Per poter rispondere a questa domanda occorre fare una ulteriore distinzione. C’è infatti un senso banale per cui “il fine non giustifica i mezzi”, perché col termine “mezzo” possiamo intendere anche un’azione, suscettibile a sua volta di giudizio morale. Guadagnare soldi per mantenere la propria famiglia è uno scopo legittimo che però potrebbe essere raggiunto con azioni sbagliate, quali il ricatto o l’estorsione. Per questo, prima di giudicare, dobbiamo precisare la natura del mezzo coinvolto:
MEZZO COME AZIONE: Un atto eseguito con l’intento di raggiungere un determinato
scopo.
MEZZO COME STRUMENTO: Un utensile, un dispositivo, un oggetto che è creato per o
può servire a raggiungere uno scopo. Esso può essere tangibile come un martello, o intangibile come un tribunale, può essere realizzato ad hoc o improvvisato, avere un origine artificiale oppure naturale.
MEZZO COME METODO: Il metodo è l’insieme di azioni e strumenti che usiamo per
raggiungere uno scopo.
Ora, non importa se un’azione sia fine a sé stessa o serva come mezzo per raggiungere uno scopo. Essa è sempre esposta al giudizio morale. Anche i metodi, siccome includo- no delle azioni, possono a loro volta essere deprecabili. È per questo che, ad esempio, gli animalisti si sentono legittimati a condannare (ma solo parzialmente) il metodo
scientifico in quanto annovera, tra le tecniche di ricerca più efficaci, la sperimentazione su cavie. E gli strumenti possono essere buoni o cattivi di per sé? No, essi al massimo possono essere efficaci o meno, adeguati o inadeguati. Anche gli utensili più macabri, quali gli strumenti di tortura, non sono moralmente imputabili di alcunché: se crediamo che le sevizie siano in ogni caso immorali, dobbiamo prendercela con chi tortura, non con gli strumenti utilizzati. Questo non c’entra con le nostre opinioni in ambito norma- tivo, né con la questione se siano più importanti i principi morali o le conseguenze delle nostre azioni: gli strumenti non hanno intenzioni e non agiscono, quindi non possono essere intrinsecamente giusti o sbagliati.
Ciononostante, così come giudichiamo la decisione di agire in un certo modo, noi potremmo voler giudicare la scelta di un particolare strumento. Questo è possibile perché, onde raggiungere un determinato scopo, potrebbero esserci delle buone ragioni morali per preferire uno strumento piuttosto che un altro. Giudizi del genere sono più quotidiani di quanto sembri: se credo che sia moralmente sbagliato inquinare, dovrei preferire i mezzi di trasporto più sostenibili per l’ambiente; se credo che in guerra sia moralmente sbagliato uccidere innocenti, dovrei preferire le armi più precise e dirette al posto delle mine antiuomo; se reputo deprecabile giustiziare i criminali dovrei optare per strumenti di punizione alternativi alla sedia elettrica. Perché giudizi del genere sono possibili? Quali sono le caratteristiche rilevanti in base alle quali possiamo motivare sul piano etico la scelta di certi strumenti al posto di altri?
6.2.1 Strumenti diversi possono avere effetti collaterali diversi
In primo luogo, l’impiego di certi strumenti ha degli effetti collaterali che possono risultare sgraditi perché in contrasto con alcuni nostri principi o valori. Quale peso gli effetti collaterali possono esercitare nella scelta di uno strumento?
Per rispondere siamo costretti a operare una distinzione ulteriore basata sulla diffusione di questi effetti, separando i rischi sociali da quelli personali. Se l’impiego di un determinato strumento comporta un rischio per gli altri, allora chi lo sceglie è coinvolto moralmente perché diventa imputabile dei potenziali danni che la sua scelta potrebbe arrecare a terzi. Per quel che riguarda il nostro tema, la questione è se l’impiego, e soprattutto la diffusione, dei biopotenziamenti e delle tecnologie NBIC ad essi legate possano mettere a rischio la popolazione e creare danni alla società. Ciò rientra proprio in uno dei due motivi fondamentali del transumanismo, cioè la futurologia come riflessione a carattere precauzionale sugli effetti a medio e lungo termine dei biopoten-
ziamenti. Si tratta di un dubbio legittimo che affronterò più avanti, nella sezione dedicata alle obiezioni di prudenza.
E se invece lo strumento comporta rischi esclusivamente personali? In questo caso la scelta di un biopotenziamento potrebbe porci di fronte a un conflitto interno tra il valore di ciò che speriamo di ottenere (il miglioramento) e quello di ciò che potremmo perdere. Ovviamente questo tipo di preferenze ha un carattere prettamente individuale e quindi non è possibile giudicarle in modo univoco giuste o sbagliate.
In ogni caso, gli argomenti dal precedente sono validi solo se si adotta una descrizione molto superficiale degli effetti legati all’uso di strumenti diversi: se infatti il nostro giudizio si ferma a prendere in considerazione solo le conseguenze rilevanti rispetto allo scopo prefissato, allora è ovvio che i mezzi appariranno sempre indifferenti sul piano morale. In vero, sembra proprio che abbiamo una innata tendenza a guardare solo verso l’effetto immediato e previsto delle nostre azioni, trascurando tutto il resto. Ma questa miopia deriva per lo più da una scarsa comprensione della portata degli strumenti impiegati.
PRIMA CONCLUSIONE: Lo schema degli argomenti dal precedente è incompleto perché
non tiene conto del fatto che gli strumenti possono influire sulle conseguenze dell’azione ben al di là dello scopo previsto. Quindi, per coerenza, sarebbe opportuno adottare una prospettiva più ampia e ricordare che il mezzo, oltre a recare l’effetto desiderato, è sempre accompagnato da una serie di ripercussioni, più o meno evidenti e, soprattutto, più o meno desiderabili.
6.2.2 L’importanza del metodo
Sopra ho detto che gli strumenti sono parte integrante del metodo con cui vogliamo raggiungere lo scopo prefissato. Ora, se questo metodo è per noi importante e crediamo che abbia un valore (culturale, simbolico, storico), potremmo disapprovare la scelta di uno strumento diverso proprio perché potrebbe privare l’attività di quel suo amato carattere peculiare. Insomma, se lo strumento è parte caratterizzante dell’attività allora non è indifferente rispetto al valore della stessa.
Questo è il caso di tutte quelle attività che ci piacciono di per sé, non solo perché hanno uno scopo. In tal senso possiamo dire che il metodo impiegato conferisce un valore all’azione, e capire coloro che, nell’epoca digitale, si ostinano a scrivere con la penna: essi non amano schiacciare tasti e tenere gli occhi fissi su un monitor, perché preferi- scono l’odore dell’inchiostro e il contatto con la carta. Se una attività ha per noi un
valore proprio per come è svolta, con tutta probabilità cambiare il metodo usato può cambiarne il valore. Questo avviene senza dubbio se il metodo fa parte della definizione stessa dell’attività. Pertanto dobbiamo ammettere che gli strumenti non sono tutti uguali per quel che riguarda l’esperienza stessa di certe attività: strumenti differenti, proprio perché permettono di realizzare più o meno efficacemente l’effetto desiderato, modifi- cano il modo in cui l’agente esperisce l’azione e di conseguenza possono privarlo di tutto quel complesso di sensazioni ed emozioni ad essa associate26.
Questo fenomeno ha delle ripercussioni moralmente rilevanti? Faccio torto a qualcuno se, poniamo, ottengo la pace dei sensi per mezzo di una pasticca piuttosto che con la meditazione? Ovviamente no. L’unica persona che potrebbe risentirsi della scelta a favore del farmaco sono io. Esistono forse delle attività dotate di un valore collettivo che verrebbe sminuito dalla scelta di uno strumento nuovo o diverso? Sembra difficile trovarne qualcuna.
SECONDA CONCLUSIONE: Se il valore che attribuiamo ad un particolare corso d’azione
dipende anche dal modo in cui esso viene realizzato, allora la scelta degli strumenti da impiegare acquisisce, rispetto a quel particolare corso d’azione, rilevanza morale. Quindi, per quanto i nuovi strumenti siano in sé moralmente neutri, la decisione di preferirli potrebbe non esserlo.
Se queste conclusioni sono plausibili, i bioconservatori possono respingere gli argomen- ti dal precedente tacciandoli di incompletezza. L’applicazione di nuovi strumenti per raggiungere vecchi scopi deve pertanto essere sottoposta al vaglio critico della riflessio- ne e del dibattito etici.