Supponiamo di voler eliminare il ricordo di un evento traumatico perché non vogliamo vivere col peso di ciò che è accaduto. Per questo esempio dobbiamo immaginare sia le motivazioni moralmente “positive” sia quelle “negative”: potremmo essere stati vittime di violenze e non voler più rivivere mentalmente quei terribili attimi; ma potremmo
anche essere angosciati dal senso di colpa per qualcosa che abbiamo fatto, oppure dal rimpianto per una decisione non presa.
Ovviamente, manipolare i ricordi in questo modo significa di fatto falsificare parzial- mente le proprie esperienze e, siccome i nostri giudizi sono in parte influenzati dalle sensazioni associate a certi eventi, si opera di fatto una dissociazione tra la realtà e il carico emotivo che essa, a cose normali, comporta. Questa dissociazione può rappresen- tare un problema morale?
Supponiamo di adottare un’etica per la quale la felicità consiste nella ricerca del piacere e nell’assenza di dolore emotivo: secondo il nostro modo d’intendere la vita, ogni sofferenza psichica, quale ne sia la causa, è negativa e va eliminata con qualsiasi mezzo. In base a questa regola di vita, per raggiungere la felicità dovremmo non solo evitare le brutte esperienze, ma anche procedere a rimuovere tutti i ricordi di quelle esperienze spiacevoli che, nostro malgrado, ci capitano nel corso dell’esistenza, e non importa se per riuscirci usiamo le tecnologie NBIC. Agli occhi del PCB, il desiderio di aumentare il controllo sulla propria memoria va ad appiattirsi in questa sorta di “tecnoedonismo”, una mentalità che tende alla ricerca del puro piacere (scevro da ogni giustificazione di merito) ed è indifferente ad altri valori molto importanti, uno sopra tutti quello dell’autenticità della propria vita.
“Armati con i nuovi poteri per alleviare le sofferenze relative ai brutti ricordi, potremmo arrivare a interpretare ogni dolore psichico come superfluo e, nel processo, ritrovarci a per- seguire una felicità meno umana: una felicità immemore, indifferente al tempo e agli eventi, statica nei confronti delle vicissitudini della vita. [...] Infine, dobbiamo chiederci che vita sarebbe, e che tipo di persone diventeremmo, se avessimo solo ricordi felici, con tutte le difficoltà, le incertezze e gli errori tagliati via dalle nostre vite per come noi le ricordiamo e le consideriamo. [...] Avere solo memorie felici sarebbe una benedizione… e una maledi- zione. Niente ci inquieterebbe, ma probabilmente diventeremmo delle persone superficiali, che non cadono mai negli abissi della disperazione perché hanno scarso interesse nella pie- na felicità umana e nelle vite complicate di chi le circonda. In definitiva, avere solo memorie felici non è essere felici in un modo veramente umano. È semplicemente essere liberi dalla sofferenza… un desiderio comprensibile visti i molti problemi della vita, ma un’aspirazione alquanto bassa per chi è in cerca di una felicità veramente umana.”26
Dunque, secondo il PCB, dissociare i ricordi dalle emozioni e cancellare la memoria di esperienze sgradevoli è sbagliato per due motivi fondamentali:
1. La capacità di ricordare nel bene e nel male fa parte dell’essere umani. Alterarne deliberatamente il funzionamento significa compromettere la nostra natura. È moralmente sbagliato interferire con la natura umana.
2. Manipolare i ricordi può contribuire molto alla salute mentale di una persona. Ma eliminare i ricordi spiacevoli significa scegliere di vivere nella falsità, evita- re di affrontare il mondo per come è realmente e rinchiudersi in un guscio protettivo di menzogne. Questa scelta comporta la perdita della propria autenti- cità.
Per sostenere le sue tesi il PCB punta molto sul carattere specifico di ciò che è umano; si tratta di una mossa comune a gran parte della critica bioconservatrice e ritorna in molti argomenti. Ma questa strada va a toccare la MCT nel suo senso più generale, quindi merita un’intera discussione a parte che affronterò nel prossimo capitolo. Per quanto riguarda invece l’opportunità di ricordare in modo appropriato e veritiero, ci troviamo di fronte a un contrasto tra valori molto forti. Per essere coerenti con una visione del genere infatti, bisogna accettarne tutte le conseguenze, anche quella che ci impedirebbe moralmente di alterare i nostri ricordi nella consapevolezza di essere destinati a vivere una vita infelice o comunque gravemente compromessa. Ma per molte persone ciò potrebbe sembrare alquanto problematico e, in effetti, di fronte a certi grandi traumi, pochi avrebbero la fermezza di conservare un barlume di equilibrio psichico. Il valore dell’autenticità si scontra con quello del benessere personale: siamo veramente disposti ad affrontare il ricordo di qualsiasi evento traumatico, sacrificando la nostra sanità mentale pur di vivere appieno la realtà che ci circonda? È meglio affronta- re il dolore, stringendo i denti e combattendo con tutte le proprie forze per farsene una ragione, oppure soffiarlo via mediante una tecnica che ci consente di dimenticarlo? Non credo si possa dare una risposta valida per tutti. L’unica soluzione accettabile, a mio modo di vedere, sta nel fare appello all’argomento dell’etica liberale: possiamo trovare la soluzione solo dentro di noi, anche perché non è possibile stabilire una soglia di sofferenza minima universale oltre la quale sarebbe moralmente giusto optare per l’intervento tecnico. Siamo dunque chiamati a valutare, personalmente, dove abbiamo intenzione di collocarci tra due estremi. Da una parte abbiamo la concezione “tecnoedo- nista”, che ci consiglia di eliminare ogni sofferenza grazie a un totale controllo su se stessi e sui propri ricordi. Dall’altra c’è invece la rappresentazione di un essere umano in balia della propria memoria e impotente nei confronti dei ricordi dolorosi del proprio passato. Secondo il PCB noi non dobbiamo abbracciare nessuna di queste due visioni radicali, ma sforzarci di vivere bene nella piena autenticità della vita. È vero, non possiamo scegliere tutto ciò che ci accade, certi eventi capitano e non possiamo farci niente. Tuttavia, nonostante questi avvenimenti indesiderati facciano parte giocoforza
della nostra identità, abbiamo una certa libertà nel decidere come affrontare la loro memoria. L’avvertenza morale del PCB allora è quella di conferire significato, nei limiti del possibile, a questi ricordi, per comprenderli come parte integrante delle nostre vite. Nella volontà di cancellarli, o di separarli dalle emozioni, per quanto traumatiche, che hanno suscitato, abbandoniamo una parte reale della nostra esistenza e, con essa, sacrifichiamo sull’altare della pace dei sensi l’autenticità delle nostre esperienze.
Questa prospettiva è difendibile, ma non è abbastanza forte da consentirci di obbligare il prossimo ad accettarla. Inoltre, e questa osservazione non è secondaria, la MCT non implica il tecnoedonismo. Chi vuole usare i mezzi tecnoscientifici per superare i propri limiti emotivi, non necessariamente lo fa perché crede che il piacere sia l’unico bene possibile e il dolore vada eliminato a tutti i costi. Comunque, è tra questi due estremi che dobbiamo muoverci, e ognuno, trattandosi della propria vita, ha il diritto di trovare il proprio percorso: alcuni sceglieranno la via del “tecnoedonismo”, altri invece saranno devoti all’autenticità, e forse la maggioranza opterà per una via di mezzo, scegliendo di convivere con gran parte dei propri ricordi, anche quelli spiacevoli, purché non costitui- scano un peso insopportabile.