «soltanto come comunità religiosa e non come comunità nazionale o politica»23.

L'emancipazione ebbe un ulteriore e importante effetto in relazione alla formazione di una moderna élite ebraica: essa favorì una fortissima mobilità sociale, occupazionale ed educativa24. Non a caso Sorkin, come già Mosse, parla di un processo di imborghesimento

ebraico nel mondo tedesco di primo Ottocento25. Senza questo sviluppo economico e sociale,

promosso dell'emancipazione e dall'acquisizione della cittadinanza e di diritti sociali e politici, non si sarebbe potuta sviluppare una moderna classe intellettuale che si facesse promotrice degli ideali illuministici e riformatori. Bisogna considerare che l'ingresso nelle moderne società europee comportò per gli ebrei una profonda riconfigurazione interna della loro vita collettiva, tale per cui «profondi mutamenti intervennero in tutto l'insieme delle istituzioni ed associazioni ebraiche, nel senso di indebolirle»26. Accanto alle tradizionali organizzazioni comunitarie ebraiche, quali sinagoghe, istituti filantropici, attività educative, emersero nuove associazioni che miravano a rispondere alle richieste poste dalla modernizzazione. Diversamente dalle autorità rabbiniche, fortemente ancorate alla tradizione, i maskilim europei si impegnarono attivamente nel soddisfare le richieste delle società occidentali. Nell'entusiasmo per la promulgazione del Toleranz-Patent (1782) il poeta ed esegeta Naphtali Hartwigh Wessely (1725-1805) auspicò la fondazione di «scuole aperte al sapere moderno, alle scienze, alle lettere, alle arti, in cui si insegnasse il tedesco o altre lingue europee, ottemperando così alle indicazioni dell'editto, appena emanato»27. Lungo tale strada, cavalcata dai discepoli di Mendelssohn, si sviluppò nel corso

22 SORKIN, The transformation of German Jewry, p. 104.

23EISENSTADT, Civiltà ebraica, p. 104. 24 Ibid.

25 SORKIN, The transformation of German Jewry, pp. 107-23.

26 EISENSTADT, Civiltà ebraica, p. 105. Si pensi ad esempio che «i poteri e le giurisdizioni tradizionali delle qehillot vennero aboliti, ponendo fine così al loro status di associazioni specifiche e distinte di stranieri» (ibid.)

dell'Ottocento una vivace cultura ebraica: si fondarono scuole, si aprirono salotti intellettuali e riviste letterarie. L'ebraismo riformato e liberale, figlio della Haskalah, l'assimilazione e le attività intellettuali correlate a tali rinnovamenti culturali e sociali furono i principali organi che accolsero la sfida posta dalla necessità di modernizzare la vita ebraica. Nel corso dell'Ottocento, dunque, le classi intellettuali, eredi dei maskilim, attraverso questi organi, contribuirono alla formazione di una nuova religiosità, a partire dalla modernizzazione delle pratiche religiose e dallo sviluppo degli studi storico-scientifici. L'esempio più alto di tale adattamento ebraico al cambiamento dei tempi è quello della Wissenschaft des Judentums che si dimostrò «ancora più certa che dovesse esistere un'Idea fondamentale di ebraismo al di là delle forme mutevoli che la storia ci fa balenare davanti agli occhi»28, credendo di poter delineare, studiare e cogliere quest'idea attraverso un rigoroso studio filologico, storico e scientifico.

I rabbini riformatori e i giovani studenti della scienza ebraica, che costituirono questa moderna intellighenzia ottocentesca, appartenevano tutti alla medesima classe sociale: avevano già raggiunto un certo benessere economico, credevano negli ideali illuministici e portavano avanti l'ideologia dell'emancipazione, prospettando una lenta, futura assimilazione nei paesi in cui risiedevano. Inoltre, essi si differenziarono dalle precedenti élite ebraiche, per lo più interessate alle problematiche religiose e disinteressate alle questioni pubbliche, per l'inedita partecipazione politica e sociale alle vicende contemporanee. Questo fu determinato chiaramente dall'apertura delle società europee verso il mondo ebraico, il quale così entrò nella vita pubblica degli Stati che avevano loro aperto le porte, collaborando attivamente nelle sfere accademiche, letterarie e giornalistiche. Il mondo culturale fu dunque il primo veicolo per l'emancipazione ebraica. Scrive Mosse: «scrittori, giornalisti e intellettuali ebraico-tedeschi credevano che la cultura determinasse la politica: un retaggio del loro processo di assimilazione»29. Un processo che fu senza altro molto più pronunciato in Germania e in Austria, e solo in seconda battuta in Francia30 e in Inghilterra e che poi si accentuò nel secolo successivo negli Statu Uniti.

Sempre sulla scia di Mosse, ricordiamo che l'emancipazione ebraica avvenne in una fase

28 Y.H.YERUSHALMI, Zakhor. Storia ebraica e memoria collettiva, Pratiche editrice, Parma, 1983, p. 102.

29 G.L.MOSSE, Il dialogo ebraico tedesco. Da Goethe a Hitler, Giuntina, Firenze, 1995, p. 61.

30 Come notò all'epoca Simon Debré, in Francia non si determinò un movimento di riforma analogo a quello tedesco (S.DEBRÉ, The Jews of France, «The Jewish Quarterly Review» n. 3 (1891), pp. 367-435). Eppure

l'erosione della credenza religiosa in un secolo di scienze e di positivismo fu particolarmente netta in Francia, soprattutto nelle grandi città, in numerosi settori della classe media. «La fede nel progresso realizzato dall'uomo, e sotto l'egida della scienza, soppiantò progressivamente l'impegno religioso tradizionale» (MARRUS, Les juifs de France à l'époque de l'affaire Dreyfus, p. 71).

di transizione tra il tramonto degli ideali illuministi in Europa e l'emergere del romanticismo, fatto che conferì alla nuova élite ebraica «ottimismo e una certa fede in se stessa e nell'umanità»31, dimostrando così di saldare assieme ragione e sentimento, equamente distribuiti tra società e religione. Un caso esemplare del clima dell'epoca fu la fondazione del primo giornale ebraico in lingua tedesca, «Sulamith. Eine Zeitschrift zur Beförderung der Cultur und Humanität unter den Israeliten» (1806 - 1848). Il complemento del titolo era già di per sé molto significativo riguardo le intenzioni che muovevano l'élite rabbinica e laica tedesca: un giornale per la promozione della cultura e dell'umanità tra gli israeliti. Questa promozione mirava a un pubblico molto più ampio rispetto a quello delle comunità ebraiche, motivo per cui il giornale venne scritto in lingua tedesca, pur mantenendo un supplemento in ebraico. In tal senso il caso di «Sulamith» è esemplificativo dell'orientamento ideologico culturale presente nelle cerchie ebraico-tedesche dell'epoca: si voleva intercettare la classe media dei gentili, in modo da creare maggior consenso verso le politiche e gli ideali di emancipazione e assimilazione che animavano il giornale. Gli editori, i rabbini David ben Mose Frankel (1779-1865) e Joseph Wolf (1762-1826), ritenevano infatti che la benevolenza della popolazione cristiana fosse parte integrante del processo di emancipazione e di rigenerazione ebraica32. Tale apertura verso il mondo cristiano da parte del giornale era sintomatica di un ben più profondo avvicinamento tra ebraismo e cristianesimo, legato al culto e allo svolgimento delle cerimonie ebraiche. Scrive Mosse, «le cerimonie religiose dovevano fare appello ai sentimenti attraverso la loro ascetica bellezza e la coreografia […] Era la cristiana “bellezza della sacralità” trasferita nella religione ebraica»33, un trasferimento che, a detta di Mosse, portava a un progressivo avvicinamento della religione ebraica a quella pietistica cristiana.

Determinante a fondare un nuovo tipo di pensiero secolarizzato e una nuova cultura storico-scientifica, in stretto legame con l'ideologia dell'emancipazione, fu «il grande movimento intellettuale, denominato Wissenschaft des Judentums»34. Fondatori di questo movimento, che incise su buona parte della storia dell'ebraismo tedesco, furono figure come Abraham Geiger (1810-1874), Immanuel Wolf (1799-1829) e Leopold Zunz (1794-1886) che mirarono nei loro programmi educativi «a trasformare gradualmente gli ebrei in una

31 Ivi, p. 13.

32 SORKIN, The transformation of German Jewry, pp. 82-4. 33 MOSSE, La secolarizzazione della teologia ebraica, p. 29.

comunità religiosa, lasciando cadere l'identità nazionale»35, esaudendo così quella richiesta implicita nei programmi di emancipazione che le società europee tacitamente imposero36. Lontano dalle idee di rinascita della lingua ebraica, prima tra tutte quella sostenuta dalla rivista «ha-Me'assef» (1784-1811), Zunz riteneva l'ebraico una lingua corrotta, in quanto lingua del ghetto e delle superstizioni religiose. Essa andava sostituita nella liturgia, nelle preghiere e nella produzione letterario-scientifica con il tedesco, favorendo l'assimilazione e rimuovendo qualsivoglia richiamo politico-nazionalistico. La fedeltà al mondo tedesco non andava assolutamente messa in dubbio: «il patriottismo era una realtà dell'epoca e la religiosità ebraica doveva assimilarlo […] a spese di una continuità della liturgia e del pensiero religioso»37. Sulla scia di tali presupposti teorici, Zunz scrisse il noto articolo Etwas

über die rabbinische Literatur38 (1818) in cui, come scrive Yerushalmi, egli «abbozzava un programma per lo studio storico e organico della cultura ebraica, nel complesso e nella varietà delle sue forme, da inserirsi come componente integrante di un quadro globale delle conoscenze umane»39. Da queste premesse nacque a Berlino nel 1819 la società per la cultura e lo studio scientifico dell'ebraismo: Verein für Kultur und Wissenschaft des

Judentums. Tra i giovani intellettuali ebrei e studenti presso l'università di Berlino che

diedero vita all'associazione c'erano per l'appunto Leopold Zunz, Eduard Gans, Moses Moser, Isaac Marcus Jost, Immanuel Wolf. Essi erano riuniti in un gruppo fin dal 1816, ma decisero di fondare un'associazione che promuovesse lo studio scientifico dell'ebraismo, soprattutto in seguito alle serie di pogrom che scoppiarono negli stati tedeschi nell'estate del 181940 e in seguito ai dibatti che tali vicende provocarono nelle cerchie di questi giovani studenti ebrei.

Nell'arco di pochi anni sorsero importanti organi correlati al movimento: un istituto, l'Institut für die Wissenschaft des Judentums, un giornale Zeitschrift für die Wissenschaft des

35 Ivi, p. 113.

36 Ricordiamo che nei paesi occidentali «prima tra tutti la Francia, agli ebrei fu promessa l'emancipazione, vale a dire la concessione del pieno diritto di cittadinanza, se fossero diventati un gruppo religioso ma non nazionale o etnico» (ivi, p.106). Una richiesta che era già implicita nelle precedenti politiche di numerosi sovrani assoluti, come spiega ancora Eisenstadt, citando il noto caso di Giuseppe II d'Austria. Essi erano sì disposti a riconoscere gli ebrei come sudditi legittimamente residenti nel paese, «ma al tempo stesso quei sovrani abolirono lo status associativo delle comunità ebraiche» (ivi, p. 104).

37 MOSSE, La secolarizzazione della teologia ebraica, p. 35. Mosse così amaramente chiude il discorso: «il

tentativo di modificare, in un presente utilizzabile, una fede che si supponeva essere eterna, era destinato a colpire il cuore della religiosità tradizionale» (ibid.)

38 L.ZUNZ, Etwas über die rabbinische Literatur, Berlin, 1818. 39 YERUSHALMI, Zakhor, p. 94.

Judentums, una scuola, un archivio e una biblioteca41. Nel suo saggio programmatico, Über

den Begriff einer Wissenschaft des Judentums (1822)42, che inaugurava la rivista Zeitschrift, Immanuel Wolf sosteneva che, sebbene il «Reich der Juden» fosse tramontato, lo stesso non poteva dirsi dell'ebraismo43. La «scienza dell'ebraismo» rappresentava all'epoca la risposta al cambiamento dei tempi (shinui haitim), ovvero all'incontro problematico dell'ebraismo con la secolarizzazione. In tal senso, la Wissenschaft des Judentums rappresentò uno tra i primi tentativi di dare all'ebraismo una nuova forma conforme alle esigenze dell'epoca moderna44, delineando così la prima risposta spiccatamente culturale da parte del mondo ebraico al processo di secolarizzazione.

La percezione di un cambiamento nell'aria e di una rottura col passato aleggiava un po' ovunque nei discorsi di questa giovane cerchia di studenti. Pensiamo, ad esempio, a Edouard Gans, il quale scriveva:

la rottura con l'intimità [Innigkeit] della vecchia esistenza è di certo avvenuta, ma il profondo ritorno a questa intimità non ha ancora avuto luogo. L'entusiasmo verso la religione e la genuinità delle passate relazioni è svanito, ma nessun nuovo entusiasmo si è fatto avanti, nessuna nuova rete di rapporti è stata costruita45.

Tanto l'entusiasmo di Wolf, quanto il disincanto di Gans denotano la consapevolezza di un importante passaggio storico in atto: si era ormai consumata la rottura con il precedente assetto dell'ebraismo e bisognava dunque costruire una nuova rete di rapporti sociali. Bisognava cioè ritrovare una nuova intimità con il proprio passato. Per Wolf la Wissenschaft

des Judentums aveva questo preciso compito da svolgere. Per Gans, si trattava di trovare

quella nuova Innigkeit, utile per poter adattare la vita e il pensiero collettivi ebraici al cambiamento dei tempi, impostosi con l'emancipazione e l'acquisizione della cittadinanza. L'amore per la scienza e per lo studio storico fu la risposta attraverso cui istituire tale nuova intimità tra la propria passata tradizione e le moderne società europee. Una simile

41 Tutte le informazioni relative a documenti, carte, partecipanti sono disponibili on-line presso il Leopold- Zunz-Archive. Vedi: http://www.jewish-archives.org

42 I. WOLF, Uber den Begriff einer Wissenschaft des Judentums, «Zeitschrift für die Wissenschaft des

Judentums» n. 1 (1822), pp. 1-24. Poi tradotto in inglese ID., On the concept of a Science of Judaism, «Leo Baeck Institute» n. 2 (1957). Ora anche parzialmente in: P.R.MENDES-FLOHR,J.REINHARZ, The Jew in the

Modern World. A documentary History, Oxford University Press, New York, 1995, pp. 219-20. 43 WOLF, Uber den Begriff einer Wissenschaft des Judentums, p. 9.

44 YERUSHALMI, Zakhor, p. 95.

45 S.RUBASCHOFF, Erstlinge der Entjudung: Drei Reden von Eduard Gans, «Der jüdische Wille» n. 1 (1918),

consapevolezza animò i giovani studiosi della scienza ebraica, i quali si impegnarono nella costruzione di una nuova rete di rapporti in grado di rimpiazzare le precedenti relazioni sociali desuete, tipiche del periodo del ghetto. Anche questi studiosi, come i riformatori rabbini tedeschi, accettarono le richieste delle società europee e smisero di considerarsi una nazione, impegnandosi così in un'impresa ardita: ricostruire una tradizione, una storia, un proprio passato cancellando qualsivoglia elemento nazionalistico dai loro discorsi. Come vedremo, tale operazione non preservò gli ebrei emancipati dal patriottismo e dal nazionalismo emergenti. Anzi. Si fondarono così le premesse per l'adesione ebraica ai nazionalismi europei.

Sempre sulla stessa strada aperta dal giornale «Sulamith», Ludwig Philippson (1811- 1889), rabbino liberale e moderato riformatore46, fondò a Lipsia nel 1837 un altro importante periodico: «Allgemeine Zeitung des Judentums» (1837-1922), una tra le più importanti riviste ebraico-tedesche dell'epoca che si proponeva di portare avanti la stessa ideologia dell'emancipazione avviata nel 1806 da «Sulamith»47. Con tale rivista Philippson voleva rivolgersi all'intellighenzia laica tedesca con l'ambizione non soltanto di promuovere la storia dell'ebraismo passata, ma anche di difendere la causa degli ebrei nel tempo presente48. Il sottotitolo della rivista era alquanto significativo dell'orientamento culturale del giornale: un imparziale organo per tutti gli interessi ebraici in relazione a politica, religione, letteratura, storia, lingua e poesia. Il giornale promuoveva poi una moderata riforma religiosa e auspicava a una maggior prossimità tra ebrei e non ebrei. In tale senso, Philippson caldeggiò la convenzione delle conferenze rabbiniche del 1844-46, così come il sinodo di Lipsia nel 1869.

L'idea di voler unire i molteplici aspetti della vita e del pensiero ebraico dell'epoca ebbe successo e la rivista iniziò a circolare non soltanto in Germania, Austria e Olanda, ma anche nell'Europa orientale. Fu proprio sulla scia di tale successo che Philippson decise di introdurre la pubblicazione del supplemento letterario «Jüdisches Volksblatt» (1853-1866). La sua intenzione era quella di offrire alle masse di ebrei una letteratura leggera, più

46 Rabbino nella città di Magdeburg, Philippson fu tra gli iniziatori delle conferenze rabbiniche, svoltesi tra il 1844 e il 1846, pur dimostrandosi critico sulle conclusioni prese alla fine dei lavori. Abbracciò comunque una serie di riforme che introdusse nella sua sinagoga, come l'uso dell'organo e l'introduzione dei sermoni e delle preghiere in tedesco. Dal 1839 al 1853 lavorò su una traduzione in tedesco della Torah con annesso un suo commento, che ebbe un notevole successo, come lo dimostrarono le riedizioni successive (1858; 1878). Vedi: Die israelitische Bibel, 4 bd., Baumgärtner's Buchhandlung, Leipzig, 1839-54.

47 Vedi: Was heisst des Judentum?, «Allgemeine Zeitung des Judentums», 2 maj 1837, pp. 2-3.

48 Vedi: I.SINGER, Allegemeine Zeitung des Judenthums, in Jewish Encyclopedia, vol. I, Funk and Wagnalls,

popolare, in uno stile stimolante, capace in tal modo di ridestare l'interesse assopito verso l'ebraismo e le sue tradizioni religiose. Fu così che tale supplemento si prestò a dare uno spazio di diffusione e di promozione alla letteratura ebraica, pubblicando poesie, brevi saggi, racconti di carattere spiritualmente edificante e opere narrative49. Non vi era tanto l'interesse verso una cultura e una letteratura popolare, data l'assenza di storie relative alla vita nel ghetto e nei villaggi. C'era piuttosto da parte della rivista l'intenzione di promuovere gli aspetti più ideali della vita ebraica, inserendoli all'interno di narrazioni storiche ed eroiche50. L'interesse di Philippson verso lo sviluppo della letteratura è inoltre testimoniato da un'altra importante iniziativa culturale che lo vide protagonista assieme allo storico Isaak Markus Jost (1793-1860) e al rabbino Adolf Jellinek (1820-1893): trattasi della fondazione dell'Institut zur Förderung der Israelitischen Literatur (1854–73). L'istituto aveva il semplice, ma importante obiettivo di diffondere la storia culturale e letteraria ebraica, favorendo la pubblicazione di opere inerenti tali argomenti, scritti o tradotti in lingua tedesca. L'impresa ebbe un notevole successo e l'istituto crebbe nel corso degli anni sia per numero degli iscritti, sia per numero delle copie di libri pubblicati e poi diffusi negli stati tedeschi e nell'impero asburgico attraverso scuole, comunità e biblioteche. Tra le pubblicazioni promosse dall'istituto troviamo Alroy di Benjamin Disraeli (1804-1881), Palestine, Description Géographique, Historique et Archéologique di Salomon Munk (1803- 1867), i due volumi delle Geschicthe der Jüdischen Litteratur di argomento biblico di David

Cassel (1818-1893), la Geschicthe des Judenthums und Seiner Sekten di Jost e i libri dello

stesso Philippson, come Die Entwicklung der religiösen Idee im Judenthum, Christenthume

und Islam und die Religion in der Gesellschaft (già uscito nel 1847 e riedito nel 1874)51. Tra tutti i volumi, probabilmente la pubblicazione più rilevante e impegnativa fu la monumentale