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Il dilemma autenticità/complicità e la libertà morfologica

Come rispondere al timore della doppia deriva illiberale? In primo luogo, chi sostiene la realtà di una crescente diffusione del conformismo, inteso come una forma di minorità mentale che spinge l’individuo ad adattarsi alla normalità socialmente accettata, ha l’onere di dimostrare che senza i biopotenziamenti le persone saranno meno soggette a questo genere di pressioni.

Poi, quello della coercizione morbida è un falso argomento perché, vivendo già da sempre in un ambiente sociale, la nostra identità personale si costituisce giocoforza all’interno delle relazioni con le persone che ci circondano. Queste relazioni sono di vario tipo e intensità, ma possono variare dall’estremo del completo conformismo di chi si adatta sempre pur di essere accettato, a quello della totale alienazione di chi non si adatta mai (con conseguente potenziale rischio per la società stessa). Quindi, se è pur vero che molte persone sono spinte a utilizzare i biopotenziamenti per avvicinarsi a determinati canoni di bellezza e prestazioni, molte altre invece li useranno per distin- guersi.

A un esame più attento si scopre allora che il punto cruciale della questione sulla dicotomia complicità/autenticità può essere ricondotto al dilemma che tutti dobbiamo porci nel valutare fino a che punto è moralmente opportuno adattarci all’ambiente sociale. Come ho già detto nel capitolo dedicato al biopotenziamento dell’umore, non esiste una soluzione unica a tale dilemma, che deve essere affrontato singolarmente da ciascuno di noi e risolto in base alle proprie convinzioni e alle proprie aspettative. Ma affinché si apra lo spazio per la decisione individuale, bisogna prima accogliere l’idea che l’uso dei biopotenziamenti per il miglioramento personale sia un bene. Secondo il filosofo transumanista Anders Sanberg, la soluzione ai pericoli di coercizione sociale sollevati dalle pratiche di biopotenziamento passa attraverso la rivendicazione del diritto alla libertà morfologica, una prerogativa derivata dal diritto alla libertà e dal diritto alla disponibilità del proprio corpo14.

La libertà morfologica è un diritto negativo, cioè consente di poter fare certe cose, ma non implica che gli altri siano moralmente obbligati a esercitarlo; nello specifico esso implica che non è moralmente lecito:

• obbligare qualcuno a cambiare il proprio corpo senza il suo consenso • impedire a qualcuno di cambiare il proprio corpo

Come si può facilmente intuire si tratta di un’estensione, anzi di una massimizzazione dell’autonomia individuale, e quindi ha dei risvolti anche sul piano della responsabilità. Secondo Sandberg, il diritto alla libertà morfologica è il tema comune che sta alla base di molteplici dibattiti bioetici quali il diritto delle donne a gestire il proprio corpo, il doping, i diritti della riproduzione, l’eutanasia e l’opportunità di molte procedure mediche quali, ad esempio, l’accanimento terapeutico. Il diritto alla libertà morfologica rende esplicite e concrete le esigenze di fondo di tutti questi problemi, accomunandoli in un unico obiettivo.

Ma in che modo esso ci aiuta a evitare le derive illiberali?

PROTEZIONE DALLA BIOMEDICINA COERCITIVA: se diventasse largamente accettata l’idea

che abbiamo il diritto di controllare il cambiamento dei nostri corpi, sia in senso positivo (applicando i mezzi di autotrasformazione disponibili) sia nel senso negativo di essere liberi di non cambiare, allora diventa più difficile sostenere il cambiamento obbligatorio.

SPINTA EMANCIPATIVA: senza il diritto alla libertà morfologica, che in pratica si

andrebbe a concretizzare nel libero accesso ai biopotenziamenti, le nuove tecnologie resteranno appannaggio dei governi, del sistema sanitario o comunque di determinati gruppi di potere. Questo stato di cose, per quanto senza dubbio consenta un maggiore controllo sui biopotenziamenti, d’altro canto costituirebbe un rischio pratico per la società in generale perché, nel caso in cui le politiche perseguissero inconsapevolmente delle scelte sbagliate, sarebbe l’intera società a subirne le conseguenze.

RIVALUTAZIONE DELL’EMPATIA: Inoltre, la rivendicazione del diritto alla libertà

morfologica presuppone un enorme sforzo verso la tolleranza perché richiede il totale abbandono di quei canoni sociali e di quelle norme estetiche che ancora oggi usiamo per discriminare la dignità delle persone. In tal senso il diritto alla libertà morfologica può essere interpretato come un’articolazione del diritto a essere diversi e richiedere, come sostiene James Hughes15 una rivalutazione del valore morale dell’empatia, intesa come

l’abilità di immedesimarsi nelle altre persone e comprenderne le emozioni. L’empatia consente di stabilire un canale di comunicazione profondo e universale capace di unire tutti gli esseri senzienti, al di là delle differenze culturali e morfologiche. Secondo Hughes,

“ha senso per una società pretendere che tutte le persone mature debbano avere capacità empatiche. Le persone senza empatia sono cittadini disabili che necessitano di un aiuto per recuperare al pieno spettro di capacità cognitive richieste per essere cittadini autonomi e responsabili.”16

15 Hughes J., op. cit., p. 248 e seg. 16 ivi, p. 250.

Capitolo 13: Profezie di sventura, status quo e prove d’inversione

I dubbi circa la sicurezza e i rischi per la libertà individuale costituiscono, a mio modo di vedere, le preoccupazioni più stringenti e capaci di motivare l’assunzione di un atteggiamento di prudenza nei confronti delle nuove tecnologie per il biopotenziamento personale. Ma non sono le uniche. La critica bioconservatrice ha prodotto una pletora di obiezioni alla MCT usando come perno svariate ipotesi di conseguenze più o meno catastrofiche che deriverebbero dalla diffusione su larga scala delle nuove tecnologie. Qui di seguito mi limito a passare in rassegna quelle più comuni e suggestive.