• Non ci sono risultati.

Disturbo da Alimentazione Incontrollata Binge Eating

LE CARATTERISTICHE PSICOPATOLOGICHE NEL BINGE EATING

SINTOMI

L’abbuffata rappresenta la caratteristica principale del BED. Va però, messo in evidenza l’aspetto più importante dell’abbuffata: non è tanto l’eccesso nel mangiare, quanto il vissuto di perdita di controllo inteso come “la difficoltà a controllare l’impulso ad alimentarsi, la sensazione dolorosa di fare qual- cosa che non si vorrebbe fare ma che non si riesce ad evitare” Ciò consente di distinguere l’abbuffata compulsiva dall’alimentazione quotidiana eccessiva (Fairburn, 2011). Fairburn, nel suo manuale “Come vincere le abbuffate” (2011), riporta i risultati otte- nuti negli anni Novanta da alcuni gruppi di ricerca che hanno cercato di studiare l’episodio dell’abbuf- fata compulsiva in laboratorio delineandone un qua- dro che racchiude tutti i principali elementi distintivi:

• Sensazioni: inizialmente il soggetto esperisce pia- cere ed apprezza il gusto e la composizione del cibo; tale sensazione però occupa un breve lasso di tempo per poi tramutarsi in disgusto e ribrezzo.

• Velocità nel mangiare: durante un’abbuffata le persone mangiano molto velocemente (il doppio di chi non presenta un disturbo del comportamen- to alimentare), riempiendosi la bocca di cibo in maniera quasi meccanica, masticandolo appena.

• Agitazione: qualcuno cammina continuamen- te mentre mangia, qualcuno sembra disperato, vinto da un desiderio irresistibile di cibo; questo può portare a prendere il cibo degli altri o anche a rubarlo dai negozi.

• Stato alterato di coscienza: le persone che vivono un episodio di abbuffata compulsiva riferiscono di sentirsi in “trance”, di attuare il comportamento in modo automatico, come se non fossero loro ad abbuffarsi.

• Segretezza: le persone si vergognano del loro comportano e fanno di tutto per tenerlo nascosto, per questo le abbuffate il più delle volte avvengo- no in segreto (ad es. alcuni dopo un pasto normale tornano furtivamente a mangiare tutti gli avanzi, altri portano il cibo in camera o in bagno,…).

• Perdita di controllo: alcune persone lo sentono molto prima di cominciare a mangiare, altre lo pro- vano gradualmente dal momento in cui cominciano a mangiare, altre lo sentono all’improvviso, quan- do si rendono conto che hanno mangiato troppo, altre ancora riferiscono di non riuscire a smettere di mangiare una volta che hanno cominciato. Per i soggetti con BED il peso sembra essere solo una spiacevole conseguenza delle abbuffate, a cui guardano con rassegnazione e sconforto, con un atteggiamento svalutante e di autocritica, rimugi- nando sui propri errori (Ricca, Castellini, & Faravelli, 2009); raramente mettono in atto la condotta com- pensativa del vomito per gestire l’aumento di peso. In realtà sono più interessati all’effetto a breve ter- mine dell’abbuffata, ovvero la riduzione dell’emozio- ne negativa esperita, che alle conseguenze a lungo termine, cioè l’aumento di peso. Si evince da ciò che l’abbuffata è utilizzata come una strategia disfun- zionale di coping con la quale il binge eater cerca di

trovare una soluzione alle sue difficoltà nel gestire le emozioni e controllare gli impulsi. All’uso di stra- tegie adattive quali la rivalutazione cognitiva ed il problem solving (Aldao & Nolen-Hoeksema, 2010), si sostituiscono dunque comportamenti alimentari disfunzionali quali le abbuffate (Torres et al., 2011). Si tratta di una modalità di coping che a lungo andare può diventare un pattern comportamentale auto- matico (Lorenzini & Sassaroli, 2000; Fairburn, 1997).

FUNZIONAMENTO

L’organizzazione psicologica di questi pazienti è molto complessa poiché presentano una visione di sé che oscilla tra il massimo della stima nella propria effi- cienza alla critica più feroce; posseggono un’estrema vulnerabilità alla disconferma e sono sovrastati dal terrore di deludere gli altri e di essere delusi. È evidente la presenza del costrutto di perfezionismo clinico: si prefiggono alti standard, hanno il timore di sbagliare e si valutano sulla capacità di ottenere tali risultati. Utilizzano strategie di coping disfunzionali nei con- fronti di ansia e frustrazioni. Tali presupposti fanno si che si rifugino in progetti e fantasie che non vedono mai una concreta attuazione. L’aspetto fisico ricopre al contempo il ruolo di difesa e rifugio: ingrassando il giu- dizio degli altri è limitato alla sola immagine esteriore, dimagrendo si ottiene la tanto sperata approvazione sociale. In entrambi i casi si mantiene l’attenzione solo su fattori meramente esterni e si impedisce l’accesso al modo interiore fatto di emozioni, credenze e rego- le di vita che ne evidenzierebbero una loro dolorosa vulnerabilità. Il costrutto di autostima viene meno e la sua assenza trova conferma, per i binge eaters, nello sguardo che gli rivolgono gli altri, nel numero segnato dalla bilancia e nell’immagine riflessa nello specchio. Il tutto è fuso con l’immagine esteriore, che ritengono essere deludente e poco attraente per questo riten- gono impossibile qualunque forma di miglioramento. Non apprezzano il proprio corpo, non ne sanno ricavare piacere anzi veicolano su di esso una particolare forma di attenzione: “l’attenzione selettiva” monitorando e considerando solo i difetti, uscendo dalla visione glo- bale del corpo, con una conseguente amplificazione solo degli aspetti negativi. Il valore personale è lega- to all’eccessiva valutazione dell’inseguimento e rag-

giungimento di standard troppo elevati. Si giudicano largamente sulla base degli sforzi che compiono per raggiungere tali obiettivi, operando una sistematica svalutazione dei successi. Negando il proprio valore personale fanno dipendere dal giudizio altrui il criterio di adeguatezza per il proprio Sé per questo le modalità relazionali si orientano sul versante dell’accudimen- to, sia come ricerca che attuato in modo compulsivo per il timore dell’abbandono. L’abbuffata trova la sua collocazione nel tentativo di colmare un senso di vuo- to cronico. Il cibo rappresenta l’unica fonte di piacere, infatti viene scelto sulla base del proprio stato d’animo (a differenza delle bulimiche che non ne percepiscono nemmeno il gusto). L’utilizzo del cibo è strumentale ad una regolazione disfunzionale delle emozioni: se le emozioni provate sono negative il cibo è uno strumen- to che ha lo scopo di alleviarle e inibirle; se prevalgono emozioni positive diventa un’ulteriore fonte di gratifi- cazione. Per questo è importante collocare l’abbuffata del paziente nel suo contesto emozionale e aiutarlo a riconoscerne le cause ed i significati.

Per il soggetto con BED, dunque, l’abbuffata è libera- toria ma cosa succede nella mente di questi pazienti nei momenti antecedenti all’abbuffata e durante l’at- tuazione di questa strategia di coping? Alcuni autori ipotizzano che siano due i meccanismi principali che causano lo scatenarsi delle abbuffate: quello chiama- to “fuga dalla consapevolezza” (Heatherton & Bau- meister, 1991) e quello definito “blocco emozionale”, citato da Root e Fallon (1989) per la Bulimia Nervo- sa. L’”Escape from self-awarness model” (fuga dalla consapevolezza) (Heatherton & Baumeister, 1991), postula che i soggetti che agiscono le abbuffate sia- no particolarmente predisposti ad auto-valutazioni negative a causa della loro bassa autostima. Ciò che li caratterizza è la ricerca e l’imposizione, come una regola a cui non si può trasgredire, di standard esa- geratamente elevati che riguardano obiettivi di vita, le aspettative altrui percepite e gli ideali. Più alti sono gli standard, più alta è la probabilità di fallimento; la consapevolezza tenderà a focalizzarsi su di sé e sulla propria inadeguatezza personale, sulle proprie colpe o mancanze, alimentando la bassa autostima e le severe autocritiche per i propri fallimenti. La consapevolezza di ciò determina una flessione del tono dell’umore ed

ansia ed è proprio dallo stato di coscienza centrato sul confronto tra sé e i propri alti standard che prende il via il tentativo di fuga. Todisco e Vinai (2008), interpretano il comportamento alimentare del binge eater come una modalità di “sospensione del tempo”, un evitamento degli stati emotivi negativi e minacce al proprio valore personale, che gli impedisce di entrare in contatto con essi e divenirne consapevole. Il soggetto entra in uno “stato di vuoto, di mancanza di significati, simile a quel- lo della dissociazione (Claes, 2007), e attua una sorta di “restringimento cognitivo” Ricca et al., 2009) come tentativo di evadere dagli stati di auto-coscienza nega- tivi: si focalizza sul presente sospendendo le azioni di controllo, i meccanismi inibitori relativi all’assunzione di cibo e la riflessione sugli eventi passati e futuri. L’inatti- vazione di alcune funzioni cognitive di alto livello come l’inibizione, è una delle conseguenze negative di questo spostamento dell’autocoscienza. I pensieri irrazionali hanno luogo in seguito alla sospensione delle normali modalità di ragionamento, lasciando un vuoto men- tale che portano al rilascio di comportamenti prima inibiti, ovvero l’alimentazione incontrollata. Numerosi autori equiparano lo spostamento di coscienza pre- cedentemente descritto con il concetto clinico di dis- sociazione e suggeriscono che gli episodi si verificano nel corso di stati dissociativi (McManus 1995; Meyer 1998). Il “Blocking model” (blocco emozionale) sostie- ne che l’abbuffata rappresenti un mezzo per bloccare un’emozione troppo intensa, fungerebbe da distrat- tore allontanando dalla consapevolezza le emozioni negative e focalizzando l’attenzione su quelle positive provenienti dal cibo. Molti pazienti infatti riportano di sentirsi tesi, arrabbiati, soli, ansiosi, ecc. prima dell’ab- buffata: il cibo offre un effetto gratificante immediato e sembra rappresentare l’unico rimedio al loro pro- blema. Todisco e Vinai (2008) indicano la presenza di una “finestra emozionale stretta” in cui i pazienti presentano un’alta soglia di percezione che li rende anestetizzati fino a che le emozioni non raggiungono una bassa intensità, ed una bassa soglia di tolleranza alle emozioni che li porta ad agire l’abbuffata. Il blocco emozionale è attivato da tre credenze disfunzionali: l’intollerabilità delle emozioni; l’interpretazione delle sensazioni corporee come segnali di eventi catastrofici imminenti; il pensare che ci si possa difendere dalle

emozioni innalzando la soglia di consapevolezza, cioè il livello sotto il quale il soggetto non si accorge di provare un’emozione (l’anestesia emotiva è l’unica soluzione). I pazienti affetti da BED nel tentativo iniziale di evita- re e sovrastare le emozioni negative legate all’inter- pretazione di eventi esterni, e pertanto vissute come ingestibili, ricorrono all’abbuffata per avere un sollievo immediato ma di breve durata. Infatti il breve effetto positivo lascia immediatamente il posto al senso di colpa e alla vergogna, il paziente vedrà nella perdita di controllo e nell’aumento del peso la conferma delle sue credenze disfunzionali legate al suo scarso valore personale provando rabbia e tristezza, emozioni nega- tive che ritiene intollerabili e che cerca di fronteggiare in modo disfunzionale dando luogo al circolo vizioso.

FATTORI PREDISPONENTI E DI MANTENIMENTO

Una volta che il disturbo si è instaurato la sintomato- logia conclamata è dunque caratterizzata da assun- zioni di cibo massicce, disordinate, caotiche, vissute spesso in modo quasi automatico, che sono il risultato di un’idea prevalente che assume, immediatamente prima che si scateni l’abbuffata, le caratteristiche di un’ossessione. Per comprendere come il circolo vizio- so, emozione negativa – abbuffata – demoralizzazio- ne, si mantenga è importante tenere presente oltre ai fattori personologici e psicologici predisponenti, anche i cosiddetti “fattori scatenanti” o “precipitanti” mante- nimento le abbuffate (Howard & Porzelius, 1999; Stein et al, 2007; Tuomisto et al, 1998) e poi quelli di mante- nimento. Gli eventi vissuti come ansiogeni, dolorosi o di perdita sono tra i principali fattori scatenanti l’abbuf- fata (Vanderlinden & Vandereycken, 1998); inoltre la presenza di cibo calorico oppure considerato proibito, sembra facilitare l’insorgenza delle abbuffate attivan- do una modalità di pensiero e comportamento del tipo tutto o nulla: il solo desiderare o assaggiare un cibo ricco di calorie e/o proibito evocherebbe un senso di fallimento tale da determinare l’abbandono del siste- ma alimentare precedentemente seguito (Todisco & Vinai, 2008). Anche l’assunzione di bevande alcoliche sembra poter frequentemente scatenare le abbuffate, probabilmente alterando il sistema di rigido controllo faticosamente instaurato ed evocando vissuti di disi- stima e fallimento (Howard & Porzelius, 1999).

Tra i fattori di mantenimento del disturbo troviamo:

• Bassa autostima e autocritica: abbiamo visto come in questi pazienti prevalga un senso di ina- deguatezza ed impotenza (Todisco & Vinai, 2008), più in generale un tratto diffuso è la bassa auto- stima con tendenza all’umore depresso. Diversi autori sostengono che avere una bassa stima di sé stessi determini una maggiore vulnerabilità alla pressione ambientale verso lo standard della magrezza quindi verso l’inizio di una dieta, i cui insuccessi, associati agli episodi di abbuffata, contribuirebbero a peggiorare ulteriormente la considerazione di sé (Marcus, Moulton, & Greeno 1995; Yanovski, Nelson, Dubbert, & Spitzer 1993).

• Vergogna: tale emozione si accompagna ad un’as- sunzione di cibo solitaria, quasi clandestina, che tende ad esasperare tale vissuto (Todisco & Vinai, 2008); è collegata inoltre, ai fallimenti nel perse- guire un regime dietetico, al disgusto per le pro- prie abitudini alimentari, nonché al proprio corpo. L’estremizzazione circa il modo di giudicare se stessi e gli altri descritte nel quadro psicologico di questi pazienti fanno capo ad una modalità di pensiero dicotomico con la quale essi interpre- tano la realtà circostante (Stein et al, 2007; Wil- liamson, Muller, Reas, & Thaw; 1999; Linde et al., 2004). La mancanza di una sufficiente consape- volezza di sé facilita l’insorgere e il successivo mantenimento di comportamenti estremizzati

• Restrizione alimentare: si evidenzia una polariz- zazione del pensiero riguardo alla necessità di perdere peso e una continua lotta per migliorare le proprie capacità di controllo sull’alimentazione e sul peso. Ciò fa si che il soggetto elabori delle aspettative irrealistiche circa gli obiettivi da rag- giungere riguardo alla riduzione del peso e al regi- me alimentare da seguire per ottenere tali risultati (Howard & Porzelius, 1999; Davis, Freeman, & Gar- ner, 1988). Il divario tra ciò che si prevede di rag- giungere ed i comportamenti reali è molto ampio poiché non riesce a ridurre l’assunzione di calorie in modo significativo e ciò lo espone a vissuti di inadeguatezza e deflessioni dell’umore (Fassino, Leombruni, Pierò, Abbate-Daga, & Giacomo Rove- ra, 2003, Stein et al, 2007; Linde et al, 2004).

• Difficoltà della regolazione emotiva: come riscon- trato da numerosi studi il ricorso all’abbuffata in prossimità del presentarsi di emozioni negative così intense da non poter essere tollerate, for- nisce sì un sollievo temporaneo ma finisce per rinforzare il ricorso ad esse (Arnow, Kenardy, & Agras, 1992; Johnson et al., 1995; Mitchell et al., 1999; Stein et al., 2007).

È importante precisare che nonostante i fatto- ri emotivi siano stati considerati principalmente come antecedenti delle perdite di controllo sul cibo, molti pazienti con BED ritengono che gli episodi di abbuffata abbiano come conseguenze l’esperire emozioni negative. È possibile considerare queste stesse conseguenze come antecedenti di altri epi- sodi e connotare dunque l’abbuffata come la con- seguenza del distress.

CORRELAZIONE TRA ESPERIENZE