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Ricongiungere fatti e valori attraverso il discutere

Section I: The Terms of the Debate

3. Ricongiungere fatti e valori attraverso il discutere

Il train d'union tra la sfera dei fatti e quella dei valori è da trovarsi nei criteri di riflessione, riflessione che per Habermas assume sempre più la forma di una discussione. È nella riflessione-discussione, infatti, che valutativamente si scelgono i criteri di oggettività della scienza e i criteri di validità morale. Nella discussione su tali criteri si ha la coincidenza tra ambito del fattuale e quello del valutativo perché essi sono guidati dai valori con cui giudiciamo cos'è un fatto naturale e cos'è un fatto morale. Se tali criteri vengono relegati al campo meramente irrazionale dei valori, allora la stessa scienza che ne dipende subisce il contagio da parte di quest'irrazionalità. La decisione sull'oggettività, sui fatti, e sui criteri è dunque razionale o irrazionale? Essa non può essere imposta né logicamente né empiricamente (come suggerito rispettivamente da filosofie razionaliste ed empirisite) e tuttavia non è irrazionale poiché si basa su buoni argomenti e quindi sull'uso della ragione. La validità empirica, infatti, non è qualcosa che ci viene dato ma origina da una decisione quanto più razionale possibile e tuttavia mai del tutto razionalmente pura, poiché sempre influenzata dal contesto e dai valori che lo forgiano e che ne sono allo stesso tempo il risultato.

dal positivismo.

250 Habermas 1963c, p. 322. Le due traduzioni italiane del testo differiscono: nella versione pubblicata in

Prassi politica e teoria critica della società, Il Mulino, Bologna 1973, p. 406 si parla di una ragione

“decisa”, mentre in Teoria e prassi nella società tecnologica, cit. p. 93 si parla di ragione “impegnata”.

La conoscenza si basa quindi su un circolo inevitabile in cui non si può parlare di fatti

tout court senza prima decidere valutativamente cosa può essere considerato tale251. Tale

decisione è parte integrante del processo di ricerca che fa della scienza un'istituzione di uomini cooperanti e in comunicazione tra loro. È attraverso la comunicazione (sempre valutativamente guidata) che essi decidono cosa può pretendere validità scientifica e quindi avere un grado di relativa oggettività, così come nella morale è della bontà o malvagità di un'azione che si discute (come se fosse oggettiva).

Il lato empirico delle scienze, quindi, non è indipendente dai criteri (comunicativamente approvati) che esse applicano all'esperienza. Questo è il problema “della base empirica” della scienza, posto da Popper in Logik der Forschung, e riproposto da Habermas per mostrare che diversamente da quanto vorrebbe un empirismo rigoroso, le ipotesi non sono confrontate direttamente con un'esperienza pura e immediata ma solo con altre proposizioni. Secondo Popper, non esiste una giustificazione “empirica” cogente: in ogni singolo caso si deve decidere se l'accettazione di una proposizione è sufficientemente suffragata o no dall'esperienza. Tale decisione si basa su un consenso “temporaneo e revocabile” sulle proposizioni osservative rilevanti che è quindi un momento decisivo per la “fondazione” empirica della cogenza252. Pertanto, la validità

empirica si basa su una decisione che dipende dall'integrazione di una proposizione in convinzioni contestuali, non problematiche e confermate implicitamente (costituenti lo sfondo della Lebenswelt) piuttosto che dal riferimento soltanto a motivi relativi ad un'osservazione singola che è impura nella sua stessa natura:

“Vana è la ricerca dell'esperienza originaria [originären Erfahrung] di un qualcosa di immediatamente evidente [evidenten Unmittelbaren]. Perfino la percezione più semplice non solo è preformata categorialmente [kategorial vorgeformt] dalla dotazione fisiologica, ma è determinata dall'esperienza precedente, da elementi tramandati e appresi [Tradiertes und Gelerntes] come anche da quelli anticipati, dall'orizzonte delle aspettative [Horizont der Erwartungen]”253.

É dunque impossibile parlare di avalutatività delle scienze empiriche poiché sono i valori stessi a dare senso ai fatti, alle osservazioni, alle procedure, e a farli contare in quanto fatti. I valori si impongono come validi perché sono scelti in comune (consenso) e razionalmente dai parlanti appartenenti allo stesso sfondo culturale e, in particolare, dipendono dall'idea condivisa di che cos'è una buona teoria:

251 La distinzione tra contenuti descrittivi ed emotivi è sottoposta anch'essa a discussione. Da qui si inizia

a intravedere la teoria consensualista della verità, insieme alla nozione di Kreizprozess che avrà un ruolo centrale all'interno della più recente teoria bifronte della verità sostenuta in Habermas 1999. Il rapporto circolare tra contesto e valori pone il nodo problematico della priorità dei valori sul contesto o viceversa: credo, più semplicemente, che si tratti di un'interscambio in cui i valori dipendono, olisticamente, da credenze e prospettive contestuali che a loro volta vengono rafforzate o indirizzate da valori.

252 Popper 1959, citato da Habermas 1965, p. 302, tr. it. p. 120. Con toni che ricordano il realismo

empirico di ascendenza kantiana, Habermas afferma che “la regione dello sperimentabile [Region der

Erfahrbaren] viene stabilita in partenza da assunti teorici su una certa struttura in connessione con

condizioni di prova. Qualcosa come fatti accertati [...] si costituiscono soltanto in un contesto preliminare d'interpretazione dell'esperienza possibile”, Habermas 1964, p. 641, tr. it. p. 140. Sul rapporto di Habermas con le teorie della cogenza scientifica si veda Rehg 2009.

“le decisioni metodologiche possono essere discusse fondatamente [mit Gründen] solo quando ci siamo fatti in precedenza un concetto di una 'buona' teoria, di un'argomentazione 'soddisfacente', di un 'vero' consenso e di una prospettiva ermeneuticamente 'fruttuosa', concetto nel quale contenuti descrittivi e normativi sono ancora indistinti”254.

Con la centralità del consenso anche per le scienze empiriche, viene meno la pretesa di avalutatività con cui i positivisti vorrebbero caratterizzarle. Una volta appurata l'impossibilità di liberarsi integralmente da interessi e valori, per salvaguardare l'oggettività della ricerca scientifica rimane semplicemente il far si che a guidare tale attività sia un interesse soltanto cognitivo. Il concetto di avalutatività viene allora deflazionato rispetto agli usi che ne fanno positivisti e scientisti. Non potendolo depurare da interessi, il consenso scientifico-razionale deve aspirare per lo meno a farsi guidare esclusivamente da un interesse epistemologico, ovvero dall'interesse ad una conoscenza quanto più oggettiva e precisa possibile, non influenzata da pregiudizi derivanti dalla tradizione, dall'etica o da elementi extra-cognitivi come il successo o la fama. Gli unici pregiudizi ammessi e tollerati all'interno della scienza sono quelli ineludibili legati al senso comune e a quelle ovvietà che gli uomini di scienza ereditano implicitamente dal loro contesto e di cui è impossibile liberarsi del tutto.