CAPITOLO II IL SISTEMA DELL’ALLERTA NELLA CRISI D
3. Il tentativo di introdurre le procedure di allerta nell’ordinamento italiano: la Commissione Trevisanato
Come abbiamo avuto modo di osservare, l’ordinamento francese gode di una vasta gamma di procedure di allerta, attivabili da soggetti diversi, le quali, sicuramente, hanno ispirato il legislatore italiano nelle varie occasioni di riforma e suscitato dubbi sostanziali inerenti la loro introduzione.425 Il tentativo di approdare ad una riforma organica della legge fallimentare aveva dato vita, fin dagli anni ’60, a numerosi progetti di riforma, senza tuttavia addivenire ad una loro concretizzazione normativa.426 Eppure, è stato con la costituzione della commissione
421 Si veda G. Bertolotti, Responsabilità e poteri da allerta: uno scenario possibile
per amministratori, sindaci e revisori contabili (anche alla luce del progetto Rordorf di riforma delle procedure concorsuali), op. cit., 263. M-J Campana, L’impresa in crisi: l’esperienza del diritto francese, op. cit., 981.
422 G. Carmellino, Una prospettiva d’oltralpe: le procédure d’alerte e il libro VI del
codice del commercio francese, op. cit., 417.
423 M. Jeantin, P. Le Cannu, Droit commercial. Entreprises en difficulté, op. cit., 313. 424 C.Saint-Alary-Houin, Droit des entreprises en difficulté, op. cit., 108.
425 Si veda infra Cap. II, Par. I.
426 Si riporta il progetto di riforma ad iniziativa dell’Ordine dei dottori
Trevisanato che ci si era veramente avvicinati alla introduzione della disciplina dell’allerta nell’ordinamento Italiano427. I primi segnali di interessamento per questo istituto sono rinvenibili grazie alla istituzione della commissione presieduta dall’Avv. Trevisanato, presso l’Ufficio legislativo del ministero della Giustizia, con decreto del Ministro della giustizia del 28 novembre 2001, “per l’elaborazione di principi e criteri direttivi di uno schema di disegno di legge delega al governo, relativo all’emanazione della nuova legge fallimentare ed alla revisione delle norme concernenti gli istituti connessi”.428 C’è da dire che i lavori della commissione Trevisanato non sono mai arrivati ad assumere concretezza normativa e il disegno organico di revisione della legge fallimentare dovrà attendere ancora qualche anno.429 L’emersione della distinzione tra il testo di maggioranza e il testo di minoranza all’interno del dibattito della Commissione, rifletteva due divergenti concezioni che
1971, I, 148. Un’altra proposta è l’articolato progetto ad opera di Chiaraviglio, Gerini e Severgnini, incentrato, concernente il recupero della redditività dei complessi aziendali ed economici. Su questo tema si rinvia a L.Chiaraviglio, L.Gerini, O. Severgnini, Le procedure concorsuali previste dalla legislazione vigente e l’attuale realtà economica e sociale, in Riv. dott. comm., 1979, I. Possiamo citare, ancora, il progetto Pajardi, nell’ambito della commissione ministeriale costituita per
l’elaborazione di principi e criteri direttivi finalizzati ad uno schema di disegno di legge di delega al governo per la revisione della legge fallimentare, con decreto 30 maggio 1983 del ministero di Grazia e di Giustizia; la relazione finale è reperibile come Principi e criteri direttivi per una nuova legge fallimentare, in Giur. comm., 1985, I, 154.
427 L. Flaminia, Rordorf, Verso il traguardo, in www.diritto.it 428 https://www.tuttocamere.it/files/pconcorsuali/Riforma_Novita.pdf
429 In occasione del dibattito all’interno della commissione sorgevano evidenti
contrasti, tanto che il Presidente si trovava costretto a costituire un gruppo ristretto di commissari, avente lo scopo di redigere la bozza di legge delega da votarsi in seduta plenaria, che avrebbe portato al d.d.l. 1243. Il suddetto documento non accontentava tutti i commissari: i rappresentanti dell’ABI e della Banca d’Italia, infatti,
promouovevano un altro disegno alternativo di legge delega (il c.d. testo di minoranza). Nel luglio 2003, dopo circa due anni dalla costituzione della
commissione, venivano presentati al Ministro della Giustizia i testi di maggioranza e di minoranza, al fine di poter scegliere quello da presentare al Parlamento per l’approvazione definitiva. Le profonde divergenze trai due disegni di legge, tuttavia, non potevano essere ignorate e il Ministro della Giustizia istituiva, appositamente, una commissione ristretta volta all’elaborazione di un disegno di legge sostitutivo della legge fallimentare che, tuttavia, non fu mai portato a compimento. Si veda F. Ferrandi, Sentieri normativi verso l’introduzione delle misure di allerta e
prevenzione della crisi di impresa nell’ordinamento italiano, op. cit., 336; S. De Matteis, L’emersione anticipata della crisi d’impresa. Modelli attuali e prospettive di sviluppo, op. cit, 337.
rallentarono i lavori della stessa. Nel testo di maggioranza si prevedeva il ricorso al tribunale, con poteri di convocazione dell’imprenditore, qualora si fossero ignorati specifici obblighi di attivazione del manifestarsi di uno stato di crisi e poteri di impulso dell’organo gestorio,430 mentre il testo di minoranza escludeva il coinvolgimento dell’autorità giudiziaria, valorizzando la disciplina dei controlli endosocietari.431 Il progetto di legge delega approvato dalla maggioranza della commissione e le osservazioni della minoranza trovarono una sorta di sintesi nello schema di disegno di legge che venne approvato ad opera della c.d. “seconda commissione Trevisanato432, istituita ad opera del d.m 27 febbraio 2004433. Quanto all’insuccesso della Proposta della Commissione Trevisanato, e al conseguente “fallimento” della riforma, per molti la causa è riconducibile a istanze di riservatezza e di libertà di iniziativa economica dell’imprenditore, che scongiurano una indebita interferenza nella gestione dell’impresa da parte dell’imprenditore 434. Non mancarono critiche espresse, inoltre, verso i sistemi di allerta, considerati quasi pericolosi, dal momento che avrebbero potuto creare un clima di allarmismo e far precipitare normali situazioni di temporanea difficoltà in una procedura fallimentare, senza alcuna possibilità di risanamento.435 Si è assistito, perciò, al deteriorarsi di questo importante progetto di riforma della legge fallimentare, il quale, per la prima volta prendeva in considerazione, in modo concreto, la gestione della crisi della piccola e media impresa, vero “polmone” del
430 In una accezione simile all’ordinamento francese, con un maggior coinvolgimento
dell’autorità giudiziaria. Si veda infra Cap. II, Par. 2.6.
431 F. Ferrandi, Sentieri normativi verso l’introduzione delle misure di allerta e
prevenzione della crisi di impresa nell’ordinamento italiano, in Diritto fallimentare e delle società commerciali, 2019, II, 337.
432 https://www.giappichelli.it/media/catalog/product/excerpt/9788892103481.pdf. 433 Si veda A. Jorio, S. Fortunato, La riforma delle procedure concorsuali. I progetti,
Milano, 2004, per il testo dello schema del disegno di legge.
434 Si veda infra Cap. II, Par. I.
435 S. De Matteis, L’allerta nel disegno di legge delega n. 3671-bis, in Il diritto
sistema italiano e dello sviluppo economico,436 cercando di far emergere tempestivamente la crisi, prima che questa si rivelasse un dissesto vero e proprio.437 L’elemento di grande novità di questo progetto di legge era rappresentato proprio dal meccanismo di allerta, ispirato al modello francese.438
Anche in tale disegno di legge si aveva la predisposizione di due modelli di allerta, uno basato su segnalazioni esterne e uno basato su quelle interne. Quanto all’allarme esterno, il flusso informativo era costituito, in parte, dalla elevazione dei protesti. L’art. 8 dello schema del 2004 disponeva obblighi di comunicazione a carico dei pubblici ufficiali, abilitati a levare protesti cambiari, tenuti a trasmettere, ogni 15 giorni, alle camere di commercio, l’elenco dei protesti per mancato pagamento levati nei 15 giorni precedenti. Si sfruttava, quindi, il canale dell’emissione di titoli di debito439 e di credito, il quale risponde tutt’oggi ad una prassi ben contraddistinta nel nostro territorio, anche ai fini della formazione di un titolo esecutivo stragiudiziale.440 Altri sintomi esterni rilevatori di crisi erano individuati nella pendenza di una procedura esecutiva441, essendo un indice della incapacità non
436 M. Paoloni, Il problema del risanamento delle piccole imprese in crisi, in Il Fall.,
2003, IX, 1013.
437 S. Fortunato, Recenti sviluppi della riforma sulla disciplina della crisi, in Riv.
Dir. Comm., 2003, I, 587; F. D’alessandro, La crisi dell’impresa tra diagnosi precoci e accanimenti terapeutici, op. cit., 412.
438 Nella relazione generale accompagnatoria allo schema di legge delega elaborato
nel 2003 si leggeva che “gli istituti di allerta e di prevenzione sono stati pensati tenendo conto dell’importanza che la tempestività dell’intervento sulla crisi
dell’impresa riveste al fine di una soluzione positiva della crisi stessa, e comunque di un esito più favorevole per tutte le parti coinvolte. Ma anche nella consapevolezza delle oggettive difficoltà che questo terreno presenta allorché si passi dalle enunciazioni di principio all’individuazione di misure realmente efficaci”.
439 Fortunato, Recenti sviluppi della riforma sulla disciplina della crisi, op. cit., 593. 440 Si è segnalato come tale sistema informativo non sia del tutto attendibile, in
quanto non copre tutte le imprese, ma solo quelle con dimensioni più ampie, che emettono titoli di debito. Così M. Fabiani, Misure di Allarme per la crisi di impresa, in Il. Fall., 2004, VII, 827.
441 Con analoghi obblighi di cui all’art. 8, primo comma, per i pubblici ufficiali,
incombenti anche sulla cancelleria del tribunale ai sensi dell’art. 8, secondo comma, del testo del 2004.
transitoria di un debitore di far fronte alle proprie obbligazioni442, anche se, la conoscenza della pendenza della procedura stessa, molto spesso, è rimessa alla diligenza della cancelleria del tribunale e al criterio di trasparenza nel consentire l’accesso al registro.443 Va riportato, inoltre, l’importante ruolo delle pubbliche amministrazioni circa la segnalazione da effettuare in caso di mancati pagamenti di crediti pubblici.444 L’eventuale inottemperanza della pubblica amministrazione era sanzionata con “la decadenza delle cause di prelazione agli effetti della partecipazione nelle procedure di crisi e di liquidazione concorsuale”.445 La scelta sui soggetti tenuti ad effettuare le segnalazioni era ricaduta anche sulle società erogatrici di servizi di somministrazione di energia, sulla base della logica che i contratti sottoscritti con questi enti vengono, solitamente, adempiuti con regolarità e il mancato pagamento di questi è un indice evidente di crisi.446 La grande mole di informazioni sopra riportata, per poter essere utilizzata, doveva divenire intelligibile, cioè queste informazioni dovevano confluire in una specifica banca dati, da istituire presso la camera di commercio447, presso la quale accedere e assumere informazioni, in ossequio ai principi di accesso ai documenti amministrativi (l. 7 agosto, n. 241 del 1990).448 Da ciò derivava una totale pubblicità dei sintomi della crisi, forse addirittura maggiore
442 F. Ferrandi, Sentieri normativi verso l’introduzione delle misure di allerta e
prevenzione della crisi di impresa nell’ordinamento italiano, in Diritto fallimentare e delle società commerciali, 2019, II, 337.
443 A. Munari, Conoscenza e conoscibilità dello stato di insolvenza, in Giur. comm.,
1997, I, 734.
444 A. Jorio, S. Fortunato, La riforma delle procedure concorsuali. I progetti, Milano,
2004.
445 Art. 3 testo approvato dalla maggioranza in
http://www.ilfallimento.it/norme/testo%20magg%20e%min%20trevisanato.pdf., riproposto poi nel d.d.l. del 2004.
446 M. Fabiani, Misure di Allarme per la crisi di impresa, op. cit., 828.
447 L’art. 11 del d.d.l. istituisce presso le camere di commercio di ogni provincia, un
pubblico registro, costituente un’apposita banca dati di tutte le comunicazioni pervenute.
448 C.f.r. F. Ferrandi, Sentieri normativi verso l’introduzione delle misure di allerta e
prevenzione della crisi di impresa nell’ordinamento italiano, in Diritto fallimentare e delle società commerciali, 2019, II, 338.
rispetto al carattere confidenziale a cui ci si dovrebbe ispirare.449 Rileva, quindi, la differente finalità rispetto all’allerta esterna contemplata nel codice della crisi: le segnalazioni esterne erano destinate, infatti, ad alimentare una specifica banca dati, contribuendo ad assicurare una forma di monitoraggio esterno sulla salute dell’impresa.450 Questa tipologia di allerta, a differenza di quella interna, da molti era ritenuta di scarsa utilità, per il dubbio che la banca dati da istituire a tal fine presso la Camera di Commercio potesse essere davvero consultata da tutti (in modo pubblico ed efficace), che potesse davvero essere utile anche per sollecitare l’esercizio dell’iniziativa officiosa del tribunale per una procedura concorsuale liquidatoria.451
Per quanto concerne l’allerta interna, tale disciplina riguardava solo le società di capitali, dal momento che erano dotate di organi di controllo. Al collegio sindacale spettava il compito di allarmare gli amministratori quando, nell’esercizio delle loro funzioni, avrebbero avvertito l’esistenza di fatti che potrebbero pregiudicare la continuità aziendale, così come, gli stessi sindaci, potevano essere stimolati ad adottare tali iniziative su richiesta della minoranza, ai sensi dell’art. 2408 c.c.452 Se l’allarme attivato fosse risultato fondato, l’organo amministrativo avrebbe dovuto adottare le misure più idonee e consone al superamento della crisi, lasciando libero il collegio sindacale di convocare l’assemblea dei soci453, per assumere le deliberazioni atte al superamento delle difficoltà.454 Superata questa prima fase, era possibile
449 C.f.r. S. De Matteis, L’emersione anticipata della crisi d’impresa. Modelli attuali
e prospettive di sviluppo, op. cit, 340.
450 C.f.r. F. Barachini, Le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi
nel Progetto di legge delega di riforma della legge fallimentare, op. cit., 51.
451 Un altro difetto è stato quello di non prevedere sanzioni in caso di inadempimento
da parte dei creditori pubblici qualificati, circa l’obbligo di comunicazione di tali inadempimenti. Si veda F. Lamanna, “Intervento” al Seminario di studi sulla riforma del diritto fallimentare, in Fall., 2004, 55.
452 M. Fabiani, Misure di Allarme per la crisi di impresa, op. cit., 829. 453 In forza dell’art. 2406 c.c.
454 C.f.r. F. Ferrandi, Sentieri normativi verso l’introduzione delle misure di allerta e
prevenzione della crisi di impresa nell’ordinamento italiano, in Diritto fallimentare e delle società commerciali, 2019, II, 339.
che il consiglio di amministrazione rimanesse inottemperante o che le misure prese non si rivelassero idonee a fronteggiare la crisi. In questo caso, in analogia con il sistema francese, l’organo di controllo poteva effettuare una segnalazione al tribunale, con una diversa funzione a seconda della situazione economica in cui si trovava l’impresa.455 Nell’ipotesi in cui le condizioni di salute di questa avrebbero potuto essere recuperate e la crisi non fosse stata irreversibile, il tribunale avrebbe dovuto svolgere un ruolo di “moral suasion”, prefigurando all’imprenditore, in ossequio di istanze di fluidità e semplicità, la possibilità di accedere ad una procedura di composizione concordata della crisi e segnalando i vari rischi che sarebbero potuti scaturire dall’inattività degli amministratori (si pensi ai profili di responsabilità penale o al pregiudizio per creditori).456 Nell’ipotesi in cui i sindaci avrebbero rappresentato una situazione di insolvenza, il tribunale poteva avviare il procedimento per la dichiarazione d’ufficio di apertura della procedura di liquidazione concorsuale.457
Occorre, adesso, dare spazio ad alcune considerazioni. In primo luogo parte della dottrina riteneva come questa segnalazione degli organi di controllo all’autorità giudiziaria, andava sì contro la libertà economica dell’imprenditore, ma aveva il vantaggio di indurre l’imprenditore ad attivarsi ed adottare tutte le iniziative opportune, proprio per evitare questa fuga di informazioni verso i tribunali.458 In secondo luogo questa formazione di flussi di informazioni avrebbe potuto, comunque, essere indirizzata ad assumere un peso consistente come materiale istruttorio nella ipotesi di apertura della procedura di liquidazione concorsuale.459 Infine, un ultimo accenno deve essere fatto sul raccordo possibile che si
455 M. Fabiani, Misure di Allarme per la crisi di impresa, op. cit., 830.
456 Fortunato, Recenti sviluppi della riforma sulla disciplina della crisi, op. cit., 594. 457 C.f.r. F. Ferrandi, Sentieri normativi verso l’introduzione delle misure di allerta e
prevenzione della crisi di impresa nell’ordinamento italiano, in Diritto fallimentare e delle società commerciali, 2019, II, 339.
458 M. Fabiani, Misure di Allarme per la crisi di impresa, op. cit., 830.
459 M. Ferro, Il ruolo del giudice nel risanamento aziendale, in Il Fall., 2003, IX,
sarebbe potuto creare tra la disciplina dell’allerta e l’iniziativa officiosa della procedura concorsuale liquidatoria. La Corte costituzionale, in riferimento alla iniziativa di ufficio per il procedimento di fallimento, si era espressa affermando la compatibilità di questo con i principi del giusto processo. Il giudice poteva assumere l’iniziativa di ufficio, non potendo ricercare egli stesso soggetti insolventi, cioè a condizione che la sollecitazione provenisse dall’esterno.460 Così la disciplina dell’allerta, nel progetto di riforma analizzato, si sarebbe inserita proprio in questo quadro, divenendo una delle ipotesi predeterminate dove il tribunale avrebbe appreso la notictia decoctionis dall’esterno, potendo pronunciare sull’apertura della procedura di liquidazione.461
4. La commissione Rordorf e gli obiettivi di fondo della Legge