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A MORE PER LA LINGUA E NAZIONALISMO NELL ' INTELLIGHENZIA EBRAICA CENTRO ORIENTALE

II. A MORE PER LA SCIENZA E AMORE PER LA LINGUA : I DUE VOLTI DELLA SECOLARIZZAZIONE EBRAICA

3. A MORE PER LA LINGUA E NAZIONALISMO NELL ' INTELLIGHENZIA EBRAICA CENTRO ORIENTALE

La secolarizzazione della lingua ebraica svolse dunque un ruolo centrale nella riscoperta dell'amore per Sion e di un primo sentimento nazionale ebraico, niente affatto politico, nella Haskalah orientale, soprattutto nella scuola austriaca e galiziana, differenziandosi così dagli sviluppi successivi del movimento in terra tedesca. Lungi dall'andare perduta e dimenticata, l'esperienza della rivista «Ha-Me'assef» proseguì su un terreno più fertile nell'impero austroungarico grazie alla fondazione di «Bikkurei ha-Ittim» (1820-1831), primo giornale viennese in lingua ebraica, nato col proposito di trapiantare l'impresa di «Ha-Me'assef» nel contesto culturale asburgico dell'epoca. Il merito di tale operazione di travaso fu di Shalom Ha-Cohen – l'ultimo editore a Berlino ad aver tentato di rilanciare «Ha-Me'assef» (1809- 1811) – e dell'amico cristiano ed raffinato editore di libri ebraici Anton von Schmidt (1765- 1855). Come scrive Israel Zinberg, la nuova rivista viennese «Bikkurei ha-Ittim» non venne concepita come una continuazione di «Ha-Me'assef». Si trattò piuttosto di voler «far familiarizzare la gioventù ebraica delle provincie austriache con la Haskalah berlinese»63. Tuttavia, solo nei primi numeri comparve una selezione di saggi e poemi ristampati da «Ha- Me'assef», la cui presenza andò via via a ridursi, per fare spazio a nuovi scritti in ebraico e a discussioni di vario genere, pur mantenendo lo stesso stile asciutto e scientifico di «Ha- Me'assef». In linea con l'idea di assimilazione, vennero pubblicati poemi celebrativi dedicati a Francesco I, accanto a racconti di carattere morale e idilliaco, con la sola differenza che il

63 I.ZINBERG, The science of Judaism and Galician Haskalah, in ID., A history of jewish literature, vol. X,

tutto veniva fatto utilizzando l'ebraico; anche quando si proponevano storie in tedesco, queste venivano trascritte adoperando i caratteri ebraici64. Inoltre la pratica delle traduzioni di opere dal tedesco all'ebraico iniziò ad avere molta diffusione, si pensi solo, a titolo esemplificativo, alle traduzioni del rabbino Solomon Judah Rapoport (1790-1867) del poeta Friedrich Schiller (1759-1805) apparse sulla rivista in questione. La rivista «Bikkurei ha- Ittim» riscosse un certo successo e determinò un momento decisivo tanto per la diffusione della Haskalah al di fuori dell'ambito tedesco in cui era sorta, quanto per la nascita e lo sviluppo della moderna letteratura ebraica. Fu, infatti, tra le pagine di tale rivista che personaggi come l'appena citato Solomon Judah Rapoport, Samuel David Luzzatto (1800- 1865), Isaac Samuel Reggio (1784-1855), Meir Letteris (1800-1871) debuttarono, iniziando così a farsi conoscere presso il pubblico ebraico65. Pensiamo, ad esempio, alla pubblicazione della prima parte della raccolta poetica Nikur Naim [Dolce violino] di Samuel David Luzzatto o alla traduzione del dramma Esther di Racine ad opera di Rapoport.

Altrettanta importanza per lo sviluppo della letteratura neo-ebraica ebbe la rivista «Kerem Hemed» (1833-1856), anch'essa stampata grazie all'interesse di Anton von Schmidt e uscita prima a Vienna, poi a Praga. Il giornale venne lanciato da Samuel Leib Goldenberg (1807-1846), un maskil galiziano, allo scopo di rimpiazzare la cessata rivista «Bikkurei ha- Ittim». L'importanza di questo nuovo giornale, sempre scritto in ebraico, fu dovuta soprattutto al ruolo di mediazione che svolse tra il mondo dell'ebraismo centro-orientale (austriaco e galiziano), e quello occidentale, a iniziare dall'Italia con Samuel David Luzzato. Inoltre, «Kerem Hemed» non si limitò a proseguire l'esperienza della rivista «Bikkurei ha- Ittim», ma introdusse anche alcune innovazioni: gli articoli vennero infatti concepiti come scambi di corrispondenze tra i diversi collaboratori del giornale sui differenti temi di letteratura, storia, interpretazione esegetica. Secondo Neher-Bernheim, questa formula così originale permise alla rivista di essere «l'espressione vivente di tutti gli scambi intellettuali in seno al pensiero ebraico europeo»66. A ciò va aggiunto che l'utilizzo dell'ebraico assicurava un'unità d'insieme e di intenti, inserendosi entro una comune eredità culturale ebraica di tipo tradizionale. L'ebraico garantiva così una continuità con la tradizione passata, pur nella discontinuità introdotta dagli argomenti secolari trattati. Bisogna infatti considerare che a quest'epoca la scelta dell'ebraico non aveva ancora una valenza politica, essendo disgiunta da qualsivoglia rivendicazione nazionalistica: infatti, «chiunque sceglieva di scrivere in ebraico

64 Ibid.

65 WAXMAN, A history of Jewish Literature. From the Middle of the Eighteenth Century to 1880, p. 159.

marcava immediatamente il suo attaccamento alla tradizione religiosa più autentica»67. Questo rimarcare la propria appartenenza alla tradizione fu un'esigenza piuttosto significativa e importante per le élite ebraiche austriache e galiziane dell'epoca, preoccupate a individuare un possibile accordo tra pensiero storico moderno e tradizione religiosa. L'«amore per Sion» e per la lingua ebraica, testimoniato da tutta questa nuova letteratura, era saldamente connesso alla religione, motivo per cui il sentimento di appartenenza nazionale non aveva ancora alcun significato politico, ma soltanto etnico-culturale. Fu unicamente con l'affermarsi del sionismo che l'ideologia politica rilesse tale «amore per Sion» nei termini di un'embrionale riscoperta di amor patrio, rimasto sopito per ben due millenni. Il sionismo, infatti, si mosse fin da subito alla ricerca delle sue origini, nella costruzione di una tradizione passata, setacciando la storia ebraica per individuare in un'ottica teleologica come e quando il sentimento nazionale fosse riemerso68.

All'epoca delle riviste «Bikkurei ha-Ittim» e «Kerem Hemed» non possiamo ancora parlare di una volontà politica, di rivalsa e di lotta nazionale-progressista, espressa nelle successive elaborazioni intellettuali dei primi sionisti, nemmeno in forma latente o embrionale. L'ebraico laicizzato non era neanche lontanamente pensato come lingua universale di un futuro stato nazionale. Esso era soltanto la lingua della tradizione. Una tradizione che andava però rinnovata, rimaneggiata, riadattata alle nuove esigenze delle élite ebraiche emancipate. Per le piccole cerchie di intellettuali galiziani, infatti, l'impiego dell'ebraico permise loro di operare tale aggiornamento, rinnovando la tradizione senza doverla accantonare. Fu una sorta di cambiamento nella continuità, grazie al quale si poté discutere di tutto, senza che questo fosse percepito come un'uscita dalla tradizione. L'ebraico era infatti la forma che assicurava quella continuità alle giovani generazioni messe improvvisamente di fronte ai cambiamenti sociali, di costume e di pensiero promossi dall'emancipazione, dall'acquisizione della cittadinanza e dalle correlate promesse di un miglioramento delle condizioni economiche. Soltanto successivamente, nel momento in cui per le classi intellettuali ebraiche il distacco dal mondo tradizionale divenne eccessivo e parallelamente quelle promesse di emancipazione sociale e politiche svanirono, solo allora l'ebraico, già laicizzato da queste precedenti esperienze letterarie, iniziò a diventare il veicolo del sentimento nazional-progressista e delle sue embrionali idee politiche.

67 Ibid.

68 In tal senso la tesi di dottorato dello studioso Nahum Slouschz (1871-1966), sostenuta alla Sorbonne di Parigi nel 1902 è alquanto significativa di tale tendenza sionista. Vedi: N.SLOUSCHZ, La reinassance de la littérature hébraique (1743-1885) essai d'histoire littéraire, Société nouvelle de librairie et d'édition G. Bellais, Paris, 1903. Analizzeremo il testo e l'autore in questione nel capitolo seguente.

Dobbiamo infine considerare un ulteriore elemento di peso nei territori dell'impero austro-ungarico: ovvero la forte presenza dell'ortodossia ebraica, ostile alla Riforma e alla Haskalah berlinese. Le comunità ortodosse e hassidiche erano infatti particolarmente contrarie a qualsiasi cambiamento da introdurre nella vita ebraica, in quanto la modernizzazione della vita, degli studi, dell'educazione ebraica avrebbe messo a rischio le tradizioni, la religione e in ultima istanza l'ebraismo stesso. Ciò determinò una situazione conflittuale, soprattutto in Galizia, regione più orientale dell'impero e quella con la maggior presenza ebraica, dove la Haskalah, pur potendo contare sull'appoggio del governo asburgico, non riuscì mai ad imporsi come un movimento popolare69. In tale regione, i rapporti tra maskilim e ortodossia ebraica erano connotati da continui scontri: «non era il mondo europeo che circondava le cerchie dei maskilim galiziani, bensì le compatte, antiquate masse ebraiche. Non le idee degli illuministi francesi, né la filosofia materialista degli enciclopedisti, dominavano le loro menti, bensì il mondo delle idee del giovane movimento hassidico»70. I circoli illuministi galiziani erano una sparuta minoranza all'interno di un mondo ancora fortemente attaccato alle tradizioni. Un fattore significativo circa l'ostilità del mondo ortodosso verso i tentativi di modernizzazione della vita ebraica promossi dai maskilim è rappresentato dall'utilizzo dell'herem (il bando di uno o più membri dalla comunità ebraica), un uso che, in base a un editto di Giuseppe II, sarebbe dovuto cessare a partire dall'età dell'emancipazione, ma che in alcune città persisteva ancora. Pensiamo solo alla città di Lemberg, capitale della Galizia71 e al centro di numerosi scontri tra Haskalah e Ortodossia. Il 10 maggio 1816 venne affisso alla porta della sinagoga il bando rivolto a quattro maskilim della città (Rapoport, Erter, Natkes, Pastor), colpevoli di aver diffuso i loro insegnamenti eretici presso i giovani72, nel nome del rabbino della città, Rabbi Jacob Orenstein (1775-1839). Un altro caso di scontro, ancora più estremo, si verificò nel settembre 1848, quando un rabbino ortodosso, un certo Abraham Ber Pilpel, si introdusse nella cucina di un rabbino liberale, Abraham Kohn (1806-1848), per avvelenarlo con l'arsenico. Tale fatto di cronaca costituì il primo caso di un ebreo ad aver ucciso un altro ebreo, come ben testimoniato dallo studio monografico di Stanislawski. La consolidata

69 WAXMAN, A history of Jewish Literature. From the Middle of the Eighteenth Century to 1880, p. 172.

70 ZINBERG, The science of Judaism and Galician Haskalah, p. 31.

71 Città in cui Leopold Zunz fece editare postumo il testo di Nachman Krochmal, Moreh nevoukhé ha-zeman (La guida dei perplessi del nostro tempo, 1851). F. Barbier, La librairie en Galicie (1772-1914), in J.LE

RIDLER; H. RASCHEL (sous la direction), La Galicie au temps des Habsbourg (1772-1918), Presses Universitaires François Rabelais, Tours, 2010, pp. 231-61 (in part. su Lemberg pp. 242-48).

72 M. STANISLAWSKI, A Murder in Lemberg. Politics, Religion, and Violence in Modern Jewish History.

presenza ortodossa e i continui scontri con i maskilim locali, unito all'assenza di un potere centrale forte e al diffondersi del nazionalismo tra le minoranze etniche dell'impero, furono tutti fattori che influirono sulla produzione letteraria di tali sparute cerchie di giovani ebrei emancipati e desiderosi di aprirsi agli studi secolari. Fu dunque all'interno di tale contesto sociale, fortemente segnato da tensioni di carattere religioso, che i maskilim galiziani promossero la diffusione delle idee illuministiche in relazione alla rinascita letteraria dell'ebraico, raggiungendo un alto livello di produzione culturale, nonostante le oggettive difficoltà di arretratezza economica e sociale vigente in tali territori73.