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Il ruolo degli ATO nell’organizzazione del servizio

LA GESTIONE DEL SETTORE DEI RIFIUT

2. La gestione integrata dei rifiut

2.2. Il ruolo degli ATO nell’organizzazione del servizio

Con la soppressione delle Autorità d’ambito territoriale ottimale si è creata una lacuna normativa che è stata colmata dal legislatore, con l’art. 3- bis, comma 1-bis, del D.L. 138/2011, convertito in L. 148/201153. Questo

prevede ora che i servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, debbano essere organizzati sulla base di ambiti territoriali ottimali (ATO)54,

governati da specifici Enti di governo istituiti dalle Regioni55. Gli ATO,

individuati e delimitati dai piani regionali, costituiscono dunque l’unità territoriali minima creata ai fini di gestione dei rifiuti urbani; la loro funzione è così quella di superare la frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti, nell’ottica di una migliore efficienza ed economicità e al fine di conseguire adeguate dimensioni gestionali56.

52 P. Falletta, Abolite le Autorità d’ambito territoriale, 2010, su amministrazioneincammino.luiss.it.

53 Disposizione inserita dall’art. 34, comma 23, D.L. n. 179/2012, convertito con modificazioni dalla

L. n. 221/2012, la cui vigenza è stata ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale, nella sentenza del 20 luglio 2012 n. 199.

54 D. Menna, L’affidamento dei servizi pubblici locali, 2013, su filodiritto.com.

55 Tali Enti di governo, cui gli enti locali partecipano obbligatoriamente, sono designati ai sensi del

primo comma, art. 3-bis del D.L. 138/2011, in virtù del quale “A tutela della concorrenza e dell'ambiente,

le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano organizzano lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica definendo il perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del servizio e istituendo o designando gli enti di governo degli stessi, entro il termine del 30 giugno 2012”.

56 A. Altieri, I servizi pubblici locali organizzati in Ambiti territoriali ottimali, in Giornale di diritto

A differenza di quanto previsto nel decreto Ronchi57, allora oggi non

vige più l’obbligo di coincidenza degli ATO con le Province, ma la loro dimensione è determinata dalla Regione secondo quanto stabilito dall’art. 200 del D.Lgs. 152/2006. E, anche se tendenzialmente questa deve essere almeno pari al territorio della Provincia58; vi è la possibilità che venga estesa a livello

interprovinciale59, all’intera Regione60 o anche al territorio di due o più

Regioni, tenendo conto che, in questo caso, le Regioni interessate, d’intesa fra loro, hanno il compito di delimitare l’ATO.

Per quanto riguarda, invece, la natura giuridica degli ATO, essi costituiscono la dimensione geografica ed il perimetro “fisico” entro cui individuare la più adatta forma di gestione dei servizi attraverso l’intervento di un Ente, dotato di personalità giuridica, cui compete l’organizzazione di un servizio di pubblica utilità su di un territorio, il cui ambito è

57 L’art. 23 del Decreto Ronchi imponeva il superamento della frammentazione delle gestioni

disegnando ATO che, salvo una diversa disposizione della legge regionale, coincidevano con i confini provinciali. Alle Province era, pertanto, attribuita la competenza ad approvare i piani di gestione, con facoltà di autorizzare gestioni a livello sub-provinciale, purché anche in tali ambiti territoriali si superasse la frammentazione della gestione.

58 L’art. 3-bis del D.L. n. 138/2011, introdotto dall’art. 25 del D.L. n. 1/2012, convertito in L. n.

27/2012, ha, infatti, previsto che, a tutela della concorrenza e dell’ambiente, le Regioni organizzino lo svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti urbani in ambiti o bacini ottimali e omogenei, tendenzialmente di dimensione provinciale, al fine di conseguire le opportune economie di scala.

59 “Detti ambiti devono essere ‘ottimali’, allo scopo di consentire il perseguimento di ‘economia di scala’, ben potendosi

differenziare nei vari territori anche oltre la tipica dimensione provinciale. La differenziazione consente, infatti, sia di tener conto delle peculiarità geografiche che possono originare specifici vincoli infrastrutturali connessi alla rete, sia di soddisfare determinate esigenze socio-economiche, correlate, ad esempio, alla densità demografica o alle caratteristiche produttive dell’area di riferimento, in modo comunque da massimizzare l’efficienza del servizio”. In M. Passalacqua, La regolazione amministrativa degli ATO per la gestione dei servizi pubblici locali a rete, 2016, su federalismi.it,

p. 20.

60 Ad esempio, la Regione Toscana ha costituito sul proprio territorio quattro ATO pluri provinciali,

predeterminato dalla Regione61. Gli organi degli ATO hanno così il compito

di approvare i piani d’ambito per l’organizzazione del servizio, secondo i principi di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza62; scegliere la forma

di gestione del servizio; determinare le tariffe all’utenza per quanto di competenza ed affidare la gestione del servizio con la stipula del contratto per l’intero territorio dell’Ambito63.

Per raggiungere questi fini, l’ATO effettua una ricognizione degli impianti esistenti, definisce le procedure e le modalità per raggiungere gli obiettivi previsti dalla legge ed elabora un piano specifico, sulla base di quello per la gestione dei rifiuti della Regione cui l’ATO appartiene. Ai sensi dell’art. 25, comma 4, del D.L. 1/2012, convertito in L. 27/2012, l’ATO si occupa poi anche della realizzazione e gestione degli impianti, così come dell’avvio al riciclo o al recupero energetico dei rifiuti raccolti nonché della commercializzazione degli stessi64.

Con riguardo, invece, all’obbligo di svolgere in forma aggregata il servizio di gestione dei rifiuti urbani, il comma 7 dell’art. 200 prevede inoltre

61 J. Bercelli, La riorganizzazione per ambiti ottimali del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani. Il caso del

Veneto, in Istituzioni del federalismo, 2016, 1, p. 227 ss., reperibile anche su regione.emilia-romagna.it.

62 A questi si aggiunge il principio di riduzione delle spese, espressamente e autonomamente

menzionato all’art. 14, comma 30 D.L. 78/2010, poi modificato dal D.L. 95/2012. Tuttavia, “il

riferimento alla riduzione della spesa o implica una nozione scorretta di spending review o si risolve in un’endiadi. Se è vero che, una volta introdotta un’organizzazione d’ambito, si contribuisce ad una gestione più efficiente, per tutti i motivi su cui ci siamo dilungati, allora non dovrebbe più esserci bisogno di spending review, salvo che la si intenda come revisione della spesa efficiente dunque un sinonimo del taglio lineare; se invece, per spending review intendiamo riduzione di spesa inefficiente, il riferimento è pleonastico, perché già il meccanismo dell’ATO, associato alle economie di scala e più in generale all’efficienza produttiva, dovrebbe raggiungere il risultato”. In M.

Passalacqua, La regolazione amministrativa degli ATO per la gestione dei servizi pubblici locali a rete, cit., p. 36.

63 M. De Benedetto, Gli ambiti territoriali ottimali e la programmazione locale. Il ruolo delle Autorità di bacino

e degli Enti di governo d’ambito. I rapporti con l’Aeegsi, su amministrazioneincammino.luiss.it, p. 1 ss.

la possibilità che, le Regioni, adottino modelli di gestione alternativi65 a quello

degli ATO, purché il piano adottato sia comunque funzionale a garantire il superamento della frammentazione nella gestione del servizio, al fine di realizzarne l’efficienza dal punto di vista ambientale66.

Tuttavia, sia l’art. 3-bis del D.L. n. 138/2011, sia l’art. 34 del D.L. n. 179/2012, convertito in L. n. 221/2012, hanno successivamente imposto alle Regioni l’organizzazione del servizio di gestione dei rifiuti sulla base di ambiti o bacini ottimali, ed in particolare per ciò che riguarda la scelta della forma della gestione, la determinazione della tariffa all’utenza, l’affidamento del servizio e il relativo controllo.

Da ciò segue però che, il principio di unicità della gestione integrata dei rifiuti, sia inderogabile e che ogni disposizione regionale che conduce ad una nuova frammentazione della gestione del servizio si ponga in contrasto con l’art. 20067. Pertanto, gli Enti Locali devono necessariamente appartenere

all’organizzazione sovracomunale del servizio di gestione dei rifiuti cooperando ai fini di una governance di area vasta nello stesso68.

65 Alcune Regioni, come la Lombardia, hanno usufruito di tale possibilità offerta dalla norma e

hanno attribuito la responsabilità della gestione in capo ai Comuni, lasciando che questi si associno volontariamente ai fini dello svolgimento del servizio su base territoriale più ampia.

66 R. Cavallo Perini, Le regole dell’organizzazione e della gestione, in H. Bonura, M. Cassano (a cura di),

L’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, Torino, Giappichelli, 2011, p.137

ss.

67 C. Cost. 22 dicembre 2010, n. 373, che ha annullato l’art. 6, comma 4, della legge della Regione

Puglia n. 36 del 2009, la quale ammetteva la deroga al suddetto principio.

68 Secondo il rapporto ‘Green Book’ che ha analizzato il quadro della governance locale, la struttura degli

operatori e la loro localizzazione (nel settore dei rifiuti in Italia); il territorio nazionale è organizzato in 57 Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), con una prevalenza di Regioni che hanno optato per un ATO regionale e altre in cui la dimensione degli ambiti varia dalla scala regionale a quella sub- provinciale. Se il processo di perimetrazione degli Ambiti può dirsi compiuto (ad eccezione della Lombardia, che ha scelto di utilizzare un modello alternativo agli ATO); due Regioni ed una

2.3. Le modalità di affidamento del servizio di gestione integrata