• Non ci sono risultati.

Telefonici nell’ambito dei Percorsi Psicoterapeutic

4. IL MESSAGGIO TELEFONICO NELLA CLINICA: RISORSE E INSIDIE

Si può subito dire che, per il terapeuta “essere repe- ribile” presenta vantaggi e svantaggi, sia in termini teorico-pratici che psicoterapeutici.

Fissare un nuovo appuntamento su richiesta del paziente, anticipare o posticipare un seduta può rappresentare una possibilità conveniente per il clinico in virtù del fatto che per esempio può diven- tare possibile organizzare l’agenda di lavoro anche all’ultimo momento. Anche essere aggiornato in tempo reale sullo stato psicofisico del nostro clien- te o essere informato circa qualche avvenimento imprevisto che lo ha riguardato (fatti accaduti tra una seduta e l’altra), può consentirci di accedere a materiale di lavoro sempre nuovo. Tra i vantaggi è possibile annoverare inoltre la possibilità di “soste- nere situazioni gravi o urgenti al di fuori dei limiti dell’orario dell’incontro… prolungando il potere della relazione terapeutica” (Manfrida el al., 2007): brevi note informative potrebbero trovare buon uso per monitorare stati d’animo dal paziente ritenuti “inge- stibili”, in modo da prevenire gesti inconsulti o scelte deleterie. Anche informarci di eventuali conquiste terapeutiche durante una interruzione troppo lun- ga del ciclo di sedute, dovuta alla pausa estiva o ad

una partenza, o ancora ricorrere al messaggio se il nostro paziente è un adolescente: il messaggio, proprio in virtù del suo largo uso tra i giovanissimi, favorirebbe il fluire relazionale con il terapeuta e rappresenterebbe un modo per avvicinarsi al suo mondo.

Ma, come già accennato, l’impiego dei messaggi in terapia presenterebbe anche aspetti più proble- matici.

Poter aggiornare quasi “in diretta” il proprio tera- peuta tramite messaggio porrebbe l’idea dello psi- cologo “a portata di mano”: sapere di poter cattu- rare l’attenzione del terapeuta appena il paziente lo desidera e senza una tempistica scandita invece dalle regole del setting terapeutico, pone alti rischi in psicoterapia e una “gestione del potere della tera- pia” spostato sul paziente.

La logica che sottende questa scelta comunicati- va sembrerebbe, per certi versi, ricalcare aspetti di immediatezza, istantaneità, subitaneità, tipici del nostro tempo, obbedendo a quei processi non maturi, a tratti infantili, a cui il paziente può erro- neamente aggrapparsi nella cosiddetta logica del “tutto e subito”. Comunicare quando e come si vuole, senza attendere la successiva seduta per “raccon- tare e ri-narrare” se stessi consentirebbe di obliare la sana abitudine di “saper aspettare”, dilazionare, posticipare, differire, verbi che rimandano al “tempo di un’attesa” a cui fatichiamo sempre più ad educare ed educarci. A tale stile di vita purtroppo oramai nei paesi occidentali ci si sta abituando in fretta e l’ambito psicoterapeutico non sembra esente da questa, spesso, tossica influenza. Anche perché il messaggio inviato non garantisce la contingente risposta da parte del terapeuta: quella aspettativa di subitaneità risulta allora disattesa ed ingannata. Tra l’altro comunicare subito “ciò che succede” non consentirebbe al paziente stesso, in primis, di riflet- tere su ciò che gli accade, poiché si passerebbe, in brevissimo tempo, dal vissuto esperienziale alla sua “comunicazione” (o pseudocomunicazione) ad un terzo, lo psicologo appunto; tale passaggio di infor- mazione, privato di tutte le caratteristiche appar- tenenti al paraverbale e non verbale, aspetti della vera comunicazione, potrebbe sacrificare i significati

dell’accaduto e le emozioni ad esso connesse. Inoltre inviare un messaggio al terapeuta con tali modalità (soprattutto con l’applicazione più usata negli ultimi tempi, whatsapp), potrebbe rappresen- tare una elegante modalità per entrare nella sfera personale del terapeuta, accedere alla sua privacy: Mizzau (1974) afferma che i messaggini struttural- mente veicolerebbero l’idea di una comunicazione

personale, se non intima. L’aspetto legato al rispetto

dei ruoli del terapeuta e del paziente, alla regolazio- ne di quella distanza tra loro, che dovrebbe essere “ottimale” (Lis, 1993), necessita di una regolamen- tazione di quello spazio che sarebbe potenzialmen- te manomesso ricorrendo a modalità relazionali e comunicative che introducono ad un rapporto di maggiore vicinanza tra le due parti rasentando, come appena affermato, l’intimità e la simmetria di ruoli.

Non sarebbe risparmiata neppure la violazione del setting fisico, determinata da incontri che avver- rebbero in “maniera virtuale”, lontano dalla stanza di terapia, eludendo il vis à vis che invece specifica la qualità della relazione terapeutica (Bianciardi, 1998), oltre che le sue coordinate.

Un altro possibile risvolto potrebbe essere quel- lo per il quale il messaggio può divenire una sor- ta di test nelle mani del paziente per collaudare la responsività del terapeuta, la sua disponibilità e un modo per favorire o meno una buona alleanza terapeutica.

Per ultimo, non di importanza, anche la possibilità di eludere il vis à vis, strategia spesso adoperata dai pazienti più evitanti: il messaggio telefonico appare in tali casi ancora più deleterio, poiché riproduce nel- la psicoterapia, come copione della vita quotidiana, modalità individuali e di personalità su cui invece, con alta probabilità, si dovrebbe lavorare e per cui si è magari in terapia. Se infatti la comunicazione terapeutica privilegiata (o esclusiva!) da parte del paziente diviene quella mediata da messaggi, il rischio immediato è che questi reiteri la possibilità, magari già sperimentata, di vivere in una relazione solo nella “dimensione immaginaria” (Di Gregorio, 2003), con tutto ciò che questo comporterebbe in termini di disimpegno, deresponsabilizzazione, evi-

tamento attivo più o meno consapevole.

Non di rado la comunicazione via sms, se abusata oltre le regole stabilite e condivise con il terapeu- ta, può essere scelta dal paziente come scorciatoia legata al mancato pagamento di una seduta (Val- lario, 2012): un chiaro e netto segnale questo di un atteggiamento poco trasparente oltre che scarsa- mente motivato.

Il messaggio può aumentare inoltre in maniera esponenziale il rischio di una “mossa extraterapeu- tica” (Loriedo, 2009), come quello che può giungere da parte di uno dei due partner ad insaputa dell’altro in una terapia di coppia o di un parente in una tera- pia familiare, finalizzato cercare alleanze segrete con il terapeuta): questa modalità comunicativa può divenire in tal senso un mezzo collusivo che può creare rapporti sbilanciati tra i vari membri del sistema terapeutico.

In questo vasto e complesso, oltre che controverso, scenario l’imperativo diviene la definizione di scelte terapeutiche in modo da non creare con la comunica- zione mediata una “psicoterapia parallela”, come una partita di calcio che si gioca a bordo campo o qualcosa di cui potrebbero facilmente sfuggirci le sorti.

5. CONCLUSIONI

La tecnologia in generale con l’uso di tutti i disposi- tivi in commercio (tablet, pc, smartphone, ecc.) ha de-territorializzato la comunicazione, ponendola via via in un “non luogo”, come afferma Vallario (2012); tutto ciò di certo e in maniera inevitabile ha avuto risvolti importanti sul comportamento umano, sulle relazioni tra individui e sui suoi contesti di vita. Il terapeuta “sufficientemente buono” dovrebbe rimanere sempre in guardia rispetto a certi mec- canismi e cambiamenti sociali e antropologici, pri- ma che psicologici e psicoterapeutici, nei vari siste- mi (Bateson, 1976) di vita che sono e quindi facile influenza per l’uomo in generale e quindi il pazien- te; quest’ultimo, in pieno diritto ad essere tutelato, deve essere protetto da chi si prende cura di lui per una duplice ragione che tocca la sfera deontologi- ca-legale e psicologica-umana.

Nello specifico campo della professione dello psi- cologo, in linea di massima si potrebbe desumere

che, come figli di questo tempo, il ricorso all’uso di queste modalità comunicative non andrebbe forse del tutto demonizzato, ma definirne aspetti, tempi e modalità, ridimensionandone l’uso risulta impre- scindibile; questo perché, a parere della scrivente, ogni forma di rigidità, anche e soprattutto quella del terapeuta, può irrigidire anche il setting di lavoro e relegare il clinico in posizioni stupidamente anti- podali o estremiste poco proficue. La psicoterapia stessa non dovrebbe, di per sé, rifarsi a “procedure standardizzate”.

Circoscrivere l’uso dei messaggi, contestualizzar- li, definire e condividere regole chiare di scambio comunicativo (modalità, tempi, ecc.), potrebbe- ro rappresentare già un buon metodo, una buona linea guida per “fissare le condizioni minime, prima di cominciare” (Whitaker el al., 1898); ma decisioni più specifiche circa il mantenimento di una comu- nicazione mediata dal messaggio ha a che fare con l’altrettanto specifica relazione tra “quel paziente” e “quel terapeuta”, perciò non definibile a priori. In definitiva i messaggi, come frammenti del quo- tidiano del paziente che il terapeuta può decidere se cogliere o meno (Vallario, 2012), rappresente- rebbero una risorsa, ma anche un pericolo e sta al terapeuta ponderarne le scelte.

BIBLIOGRAFIA

Bateson, G., (1972). Steps to an Ecology of Mind. San Franciso: Chandler Pub. Co (trad. it. Verso un’ecologia della mente. Adelphi, Milano, 1976).

Bianciardi, M., Telfner, U., (1998). Ammalarsi di

psicoterapia. Il rischio iatrogeno nella cura.

Franco Angeli, Milano.

Brofenbrenner, U., (1979). The Ecology of Human

Development. London: Harvard University Press

(trad. it. Ecologia dello sviluppo umano. Il Mulino, Milano, 2002).

Di Gregorio L., (2003). Psicopatologia del cellula-

re. Dipendenza e possesso del telefonino. Franco

Angeli, Milano.

Lis, A., (1993). Psicologia clinica. Problemi dia-

gnostici ed elementi di psicoterapia. Giunti, Mila-

no.

Loriedo, C., Acri, F., (2009). Il setting in psicote-

rapia. Lo scenario dell’incontro terapeutico nei diversi modelli clinici di intervento. Franco Ange-

li, Milano.

Manfrida, G., Eeisenberg, E., (2007). Scripta

volant!. Uso e utilità dei messaggi sms in psi- coterapia. in Terapia Familiare, 85: 59-82.

Mizzau, M., (1974). Prospettive della comunica-

zione interpersonale. Il Mulino, Bologna.

Morcellini, M., (2008). Il mediaevo italiano. Indu-

stria culturale, tv e tecnologie tra XX e XXI seco- lo. Carocci, Roma.

Vallario, L., Sms e terapia: relazioni pericolose,

Ecologia della mente 2/2012, Il Pensiero Scien-

tifico Editore, Roma.

• Watzlawick, P., Beavin, J. H., Jackson, D. D., (1967).

Pragmatics of Human Communication. A Study of Interactional Patterns, Pathologies, and Para- doxes. New York: W W Norton & Co Inc (trad. it. La

pragmatica della comunicazione umana, Astro- labio, Roma 1971).

Whitaker, C. A., Bumberry, W. M., (1988). Dancing

with the family. A symbolic-experiential appro- ach, Oxon: Routledge (trad. it. Danzando con la

RIASSUNTO

L’obesità è una grave malattia cronica caratterizzata dall’aumento della massa grassa a cui si associa un significativo aumento di comorbidità (ipertensione, malattie cardiache, ictus, diabete di tipo 2, malat- tie della colecisti, stanchezza cronica, asma, apnea del sonno, alcune forme di cancro e problemi nella riproduttività) e mortalità. La perdita di peso chi- rurgica può essere un’opzione sicura ed efficace per alcuni soggetti gravemente obesi. Tuttavia, come con qualsiasi altro tipo di chirurgia, vi sono poten- ziali complicanze a lungo termine. Per tale ragione è necessario rivolgersi ad un team multisciplinare composto da esperti dedicati (chirurgo bariatrico, anestesista, psicologo o psichiatra, nutrizionista e/o dietista) per informarsi correttamente sui bene- fici, i rischi e le conseguenze e per essere sottoposti ad una valutazione preoperatoria accurata, con la possibilità di aderire a un programma postopera- torio di follow-up a lungo termine. Poiché il miglio- ramento della qualità della vita e il miglioramento della situazione psicosociale sono importanti obiet- tivi della chirurgia bariatrica, il post-intervento non dovrebbe includere solo la perdita di peso o la cura delle condizioni morbose, ma anche una miglioria nel comportamento alimentare, nelle variabili psico- sociali e nella qualità della vita. In questa rassegna verrà descritto a grandi linee il percorso bariatrico,

il target di riferimento, i tipi di intervento, l’impor- tanza del team, ponendo particolare attenzione sul ruolo dello psicologo all’interno dell’equipe multidi- sciplinare per la cura e il trattamento dell’Obesità.

PAROLE CHIAVE

Psicologo, Chirurgia Bariatrica, Obesità, Equipe Multisciplinare, TCC.