• Non ci sono risultati.

I padri fondatori avevano ragione? Uguaglianza, dignità umana e liberaldemocrazia

Fukuyama afferma che “nel mondo moderno il linguaggio dei diritti è diventato l’unico vocabolario comprensibile e condiviso utile alla discussione di ciò che è bene per l’uomo”65, e il motivo è che “i diritti sono alla base del nostro sistema politico liberal- democratico”66. Questa di spostare la questione morale sui diritti è una mossa che spinge il discorso verso l’opzione politica; in effetti la tesi pratica del libro assegna agli organi istituzionali il dovere di controllare (cioè limitare) la ricerca e l’applicazione della biotecnologia. Comunque, siccome parlare di diritti significa parlare di giudizi morali, non esuliamo troppo dalla trattazione bioetica.

Secondo Fukuyama, la prima vittima della diffusione dei biopotenziamenti sarà il principio di uguaglianza, così come stabilito dalla Dichiarazione d’Indipendenza degli

63 Ibidem 64 Ivi, p. 54.

65 Fukuyama F., L’uomo oltre l’uomo, cit., p. 149. 66 Ivi, p. 146.

Stati Uniti, secondo la quale “tutti gli uomini sono creati uguali”. Nelle sue stesse parole:

“alla base di questa idea dell'uguaglianza dei diritti c'è il credo secondo cui tutti possediamo un'essenza umana che oscura differenze manifeste quali il colore della pelle, la bellezza e persino l'intelligenza. Questa essenza, e l'idea che gli individui possiedano dunque un valo- re intrinseco, è al centro del liberalismo politico. Ma modificare questa essenza è il nucleo del progetto transumanista.”67

Basta analizzare queste poche frasi per arrivare a uno degli argomenti fondamentali di tutto il pensiero bioconservatore:

• La natura (o essenza) umana esiste, ma la sua esistenza è un atto di fede. La natura umana non ha niente a che vedere con molte differenze manifeste tra gli esseri umani, quali il sesso, l’età, l’etnia, il livello d’intelligenza ecc.

• La natura umana conferisce un valore intrinseco agli esseri umani; solo quegli individui provvisti di tale misteriosa essenza godono anche di un valore intrinse- co particolare che li rende portatori di diritti civili; questo valore prende il nome di dignità umana, è inalienabile e obbliga gli altri agenti morali a conferire un li- vello minimo di rispetto.

• La dignità umana sta a fondamento di una concezione politica ben precisa: il liberalismo occidentale. Questa corrente di pensiero si esprime nella fondazione e nel sostegno dell’autonomia individuale e comprende i valori di libertà e ugua- glianza.

• Il transumanismo vuole modificare la natura umana, quindi va a compromettere il liberalismo.

Qui è necessaria una breve precisazione sul concetto di dignità. Questo valore infatti può assumere almeno due accezioni alquanto diverse68:

• Dignità come Qualità: questo è il senso in cui, come abbiamo visto, il PCB in- terpreta la dignità dell’attività umana e quella di vivere in modo autentico la propria vita. Si tratta di un valore attribuibile sia alle persone che alle cose e in- dica un tipo di eccellenza: il dignitoso si distingue dal resto perché mostra di avere determinate caratteristiche, quali la nobiltà d’animo, la compostezza nei modi, il merito dovuto a un impeccabile comportamento. Questo tipo di dignità chiama, più che il rispetto, la riverenza dovuta alle cose belle e “elevate”, ed è

67 Fukuyama F., Biotecnologie, la fine dell’uomo, cit., corsivo mio

68 cfr. Bostrom N, Dignity and Enhancement, articolo commissionato dal PCB, 2006, disponibile in rete

quella che si perderebbe se si sfruttasse la MCT come scusa per la degenerazio- ne morale, come abbiamo visto nel precedente capitolo.

• Dignità Umana: questo è invece il concetto di cui stiamo discutendo. Questo valore è molto più radicale e reclama il diritto inalienabile a essere trattati con un minimo di rispetto proprio in virtù di ciò che si è. La differenza tra Dignità come Qualità e Dignità Umana si fa lampante quando giudichiamo un efferato crimi- nale: sarà anche una persona indegna e disprezzabile, ma è pur sempre un essere umano e non merita di essere degradato a bestia o a mero mezzo.

Ma perché dovremmo legare il concetto di Dignità Umana a quello di Natura Umana (data)? Che c’entrano i diritti inalienabili dell’individuo, concetti normativi che hanno tutta l’aria di essere il risultato storico di una contrattazione tra persone ispirate da certi ideali politici e filosofici, con la natura umana, un concetto descrittivo che dev’essere, in linea di principio, assolutamente determinato? La prima, radicale tesi sostenuta da Fukuyama nel suo libro può essere così enunciata

TESI DELLA “LIBERALDEMOCRAZIA NATURALE”: esiste una stretta relazione tra i diritti

fondamentali del sistema liberaldemocratico e la natura umana; le istituzioni politiche occidentali del liberalismo democratico hanno avuto e stanno avendo sempre più successo perché “scaturiscono da una concezione della natura umana molto più vicina alla realtà di quanto lo siano le assunzioni alla base dei sistemi concorrenti”69.

ARGOMENTO A SOSTEGNO: Fukuyama identifica tre possibili fondamenti come origini

dei diritti: quello divino, quello naturale e quello procedurale tipico dei diritti positivi contemporanei. La prima categoria è, non solo la più antica, ma anche quella meno sostenibile, per il semplice fatto che non è adeguata al dibattito politico tipico delle democrazie liberali. Anzi, “la vera essenza del liberalismo moderno consisteva nel rifiuto della religione come fonte dichiarata dell’ordine politico”70, e questo per un motivo molto pratico, e cioè che “il consenso politico è molto difficile da ottenere quando si affrontano questioni legate alla religione”71. La seconda categoria è quella che più ci interessa, perché Fukuyama sostiene che l’argomento noto come “fallacia naturalistica” (vedi dopo) viene usato in modo improprio. Ora, voler fondare i canoni della morale su dei fatti empirici non può rivelarsi un semplice ritorno al passato, quindi bisogna prima chiarire perché l’approccio procedurale contemporaneo sia da rigettare.

69 Fukuyama F., L’uomo oltre l’uomo, cit., p. 146. 70 Ivi, p. 153.

Secondo questo terzo punto di vista, i diritti sono affermati e definiti dalle persone in base alle proprie esigenze ed è sempre possibile aggiungerli e modificarli all’interno di una comunità, purché ogni cambiamento sia il prodotto di una procedura equa e democratica. Questo è l’approccio usato normalmente in politica, ma secondo Fukuya- ma ha un grave punto debole: se i diritti sorgono da un dibattito politico, cioè da un compromesso per quanto equo, ciò significa che non possono esistere diritti universali finché nello stesso tempo esistono molteplici società sovrane. Se ogni popolo ha infatti il potere di stabilire i propri diritti, allora bisogna ammettere che “non esistono criteri trascendenti per la distinzione di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato”72. Siccome questa conclusione ci condurrebbe ad adottare un relativismo dei valori, allora ci conviene cercare un fondamento per i diritti nella natura umana, l’unico elemento che, proprio perché universalmente determinato, può fornire valori stabili e universali.

Fermiamoci ad analizzare il pensiero fin qui esposto. Anzitutto, dobbiamo notare che Fukuyama non rende esplicito il motivo per cui l’approccio procedurale sarebbe da rigettare: cosa c’è di male nel fatto che ogni nazione scelga di seguire un proprio ordinamento morale? Perché il relativismo culturale è debole e va respinto?Il dibattito attinente a questa domanda, per quanto interessantissimo e cruciale nella filosofia politica contemporanea, ci porterebbe troppo lontano dal tema qui trattato, quindi dobbiamo accontentarci di sollevare se non altro il dubbio. In secondo luogo ci sono le difficoltà intrinseche all’adozione di un’etica dei diritti. Ponendo la salvaguardia della natura umana come condizione imprescindibile se si vogliono conservare certi diritti, Fukuyama deve dimostrarci perché i diritti liberali sono la ovvia espressione della nostra natura. Vediamo come procede il suo ragionamento.