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Il risultato dell'autoriflessione dialettica: il contesto

Section I: The Terms of the Debate

2. Il risultato dell'autoriflessione dialettica: il contesto

“Io vorrei sostenere contro il positivismo il punto di vista che il processo di ricerca messo in atto dai soggetti appartiene al contesto oggettivo [objektiven Zusammenhang], che deve essere conosciuto, tramite gli atti del conoscere”240. Con questa frase

Habermas manifesta esplicitamente il suo anti-positivismo e si pone a favore di un'idea olistica di conoscenza che già il suo maestro Adorno sosteneva a gran voce: “Come non è possibile separare quel tutto dalla vita […] così è impossibile anche semplicemente comprendere nel suo funzionare un qualche elemento, senza avere un'idea del tutto”241.

L'errore che i due francofortesi ascrivono al positivismo è dunque quello di non assumere una prospettiva generale in cui gli atti conoscitivi vengono visti per quello che sono – condizionati e contestuali – escludendo qualunque possibilità di mitizzarli nel loro aspirare all'assolutezza. I processi di ricerca, infatti, sono sempre parte di un più grande contesto di vita che Habermas chiamerà Lebenswelt (richiamandosi alla filosofia di Husserl) da cui essi dipendono ed è questa forma di dipendenza che la dialettica deve mettere in luce secondo Adorno ed Habermas. Questo “mondo della vita” designa un regno di evidenze originarie, un mondo in cui siamo costantemente immersi come terreno del nostro esperire e operare pratico. È un mondo immediatamente dato in forma intuitiva e allo stesso tempo lavorato, coltivato dagli uomini e storicamente

determinato, orizzonte di senso che ci è impossibile trascendere (così come ci è

impossibile vestire la pelle di qualcun altro o raggiungere un punto di vista da nessun luogo). Esso è fatto di credenze condivise intersoggettivamente (solitamente concretizzate in simboli) e talmente “familiare” che i riferimenti al nostro sapere di sfondo sono automatici e spesso incosapevoli242.

Il legame con questa dimensione olistica e valutativa è l'insegna dell'anti-positivismo habermasiano dal momento che, in quanto parte di questo mondo vitale, le scienze possono aspirare ad una purezza mai totale, non potendo sganciarsi completamente dagli orientamenti di valore e dai presupposti che esse ereditano da quest'orizzonte di senso. Il motivo per cui è importante mostrare tale legame di dipendenza sta nel fatto che solo così è possibile mostrare criticamente la “non verità esistente”, ovvero de-

ideologizzare ciò che tacitamente si fa passare per verità. Infatti, solo mostrando la

dipendenza olistica e contestuale di ciò che si fa passare per verità assoluta è possibile riportare nella giusta dimensione i risultati della scienza che l'ideologia positivista vorrebbe reificare.

240 La citazione di Adorno è fatta da Habermas 1965, p. 291, tr. it. p. 105 riferendosi ad Adorno 1962, p.

251.

241 Ivi, p. 653, tr. it. p. 155.

242 Come mette in luce Lecis 2004, p. 172, il concetto di Lebewenswelt arriva ad Habermas filtrato dalla

sociologia di Alfred Schütz (Luckmann, Schütz 1979) in cui esso perde la prospettiva soggettivistica di Husserl. Habermas 1981, II, pp. 199-201, tr. it. pp. 721-723 individua tre caratteri strutturali del mondo della vita, dopo averlo definito come composto di “convincimenti di sfondo diffusi e a- problematici” (unproblematischen intergrundüberzeugungen): “familiarità ingenua” (naive

Vertrautheit), “condividisibilità intersoggettiva” (intersubjektiv geteilten Welt) e “intrascendibilità”

(die Grenzen der Lebenswelt lassen sich nicht tranzendieren). Sul concetto di Lebenswelt in Habermas cfr. Giovagnoli 2000, pp. 23-52 e 131-184.

Come dice Habermas, in maniera abbastanza iconica, “Il fine di una critica dell'ideologia [...] è di trovare la rima decisionista [dezisionistischen Reim] ad ogni verso dogmatico [dogmatischen Vers]”, ovvero l'interesse emancipativo è critico perché va al di là del dato (che si presenta come dogma) mostrandone il carattere ideologico (ovvero la sua contingenza), sfatandone quindi il carattere necessario-assolutistico con cui ci si presenta243. Per questo Habermas giudica fondamentale muovere la sua teoria

critica in forma dialettica verso l'ideologia positivista e mostrarne la natura di ideologia. Come sottolinea Antonio Ponsetto:

“il manifestarsi, nella scienza, di un interesse guida della ragione, permette di comprendere come la proclamata autosufficienza della scienza positivista si dimostri fondata su un presupposto dogmatico, derivante da una mancata domanda critica circa i fondamenti della scienza stessa”244.

Abbiamo già visto i problemi di un concetto puro di teoria verso cui il positivismo, in maniera scientistica, pretende di portare la scienza. È proprio contro concetti simili, ancora metafisicamente incantati, che Habermas vuol far valere il potere smascherante della dialettica ereditata da Adorno come quel tentativo di comprendere in ogni momento l'analisi particolare come parte di un processo sociale generale. Ad esempio, se gli interessi che di volta in volta guidano la conoscenza non possono essere sospesi ma tutt'al più conosciuti, essi devono “esser posti sotto controllo, criticati o legittimati come interessi oggettivi a partire dalla connessione di tutta la società [gesamtgesellschaftlichen Zusammenhang]”245. La riflessione su tali interessi è quindi

dialettica perché li riporta al loro contesto d'origine e di senso in cui soltanto trovano oggettività e significato: come la dialettica hegeliana, questo tipo di riflessione riporta l'universale al particolare, e consente il valore oggettivo del particolare senza spezzare i legami coi suoi presupposti inevitabilmente particolari.

Si tratta, in poche parole, di mantenere legati i due poli del dibattito, così che è possibile sia un'oggettività soggettivizzata (ovvero in contesto) che una soggettività oggettivante, ovvero capace di realizzare conoscenza oggettiva, i cui risultati però, non possono recidere le loro radici contestuali. Ecco il potere contestualizzante, e quindi smarscherante e de-ideologizzante, della dialettica; eppure, all'interno di tale orizzonte post-positivista qualcosa di positivo resta: il valore della scienza come guida delle nostre pratiche epistemologiche. In questo modo Habermas demistifica il concetto di scienza da retaggi dogmatici e fideisti senza ricadere in quelle posizioni marcatamente relativiste o nichiliste di matrice ermeneutica, post-positivista o post-moderna.

243 Habermas 1963c, p. 318, tr. it. p. 88. Essa smaschera le false razionalizzazioni del de-razionalizzato. 244 La citazione è tratta da Ponsetto 1984, p. 94. Habermas non accetta il termine anti-scientismo per

definire la sua posizione, e preferisce quello di una “strategia di aggiramento” (Umgehungsstrategie): “si deve far capire al positivista che ci si è già appostati dietro le sue spalle”, Habermas 1964, p. 657, tr. it. p. 159.