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La teoria dell’inviolabilità della natura

L’argomento che fa capo alla teoria dell’inviolabilità della natura, già proposto e riproposto contro altri usi non tradizionali della tecnologia, è uno dei punti d’appoggio principali per la critica bioconservatrice. Nel corso dei precedenti capitoli l’abbiamo intravisto più volte sullo sfondo delle varie obiezioni di principio mosse contro i desideri di vivere più a lungo, ottenere prestazioni superiori e migliorare il proprio umore: quando il PCB fa appello alla necessità di limitarsi a cercare l’umana eccellenza, quando sostiene che la forma biologica del ciclo vitale umano è sacrosanta e che il dolore fisico e la sofferenza emotiva sono sensazioni necessarie per “vivere in modo veramente umano”, non fa altro che sostenere contro i bioprogressisti il dovere morale di rispettare una presunta essenza umana.

“Dobbiamo vivere, o cercare di vivere, come veri uomini e donne, accettando i nostri limiti, coltivando le nostre doti e agendo (performing) in quei modi che sono umanamente eccel- lenti. Fare altrimenti, significherebbe raggiungere i nostri risultati più desiderati ad un costo definitivo... non essere più noi stessi.”34

L’enorme potenziale di controllo in ambiti che fino ad oggi erano di fatto intoccabili per l’uomo, suscita da più parti una forte reazione di sdegno, reazione mossa sostan- zialmente da due sentimenti: il timore reverenziale per ciò che è sempre stato al di là del potere umano da una parte, e la paura dettata da una radicale sfiducia nell’umanità dall’altra. È difficile dire fino a che punto questi due sentimenti si sostengano a vicenda, però forse è possibile azzardare un’ipotesi e identificare come punto d’origine di entrambi l’esigenza di rimettere all’ambito del sacro parte delle responsabilità umane, in modo tale da conservare un guscio di senso protettivo contro le zone oscure del mondo e di se stessi. Come prova a sostegno di questa mia congettura mi limito a citare le parole di M.J. Sandel, docente di filosofia politica all’Università di Harvard nonché membro del PCB:

“Una delle benedizioni insite nel considerare noi stessi creature della natura, di Dio o del caso, è che ciò non ci rende pienamente responsabili di come siamo.”35

Il problema per chi la pensa così si presenta quindi nel momento in cui la tecnologia consente di comprendere e manipolare ciò che prima era solo un mistero, caricando

34 PCB, op. cit., p. 155.

35 Sandel M., The Case Against Perfection in “The Atlantic Monthly”, Aprile 2004, disponibile in rete

l’uomo di una grave responsabilità in più, magari del tutto inattesa e indesiderata. Ironicamente, quasi tutta la gravità della questione sta nella sua stessa inderogabilità perché, con l’incalzante sviluppo scientifico e le tecnologie NBIC alle porte, siamo obbligati a prendere posizione e assumerci la responsabilità di alcune scelte epocali. Voltare la testa e dare poca importanza alla cosa sarebbe un atto gravissimo, non solo perché darebbe prova di pusillanimità, ma anche perché la posta in gioco appartiene a tutti noi. È per questo che il dibattito sulla natura umana dovrebbe uscire dall’ambito accademico ed estendersi al maggior numero di persone, anche se attualmente l’opinione pubblica sembra nutrire scarso interesse per le problematiche del biopoten- ziamento.

Ma passiamo senz’altro al bandolo della matassa, con la speranza di rendere merito all’importanza della questione. Per teoria dell’inviolabilità della natura dobbiamo intendere quella concezione morale che assegna un valore tanto grande all’ordine naturale da impedirne qualsiasi manipolazione. Questa teoria può essere sostenuta fondamentalmente da due tesi: una è di carattere prettamente religioso, mentre l’altra avanza qualche pretesa di laicità.

TESI DELL’OPERA DI DIO: La natura rispecchia un ordine voluto da Dio. Alterare

quest’ordine è un atto di presunzione nei confronti di Dio. Agire contro la volontà di Dio è sbagliato. Superare la condizione umana è un’alterazione dell’ordine voluto da Dio, quindi è sbagliato.

TESI DELL’OPERA DI “MADRE NATURA”: La Natura ha un suo Ordine che noi umani non

possiamo nemmeno arrivare a comprendere. L’Ordine Naturale ha un valore perché è la condizione di possibilità della vita. Modificare l’Ordine Naturale è un atto di folle presunzione. Superare la condizione umana significa modificare l’Ordine Naturale, quindi è sbagliato.

Come si può facilmente intuire, la versione più laica della tesi non fa altro che sottrarre il carattere di sacralità all’intervento divino per consegnarlo all’opera di Madre Natura. C’è anche una versione più debole, ma alquanto più ragionevole della stessa tesi:

PRINCIPIO DI PRECAUZIONE NATURALE: La natura ha un ordine, segue certe leggi. Il

mondo della vita fa parte della natura, e anch’esso segue certe leggi. I regni animale e vegetale che oggi troviamo nel mondo sono il frutto di milioni di anni di evoluzione e costituiscono insieme un ecosistema organicamente integrato, il cui equilibrio è molto delicato. Questo ecosistema ha un valore. L’uomo non conosce e non può prevedere tutte le conseguenze dei propri interventi tecnici atti a modificare quest’ordine. Quindi

dovrebbe astenersi dal manipolare la natura perché, altrimenti, rischia non solo di comprometterne il valore, ma anche di provocare disastri.

Questa classe di argomenti è volta a reprimere quella che il PCB denomina “tentazione all’iperintervento (hyper-agency)”36, la quale si configura come una

“prometeica aspirazione nel riprogettare la natura, inclusa la natura umana, in base ai nostri scopi e per soddisfare i nostri desideri.”37

È per questo che è possibile indicarli come “argomenti dell’hybris”, termine del greco classico (υβρισ) pressoché intraducibile nelle lingue moderne, e con il quale s’intendeva “una qualsiasi violazione della norma della misura, cioè dei limiti che l’uomo deve incontrare nei suoi rapporti con gli altri uomini, con la divinità o con l’ordine delle cose”38. Qui per “misura” non bisogna intendere ovviamente il rapporto tra una grandezza e l’unità, bensì “il criterio o canone di ciò che è vero o bene”39, quel giusto mezzo che dobbiamo cercare di seguire per rapportarci col mondo (comprese le altre persone) in modo ordinato e armonico.