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Il principio di confidenzialità, di buona fede e di collaborazione

COMPOSIZIONE ASSISTITA DELLA CRISI DI IMPRESA

2. Il principio di confidenzialità, di buona fede e di collaborazione

Prima di andare ad analizzare nel dettaglio la disciplina delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi di impresa, risulta opportuno soffermarci su alcuni principi cardine che permeano tali nuovi istituti. Uno degli elementi che maggiormente differenzia la soluzione adottata dal legislatore italiano, rispetto a quello francese riguarda la confidenzialità delle procedure nostrane.686 Nel sistema oltralpe, come abbiamo già avuto modo di appurare,687 la sussistenza del potere di iniziativa del tribunale di commercio esalta il carattere giudiziale delle procedure stesse, rafforzato dalla presenza di altre disposizioni che irrobustiscono l’esistenza del vaglio giudiziario.688 Il

684 L’art. 19, comma 1, C.C.I.I. si riferisce ad una “soluzione concordata della crisi di

impresa”.

685 M. Gozzi, M. V. Micale, Allerta e composizione, uno sguardo processuale

d’insieme, in www.ilSole24ore.it, 2019, Edizione III, n. 9, 46-54.

686 Si veda F. Ferrandi, Sentieri normativi verso l’introduzione delle misure di allerta

e prevenzione della crisi di impresa nell’ordinamento italiano, in diritto fallimentare e delle società commerciali, 2019, 2, 331.

687 Si veda infra. Cap. II, Par. 2.

688 Si pensi, a titolo esemplificativo, all’art. Art. L. 234-1, comma 2, code commerce,

il quale i commissaires aux comptes hanno l’obbligo di informare il presidente del tribunale di commercio circa l’esistenza dello stato di allarme.

nostro legislatore ha optato, invece, per una configurazione differente, già a partire dalla legge delega 19 ottobre 2017, n. 155, nel cui art. 4 richiama il carattere “confidenziale” e non “giudiziale” delle procedure di allerta. Gli altri riferimenti normativi, nei quali è possibile rilevare tale principio, si individuano sia all’art. 12 C.C., laddove si stabilisce che il debitore, prima dell’allerta o dopo la sua attivazione “può accedere al procedimento di composizione assistita della crisi che si svolge in modo riservato e confidenziale di fronte all’OCRI”, sia all’art. 18 C.C.I.I., dove l’audizione del debitore dinnanzi all’OCRI deve avvenire in via “riservata e confidenziale”. Andando a scorrere brevemente la relazione allo schema di legge delega, si possono notare le finalità della confidenzialità di tali strumenti. Si legge, appunto, che tale carattere risponde all’esigenza di “evitare il rischio che l’intervento del giudice possa essere percepito dal medesimo imprenditore o dai terzi quasi come l’anticamera di una successiva procedura concorsuale di insolvenza”.689 Uno spiraglio di carattere giudiziale, finalizzato comunque a favorire l’imprenditore stesso, è caratterizzato dalla possibilità di ottenere dal tribunale misure protettive al fine di paralizzare aggressioni al patrimonio del debitore, nel tempo necessario all’espletamento della procedura.690 Anche in dottrina è stato sostenuto come le misure di allerta, in un ipotetico vaglio di costituzionalità con l’art. 41 Cost., non devono creare una intrusione nella sfera di discrezionalità dell’imprenditore, piuttosto devono tentare scongiurare il rischio di un pregiudizio per il debitore stesso e le sue possibilità di recupero (che sarebbero altamente compromesse qualora non siano perseguite istanze di riservatezza e confidenzialità).691 Oggetto di critica, infatti, è stata la disposizione dell’art. 22 C.C.I.I., la quale prevede che, in caso di esito negativo della composizione assistita e in presenza di alcune

689 C.f.r. F. Lamanna, Il nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, op. cit.

111.

690 Si veda l’Art. 20 C.C.I.I.

condizioni692, debba esserne data notizia al pubblico ministero, con il rischio di disincentivare l’utilizzo degli strumenti di allerta e di suscitare quell’alone di timore e referenzialità che mal si concilia con una procedura confidenziale693.

Andando ad analizzare il significato dei termini utilizzati dal legislatore per caratterizzare questa fase, per “non giudiziale”, oltre alla accezione semplicistica che allude allo svolgimento fuori dalle aule di giustizia, si potrebbe intendere anche che agli OCRI è conferito un potere discrezionale di merito più ampio rispetto a quanto concesso al giudice, rimarcando il ruolo di ausilio e di supervisione che ricopre in questa fase delicata; per “confidenziale” si intende, invece, enfatizzare l’estraneità da logiche e paradigmi giuridici e processuali, alleggerendo suddette misure da schemi normativi e regole proprie dei procedimenti giudiziari.694 Parte della dottrina, inoltre, data la presenza di questi due caratteri così come appena descritti, ricollega l’allerta al fenomeno della “degiurisdizionalizzazione”, inquadrandola tra gli strumenti di

Alternative Dispute Resolution (ADR), con la differenza che questi

ultimi mirano a risolvere le controversie in senso stretto, mentre con la disciplina dell’allerta si intende prevenire la crisi di impresa.695 Il carattere della confidenzialità, inoltre, si estrinseca anche nell’obbligo di riservatezza dei componenti degli organismi e dei collegi preposti alle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, compresi i

692 Si veda infra. Cap. IV, Par. VII.

693 C.f.r. R. Rordorf, Prime osservazioni sul codice della crisi e dell’insolvenza, op.

cit., 133.

694 F. Brighenti, Crisi da sovraindebitamento: le nuove procedure d’allerta giocano

d’anticipo, in www.ilSole24ore.it, 2018, edizione IV, n. 4, 112.

695 M. Gozzi, M. V. Micale, Allerta e composizione, uno sguardo processuale

d’insieme, op. cit., 54. Per gli autori le procedure di allerta non esauriscono gli istituti di risoluzione giudiziale della crisi di impresa e si affiancano ai vari strumenti disciplinati dal Titolo IV (Parte Prima) del codice della crisi di impresa e

dell’insolvenza, quali i piani attestato di risanamento, gli accordi di ristrutturazione dei debiti, gli accordi di ristrutturazione agevolati, gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, le convenzioni di moratoria, il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore da sovraindebitamento, il concordato minore. In questi casi, infatti, il tribunale svolge più un ruolo di delibazione e controllo.

referenti ed il personale dei relativi uffici, i quali “sono tenuti all’obbligo di riservatezza su tutte le informazioni acquisite nell’esercizio delle loro funzioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragioni de loro ufficio”.696 Inoltre, l’art. 5 C.C.I.I., al quarto comma, dispone che essi non possono essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’espletamento delle loro funzioni, né di fronte all’autorità giudiziaria né di fronte ad altra autorità, estendendo loro le stesse prerogative che l’art. 103 (in ordine alle “garanzie di libertà”) e 200 C.P.P. (in ordine al “segreto professionale”) attribuiscono ai difensori. Del resto, si tratta delle stesse prerogative che il D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, attribuisce ai mediatori, ed il tutto comporta un rapporto tra il debitore e l’organismo basato sulla fiducia e la collaborazione, indispensabile per il buon esito dell’allerta e l’inquadramento dei componenti dell’OCRI come “collaboratori dell’amministrazione della giustizia”, in conseguenza dell’analogia con la posizione dei difensori.697

Un altro principio cardine, che si riferisce alle procedure di allerta, così come alla fase di esecuzione degli accordi, alle trattative e alle procedure di regolazione della crisi, è quello della correttezza e della buona fede, riferibile sia al debitore che ai creditori (art. 4 C.C.I.I.). Se è vero che sono molte le norme del Codice civile recanti il principio di buona fede in materia contrattuale e precontrattuale698, la Giurisprudenza di

696 Tale dovere è contenuto nell’art. 5, comma 1, C.C.I.I., norma, nel Capo II

(“Principi generali”) del titolo I (“Disposizioni generali”).

697 C.f.r. F. Lamanna, Il nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, op. cit.

92.

698 Si pensi all’art. 1175 C.C. in riferimento al rapporto obbligatorio, l’art. 1337 C.C.

sulla formazione del contratto, l’art. 1358 C.C. sulla pendenza della condizione sospensiva o risolutiva, l’art. 1366 C.C. sulla interpretazione del contratto. In questo caso si tratta di buona fede oggettiva (o contrattuale), intesa come dovere di

correttezza e lealtà nel rapporto obbligatorio tra soggetti. L’art. 1147 C.C. si riferisce alla buona fede intesa, invece, in senso soggettivo, come ignoranza di ledere l’altrui diritto. Per maggiori approfondimenti si rimanda a E. Betti, Teoria generale dell’interpretazione, Milano, 1955, 349; U. Breccia, Diligenza e buona fede nell’attuazione del rapporto obbligatorio, Milano, 1968, 41.

legittimità ha arricchito più volte il loro contenuto699, rinvenendovi un fondamento costituzionale, collegando tale dovere a quello di solidarietà fondato sull’art. 2 Cost., che comporterebbe la necessità che le parti agissero in modo tale da preservare i loro interessi reciprocamente “a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge” (Cass. Sez. Un., 25 novembre 2008, n. 28056).700 Il legislatore della riforma, all’art. 4, primo comma, C.C.I.I., ha fornito un dovere generale di buona fede (da intendere in senso oggettivo) e correttezza nei confronti del debitore e dei creditori, per poi declinarlo e specificarlo in condotte tipizzate nel comma successivo.701 Il debitore, infatti, ha il dovere di “illustrare la propria situazione in modo completo, veritiero e trasparente, fornendo ai creditori tutte le informazioni necessarie ed appropriate allo strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza prescelto”.702 Si tratta di un obbligo di informazione da inquadrare nella fase che precede l’apertura delle procedure di composizione assistita o di risoluzione concordata della crisi.703 Inoltre, il debitore ha un obbligo di tempestività, che si estrinseca nell’adottare, nel più breve tempo possibile le iniziative più idonee ad una pronta soluzione della procedura e scongiurare di pregiudicare i diritti dei creditori.704 Siamo di fronte ad una disposizione che si riferisce non ad una fase ante-procedimentale, già coperta dall’art. 3 C.C.I.I., ma ad una pronta e sollecita soluzione di una procedura già aperta.705 Il dovere di tempestività che ha una importante ricaduta in

699 Si pensi, a titolo esemplificativo, alla Cass. Civ., Sez. III, 15 febbraio 2007 n.

3462 in www.leggid’italia.it., che individua tale dovere al mantenimento di un comportamento leale, concretizzandosi in obblighi di informazione e di avviso, finalizzato alla tutela dell’utilità altrui, costituendo un dovere giuridico autonomo, espressione di un generale principio di solidarietà sociale.

700 Cass. Sez. Un., 25 novembre 2008, n. 28056, in www.leggid’italia.it

701 P. Rinaldi, Strumenti di allerta: nozione, effetti e ambito di applicazione, op. cit.,

17-28.

702 Così l’art. 4, comma 2, lett. a) C.C.I.I.

703 F. Lamanna, Il nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, op. cit. 89. 704 Si veda art. 4, comma 2, lett. b) C.C.I.I.

705 Nel nostro caso, ad esempio, si riferisce a condotte del debitore volte a

promuovere comportamenti e iniziative non dilatorie per una rapida ricerca di una soluzione concordata della crisi ai sensi dell’art. 19 C.C.I.I.

riferimento alle misure premiali di cui all’art. 25 C.C.I.I., è quello dell’art. 3 C.C.I.I. È anche vero che le misure premiali possono essere concesse al “debitore che abbia presentato all’OCRI istanza tempestiva a norma dell’art. 24 e a condizione che ne abbia seguito in buona fede le indicazioni”. La buona fede perciò potrà rappresentare, all’interno della valutazione del giudice, un presupposto per riconoscere o meno tali misure. Infine, il legislatore riporta il dovere di “gestire il patrimonio o l’impresa durante la procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza, nell’interesse prioritario dei creditori”.706 Anche i creditori, del resto, sono titolari di alcuni obblighi, che si inseriscono nel più generale principio di collaborazione tra le parti: infatti, questi sono tenuti a “collaborare lealmente con il debitore e con i soggetti preposti alle procedure di allerta e composizione assistita della crisi”, al quale si aggiunge un obbligo di riservatezza sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle informazioni acquisite”.707 Essi dovranno perciò assumere un atteggiamento attivo e non passivo, approcciandosi alla negoziazione privi di atteggiamenti ostruzionistici, utilitaristici o non giustificati e non ostacolando, con intenti emulativi, le probabilità ed i tentativi di risanamento.708 Le procedure di allerta, affinché potranno avere un’efficace applicazione, necessitano di una effettiva e tempestiva cooperazione di tutti i protagonisti, dal debitore, agli organi di controllo, ai membri del collegio dell’OCRI, fino ai creditori pubblici qualificati.709 D’altronde il principio di leale collaborazione del ceto creditorio è una esigenza imprescindibile nella nuova concezione e filosofia del Codice (e non solo in tema di allerta),

706 Disposizione contenuta nell’art. 4, comma 2, lett. c) C.C.I.I. Sull’interesse dei

creditori nella fase dell’emersione della crisi e sugli effetti che può produrre nelle scelte gestorie in situazioni di crisi, si veda Cap. III, Par. 4.

707 Così l’art. 4, terzo comma, C.C.I.I.

708 P. Rinaldi, Strumenti di allerta: nozione, effetti e ambito di applicazione, op. cit.,

17-28.

709 M. Gozzi, M. V. Micale, Allerta e composizione, uno sguardo processuale

senza la quale qualsiasi tentativo di salvataggio è destinato a infrangersi nella liquidazione giudiziale.710

Collegato al tema della buona fede e della correttezza vi è, senz’altro, la fattispecie dell’abuso del diritto, da intendere come l’esercizio di un diritto, in sé legittimo, in modo tale da ledere la situazione giuridica altrui.711 In ambito del diritto fallimentare, negli ultimi anni, è stato più volte chiamato in causa il concetto di abuso del diritto, o, più precisamente, abuso dello strumento procedimentale, con le finalità di punire l’utilizzo strumentale e sproporzionato di procedure (ad esempio il concordato preventivo), attivate con il solo intento di ritardare il fallimento e guadagnare tempo.712 Il rischio potrebbe sussistere anche a proposito della disciplina delle procedure di allerta e di composizione assistita: data la accentuata tipizzazione delle condotte, la scansione procedurale e le tempistiche comunque non troppo brevi che caratterizzano questa disciplina, il timore è quello di assistere ad una attivazione dell’allerta al solo fine di incorrere in esoneri di responsabilità e, soprattutto, guadagnare tempo. Il legislatore, comunque, sembra aver messo le mani avanti, predisponendo l’art. 4, il quale “potrà giocare un ruolo fondamentale nella enucleazione delle fattispecie di abuso”.713

710 F. Lamanna, Il nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, op. cit. 91. 711 Sulla nozione di abuso del diritto, P. Rescigno, L’abuso del diritto, Bologna,

1998, 13 ss; A. Zoppini, Manuale di diritto civile, Molfetta, 2018, 795. Sul piano giurisprudenziale si veda Cass. Civ., Sez. III, 18 settembre 2009, n. 20106, in www.leggid’italia.it, la quale ha individuato tale fattispecie nell’ipotesi in cui il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità incompatibili con il dovere di correttezza e buona fede, al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri sono stati attribuiti.

712 Si veda Cass. Civ., Sez. I, 23 giugno 2011, n. 13817 in www.leggid’italia.it e

Cass. Civ., Sez. I, 18 settembre 2012, n. 18190, in www.leggid’italia.it, per la quale, se è vero che è riconosciuto in capo al debitore un diritto ad accedere ad una soluzione concordata della crisi, ciò non deve far venire meno in capo al tribunale l’”apprezzamento circa l’intento sottostante la ricerca della soluzione pattizia”, ed una facoltà di valutare se si tratti di un “proposito meramente dilatorio”.

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