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IL SISTEMA SANZIONATORIO

2. L’abbandono di rifiut

La prima fattispecie, prevista dall’art. 255 del D.Lgs. 152/2006, è quella relativa all’abbandono di rifiuti, già presa in considerazione dall’art. 192 del D.Lgs. 152/2006, nel quale si prevede “il divieto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti di qualsiasi genere sul suolo, nel suolo, nonché l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali o sotterranee” 4. Tale norma ha

nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora”. Ad una prima lettura l’ambito di

applicazione del precetto europeo è più ristretto; le più vicine norme penali ambientali italiane non esigono infatti il pericolo di lesioni gravi o morte per le persone. Tuttavia, pericoli concreti di lesioni gravi o decessi sono comunque incriminati, nel diritto vivente, attraverso il ricorso a fattispecie penali codicistiche, come ad esempio il disastro ambientale o l’avvelenamento delle acque.

3 A. Madeo, La nuova disciplina sanzionatoria dello scarico delle acque reflue. Il commento, in Dir. pen. e proc., 2010,

p. 1040 ss.

4 Si è posto il problema, in tema di illecito penale di abbandono di rifiuti, di definire la natura

‘incontrollata’ del deposito e cioè se si tratti di tutte le condotte di deposito non autorizzato da parte del gestore o di deposito temporaneo da parte del produttore non conforme ai limiti di cui art. 183, comma 1, lett. bb). Un intervento ricostruttivo della Cassazione vede come non controllato il deposito effettuato dal produttore ove non risponda ai limiti di cui all’art 183, comma 1, lett. bb), mentre rientra nelle

un effetto sia repressivo che riparatorio, prevedendo che sia tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti (ed al ripristino dello stato dei luoghi), colui che viola tale norma, in solido con il proprietario, con il titolare di un diritto reale o personale di godimento sull’area interessata; e tutto questo a condizione che, tale violazione, sia loro imputabile a titolo di dolo o colpa. Tale imputazione che deve essere fatta sulla base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, da parte dei soggetti preposti al controllo5.

Occorre quindi verificare, caso per caso, se il proprietario abbia autorizzato l’abbandono di rifiuti (dolo), o se a suo carico si possa configurare un caso di imprudenza, negligenza o imperizia, tale da configurare oltre alla colpa vera e propria, anche la c.d. colpa omissiva, individuata nella mancata vigilanza ed immediata segnalazione all’autorità, di un fatto nel quale il soggetto non ha avuto alcun ruolo, ma che ha subito passivamente.

Lo scopo di tale disposizione è quindi la tutela dell’ambiente, coinvolgendo qualunque soggetto che abbia, con l’area oggetto di abbandono o di deposito abusivo dei rifiuti, un rapporto tale da consentirgli di esercitare una funzione di protezione o di custodia, tesa ad evitare abusi di tipo ambientale6.

Sempre l’art. 192, comma 3, prevede poi che il sindaco possa disporre con propria ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione, all’avvio a recupero o

sanzioni previste dal primo comma dell’art. 256, il deposito del gestore di rifiuti, sia quale deposito preliminare non autorizzato, sia quale messa in riserva non autorizzata.

5 S. Beltrame, Gestione dei rifiuti e sistema sanzionatorio, Padova, CEDAM, 2000, p. 233 ss. 6 O. Busi, Codice dei rifiuti commentato, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2017, p. 209 ss.

allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi ed il termine necessario entro cui provvedere.

Le conseguenze sanzionatorie sono, quindi, accollate al proprietario o comunque al titolare di un diritto reale o personale di godimento sull’area solo nel caso in cui la violazione sia loro imputabile a titolo di dolo o colpa; incombendo, inoltre, su di essi l’obbligo di adoperarsi, attraverso misure efficaci, affinché questi episodi non vengano più posti in essere7. In assenza

dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa, invece, non si configura la fattispecie di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti e quindi non potrà essere disposta l’ordinanza sindacale di rimozione e di rispristino dello stato dei luoghi.

Peraltro, l’onere della prova grava sul Comune: pertanto, ai fini della legittima emissione dell’ordinanza sindacale, è necessario che l’amministrazione dia un adeguata dimostrazione, attraverso un’istruttoria completa ed esauriente, che l’abbandono sia avvenuto in un’area determinata e appartenente a un soggetto imputabile. L’ordinanza di rimozione dei rifiuti deve, inoltre, essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, ai sensi dell’art. 7, L. 241/1990, al fine di consentire loro di dare il proprio eventuale apporto procedimentale.

Il terzo comma dell’art. 255 punisce, invece, con l’arresto fino a un anno, la mancata ottemperanza all’ordinanza del sindaco, ex. art. 192, comma 3; il

7 F. Vanetti, La posizione del proprietario dell’area oggetto di abbandono di rifiuti da parte di terzi e I relativi obblighi

soggetto attivo del reato è dunque il formale destinatario dell’ordinanza. La Cass. pen., sez. III, sent. n. 31003/2002, ha ritenuto applicabile la sanzione a ‘‘chiunque non abbia ottemperato all’ordinanza e che sia stato dalla stessa individuato quale responsabile dell’abbandono dei rifiuti o proprietario del terreno, indipendentemente dalla effettività di tale qualifica’’. La Corte quindi, ha ritenuto di competenza dei soggetti interessati, l’ottenimento dell’annullamento dell’ordinanza sindacale o la dimostrazione in sede penale dell’assenza della condizione soggettiva. Il reato, quindi, permane per tutta la durata dell’inadempimento, cessando solo, con la revoca dell’ordinanza o con l’ottemperanza.8

Secondo quanto stabilito dalla Cass. pen., sez. III, sent. n. 40212/2014, poi, “la competenza del sindaco ad emanare tale ordinanza, rappresenta un elemento costitutivo del reato, determinando, l’annullabilità per incompetenza, dell’ordinanza adottata dal dirigente comunale. Per questo motivo, il giudice penale, al fine di valutare la responsabilità del soggetto inadempiente, deve verificare preliminarmente la legittimità dell’atto amministrativo presupposto del reato, sia sotto il profilo sostanziale che formale, verificando l’assenza di tutti e tre i vizi tipici che possono determinare l’illegittimità dell’atto amministrativo; ovvero la violazione di legge, l’incompetenza e l’eccesso di potere; provvedendo a disapplicare l’atto in caso di provvedimento viziato”.

Va, inoltre, precisato che, la consapevolezza da parte del proprietario del fondo dell’avvenuto abbandono, sul medesimo, di rifiuti da parte di terzi non comporta l’integrazione del concorso nel reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, (dato che non grava sul proprietario del fondo alcun

obbligo di recinzione né di immediata eliminazione dei rifiuti abbandonati), se tale condotta non integra gli estremi dell’art. 40 del codice penale, ovvero se non sussiste l’obbligo giuridico di impedire l’evento.

Tornando invece all’art. 255, il primo comma, punisce con sanzione amministrativa pecuniaria (da 300 a 3000 euro), (ridotta in caso di rifiuti non pericolosi e non ingombranti, ed aumentata invece del doppio in caso di rifiuti pericolosi), chiunque abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette in acque superficiali o sotterranee. L’ambito soggettivo di tale fattispecie è limitato alle sole persone fisiche non imprenditori e non responsabili di enti9. Le medesime

condotte poste in essere da tali soggetti, integrano infatti, ai sensi del secondo comma dell’art. 256, illeciti penali10, essendo punito con la pena dell’arresto da

tre mesi a un anno o con l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro, se si tratta di rifiuti non pericolosi. Mentre se siamo in presenza di rifiuti pericolosi si applica la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da 2.600 a 26.0000 euro.

La giurisprudenza11 ha infatti evidenziato come la norma, in quanto

finalizzata ad impedire ogni rischio di inquinamento legato ad attività idonee a produrre rifiuti, “deve essere intesa in senso ampio con esclusione della sola attività del privato che si limiti a smaltire i propri rifiuti al di fuori di qualsiasi intento economico’’. Quindi, il riferimento contenuto nella legge non riguarda le sole imprese ed enti che effettuano attività tipiche di gestione, dovendo estendersi ad ogni impresa

9 Cass. pen., sez. III, sent. 33766/2007.

10 G. Montanari, Il sistema sanzionatorio, in V. Cerulli Irelli, G. Clemente di San Luca (a cura di), La

disciplina giuridica dei rifiuti in Italia, Napoli, Editoriale Scientifica, 2011, p. 145 ss.

o ente avente le caratteristiche di cui all’art. 208212 del codice civile, dotata di

personalità giuridica o anche operante di fatto.

Il nuovo comma 1-bis, introdotto dall’art. 40, comma 1, lett. b) della L. 221/2015, punisce, infine, con una sanzione amministrativa (da 30 a 150

euro), chi violi il divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni, previsto dall’art. 232-bis del D.Lgs. 152/2006. Lo scopo di questa previsione è quello di reprimere l’abitudine di abbandonare in modo incontrollato sul suolo o nelle acque, i così detti rifiuti da ‘passeggio’. Attraverso questa sanzione amministrativa, si vuole inoltre uniformare il variegato mondo sanzionatorio attivato dai comuni per contrastare tale fenomeno attraverso propri regolamenti di igiene13.

Mentre, l’art. 255 punisce con la pena dell’arresto fino ad un anno l’inadempienza all’obbligo di separazione di rifiuti illecitamente miscelati, di cui al comma 3 art. 187.