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I problemi delle teorie corrispondentiste della verità

Section I: The Terms of the Debate

3. I problemi delle teorie corrispondentiste della verità

Seguendo Franca D'Agostini possiamo identificare alcune difficoltà principali a cui vanno incontro le teorie corrispondentiste della verità106. La prima consiste nel problema

del regresso all'infinito della catena di verifiche: per controllare la verità di una relazione (r) tra una proposizione (p) e un fatto (f) si ha bisogno di una nuova relazione (r1) tra questa verità e un nuovo giudizio circa la sua verità. Ciò conduce poi bisogno di una nuova relazione (r2) per controllare (r1) e così via107.

Sempre in questa direzione, Paolo Valore nota che la corrispondenza non può essere considerata come una relazione di “coincidenza” tra due piani ontologicamente distinti. Infatti, da un lato, è vero che parte della nostra concezione di una teoria corrispondentista della verità suppone la differenza tra contenuto rappresentato e oggetto della rappresentazione – tra l'“ordo idearum” e l'“ordo rerum”, nei termini di Parrini108. Allo stesso tempo, è difficile concepire il rapporto tra questi due livelli: non

può trattarsi di una relazione di somiglianza “sotto certi aspetti”, perché per definire tali aspetti si cadrebbe in un regresso all'infinito nel tentativo di specificarli e non si uscirebbe dal piano linguistico. Questo perché si possono comparare solo proposizioni a proposizioni, ma non proposizioni a fatti.

104 Nello specifico, Habermas passa da un'ontologia comunicativa ad una pragmatico-comunicativa, dove

la verità gioca il ruolo di apertura dialettica tra i due piani.

105 Questo, come vedremo, è quanto da Tarski in poi molte teorie della verità assumono come cardine in

direzione deflazionista; altre, come già anticipato, partono dallo stesso Tarski (che riporta la verità a relazioni di soddisfacimento e denotazione) integrando una teoria che riduca tali relazioni a nessi di tipo fisico (come un nesso causale). Secondo tali teorie, nozioni come quella di verità sono analizzabili nei termini di proprietà più fondamentali.

106 D'Agostini 2011, pp. 50-55.

107 Valore 2012, pp. 102-103, con riferimento a Frege 1983. 108 Parrini 2015, p. 22.

Tuttavia, se noi non possiamo accedere ai fatti in sé, questo non significa che noi abbiamo accesso solo a proposizioni: noi possiamo accedere a fatti non in sé ma per noi (concettualmente relativi): le esperienze sono almeno parzialmente non concettuali109. Il

problema di cui sopra apre alla questione della circolarità della verità, nella misura in cui per affermare la verità di una relazione tra una proposizione e un fatto io ho necessariamente bisogno di usare un'altra proposizione. Si ha bisogno della realtà (come costituita da fatti) per definire che cos'è vero, ma allo stesso tempo abbiamo bisogno della verità e di proposizioni per definire la realtà.

Questo è un problema che riguarda la possibilità di un accesso indipendente al piano della realtà, quale è necessario presuppore per dar senso all'idea delle nostre pratiche cognitive come volte ad accertare una verità indipendente (riferita ad una realtà ugualmente indipendente). Noi non possiamo comparare la descrizione e ciò che è descritto senza usare un'altra descrizione. Possiamo comparare solo descrizioni, pensieri e affermazioni con altre descrizioni, pensieri e affermazioni. Comunque, questo non conduce direttamente a negare l'esistenza di qualcosa di reale ed esterno alle descrizioni. Infatti, sostenere che noi non possiamo accedere ciò che va rappresentato senza rappresentazioni (nel senso lato del termine) non significa che noi non rappresentiamo nulla. Sarebbe come dire che non ci sono oggetti di rappresentazioni geografiche di un area se, per rappresentarli, noi abbiamo bisogno di coordinate umane110.

Alcuni problemi provengono anche da una concezione referenziale del linguaggio, in genere presupposta da queste teorie. Infatti, se parliamo di verità e corrispondenza avendo prioritariamente separato il concetto di verità (e di linguaggio) da quello di fatti (e di realtà), saremo destinati a fallire nelle nostre pratiche di accertamento della verità, per via del gap posto tra linguaggio e realtà111. Questo è conosciuto come il problema

del criterio, perché consiste nella difficoltà di usare un criterio a priori per identificare proprietà a posteriori: dal momento che il criterio è a priori, la possibilità di identificare differenze che sono a posteriori fallisce fin dall'inizio112.

D'altro canto, concepire il linguaggio come un insieme olistico di concetti (à la Habermas), non ci aiuta nel dare un senso alla corrispondenza come una relazione con

singoli fatti113. Questo è noto come il problema del “Big Fact” (dal Donald Davidson di

True to Facts): ciò che rende vera la proposizione “Napoli è a sud di Milano” è il fatto

che Napoli è a sud di Milano, ma anche il fatto che Milano è a nord di Napoli. Ciò perchè probabilmente si tratta dello stesso fatto. L'idea basilare di questa critica alla corrispondenza è che parlare di un fatto è, implicitamente, parlare di tutti gli altri fatti ad esso interrelati. Così, se un'affermazione corrisponde a un fatto, essa corrisponde ad un insieme di fatti114.

109 Volpe 2005, p. 125.

110 Valore 2012, pp. 106-107. Se il criterio della corrispondenza è esterno e noi non abbiamo un accesso

neutrale per via dei nostri limiti epistemici, questo vuol dire che stiamo salvando l'idea di realtà ma perdendo la possibilità di farcene un'idea (p. 109).

111 Per evitare di concepire le condizioni di verità come “evidence trascendent”, Michael Dummett

suggerisce una svolta epistemica verso le condizioni di asseribilità, per evidenziare il bisogno di un

riconoscimento della verità da parte dei parlanti. Cfr. Dummett 1975.

112 Valore 2012, pp. 98-102. 113 Quine 1951.

114 Cfr. Valore 2012, pp. 95-98 per una ricostruzione di quest'argomento con riferimento a Davidson

1969. Questo è conosciuto anche come argomento del “colpo di fionda” (slingshot argument), termine coniato da Neale 2001. Per una discussione rimando a Marchetti 2008, p. 38.

Da qui sfuma la differenza tra fatti diversi, e questo conduce ad un altro problema per le teorie corrispondentiste della verità.Si tratta del problema dell'esistenza dei fatti, che deriva dalle seguenti domande: esistono veramente? Quanti sono? Come sono costituiti? La corrispondenza vale anche per verità non fattuali come “la violenza è male”? Solitamente noi consideriamo anche queste proposizione come “true-apt”, ovvero suscettibili di essere valutate secondo la verità, anche se non sembrano descrivere caratteristiche oggettive delle entità a cui si riferiscono.

Sembra più plausibile, qui, parlare di “disaccordo senza errore”, ovvero seguire l'intuizione che questi argomenti dipendono da opinioni su caratteristiche non oggettive115. Tutte questi dibatti complicano la concettualizzazione della verità come una

relazione di corrispondenza. Lungi dall'affrontarli in dettaglio (cosa che richiederebbe una trattazione così ampia da meritare un volume a parte), mi limito a considerare che queste sono le ragioni principali che portano verso altre posizioni filosofiche circa la nozione di verità.