• Non ci sono risultati.

Il rispetto dei diritti del bambino in ospedale

E.2 La ricerca della efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa richiede un coordinamento

2.3. Prendersi cura

2.3.3. La risposta al bisogno acuto

2.3.3.6. Il rispetto dei diritti del bambino in ospedale

La Regione Toscana da anni dimostra una forte attenzione nei confronti delle tematiche di promozione della salute rivolte a bambini e adolescenti, nell’intento di garantire loro il diritto al più alto livello possibile di salute e l’accesso ai servizi sanitari, come sancito dalla Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo del 1989 ed, in particolare, dall’art. 24.

Con la DGR 511/2011 e la costituzione in Regione Toscana dell’Osservatorio per il rispetto dei diritti dei bambini in ospedale (DBH) ci si è proposti di intervenire con un approccio sinergico al tema del rispetto dei diritti del bambino negli ospedali del Sistema Sanitario Toscano, attraverso: * l’adozione di una carta unica per il rispetto dei diritti del bambino in ospedale, utilizzabile da

tutte le Pediatrie Toscane che sia in linea con i principi enunciati nella Convenzione sovramenzionata;

* l’individuazione e l’utilizzo di un sistema di autovalutazione per la verifica e il monitoraggio del rispetto dei diritti del bambino all’interno del contesto ospedaliero;

* l’implementazione e l’ampliamento delle attività di formazione correlate a tale ambito tematico con un approccio multidisciplinare.

Si raccomanda, nello specifico, di sviluppare azioni sulla base delle indicazioni fornite dalle seguenti linee d’indirizzo:

* l’obbligatorietà del ricovero in area pediatrica tenendo conto delle differenti fasi di sviluppo psico-fisico del bambino;

* la presenza costante accanto al bambino in ospedale di uno dei genitori o tutori; * la presenza al pronto soccorso di percorsi dedicati ai bambini;

* l’esistenza di protocolli di cura tra ospedale e pediatra di famiglia, servizi territoriali e sociali e viceversa, al fine di favorire la tutela della continuità assistenziale e l’assistenza globale; * l’individuazione di un responsabile aziendale preposto alla verifica e al monitoraggio del

rispetto dei diritti del bambino in ospedale;

* l’esistenza di protocolli appropriati per la terapia del dolore; * il supporto psicologico nei reparti e negli ambulatori di pediatria

* una particolare attenzione da rivolgere agli aspetti legati all’umanizzazione e all’accoglienza nei percorsi di cura: ambiente psico-socio-fisico a misura di bambino;

* una particolare attenzione da rivolgere agli aspetti multiculturali;

* la prevenzione di ogni forma di discriminazione nei confronti del bambino e della sua famiglia;

* il coinvolgimento del bambino e della sua famiglia all’interno dei processi terapeutici, tramite informazione e comunicazione adeguata da parte degli operatori, al fine di favorire processi di auto-determinazione nel paziente minore;

* l’assicurazione della continuità delle relazioni e dello studio per il bambino ricoverato; * la garanzia di protezione da ogni forma di violenza.

2.3.4. Curare la persona e non la malattia

2.3.4.1. La medicina narrativa

La Medicina Narrativa rappresenta un approccio metodologico, su base scientifica, che permette al medico di potenziare le proprie capacità di relazione e comprendere più profondamente le storie dei pazienti; per il paziente può rendere possibile e “piacevole” raccontare la propria storia a un medico attento, in grado di ascoltarlo. L'obiettivo della medicina del racconto è quello di costruire e mantenere la relazione con il malato, di negoziare con il lui il progetto terapeutico e quindi costruire la cosiddetta allenza terapeutica.

La Medicina Narrativa nasce negli Stati Uniti intorno agli anni 90, nell’ambito della Harvard Medical School: gli ispiratori di questo approccio sostengono la tesi che la medicina sia “un insieme di significati simbolici che modellano sia la realtà che definiamo clinica, sia l’esperienza che di essa fa il soggetto malato”.

Nel processo relazionale medico-paziente, durante il colloquio e la raccolta anamnestica (da cui si ricavano gli elementi essenziali per impostare il percorso diagnostico), le narrazioni costituiscono la forma entro cui i pazienti sperimentano e descrivono il proprio malessere. La medicina del racconto costruisce e mantiene la relazione con il malato e lo fa partecipe, negozia con lui il progetto terapeutico condividendone vantaggi, potenziali rischi, possibili effetti avversi, necessità di controlli e verifiche.

In questi anni la letteratura scientifica internazionale sugli aspetti narrativi della malattia ha avuto sviluppi e applicazioni in oncologia, nelle patologie cronico-degenerative, in campo psichiatrico, nei pazienti affetti da AIDS, in anziani con la frattura dell’anca, con gli Alcolisti Anonimi e si è arricchita di una ricerca-azione in medicina generale - AUSL di Rimini.

In Toscana questo approccio è oggetto di informazione continua nei confronti dei professionisti, soprattutto nell’ambito della Medicina Generale e dei reparti di Medicina Interna.

L’obiettivo della Medicina Narrativa per il medico è quello di potenziare le proprie capacità di relazione e comprendere più profondamente le storie dei pazienti: attraverso la competenza relazionale e l’ascolto del paziente, egli può coordinare le conoscenze scientifiche con le storie individuali e recuperare uno specifico e insostituibile ruolo professionale. In quanto approccio metodologico su base scientifica, rappresenta un preciso strumento che consente al medico di stringere con il paziente una relazione stretta e utile alla precisa conoscenza del suo vissuto di salute e di malattia.

Charon nel 2001 scriveva “Un’umanizzazione della medicina davvero centrata sul paziente che permetta al medico anche di riflettere sul proprio sé, sul proprio viaggio nella professione; e di ripensare anche il rapporto con i colleghi e gli altri operatori sanitari, nonché con il pubblico e la società più generale, di cui riconquistare quella fiducia oggi sempre più in crisi”.

Oggi queste parole sono tanto più vere, soprattutto per quel senso di fiducia che va perdendosi e ripartendo dal quale è possibile ricostruire un patto di salute con i cittadini.

La comunicazione medico-paziente svolge oggi un ruolo ancora più importante di sempre anche per il numero crescente di pazienti anziani con comorbilità e malattie croniche, nei quali una corretta informazione sulla malattia di cui sono affetti, sulla fase della malattia e sul suo stato di progressione rappresentano un irrinunciabile strumento per la precisa individuazione dei problemi da affrontare e delle modalità di intervento più opportune. Questo allo scopo di condividere con il paziente e i suoi familiari le strategie di cura per garantire al meglio la reale aderenza alle terapie e perché i pazienti percepiscano la cura con cui vengono seguiti. La comunicazione deve estendersi al contesto in cui vive il paziente, ovvero alla famiglia che tanta parte svolge nella gestione del paziente cronico, spesso in situazioni socio-familiari difficili. L'atto della comunicazione deve essere vissuto dal medico come un irripetibile momento conoscitivo.