LA GESTIONE DEL SETTORE DEI RIFIUT
2. La gestione integrata dei rifiut
2.4. Il possibile ricorso alla società “in house”, come strumento di gestione ordinario
A seguito della sentenza della Corte costituzionale 199/2012, essendo direttamente applicabile la disciplina comunitaria per quanto riguarda le modalità di affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti, l’affidamento diretto del servizio ad un soggetto che possegga i requisiti prescritti per l’in house providing non costituisce più un’ipotesi derogatoria ed eccezionale rispetto alla disciplina ordinaria, divenendo quindi un modello di gestione del tutto ordinario.
La sentenza n. 3554 del 18 luglio 2017 del Consiglio di Stato, Sez. V, ha dunque confermato il carattere ordinario e non eccezionale del ricorso all’ in house providing stabilendo che “anche in assenza di motivi ostativi all’indizione di una gara pubblica ed al correlativo ricorso al mercato, si esclude la natura eccezionale dell’affidamento in house’’.
Peraltro, il caso di specie aveva ad oggetto proprio l’affidamento del servizio di igiene urbana da parte del Comune di Calcinato il quale, con deliberazione n. 61 del 13 dicembre 2012, diede esecuzione al servizio attraverso l’affidamento in house della durata di quindici anni. Il Comune individuò come gestore una società (Garda Uno S.p.a.) della quale l’Ente pubblico territoriale, con deliberazione n. 60 del medesimo giorno (13 dicembre 2012), divenne socio mediante l’acquisto dello 0,1% del capitale.
Avverso le deliberazioni di acquisto dello 0,1% del capitale (n. 60) e di affidamento del servizio (n. 61) la società Aprica S.p.a. propose ricorso al Tar Lombardia82 in quanto riteneva lesa la sua aspettativa di partecipazione alla
gara per l’affidamento del servizio, ritenendo tali deliberazioni in contrasto con il principio generale (rappresentato nel previgente art. 23-bis, comma 3, D.L. 25 giugno 2008, n. 112.) secondo cui “condiziona l’affidamento in house ad una situazione di giuridica necessità, derivante dalla concreta impossibilità di applicare in modo efficace le regole del mercato e della concorrenza’’.
Secondo il Consiglio di Stato, come più volte evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, e dallo stesso giudice amministrativo83
“l’abrogazione referendaria dell’art. 23-bis del D.L. n. 112/2008 e la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4 del D.L. n. 238/2011 hanno determinato il venir meno del principio in base al quale l’affidamento del servizio di gestione integrata mediante gara pubblica fosse il modello ordinario, mentre l’affidamento diretto ad una società in house fosse un ipotesi eccezionale utilizzabile solo in presenza di alcune condizioni’’. È stata così, da ultimo, riconosciuta la legittimità dell’affidamento diretto operato dal
82 Il Tribunale amministrativo della Lombardia respinse il ricorso, con sentenza del 23 settembre
2013, n. 780, avverso la quale la società ricorrente propose appello.
83Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22 gennaio 2015, n. 257. In tale sede decisionale, il giudice
amministrativo se per un verso ha ribadito il principio della natura ordinaria (opposto, quindi, al preteso principio della natura eccezionale) dell’affidamento in house, ha, d’altro canto, evidenziato come la decisione dell’amministrazione di optare per una simile scelta, ove motivata, “sfugga al
sindacato di legittimità dell’autorità giurisdizionale”. L’unica eccezione sarebbe rappresentata dal
Comune di Calcinato,84 “stante la conformità della scelta ai criteri normativi che
regolano la materia ed alla sufficiente motivazione delle ragioni ad essa sottese”85.
Quanto alle caratteristiche della società in house, questa ha rinvenuto la sua prima affermazione nell’ambito della giurisprudenza comunitaria, con la sentenza Teckal del 18 novembre 1999 (procedimento C-107/98), la quale ne ha definito i contenuti essenziali86.
Tale sentenza stabilisce che, “affinché si possa derogare all’applicazione delle procedure di aggiudicazione degli appalti mediante gara, è necessario che l’amministrazione appaltante eserciti nei confronti del soggetto affidante, un controllo analogo a quello esercitato sui propri uffici interni e che questo realizzi con la stazione appaltante la parte più rilevante della propria attività’’.
84 M. Stufano, L’affidamento diretto di servizi pubblici a società “in house providing”, su www.diritto.it, 2017;
P. Rossi, Le “nuove” società in house nella riforma Madia, tra perdurante specialità e transizione al diritto comune, 2018, su amministrazioneincammino.luiss.it, p. 21 ss.
85 Un ulteriore conferma del carattere ordinario e non eccezionale del ricorso all’in house, quale
modello di gestione, lo rinveniamo a livello comunitario; difatti, la giurisprudenza europea ritiene sussistente un contratto d’appalto, qualora vi siano, almeno, due soggetti giuridicamente distinti; di conseguenza “la mancanza di una relazione intersoggettiva tra le amministrazioni ed i rispettivi soggetti in house
giustifica la legittima decisione di non esperire una gara ad evidenza pubblica perché questa rappresenterebbe una fattispecie non contrattuale che, in quanto tale, risulta sottratta sia alla disciplina dettata in materia di appalti sia all’applicazione delle regole da questa previste per la scelta del contraente”. Pertanto, le amministrazioni, in
ragione della propria autonomia organizzativa, possono liberamente decidere di affidare la gestione dei rispettivi servizi pubblici a degli operatori senza prima dare luogo ad una gara pubblica, a condizione che vengano rispettati i criteri previsti in materia dal diritto europeo per il ricorso all’in
house. Nella sentenza della C. Giust., Sez. I, 11 gennaio 2005, C-26/03 (Stadt Halle), si prevede che
“un’autorità pubblica, che sia una amministrazione aggiudicatrice, ha la possibilità di adempiere ai compiti di interesse
pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne non appartenenti ai propri servizi. In tal caso, non si può parlare di contratto a titolo oneroso concluso con un’entità giuridicamente distinta dall’Amministrazione aggiudicatrice. Non sussistono dunque i presupposti per applicare le norme comunitarie in materia di appalti pubblici’’. Sul punto, C. Volpe, Le nuove Direttive sui contratti pubblici e l’in house providing: problemi vecchi e nuovi, 2015, su giustizia-amministrativa.it.;
R. Giovagnoli, Gli affidamenti in house tra lacune del codice e recenti interventi legislativi, 2007, su giustizia-
amministrativa.it.
86 V. Cillis, La via italiana all'affidamento in house: dai requisiti Teckal al nuovo codice dei contratti pubblici,
Per quanto riguarda il requisito del controllo analogo la giurisprudenza comunitaria nella sua opera di definizione dell’istituto è arrivata ad individuare due condizioni, in presenza delle quali si può ritenere soddisfatto questo requisito87.
La prima condizione è rappresentata dalla partecipazione pubblica totalitaria al capitale sociale della società in house. A seguito della nuova disciplina introdotta con le Direttive appalti del 201488 e recepita dal codice
degli appalti D.Lgs. 50/2016, si apre la possibilità89 a soggetti in house
partecipati, seppure minimamente, da capitali privati90.
La seconda91, invece, è quella per cui il soggetto pubblico debba
esercitare, sulla società in house, un’influenza dominante tanto sugli obiettivi strategici quanto sulle decisioni più importanti92. Ciò sta a significare che, la
87 A. Santuari, Le società in house: disciplina normativa, natura giuridica e crisi d’impresa, in Corriere giuridico,
2018, 4, p. 531-546.
88 Direttiva 2014/24/UE, settori classici; Direttiva 2014/23/UE, concessioni; Direttiva
2014/25/UE, settori speciali.
89 Inizialmente si escludeva la possibilità che, il soggetto affidatario, potesse essere direttamente
partecipato, anche in minima parte, da soggetti privati, in quanto la partecipazione privata avrebbe finito con l’orientare le scelte discrezionali del soggetto affidatario verso fini utilitaristici, estranei quindi ai fini pubblicistici propri dell’Ente locale. Inoltre, si riteneva che, in questo modo, il soggetto privato potesse ottenere un indebito vantaggio rispetto ai potenziali concorrenti (costituito dall’aggiudicazione di un appalto senza una preventiva gara con procedura ad evidenza pubblica).
90 Questo è possibile in presenza di alcune condizioni; ovvero è necessario che le eventuali forme di
partecipazione privata, siano previste da disposizioni legislative nazionali nonché conformi ai Trattati istitutivi; questo al fine di escludere che l’ammissibilità di una partecipazione privata diretta all’Ente in house venga rimessa ad una valutazione discrezionale dei soggetti aggiudicatari. Viene poi stabilito che, la partecipazione diretta dei capitali privati, non debba comportare il controllo della persona giuridica, né un potere di veto, o l’esercizio di un’influenza dominante sul soggetto controllato. Tuttavia, non si è avuta la fissazione di una soglia percentuale massima entro la quale ritenere legittima la partecipazione dei capitali privati, per consentire ai giudici nazionali una puntuale valutazione dell’influenza che, caso per caso, il socio privato esercita sul soggetto in house.
91 C. Contessa, L’in house providing quindici anni dopo: cosa cambia con le nuove Direttive, su www.giustizia-
amministrativa.it.
92 Corte Giust. Sez. I, sentenza 11 maggio 2006, C-340/04; sulla non sufficienza della partecipazione
società in house, debba comunque sottostare alla dipendenza economica93 e
amministrativa94 del soggetto pubblico.
Guardando poi più da vicino il settore ambientale, una prima questione interpretativa si è posta con riguardo all’ipotesi in cui più Enti locali affidino la gestione del servizio rifiuti ad un unico soggetto in house (c.d. controllo congiunto).
Il Consiglio di Stato, nella sentenza 30 aprile 2018, n. 2599, relativa all’affidamento in house del servizio di igiene urbana da parte di un Comune dell’Abruzzo, ha affermato che “L’affidamento in house del servizio rifiuti è legittimo anche in caso di società in house pluripartecipata da più Amministrazioni pubbliche, a patto che tutte possano esercitare il controllo sull’affidataria”. Il medesimo giudice ha poi precisato che “affinché il requisito del controllo analogo sia soddisfatto, è necessario che i soci pubblici esercitino un controllo congiunto, prevedendo nello statuto costitutivo, che le singole amministrazioni possono partecipare tanto al capitale quanto agli organi direttivi del soggetto controllato”95. Nella pratica allora questo può avvenire attraverso la
93 La dipendenza economica comporta che, le decisioni più importanti dal punto di vista finanziario,
devono essere prese dal soggetto pubblico. Questo si traduce in un obbligo di comunicazione dei risultati raggiunti semestrale, o comunque periodico. La società in house deve cioè periodicamente trasmettere all’ente un forecast e un rendiconto di ciò che è stato fatto. Questa dipendenza, inoltre, si esercita anche attraverso la capitalizzazione o comunque con altre forme di finanziamento.
94 La dipendenza amministrativa sta a significare invece che, le decisioni più importanti, ovvero gli
obiettivi strategici, la direzione, il coordinamento e la supervisione dell’attività ordinaria, nonché straordinaria devono provenire dal soggetto pubblico; rendendo quindi necessaria una preventiva delibera per decidere (ad esempio, i regimi tariffari, la qualità del servizio, le strategie operative e i piani industriali). Tutti questi aspetti devono essere decisi dagli organi gestionali dell’ente pubblico, per cui, nella sostanza, la società in house è una longa manus dell’ente.
95 Il Consiglio di Stato con questa sentenza ha recepito la soluzione che era stata precedentemente
formulata dalla Corte di Giustizia sez. III, sentenza 29 novembre 2012, C-182/11 e 183/11 (sentenza Eco nord).
stipulazione di patti parasociali, con la possibilità di determinare la costituzione di un organo (assemblea intercomunale)96.
Accanto al controllo analogo, il secondo requisito, affinché si possa derogare all’applicazione delle procedure di aggiudicazione degli appalti mediante gara, è quello per cui il soggetto affidatario deve realizzare con l’amministrazione appaltante la parte più rilevante97 della propria attività98.
Nel testo vigente delle Direttive appalti del 2014, si è introdotto un requisito quantitativo per circoscrivere l’attività che la società in house può svolgere in favore di soggetti terzi99, precisando come la soglia minima al di
sotto della quale questa non possa essere considerata “rilevante” sia da quantificare nell’80% del fatturato totale medio100 degli ultimi tre anni.
Una seconda ed altrettanto rilevante questione interpretativa che si è posta, riguarda così il come calcolare questo fatturato totale medio: se cioè prendere in considerazione solo il fatturato che la società realizza con l’amministrazione; o anche gli introiti che questa percepisce dagli utenti.
96 F. Petrucci, Affidamento in house servizio rifiuti, legittimo se società è pluripartecipata, 2018, su reteambiente.it. 97 Prima delle Direttive del 2014 veniva utilizzato un requisito di tipo “qualitativo”. La Corte di
giustizia, ha da sempre ammesso la possibilità che, la società in house, nonostante il controllo analogo esercitato dalla stazione appaltante, potesse svolgere parte della propria attività anche in favore di altri operatori, a condizione che questa avesse ‘solo un carattere marginale’. Ci si chiedeva, quindi, quanta di questa attività, che la in house svolgeva a favore di soggetti terzi, fosse rilevante al fine di identificare il tipo di attività svolta e quanto fosse strategica nella prospettiva di crescita aziendale della società.
98 G. Carullo, In house providing (prevalenza delle attività – gestione del ciclo integrato dei rifiuti urbani –
affidamento del servizio), in Rivista Italiana di diritto pubblico comunitario, 2017, 2, p. 513-516.
99 La finalità di questa previsione, risiede nella volontà di garantire una piena tutela della concorrenza,
anche qualora il soggetto in house svolga parte della propria attività sul mercato poiché, in caso contrario, lo stesso avrebbe acquistato una vocazione commerciale tale da rendere precario il controllo esercitato dall’ente partecipante (finendo così col non perseguire più gli obiettivi pubblicistici a cui l’ente aggiudicatario viene preposto).
Per quel che riguarda la normativa sui rifiuti, sul punto, si prevede che l’utente paghi una tariffa, la quale, a seconda di quanto stabilito dai Comuni, può essere pagata non all’amministrazione, ma direttamente al gestore. In questi casi ci si chiede allora se, questo flusso di pagamento rientri o meno nel fatturato totale medio, dato che non proviene direttamente dall’amministrazione, ma da soggetti terzi.
La Corte di giustizia al riguardo ha così stabilito che, anche se questa tariffa viene pagata dagli utenti direttamente al gestore, può comunque confluire nel fatturato totale medio, in quanto è come se l’amministrazione si fosse “spacchettata” nei singoli utenti, con la conseguenza che tale flusso di pagamento è come se provenisse direttamente dall’amministrazione.