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La teoria coerentista della verità

Section I: The Terms of the Debate

3. La teoria coerentista della verità

L'idea di una teoria della verità come coerenza, sembra a molti una buona via d'uscita dai problemi che affliggono la teoria della corrispondenza. Secondo la prima, infatti, una proposizione è vera quando è coerente con un insieme di altre proposizioni ritenute vere. Ad esempio, la proposizione “la Terra è rotonda” è vera perché è coerente con un insieme di altre proposizioni ritenute vere (come la scoperta dell'America), e non perché corrisponde al come le cose stanno là fuori.

Si tratta della più intuitiva tra le teorie epistemiche della verità, ovvero quelle che spiegano la proprietà della verità in termini di altre proprietà “epistemiche” come la coerenza, la giustificabilità, la verificabilità, l'accettabilità razionale, il significato e, in generale, tutte quelle proprietà che noi possiamo attribuire alle proposizioni vere per via della loro relazione epistemica con altre proposizioni. In breve, questa teoria, come tutte quelle epistemiche, sottolinea la connessione tra ciò che rende vera una proposizione e ciò che noi siamo capaci di riconoscere come vero116. Se per una teoria della verità come

coerenza, le condizioni di verità di proposizioni sono date da altre proposizioni – e, nello specifico, dalla coerenza con altre proposizioni – per la teoria corrispondentista della verità (in genere), le condizioni di verità di proposizioni non sono (anche qui, in genere) proposizioni, ma piuttosto caratteristiche oggettive del mondo che devono

corrispondere a proposizioni, caratteristiche potenzialmente indipendenti ed esterne

rispetto al nostro insieme di conoscenze. Per una teoria coerentista della verità, la relazione tra criterio (la coerenza) e l'oggetto di cui è criterio (verità in discussione) è una relazione tra entità di tipo diverso (tra sistemi di proposizioni e i loro membri). Tuttavia, quali devono essere i requisiti che un sistema di proposizioni debba avere per poter essere coerente è un punto tutto da chiarire.

115 Caputo 2015, p. 44, con riferimento a Wright 1992. 116 Volpe 2005, p. 141.

Certamente tale sistema deve avere una certa (a) “coerenza logica” (assenza di contraddizioni). Il problema, però, è che questo sembra essere più un criterio di falsità che di verità. La coerenza logica necessita allora di qualcosa di più per poter valere anche come criterio di verità. I due requisiti che possono essere aggiunti sono allora (b) “inclusività” e (c) “implicazione logica”117. (b) dipende dal grado di comprensività, cioè

dal quanti elementi un sistema può includere. Questo vale specialmente per tutte quelle posizioni che sono vicine all'idea per cui la realtà è un tutto unitario. Qui la coerenza di una singola proposizione è una prova relativa, che dipende dalla prova assoluta della verità del sistema.

Questo sembra implicare che questo sistema tende ad essere identificato con la realtà in sé e quindi che c'è una sola descrizione vera della realtà. Franca D'Agostini chiama “idealista” un tipo di coerentismo che si concentra su questo punto118. Ma lo stesso

problema che affligge il realismo metafisico è alle porte: come evitare lo scetticismo (circa la possibilità del nostro accesso alla verità) se il sistema ha un valore di verità unico e assoluto? Cioè, come possiamo esser sicuri (prima o poi) di trovarci in quell'unica descrizione vera del mondo garantita da un sistema massimamente coerente e inclusivo?

Per di più, è facilmente concepibile l'ipotesi di due sistemi di proposizioni logicamente coerenti ed ugualmente inclusivi, ma incompatibili tra loro, e questo è un altro grosso problema per questo genere di teorie119. Diversamente da (b), (c) si riferisce piuttosto al

grado di interdipendenza tra elementi di un sistema. La D'Agostini chiama “empirista” il tipo di coerentismo che si focalizza su ciò, perché qui i portatori di verità sono le singole proposizioni, piuttosto che il sistema. Questa tesi è stata sostenuta da Brand Blanshard, che distingue tra la coerenza come “criterio” di verità e la coerenza come “natura” della verità, cioè tra coerenza come segno della probabile verità di una proposizione (condizione di verità sufficiente) e la coerenza come definizione della verità (condizione allo stesso tempo necessaria e sufficiente)120.

L'idea di base di una teoria coerentista della verità è che modificare il nostro sistema di credenze per mantenere e aumentare la sua coerenza è la strategia più efficace per estendere la nostra conoscenza della realtà. Una virtù importante del coerentismo è che può essere applicato a tutti i tipi di proposizioni, non solo a quelle circa entità con una posizione distinta nello spazio e nel tempo121. Ma cosa dire del caso di una teoria

scientifica innovativa, che in quanto nuova può essere (per lo meno momentaneamente) incoerente e portare a riformulare tutto il sistema di credenze? Sarebbe falsa solo perché contraddice il sistema vigente?

117 Ivi, p. 143.

118 Ivi, p. 144. Un autore a cui possiamo riferire questa posizione è Bradley 1907.

119 Volpe 2005, p. 145, con riferimento a Russell 1912, p. 144. L'autore sostiene che due sistemi

logicamente coerenti sono logicamente incompatibili se almeno due delle loro proposizioni sono logicamente incompatibili.

120 Volpe 2005, p. 146, con riferimento a Blanshard 1939. Egli sostiene che l'implicazione logica vada

considerata in aggiunta, piuttosto che in alternativa, all'inclusività. Cfr. anche D'Agostini 2011, p. 56.

Questa obiezione si concentra sulla trascendenza della verità rispetto alla giustificazione; un'altra obiezione si focalizza invece sulla difficoltà di identificare credenze che possano avere un valore fondativo rispetto alla coerenza del sistema, così come per la teoria corrispondentista è difficile trovare percezioni che siano libere da concetti e che permettano, dunque, l'accesso neutrale alla realtà122.

Una strategia differente è quella di considerare il coerentismo come una teoria della giustificazione, piuttosto che della verità. A tal riguardo sembra promettente il pluralismo aletico di Michael Lynch, secondo cui la coerenza è un criterio di verità che va applicato solo verso tipi particolari di credenze (morali), mentre la corrispondenza è in genere più adatta alla realtà fisica. Lynch sostiene questo per superare lo “Scope

Problem”, cioè il problema del campo d'applicazione, l'idea che la maggior parte dei

problemi per lo sviluppo di una teoria generale della verità derivino dalla difficolta di trovare un concetto di verità che sia capace di coprire ogni uso che si fa di esso.

Infatti:

“Mentre noi pensiamo che il nostro avvocato dovrebbe dirci la verità circa la legge e la costituzione, noi normalmente non pensiamo che per essere vere le nostre pretese legali devono corrispondere a qualche insieme di entità, i 'fatti legali' – entità, che, se dovessimo prendere queste idee seriamente, devono essere distinte dai libri di legge, dalle decisioni giuridiche e così via”123.

Questo problema affligge sia teorie rappresentazionali che anti-rappresentazionali della verità: “se è sensato dire che la verità in qualche dominio è una questione di corretta rappresentazione di fatti e proprietà nel mondo”, in altri campi noi pensiamo che siano i concetti, piuttosto che la realtà esterna, ad imporre un “vincolo epistemico” (epistemic

constraint) sulle verità di quel dominio124.