• Non ci sono risultati.

La Prova dell’Inversione di Bostrom e Ord

Un grosso problema quando si cercano di valutare le conseguenze delle proprie azioni è quello epistemologico: man mano che l’analisi getta lo sguardo verso il futuro, la nostra capacità di prevedere si fa sempre meno attendibile. La valutazione, nel corso che va dal breve al lungo termine, perde affidabilità e alla fine ci ritroviamo letteralmente senza ragioni per suffragare la convenienza piuttosto che l’inopportunità di una determinata scelta. Proprio questo è il caso del biopotenziamento: come lapidariamente scrivono Bostrom e Ord, “è impossibile conoscere quali saranno le conseguenze a lungo termine di questo tipo d’interventi”22. Questa impossibilità si estende oltre le conseguenze materiali, ovvero, anche se riuscissimo a prevedere gli effetti con piccoli margini d’errore, il nostro giudizio dovrebbe comunque mettere in conto l’evenienza che, in un futuro così lontano, molte altre condizioni al contorno potrebbero essere cambiate, influendo sul nostro apprezzamento degli effetti.

Nondimeno siamo pure chiamati a pronunciare un giudizio. Come fare allora per esprimersi al meglio delle nostre attuali possibilità? Conviene effettuare un esame di tutti gli elementi obiettivamente rilevanti per il problema in questione. Se infatti trascuriamo qualche dato importante, in seguito avremo più probabilità di ritrovarci con conseguenze inattese e, forse, indesiderate. Se la razionalità rientra nel nostro interesse, siamo allora chiamati non solo a migliorare l’euristica per acquisire una maggiore conoscenza pertinente, ma anche a mettere in evidenza e in discussione i nostri comuni

21 Bostrom N.- Ord T., The Reversal Test: Eliminating Status Quo Bias in Applied Ethics, disponibile in

rete su www.nickbostrom.com

preconcetti. Questa è l’unica via per cui si può giungere al giudizio razionale, o meglio, solo tramite questa procedura si può aumentare la ragione dei nostri giudizi: raccoglien- do tutte le conoscenze relative al fenomeno da giudicare, e procedendo sulla loro base a una riflessione sul pregiudizio. Come si può facilmente intuire, siccome non si darà mai il caso in cui sia possibile prendere in considerazione tutte le conoscenze pertinenti ed effettuare una riflessione completa, allora la razionalità di un giudizio dev’essere intesa in senso graduale: possiamo e dobbiamo essere pronti riflettere sulle opinioni acquisite, con l’obiettivo di poterci arricchire con conoscenze più adeguate ed esprimere un giudizio più avveduto, pur sapendo che, ogni volta, il nostro punto di partenza sarà sempre un pregiudizio suscettibile, in futuro, di essere messo in discussione. Ogni giudizio che voglia appellarsi a un minimo di ragionevolezza, deve quindi muoversi dal suo stadio iniziale esprimibile solo in base alla conoscenza pregressa e, alla luce di nuove informazioni attinenti, mettere sempre in discussione il punto di partenza di ogni nostra opinione, nonostante la consapevolezza che il risultato raggiunto sarà a sua volta caratterizzato in parte da un carico di valori e credenze date per buone.

Questa puntualizzazione sul valore del pregiudizio e sull’opportunità di una riflessione razionale a partire da esso potrebbe sembrare superflua, ma in realtà non è mai fuori luogo ribadirla: e infatti un gran numero di argomenti conservatori fa leva proprio su qualche tipo di pregiudizio, sostenendo velatamente che esso sia abbastanza sicuro e stabile da rendere la riflessione razionale alla luce di nuove conoscenze pressoché inutile. Nel succitato articolo, Bostrom e Ord prendono di mira proprio il pregiudizio conservatore che accomuna gli argomenti basati sulle profezie di sventura, e ne mostrano la diffusione nel nostro comune modo di pensare.

PREGIUDIZIO (A FAVORE) DELLO STATUS QUO: in linea generale, tendiamo a preferire lo

status quo anche se ciò è irrazionale, cioè anche se siamo ragionevolmente sicuri di ottenere maggiori benefici tramite un determinato cambiamento.

Chiaramente, additare il pregiudizio altrui non è una strategia molto efficace per sostenere la propria tesi. Nel nostro caso, il bioconservatore potrebbe semplicemente rispondere che anche l’opinione transumanista sia viziata dal pregiudizio, quello a favore delle novità tecnologiche o del mero cambiamento. Come fare per dirimere la questione? La proposta di Bostrom e Ord è tanto semplice quanto incisiva. Basta porsi la domanda inversa: sarebbe opportuno usare un qualche metodo per peggiorare (o meglio, depotenziare) una caratteristica umana?

“PROVA DELL’INVERSIONE: Quando si pensa che la proposta di cambiare un certo parame- tro possa avere conseguenze complessivamente negative, bisogna prendere in considerazione il cambiamento dello stesso parametro nella direzione opposta. Se si pensa che anche questo cambiamento avrà conseguenze negative, allora chi ha tratto tali conclu- sioni ha anche l’onere di spiegare perché la nostra condizione non possa essere migliorata grazie al cambiamento del parametro in questione. Se questi non è capace di fornire una spiegazione, allora abbiamo ragione di sospettare che il suo argomento sia viziato da un pregiudizio a favore dello status quo.”23

In pratica, la prova dell’inversione vuole smascherare il pregiudizio irrazionale che vede in una data caratteristica umana l’optimum locale, cioè una condizione di bontà massima relativamente alle circostanze attuali. Con questa prova non si asserisce quindi a priori l’inadeguatezza dello status quo, ma si solleva, molto più semplicemente, la legittimità del dubbio: le probabilità di trovarsi in una condizione ottimale rispetto all’ambiente del momento sono infatti alquanto basse.

“... se un parametro continuo ammette un vasto spettro di valori possibili, dei quali tutti gli optima locali costituiscono solo un piccolo sottoinsieme, allora è prima facie inammissibile che il valore attuale di tale parametro sia proprio uno di questi rari optima locali. Per questo affermiamo che l’onere della prova spetta a chi sostiene che un qualche parametro attuale sia proprio un optimum locale: bisogna fornire una buona ragione per accettare questa sup- posizione.”24

Ma questo è proprio il punto debole della massima dello status quo. Tutte le caratteristi- che prese in considerazione finora, e cioè la durata della vita attiva, le prestazioni psicofisiche e il benessere emotivo, sono di fatto migliorabili sotto tutti i punti di vista (a prescindere dai mezzi utilizzati e purché non si rechi danno ad altri). E ciò significa né più né meno che la proposta di dichiararsi improvvisamente soddisfatti della attuale condizione umana non può essere suffragata dalle profezie di sventura.