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Il pluralismo aletico

Section I: The Terms of the Debate

4. Il pluralismo aletico

Come sostiene Lynch, “la verità, nell'etica, può essere intesa in modo differente che nella fisica”, e questo perché la verità è una cosa che ha più di una forma125. Infatti,

“Alcune verità possono essere più dipendenti dalla variabilità del contesto che altre”:

“le proposizioni nel campo del diritto non sono evidentemente vere nel modo in cui lo sono le proposizioni a proposito degli abeti: non corrispondono a qualcosa di concreto e di indipendente dalla mente [mind-independent] chiamato 'il Diritto'. Sembra più plausibile che le proposizioni dei testi giuridici siano vere perché concordano o sono coerenti con un particolare sistema di proposizioni – il corpo della legge – o false, quando non sono coerenti con quel sistema”126.

122 D'Agostini 2011, p. 59.

123 Lynch 2009, pp. 34-35, tr. it. mia.

124 Ivi, p. 52, tr. it. mia. Si è già esposto (con riferimento a Dell'Utri 2015) come questa polarità tra una

realtà esterna e indipendente a una realtà “interna” ed epistemicamente dipendente ha finalità meramente esplicative. In realtà, infatti, incontriamo ambiti oggettuali diversi e dotati di un grado maggiore o minore di esternismo e indipendenza.

125 I riferimenti sono a Lynch 2004, p. 5, tr. it. p. XVIII. 126 Ivi, p. 44, tr. it. p. 54.

Questo rende la verità una “proprietà funzionale” (functional property), una, cioè, che dipende da altre proprietà dipendenti dal contesto. La teoria di Lynch è solo una tra le varie teorie pluraliste della verità e, mi pare, la più promettente127.

Il pluralismo aletico, infatti, trae le sue origini dall'idea di William James che ci sono modi diversi in cui le credenze possono essere vere, e ciò che essi hanno in comune è il fatto che sono modi in cui sono utili128. La prima espressione contemporanea del

pluralismo aletico è invece quella fornita da Alan White, che nel 1957 parla di “appraisal”, più che di utilità, come la qualità che diverse verità hanno in comune, intendendo con questo termine un modo di raccomandare una particolare credenza, qualunque sia il suo dominio. Ciò che i pluralisti aletici hanno in comune è l'idea che l'analisi della natura della verità richiede un trattamento differenziato per tipi di ambiti. Tuttavia, ci sono diversi tipi di pluralismi, e illustrerò, ora, alcune direzioni in cui è possibile distinguere diverse forme di pluralismi aletici. Innanzitutto, si può distinguere tra un predicato di verità (l'entità linguistica aggiunta a certe frasi, quando vengono valutate secondo la verità) e la verità intesa come proprietà (ciò che è ascritto dal predicato di verità). Questo conduce ad una prima modalità in cui si può caratterizzare un pluralismo aletico: si può essere pluralisti verso entrambi o verso uno solo di questi due elementi.

Il punto principale, per una teoria pluralista della verità, è trovare il giusto equilibrio tra un eccessivo monismo e di un pluralismo estremo. Infatti, non si può semplicemente cancellare il carattere generale della verità – la sua natura (al di là delle sue diverse realizzazioni), che resta comune a diversi usi della nozione di verità – perché in questi casi si dovrebbe spiegare perché si concepisce la verità come una norma generale, cioè valida per ricerche diverse. Se mantenere il predicato di verità come nucleo comune a differenti verità non sembra abbastanza per sostenere una natura veramente unitaria della verità (come fanno i deflazionisti), preservare un concetto comune di verità ma caratterizzato da diverse proprietà a seconda dei contesti appare una via più promettente, ed è quella seguita da Lynch.

Un'altra modalità di caratterizzare le teorie pluraliste della verità si ottiene osservando se sono basate su “platitudes” (truismi, caratteri triviali, definiti come credenze non controverse circa qualcosa) o sull'idea di corrispondenza129. La teoria di Lynch segue la

prima strategia, sviluppandola diversamente dall'altro grande maestro del pluralismo, Crispin Wright. Infatti, parlare di molte proprietà ma un solo concetto di verità, come Wright sembra fare, comprometterebbe la teoria verso una determinazione contestuale della verità (eccesso di pluralismo). Diversamente, Lynch vuole onorare l'universalità della ragione senza però oscurarne la pluralità degli usi, e quindi sviluppare una spiegazione più complessa e meglio bilanciata della verità. Nel cercare la caratteristica essenziale della verità, lui parte da alcune idee di senso comune circa la verità (truismi):

127 Ad esempio, come Caputo ricorda (2015, p. 166), ci sono una forma radicale ed una moderata di

pluralismo aletico, la prima manifestata da Wright 1992, la seconda da Lynch. L'opinione di Caputo è che il pluralismo aletico sia una reazione esagerata allo “scope problem”.

128 Esporrò in seguito le teoria della verità di James.

129 La prima via è quella di Crispin Wright, mentre la seconda è quella di Harry Acton (Wright 1992,

Acton 1935). Solitamente il corrispondentismo circa la verità viene associato a teorie moniste della verità, e quindi sembra a prima vista strano concepire la corrispondenza come differenziata secondo contesti. Corrispondentisti sono anche Terence Horgan (2001) e Gila Sher (1998): il primo distingue tra corrispondenza diretta e indiretta, mentre il secondo sviluppa l'idea di referenti diversi.

 oggettività: una credenza è vera se le cose stanno esattamente come essa crede che siano;

 “indipendenza dalla giustificazione” (Warrant Independence): alcune credenze possono essere vere senza essere giustificate, altre possono essere giustificate ma non vere;

 norma della credenza: è bene credere p se p è vera e non ci sono ragioni migliori per sostenere non p;

 fine della ricerca: a parità di condizioni, le credenze vere sono un obiettivo degno di essere perseguito130.

Lynch pensa che “nel cercare la vera essenza di qualcosa, noi dobbiamo già avere qualche credenza a riguardo”; questi truismi sono l'“essenza nominale” di questo qualcosa, cioè l'insieme tacito di credenze di senso comune che abbiamo riguardo alla verità131. Secondo lui, queste idee di senso comune costituiscono “truismi di base” (core

truisms), cioè “proprietà della verità” (truish features) che segnano la natura della

stessa132. Infatti, negarne molte o tutte significherebbe esser visto dagli altri utilizzatori

del concetto come se stessi cambiando il soggetto, cioè parlando di qualcos'altro ma non della verità.Questi truismi sono relazionali nella misura in cui connettono la verità con la ricerca, la credenza e l'essere oggettivo – il come stanno le cose; per chiarire, nel caso dell'oggettività noi troveremo strano, quanto meno, se qualcuno pretendesse di credere veramente che le rose sono rosse ma negherebbe che questo è il come stanno le cose. I truismi di cui sopra rivelano cosa fa la verità, cioè il suo ruolo funzionale. Essi non solo aiutano ad identificare quella proprietà (o quelle proprietà) che svolgono il ruolo della verità, ma definiscono anche quel ruolo, che è giocato da diverse proprietà in diversi contesti. Tuttavia, la verità (quanto a essenza nominale) è la proprietà che ha le proprietà della verità necessariamente. Per Lynch, p è vera se e solo se ha qualche proprietà che – nel contesto specifico – svolge il ruolo di “funzione della verità” (truth-function), sia essa la corrispondenza o la coerenza133.

Comunque, dal lato della natura della verità, lui ne identifica la caratteristica universale nel suo essere una proprietà funzionale. Questa è la qualità della verità, indipendentemente dai suoi contesti d'uso. In questo modo egli si approccia alla verità sia in modo monista (identificando un nucleo universale della verità) che pluralista (specificando le sue caratteristiche secondo peculiarità contestuali).

130 Lynch 2009, pp. 8-12. 131 Lynch 2013, p. 23, tr. it. mia.

132 Il punto di partenza di Lynch è l'idea che caratterizzare un concetto vuol dire capirne la funzione, cioè

il ruolo di questo concetto nel nostro senso comune. Come sottolinea Engel 2015, p. 249, usare questi truismi non vuol dire dare una definizione o una spiegazione della verità in termini di nozioni più basilari, ma solo evidenziare ciò che caratterizza il concetto di verità prima facie.

133 Lynch preferisce parlare di proposizioni che sono “super-warrant” piuttosto che coerenti, intendendo

L'idea di Lynch è che “una teoria conta come teoria della verità quando non solo incorpora i truismi come parte della teoria, ma offre una spiegazione di almeno molti di quei truismi”134. Secondo lui, le “proprietà della verità” (truish features) sono un

sottoinsieme delle proprietà della verità che sono specifiche di ogni contesto. Ciò perché le proprietà della verità forniscono un concetto minimale di verità: diversamente da un “concetto robusto”, un “concetto minimale” è tale che “il suo uso ordinario 'fluttua libero' [floats free] da questioni metafisiche”. Se noi pensiamo al concetto minimale come alla descrizione di una funzione, allora possiamo considerare il concetto robusto come un modo di pensare al come la funzione in questione è realizzata135. I contesti

aggiungono, piuttosto che togliere, proprietà alla verità.

Non c'è alcuna natura ideale platonica della verità che si manifesta soltanto parzialmente nella nostra realtà, ma piuttosto noi possediamo un concetto minimo di verità che fiorisce diversamente in diversi contesti. È come dire che l'essere scarlatto manifesta il rosso ma aggiungendovi qualcosa: “Quando una proprietà ne manifesta un'altra, è conoscibile a priori che una 'include' (così per dire) l'altra”136. Quale proprietà

manifesta la verità per una data proposizione dipende da ciò cui la proposizione si riferisce. Per concludere, nell'ottica di Lynch

“La verità è plurale [is many] perché diverse proprietà possono manifestare la verità in ambiti di ricerca [domains of inquiry] distinti [...] La verità è una [is one] perché c'è una singola proprietà manifestata in questo modo [...] In tutti i mondi e contesti possibili dove 'verità' si riferisce, essa si riferisce alla proprietà che ha le proprietà della verità essenzialmente [has the truish features

essentially]. Essa è l'unica proprietà che, necessariamente oggettiva, è posseduta dalle credenze

alla fine della ricerca e che rende una proposizione corretta da credere”137.