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I rapporti tra funzione ispettiva rinnovata e conciliazione

2. La conciliazione monocratica

2.1 I rapporti tra funzione ispettiva rinnovata e conciliazione

Alla luce della c.d. Riforma Biagi si conferma radicalmente mutato il ruolo dell’ispettore e degli strumenti in dotazione per garantire l’effettività della tutela del lavoratore: l’organo accertatore, infatti, da

soggetto titolare della tradizionale vis repressiva, che si traduce nell’irrogazione di sanzioni, diviene soggetto conciliatore e mediatore.

Diversamente da quanto accaduto fino alla Riforma del 2004, inoltre, il tentativo di conciliazione nelle controversie individuali non viene più affidato in via esclusiva ad organi collegiali, ma si sceglie di assegnare un compito conciliativo ad un organo monocratico, anche (quindi non necessariamente) con qualifica ispettiva.

La ratio, nelle dichiarate intenzioni del legislatore del 2004, è quella di incrementare l’effettività della tutela delle parti del rapporto di lavoro, assicurando un maggior equilibrio tra l’azione ispettiva e quella conciliativa-transattiva.

A distanza di un decennio dalla novella, resta l’interrogativo sul se la conciliazione monocratica, azionata a seguito di richiesta di intervento da parte del lavoratore, realizzi quell’effettività della tutela di quest’ultimo oppure sia solo uno strumento attraverso cui segnare un passaggio fondamentale da un sistema ispettivo caratterizzato dalla presenza degli organi accertatori sul territorio, ad un sistema in cui si preservano le risorse umane disponibili per realizzare la protezione del lavoratore all’interno degli uffici dell’amministrazione.

Orbene, se da un lato è vero che attraverso la conciliazione monocratica la pubblica amministrazione è riuscita a smaltire un enorme arretrato di pratiche inevase, dall’altro, è altrettanto vero che, attraverso detto strumento, la stessa ha raggiunto l’obiettivo di garantire una tutela rafforzata a quei lavoratori che operano in particolari settori, quali il lavoro domestico, che difficilmente sono in grado di accompagnare la propria richiesta di intervento a riscontri probatori forti e ineludibili191.

Il mutamento di strategia da parte del legislatore deve essere letto, pertanto, anche nell’ottica di evitare

191 E’ bene ricordare che sulla base di quanto affermato nella

stessa Direttiva Sacconi del 18 settembre 2008 la semplice presentazione di una richiesta di intervento presso gli uffici della DTL non costituisce ipotesi riconducibile all’art.2 comma 1 della legge n.241/1990 e di conseguenza non comporta l’obbligo per la p.a. di dar corso alla verifica ispettiva, a meno che i fatti denunciati non siano di natura penale, nel qual caso l’obbligo sussiste sempre.

l’archiviazione di istanze dei lavoratori, con conseguente frustrazione dei relativi diritti.

L’abdicazione del procedimento ispettivo, che si estingue con l’accordo nella conciliazione contestuale e neppure inizia con quella preventiva, a parere di chi scrive, va nella direzione di garantire una più efficace e satisfattiva risoluzione dei diritti e delle istanze del lavoratore.

A distanza di quattro anni dalla sua comparsa nel panorama legislativo giuslavoristico, la direttiva Sacconi del 18 settembre 2008 fornisce, poi, una spinta decisiva alla conciliazione monocratica.

Il Ministro del Lavoro, infatti, nel valorizzare l’attività di programmazione dell’ispezione, e prendendo atto del fatto che le richieste di intervento, spesso infondate o strumentali, rappresentano un freno alla più efficiente programmazione dell’attività di ispettiva, valorizza ed incentiva tra gli organi accertatori l’utilizzo dello strumento conciliativo.

Solo la corretta e generale attuazione della conciliazione monocratica preventiva, infatti, può consentire ai servizi ispettivi di riorganizzarsi, mantenendo l’iniziativa ispettiva su richiesta di intervento solo nei casi di denuncia di irregolarità gravi o che riguardano fenomeni di elusione particolarmente diffusi sul territorio192.

Porte aperte alla conciliazione monocratica, quindi, nella consapevolezza che sanzionare e reprimere spesso non è sufficiente a garantire quella ricerca dell’effettività della tutela che deve guidare l’azione del legislatore giuslavoristico, e in via mediata, dell’ispettore.

E qui merita forse fare un’ulteriore riflessione: la conciliazione monocratica, così come la diffida accertativa, sono strumenti ispettivi “efficaci” in quanto intervengono sul contratto, ed in quanto tali hanno la funzione di ristabilire l’efficacia delle previsioni contrattuali, con particolare riguardo al profilo retributivo.

Entrambi gli istituti, infatti, hanno come scopo non tanto la sanzione, nei confronti della quale l’ordinamento rinuncia, ma la soddisfazione del credito del lavoratore in tutto (diffida accertativa) o in parte

(conciliazione monocratica, stante il carattere transattivo della medesima).

Per contro, gli strumenti a disposizione del corpo ispettivo esaminati in precedenza (diffida, maxisanzione, sospensione dell’attività imprenditoriale) sono tutti a carattere strettamente sanzionatorio nei confronti del trasgressore.

Orbene, sulla scorta di quanto detto in precedenza, pare corretto affermare che mentre attraverso l’attività repressiva e sanzionatoria pura si persegue in primis l’interesse pubblico (all’irrogazione della sanzione appunto) e solo di riflesso quello del lavoratore (che con tutta probabilità verrà regolarizzato dopo l’accesso e la diffida); con gli strumenti della diffida accertativa e della conciliazione monocratica si persegue, in via diretta, l’interesse del lavoratore alla soddisfazione delle proprie pretese.

Pertanto, questo cambiamento di rotta da parte del legislatore deve essere interpretato come volontà di rinuncia alla sanzione in sé e per sé, che residua nelle ipotesi di lesione di diritti indisponibili del lavoratore (es. violazione delle norme in tema di orario di lavoro), per orientarsi verso strumenti in grado di garantire una maggior soddisfazione degli interessi delle parti del rapporto di lavoro.

In questo modo si risponde, altresì, a quella esigenza di efficacia che cerca di conciliare le istanze economiche con quelle di salvaguardia dei soggetti deboli.

2.2 Il verbale di conciliazione monocratica: