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IL SISTEMA SANZIONATORIO

7. Il traffico illecito di rifiut

7.2. La situazione in Italia

L’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti rappresenta non solo una grave minaccia per l’ambiente e la salute umana, ma anche la causa

prevede la possibilità di applicare le misure di prevenzione personale previste dall’art. 3, commi 1 e 3 della L. 1423/1956 (la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale), e le misure di prevenzione patrimoniale quali il sequestro e la successiva confisca.

81 È inoltre prevista la riduzione della pena da un terzo alla metà per colui che coadiuvi l’autorità di

dell’insorgenza di conflitti sociali, in grado di generare tensioni e crisi politiche gravi82.

Come dimostrato da numerose indagini investigative, i traffici illeciti di rifiuti su scala globale sono alimentati da vere e proprie strutture criminali, con il coinvolgimento, talvolta, di clan malavitosi, capaci di organizzare filiere criminali, articolate e complesse, attive nelle fasi di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti83.

Dal punto di vista economico, questo reato è determinato dalla decisione in capo all’agente di risparmiare sui costi, attraverso la riduzione dei costi di smaltimento e trattamento dei rifiuti e dall’ottenimento di ricavi dalle attività di riciclo in nero, ossia dal recupero dei materiali scartati. Anche per le imprese produttrici, il fattore che spinge verso lo smaltimento illegale, è quello economico; la spesa per lo smaltimento legale di 15 mila tonnellate di rifiuti pericolosi è di 60.000 euro, a fronte dei 5.000 richiesti, per lo smaltimento illegale.

82 Lo dimostra la vicenda della “terra dei fuochi” in Campania, dove la classe politica locale di molte

amministrazioni comunali dell’area del casertano e del napoletano, come conseguenza dei disastri ambientali causati dai traffici illeciti di rifiuti protrattasi impunemente per più di venti anni, appare, ancora oggi, fortemente delegittimata e a corto di credibilità. Dalle dichiarazioni rese, alla fine degli anni ’80, dall’ex boss Nunzio Perrella al magistrato Franco Roberti, sulle potenzialità economiche dei rifiuti per la criminalità organizzata, scaturì la madre di tutte le inchieste in terra di Napoli e Caserta. Da allora altri collaboratori di giustizia svelarono il ruolo diretto dei clan in questi traffici, che hanno trasformato interi territori della Campania in una “discarica a cielo aperto”, con gravissimi danni ambientali e sanitari. Sul punto, D. Capuano, Procedure di infrazione ed emergenza rifiuti in Campania: quali le dirette conseguenze di

carattere finanziario per lo Stato?, in Rivista giuridica del Mezzogiorno, 2/2008, pp. 511-540. Per comprendere

il livello di degradazione ambientale, il documentario Biùtiful cauntri, 2007, mostra le ripercussioni economico-sanitarie, nonché morali e sociali di questi territori.

83 Il network europeo IMPEL (Implementation and Enforcement of Environmental Law) ha sottolineato che

circa l’85% dei rifiuti speciali non pericolosi esportati dai Paesi membri sono movimentati in maniera illegale o comunque non in regola con la normativa Ue. A livello globale, il fatturato illegale dei traffici illeciti e dello sfruttamento illegale delle risorse ambientali oscilla ogni anno tra i 91 e i 258 miliardi di dollari, mentre solo in Italia la stima fatta annualmente da Legambiente in merito ai traffici e alla gestione illecita dei rifiuti è di 3,1 miliardi di euro.

Essendo un reato di natura economica, condotto spesso con modus operandi raffinati, il traffico organizzato di rifiuti attrae soggetti con elevati livelli di istruzione e capacità di pianificazione strategica, dato che i meccanismi illegali su cui si fonda richiedono particolari competenze tecniche e gli operatori devono conoscere il mercato legale e le sue dinamiche, la normativa di riferimento e le debolezze dei sistemi di controllo. I principali soggetti coinvolti sono infatti imprenditori, professionisti e in genere uomini d’affari, nonché broker che mettono in comunicazione il gruppo mafioso con il sistema economico, politico e amministrativo. A differenza di altri traffici illeciti (es. traffici di stupefacenti o di armi) dunque, nell’attività di illecita gestione dei rifiuti, le organizzazioni mafiose non possono operare in modo autonomo, avendo la necessità di stringere accordi con amministratori pubblici e di negoziare con le imprese, che rappresentano i clienti interessati allo smaltimento dei rifiuti sottocosto.

In Italia, oltre agli alti livelli di corruzione, esiste il problema di un debole o inadeguato sistema di prevenzione, che si intreccia alla spesso inefficace attività repressiva e investigativa, dovuta alla mancanza di risorse destinate alle attività di prevenzione e di controllo e l’intreccio di interessi tra lobby industriali, soggetti politici e autorità di controllo, capaci di influire sulla legislazione penale a tutela dell’ambiente e sulla sua effettiva implementazione. Le prime tre regioni per numero di reati accertati, ex art. 452-quaterdecies, sono Campania, Calabria e

Lazio, dati che confermano la relazione tra attività illecite nella gestione dei rifiuti e aree a tradizionale insediamento mafioso84.

Un altro fattore che favorisce la nascita di attività illecite in queste aree, è il fatto che, in Italia, gli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti sono concentrati maggiormente nelle aree del Nord Italia, mentre nel Sud Italia i clan mafiosi e le varie organizzazioni criminali sono gli unici attori capaci di offrire servizi di gestione e trattamento dei rifiuti.

Le modalità attraverso le quali si realizzano le attività illecite sono differenti: il metodo più utilizzato è il c.d. ‘giro-bolla’, ovvero i rifiuti viaggiano a livello cartaceo e documentale da un sito di stoccaggio all’altro, perdendo formalmente in ogni passaggio alcune delle caratteristiche originarie, indicate nel codice identificativo (che identifica le singole tipologie di rifiuti in base alla pericolosità e le metodologie di trattamento e gestione). In questo modo i rifiuti pericolosi, più costosi da smaltire, vengono trasformati, a livello documentale, in rifiuti non pericolosi o in rifiuti urbani, indicando delle procedure di trattamento che in realtà non sono avvenute. Per far funzionare questa filiera criminale serve il coinvolgimento di figure professionali, impianti di trattamento, pubblici ufficiali e laboratori di analisi (chiamati a falsificare i certificati sulle composizioni chimiche dei rifiuti).

Un altro modus operandi utilizzato, è quello di sfruttare le c.d. “procedure semplificate” per la gestione dei rifiuti ex art. 214 del D.Lgs. 152/2006. Queste,

84 A.R. Germani, A. Pergolizzi, F. Reganati, Le determinanti del traffico organizzato di rifiuti in Italia: un'analisi

che sono state introdotte come un’eccezione, per garantire un alleggerimento burocratico nei confronti di alcune figure economiche che si trovano, non in modo professionale e sistematico a gestire piccole quantità di rifiuti, vengono sfruttate beneficiando nei minori controlli.

Un’ulteriore ipotesi è poi quella che riguarda le c.d. “frodi carosello” realizzate tramite aziende ‘cartiere’85, ovvero, soggetti attivi nel settore dei rifiuti

che costituiscono imprese ad hoc al fine di emettere fatture false per operazioni inesistenti allo scopo di abbattere l’imponibile dell’impresa madre e pagare meno tasse. L’impresa strumentale serve così solo a far lievitare i costi a carico dell’impresa madre in modo da trasmettere al fisco risultati economici completamente diversi.

Infine, vi è la modalità più pericolosa per l’ambiente, notoriamente praticata dalla criminalità organizzata, ossia lo smaltimento clandestino dei rifiuti che, in modo meramente documentale, appaiono conferiti in discarica.

Tutte queste fattispecie hanno uno scopo comune, la riduzione dei costi, e vengono realizzate presentando l’attività come formalmente lecita a livello documentale.

85 Le ‘cartiere’ sono società la cui attività ‘imprenditoriale’ consiste nello stampare fatture, ovviamente

8. Le competenze nell’irrogazione delle sanzioni e i proventi delle