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La teoria semantica della verità

Section I: The Terms of the Debate

6. La teoria semantica della verità

La teoria della verità di Alfred Tarski ha acquistato un'importanza crescente negli anni dal momento che ha fornito le basi a quella gamma di posizioni note come teorie deflazioniste della verità. Tuttavia, come presentata in The Concept of Truth in

Formalised Languages, la teoria di Tarski può essere considerata come una teoria a sé

stante188.

In The semantic conception of truth Tarski utilizza esplicitamente il nome di “semantic

theory of truth” per dare un nome alla sua concezione della verità, definendo la

semantica come la disciplina che si concentra sulla relazione tra linguaggio e mondo189.

Il fine di Tarski è di formulare una definizione della verità che sia materialmente (1) e formalmente (2) adeguata. Essa ha infatti come obiettivo quello di esser capace di:

(1) includere tutte le proposizioni vere di un linguaggio (estensione) – e questa sarebbe la dimensione materiale;

(2) e di specificare la forma in cui questa materia dovrebbe essere ingabbiata (dimensione formale).

Questo secondo requisito è necessario per evitare i paradossi, cioè contraddizioni che possono derivare da premesse apparentemente incontrovertibili: da qui proviene il bisogno di esplicitare ogni singolo aspetto di un linguaggio. Nel seguire questo percorso, Tarski nota che ogni linguaggio naturale mira ad essere universale e questo è uno dei più grandi sbagli, essendo questa la ragione di molti paradossi. Per esempio, in un “linguaggio naturale”, è possibile esprimere proposizioni della forma: “«k» è vero se e solo se «k» è falso”. Se la proposizione è vera, cioè se è vero ciò che viene espresso, allora essa è falsa; se è falso ciò che viene detto, allora essa è vera, dal momento che direbbe di se stessa che è falsa. L'insegnamento da trarre da quest'esempio è che in questi casi una proposizione è vera quando è falsa, e viceversa, che una proposizione è falsa quando è vera190. Volendo evitare tali conseguenze contraddittorie, implicite in

ogni linguaggio naturale, Tarski reputa necessario restringere la definizione di verità solo a linguaggi che sono “formalizzati”, come quelli usati nelle pratiche scientifiche: le scienze usano il linguaggio naturale ma senza usare tutto il vocabolario che esso mette a disposizione.

In breve, il nucleo del progetto tarskiano consiste nell'evitare di applicare la verità ad elementi dello stesso linguaggio che fornisce la definizione di verità. Questa è la ragione della sua stratificazione del linguaggio in “metalinguaggio” e “linguaggio oggetto”: se nel primo una proposizione è menzionata, nel secondo viene utilizzata; la definizione di verità si applica al primo livello, mentre l'ultimo è composto da tutte quelle espressioni che funzionano come oggetti a cui applichiamo la verità. In questo modo, ogni definizione è relativa ad un linguaggio oggetto prescelto191.

188 Tarski 1933.

189 Tarski 1944 e Tarski 1936. 190 Dell'Utri 1996, p. 116.

191 Il metalinguaggio deve essere più ricco del linguaggio oggetto, dal momento che deve contenere tutte

Dal momento che (2) ci conduce alla stratificazione dei linguaggi formalizzati (che non possono contenere simultaneamente le risorse per riferirsi alle loro stesse espressioni, e quindi caratterizzarle come vere o false), esso porta anche al bisogno di significati che siano accurati (nel senso di univoci). Ciò che è necessario, per realizzare quest'obbiettivo, è un linguaggio formalizzato dove sia possibile stabilire precisamente cosa conta come proposizione e come ottenerne delle altre192. Le tesi (1) e (2) sono unite

nella “Convenzione T” di Tarski, che incorpora i requisiti tarskiani per una buona teoria della verità: essa deve sempre essere ristretta ad un linguaggio particolare in cui «p» è vera se e solo se p (dove p è la traduzione della proposizione in un metalinguaggio). Per esempio, “la neve è bianca” è vero se e solo se la neve è bianca.

Alla fine, la ragione per cui la teoria di Tarski prende il nome di “teoria semantica della verità” sta nel fatto che egli definisce la verità attraverso concetti semantici, come quello di “soddisfazione”. Questo è un concetto che è tratto originariamente dalla logica matematica, dove esprime l'adattamento di certi oggetti a certe funzioni, e viene adattato alla semantica: le funzioni (in questo caso di tipo “enumerativo”) non sono vere o false, ma soddisfatte o non soddisfatte dagli oggetti. Se la costruzione di un linguaggio formalizzato inizia introducendo “concetti primitivi” cioè concetti che non sono definiti ma le cui proprietà sono introdotte da assiomi, Tarski rifiuta di considerare la verità tra i concetti primitivi di un linguaggio formalizzato, e pensa piuttosto alla verità come derivabile dalla nozione di soddisfazione193. Tale teoria, comunque, non è esente da

difficolta. Esse sono sintetizzabili principalmente in tre critiche:

(a) l'accusa di circolo vizioso (il definiendum è sinonimo del definiens); (b) l'accusa di ridondanza («x è vero» è lo stesso di dire x);

(c) la non familiarità della concezione semantica rispetto al problema filosofico della verità (la teoria semantica sarebbe solo una “spiegazione” del concetto di verità, piuttosto che esserne una vera e propria “analisi”)194.

verità rigorosa non può essere fornita per i linguaggi naturali, la cui struttura non può essere specificata esattamente. Ogni linguaggio formalizzato è composto da un metalinguaggio e un linguaggio oggetto, e ciò è utile per evitare il “paradosso del mentitore” (Liar Paradox), Dell'Utri 2004, pp. 75-76 e Dell'Utri 1996, pp. 118-119. Per parlare del metalinguaggio di un linguaggio oggetto abbiamo bisogno di un altro metalinguaggio che oggettivi quello, e così via, cfr. Valore 2012, p. 69.

192 Dell'Utri 1996, p. 121.

193 Valore 2012, p. 73. Davidson, ad esempio, sostiene che la verità è un concetto primitivo che non può

essere definito da altri concetti: nessun altro concetto esisterebbe senza quello di verità. Cfr. Davidson 1996.

Alcuni chiarimenti vanno però posti, per mitigare questi attacchi:

(a) non sembra esserci nessuna definizione corretta della verità che sia in grado di evitare il circolo vizioso;

(b) non sempre è possibile fare a meno dell'espressione «è vero», nelle nostre pratiche;

(c) Tarski si limita a chiarire ciò che di solito è ambiguo circa la verità195.

Dalla teoria semantica della verità, deriva l'idea che la verità renda possibile un'ascesa semantica che sposti la nostra attenzione dal mondo al linguaggio (dal linguaggio oggetto al metalinguaggio) – come vorrebbe una teoria della verità come “devirgolettatura” (disquotational).

Tarski, tuttavia, è stato soggetto a diverse interpretazioni, in particolare dal versante deflazionista, oltre che corrispondentista (il quale si è basato piuttosto sul riferimento fatto da Tarski alla definizione aristotelica di verità come dipendente dal come le cose stanno realmente). Tali tentativi di lettura, però, sono da considerare teorie filosofiche a se stanti, dal momento che Tarski ha proclamato una “neutralità filosofica” per la sua teoria semantica196.