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La strategia europea in materia di ispezioni del lavoro parte da un approccio diverso rispetto a quello dell’ILO sopra delineato.

Le Convenzioni ILO pongono, infatti, l’attenzione sul lavoratore, sui suoi diritti, sulla tutela della dignità della persona, richiedendo quindi che il lavoro, la sua

Services in 15 European countries”, 2012, in www.epsu.org. Sul tema si veda anche A. R. Caruso, La vigilanza sul lavoro negli altri

Paesi europei”, 2013, in

www.moodle.adaptland.it/pluginfile.php/14492/mod_resource/co ntent/17/wp_2013_143.

217 Per una sintesi comparata dei sistemi sanzionatori di veda C.

Santoro, L’evoluzione del concetto di sanzione nell’ispezione del

lavoro comparata, in www.bollettinoadapt.it n.12 24 marzo 2014. Interessante lo studio comparatistico promosso dall’ILO sulle sanzioni emesse a seguito dell’ispezione del lavoro, per il cui approfondimento si rimanda a Labour inspection sanctions: law

and practice of National labour inspection systems, Working paper

organizzazione, le relazioni aziendali vi si adeguino, rispettandoli.

La Comunità Europea, prima, e l’Unione europea, poi, nascono, invece, per assecondare un’esigenza di mercato comune.

Ecco, quindi, che si parte da una normazione intanto assai leggera, volta a garantire il mercato, a facilitarlo.

Questo ha determinato una scarsa produzione legislativa in materia di ispezione del lavoro, composta, per lo più, di atti di soft law.

Solo in tempi recenti, con la Carta di Nizza, la persona e i suoi diritti hanno assunto un ruolo centrale, con una iniziale tendenza ad invertire l’ordine delle priorità.

Ciò, all’evidenza, in linea con l’ambizioso obiettivo di creare l’Europa politica, con il superamento del mero mercato “comune”.

L’avvento della crisi economica, da un lato, e l’ingresso nell’area comunitaria di paesi emergenti hanno, tuttavia, riportato all’attenzione del Legislatore comunitario due esigenze all’apparenza antinomiche: da una parte, l’esigenza di rivedere la tendenza all’hard

law, con ripresa delle tecniche di soft law, pena il

rischio di eccessiva deregulation sulla spinta della richiesta di non imbrigliare il mercato del lavoro, e dall’altra, l’esigenza di reprimere il fenomeno dell’illegalità, con necessaria creazione di regole comuni e, in ultima analisi, di inserimento di norme vincolanti, appunto di hard law.

La creazione di un autentico mercato comune è, infatti, direttamente connessa all’eliminazione di qualsiasi forma di dumping sociale.

Il lavoro sommerso crea, invece, una distorsione della concorrenza nel mercato interno poiché determina una situazione di concorrenza sleale nei confronti di quelle imprese che si muovono nella legalità.

Per questo l’illegalità deve essere repressa.

In mezzo a tutto ciò sta il sistema ispettivo, che deve muoversi tra normazione rigida e normazione leggera.

Una recente Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2014 (2013/2112(INI))218 sulle “ispezioni sul lavoro efficaci come strategia per migliorare le

condizioni di lavoro in Europa” stima l’entità del lavoro

irregolare nell’UE a 27 pari al 18,8% del PIL, con punte che, in alcuni Stati, superano il 30% (tra cui l’Italia).

“Il lavoro sommerso – si legge nella Risoluzione - ha

effetti negativi sulle economie degli Stati membri e sulla sostenibilità finanziaria del modello sociale europeo e mina il finanziamento e la distribuzione delle prestazioni sociali e dei servizi pubblici, condannando gli interessati a una condizione di insicurezza, vulnerabilità e povertà, sia durante l’età lavorativa che in età avanzata”.

Da qui l’esigenza di elaborare piani d’azione nazionali per il rafforzamento dei meccanismi di ispezione del lavoro.

La Risoluzione opera su due fronti: riconosce all’ispezione del lavoro un ruolo essenziale nella tutela dei diritti dei lavoratori e sottolinea la necessità di rafforzare il ruolo degli ispettorati nazionali, attraverso una serie di misure; sul piano legislativo europeo, sottolinea che le direttive esistenti in ambito socio- previdenziale e occupazionale non attribuiscono adeguata importanza all’ispezione e ne auspica la revisione affinché l’aspetto dell’enforcement venga più validamente accolto nel diritto europeo del lavoro.

In effetti pochi sono gli interventi normativi dell’Unione in materia219.

Pare, a chi scrive, che la tendenza normativa europea fosse quella di creare un sistema molto simile a quello nostrano (o comunque ai principi e direttive sanciti dall’ILO), del quale, evidentemente, si sono assimilate le regole base, anche in tema di funzione delle ispezioni, laddove per contro, la crisi economica ha portato a spingere, di fatto, per una deregulation.

L’auspicio è che, quantomeno, prenda piede la tecnica della soft law, posto che, probabilmente, per ragioni di formazione ed affinità culturale, si propende per mettere al centro del sistema il lavoratore ed i suoi diritti, piuttosto che il mercato e le sue regole.

A riscontro di quanto rilevato, si osservi come, infatti, nel 2009 vedono la luce la direttiva

219 In materia di protezione dei lavoratori da segnalare la Direttiva

89/391/CEE del Consiglio del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (direttiva quadro) e le relative direttive particolari e la Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003 concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro.

2009/52/CE sulle norme minime relative a sanzioni e provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini extracomunitari il cui soggiorno è irregolare e la direttiva 2009/50/CE sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati.

Le due direttive si rendono necessarie per regolare i flussi migratori di cittadini extracomunitari ed operano su due fronti diversi ma speculari: si facilita l’entrata nell’Unione di coloro che, cittadini di Paesi terzi, intendano mettere a profitto le proprie abilità tecniche e professionali, e al tempo stesso si reprime la condotta di coloro che traggono profitto dallo sfruttamento di un lavoratore clandestino, a danno di quelli imprenditori che, invece, rispettano la normativa in materia di lavoro.

In Italia, le due direttive sono state attuate (con ritardo), mediante il D. Lgs. n.108 del 28 giugno 2012220, che ha recepito la Direttiva 2009/50/CE, e con il D. Lgs. n. 109 del 16 luglio 2012221 con cui si è dato attuazione alla Direttiva 2009/52/CE.

Facendo un passo indietro nel tempo, sul piano più strettamente attinente all’ispezione del lavoro, ritroviamo, invece, la Decisione 95/319/CE222 della Commissione con la quale si istituisce un Comitato degli alti responsabili dell’ispettorato del lavoro, che costituisce “una struttura adeguata per controllare,

sulla base di una stretta collaborazione fra i suoi membri e la Commissione, l’esecuzione effettiva ed equipollente del diritto comunitario derivato sulla salute e sicurezza sul lavoro e per analizzare rigorosamente le questioni pratiche sollevate dal controllo dell’applicazione della legislazione in materia”.

Il Comitato, ai sensi dell’art.1 della Decisione, è composto da rappresentanti degli uffici dell’ispettorato del lavoro degli Stati membri; esso rende pareri alla Commissione e propone iniziative destinate a favorire l’applicazione effettiva ed equipollente del diritto comunitario in materia di salute e sicurezza sul lavoro attraverso la sinergica cooperazione dei servizi nazionali di ispezione.

220 Pubblicato in G.U. n.171 del 24 luglio 2012. 221 Pubblicato nella G.U. n.172 del 25.7.2012. 222 Reperibile in www.old.eur-lex.europa.eu.

Il Comitato ha, inoltre, una serie di compiti cristallizzati all’art.3 della Decisione.

Tra questi spicca il compito di assistere la Commissione nel definire principi comuni in rapporto alla funzione ispettiva nei vari Paesi, quello di promuovere la reciproca conoscenza dei sistemi ispettivi e delle rispettive pratiche nazionali di accertamento, sviluppando scambi di esperienze tra i vari uffici, nonché attraverso lo scambio di ispettori del lavoro tra le amministrazioni nazionali.

La Decisione punta l’attenzione, altresì, sulla formazione professionale degli organi di accertamento, stabilendo tra i compiti del Comitato quello di elaborare programmi di formazione comuni destinati agli ispettori del lavoro, nonché il compito di elaborare e pubblicare documenti destinati a facilitare l’attività degli ispettori.

Il Comitato, inoltre, sviluppa la cooperazione con gli ispettorati del lavoro di Paesi terzi al fine di risolvere eventuali conflitti transfrontalieri e assume l’impegno di studio dell’impatto delle politiche comunitarie sulle attività degli ispettorati del lavoro in materia di salute e sicurezza sul lavoro e sulle condizioni di lavoro.

Come si vede, l’idea di fondo è di armonizzare i sistemi ispettivi dei Paesi membri (si auspica la conoscenza reciproca dei vari sistemi onde individuare procedure comuni, si stimola lo scambio concreto di ispettori delle varie nazionalità e così via), ma forte è l’influenza “liberale”, ove si pensi alla necessità di verificare l’impatto concreto delle discipline sul mercato del lavoro, sì da trovare il sistema più adeguato, pur con l’auspicio di tutela dei diritti dei lavoratori.

Si tratta, perciò, di una normazione leggera, blanda, e ciò in quanto la politica di armonizzazione dell’Unione ha (ancora) alla base un’esigenza economica di guisa che anche le libertà dei lavoratori sono riconosciute in funzione del mercato.

Del resto l’Europa politica è ancora di là da venire, e fortissimo è il richiamo “all’origine”, al Mercato economico europeo, certamente più consono alle filosofie liberali circa le interferenze tra mercato (economia) e normazione, più che mai in tempi di crisi economica.

Per questo non c’è grande spazio per l’ispezione del lavoro.

A meno che non si consideri quest’ultima come uno strumento di regolazione della concorrenza.

Vista in quest’ottica, l’ispezione può tornare al centro dell’agenda dell’Unione ove, giova ribadirlo, in questa fase recessiva e di profonda crisi, l’ispezione del lavoro divenga mezzo attraverso cui mediare tra le istanze sociali e quelle del mercato.

CAPITOLO NONO

Uno sguardo comparato ai servizi ispettivi in Gran Bretagna

SOMMARIO: 1. Premessa 2. Il principio di base: Who create risk