• Non ci sono risultati.

Shūshoku katsudō e antropopoies

2. La Japan Business Federation e il sistema di assunzione

La Keidanren (Japan Business Federation) è un’organizzazione economica che riunisce 1376 aziende giapponesi, 109 associazioni industriali nazionali e 47 organizzazioni economiche regionali1. Le aziende membri della federazione sono soprattutto le ōtekigyō, le

57

grandi aziende, quelle con una reputazione affermata, una lunga storia, enormi fatturati e centinaia di dipendenti. Come si legge dal sito della federazione, lo scopo della Keidanren, considerata la più conservatrice delle tre principali associazioni aziendali del settore privato, è quello di dare supporto alle aziende grazie alla vitalità di altre imprese, degli individui e delle comunità in nome della crescita economica. Per raggiungere questo scopo viene stabilito l'accordo dei membri riguardo alcune questioni nazionali e internazionali: le aziende che ne fanno parte dovranno quindi rispettare dei criteri comuni. Tra queste questioni che la Keidanren regola c'è l'agenda delle assunzioni. Sono poche le aziende giapponesi che assumono nuovi dipendenti durante tutto l'anno fiscale (che in Giappone inizia il primo di aprile e finisce il 31 marzo), mentre la maggioranza assume una sola volta all'anno e utilizza il sistema chiamato shinsotsu ikkatsu saiyō, traducibile come “assunzione in blocco dei neolaureati”. Le aziende che fanno parte della federazione saranno obbligate a iniziare i colloqui il giorno stabilito per evitare la competizione.

Questo sistema di assunzione è un corollario della garanzia dell'impiego a vita, parte del “patto” stretto tra aziende e lavoratori, e prevede che ci sia un'unica finestra all'anno in cui le aziende possano sostituire i dipendenti che vanno in pensione o che lasciano il posto e che a essere inseriti nell'organico siano gli studenti appena laureati o diplomati. Come molti economisti hanno già sottolineato, la garanzia dell'impiego a vita e questo sistema di assunzione hanno avuto l'effetto di immobilizzare il mercato del lavoro, fenomeno che da un lato garantisce il mantenimento dello status quo, ma dall'altro crea grossi inconvenienti alle aziende e ai lavoratori. Le aziende, infatti, non potranno sostituire immediatamente un lavoratore che per qualche motivo venga a mancare sul lavoro ma dovranno distribuire i suoi compiti tra i suoi colleghi, che saranno obbligati a fare molte ore di straordinari. Inoltre, il processo di assimilazione del nuovo assunto nell'organico sarà molto lungo e dispendioso: richiederà una fase di insegnamento e poi una di on-the-job training, per un totale di diversi anni prima che il giovane dipendente sia considerato ichininmae, ovvero capace di svolgere i suoi compiti autonomamente e al passo con gli altri. I lavoratori, invece, subiranno le conseguenze di questa immobilità quando si troveranno più o meno obbligati a restare in un posto di lavoro che non li soddisfa invece di cambiare, perché per loro sarà molto difficile

58

competere con i neolaureati sul mercato del lavoro. In queste condizioni è chiaramente molto difficile reinserirsi nel mondo del lavoro per chi ne esca, uomo o donna, per occuparsi dei figli.

L'assunzione in blocco dei neolaureati e l'agenda delle assunzioni stabilita dalla Keidanren sono due elementi fondamentali da tenere in considerazione per parlare di shūkatsu, perché lo definiscono nelle sue caratteristiche strutturali. In un tale sistema la prima scelta lavorativa che faranno i neolaureati sarà già la più importante della loro carriera: da studenti sono i candidati più desiderabili per le aziende, quindi è in quel momento che possono ottenere il lavoro migliore a cui possano aspirare e quella che li assumerà sarà anche, molto probabilmente, l'unica azienda per cui lavoreranno. La decisione che pesa su questi ragazzi e ragazze di vent'anni determinerà gran parte del loro futuro. L'anno dello shūkatsu sarà quindi uno di intensa riflessione, di ansia e di paura di non essere all'altezza di questo passaggio fondamentale: i ragazzi e le ragazze sentiranno pesare sulle loro spalle le loro stesse aspettative e quelle delle loro famiglie e si vedranno esaminati, valutati, scartati e, infine, selezionati da attenti recruiter.

Le aziende scelgono gli studenti non tanto in base al loro percorso accademico o alle loro precedenti esperienze lavorative, quanto in base alle loro attitudini e alle loro potenzialità. La personalità e l'atteggiamento sono quindi centro di interesse per i selezionatori, che faranno molte domande ai candidati su tutte le loro esperienze, a partire dalle scuole elementari fino all'università, allo scopo di capire che tipo di persona essi siano e che tipo di lavoratore possano diventare. Gli studenti non saranno quasi mai interrogati sui loro studi, ma riceveranno più attenzione le loro attività extracurricolari, sportive e di volontariato. Un altro fattore che ha molto peso nella scelta dei selezionatori è il prestigio dell'ateneo di provenienza dello studente. Il sistema scolastico giapponese prevede che ci sia sempre un test d'ingresso per ogni tipo di scuola, fin dalle elementari, e quello per l'università è noto per essere particolarmente difficile negli atenei famosi. Entrare in un'università con un buon nome è un vantaggio enorme per gli studenti durante la ricerca del lavoro: saranno invitati a eventi esclusivi con le aziende, favoriti a prescindere dal loro rendimento scolastico e, soprattutto, il fatto che siano riusciti a superare lo scoglio di un test d'ingresso molto difficile è uno di quegli

59

elementi che segnalano ai selezionatori che il candidato è determinato ed è disposto a lavorare molto per ottenere un risultato.

Molto spesso durante le presentazioni delle aziende a cui ho assistito, i selezionatori hanno ritenuto opportuno sottolineare che avrebbero assunto studenti di area scientifica così come di area umanistica, e che la materia che gli studenti avevano studiato non era importante per la selezione. Infatti, le aziende sono disposte a spendere moltissimo nei training dei neoassunti, e considerano un vantaggio quello di assumere persone che non hanno già conoscenze e competenze necessarie: poiché sarà l'azienda a insegnargli tutto, potranno imprimere nei giovani dipendenti i loro metodi senza che questi abbiano già dei preconcetti, e far sì che tutti i dipendenti lavorino allo stesso modo. In giapponese si usa l'espressione kaisha no iro ni

someru, ovvero “dipingere (i dipendenti) del colore dell'azienda”. Il personale assume quindi,

attraverso l'addestramento, un'identità specifica e questo fa anche sì che, di nuovo, sia difficile per i dipendenti cambiare lavoro, perché le loro competenze porteranno il timbro dell'azienda che li ha formati. Invece, l'unico discrimine tra studenti di area scientifica e umanistica può riguardare il tipo di posizione che viene assegnata al neoassunto, infatti tutte le posizioni per cui servano conoscenze di tipo specifico e che un training aziendale di qualche mese non possa fornire potranno essere assegnate solo a chi abbia la formazione specifica necessaria, ma per ogni altra posizione non ci saranno discriminazioni. L'informazione riguardo la posizione che sarà assegnata ai nuovi assunti – ed è un'altra caratteristica dettata dal sistema di assunzione dei neolaureati – non sarà nota ai candidati selezionati fino al mese che precede l'inizio del loro addestramento, perché è una decisione che l'azienda si riserva di fare dopo la selezione. Allo stesso modo non gli sarà nota la città in cui lavoreranno fino all'ultimo momento. Al momento della candidatura e del colloquio agli studenti non è consentito decidere per quale posizione proporsi: la loro scelta effettiva si limita all'azienda e al tipo di carriera – area impiegatizia, manageriale o regionale – e potranno, forse, esprimere una preferenza per quanto riguarda la sede dove lavoreranno, ma le loro richieste potrebbero non essere accontentate. Questo complica non poco la scelta degli studenti. Dovranno prendere una decisione così determinante in pochi mesi e senza avere modo di fare, prima, delle esperienze di lavoro più brevi che gli permettano di conoscersi meglio e capire che tipo di

60

professione faccia per loro, e tutto questo a una giovane età visto che lo studente shūkatsusei ha in media vent'anni. Non solo, dovranno accettare il posto offertogli dall'azienda a scatola chiusa, senza sapere quale sarà effettivamente il contenuto del loro lavoro.

Le regole stabilite dalla Keidanren determinano anche, per contrasto, i tempi secondo cui tutte le altre aziende si muoveranno per accaparrarsi gli studenti più promettenti. Le aziende medie e piccole, le start up e quelle internazionali che non fanno parte della federazione giocheranno d'anticipo iniziando la loro selezione molto prima delle grandi aziende, a settembre. Non tutti gli studenti inizieranno così presto la ricerca del lavoro, ma quelli più determinati e quelli più interessati alle start up e alle aziende internazionali cominceranno a frequentare fiere del lavoro e seminari, e a presentare i loro curricula già allora. Alcuni lo prendono come un'esercitazione per il “vero” shūkatsu – quello che inizierà ad aprile e riguarderà le aziende maggiori – grazie a cui potranno fare i primi passi nel mondo del lavoro, imparare a interagire con i recruiter, migliorare la stesura dei loro curricula e acquisire più dimestichezza e sicurezza. Per questi studenti, di solito, è importante arrivare preparati ai difficili processi di selezione delle aziende della Keidanren perché quelli saranno i marchi più importanti del panorama aziendale giapponese a cui è associata un'idea di maggiore stabilità e maggior prestigio. Così come per le università, la maggior parte degli studenti tenterà di ottenere un posto nelle organizzazioni più famose. Altri invece scelgono la dimensione delle start up e delle aziende internazionali proprio per la loro diversità. Infatti, queste realtà sono spesso molto diverse dalle storiche aziende giapponesi come Toyota, Mitsubishi e Mizuho che sono note per essere particolarmente attaccate alle tradizioni aziendali giapponesi per cui richiedono un preciso dress code ai dipendenti, danno molta importanza alla formalità, all'uso del linguaggio onorifico e al rispetto delle gerarchie. Sono le aziende storiche a conservare più gelosamente la divisione in area manageriale, dove gli uomini sono l'assoluta maggioranza, e l'area impiegatizia, dove lavorano soltanto donne. Le realtà giovani e quelle internazionali sono invece note per offrire un ambiente di lavoro più rilassato dove talvolta non è nemmeno necessario indossare un completo da ufficio, dove le relazioni tra colleghi e con i superiori sono più alla pari e amichevoli, e dove a dispetto dell'anzianità e dell'esperienza anche i neoassunti e i dipendenti più giovani vedono presa in considerazione la loro opinione

61

personale. Ayuko2, per esempio, aveva deciso di trovare lavoro in una di queste aziende, il cui ambiente le si addice di più, e la sua esperienza di shūkatsu è stata quindi molto diversa da quella dei suoi compagni di corso. Lei non ha mai nemmeno comprato il completo da

shūkatsu che tutti gli altri comprano, che rispetta certe misure ed è rigorosamente nero.

Ayuko: In generale, per le grandi aziende giapponesi (bisogna indossare) il completo. E un tipo specifico. I bottoni sono due, o erano tre?

Anna: Due.

Ay: Due? Ah, erano due… E poi anche la gonna, dev’essere di un certo tipo, no? E il colore è nero. Ma quelle che ho provato io erano aziende internazionali di consulenze. Come Accenture o Unilever. E quindi io non ho comprato un completo da shūkatsu, ma ho un completo normale, blu scuro e anche il tessuto è un po’ diverso, è un po’ lucido. Ed è elastico. E di bottoni ce n’è solo uno, credo. E la gonna è attillata in alto e si apre più larga in fondo. Io andavo così e per le aziende internazionali non ci sono stati problemi. Per la Recruit (l'azienda che l'ha assunta) andava bene anche come sono vestita ora. Con i miei abiti.

An: Ah sì?

Ay: Non si va in tailleur.

An: E la Recruit è un’azienda giapponese?

Ay: Sì, è una grande azienda giapponese, ma è molto diversa. Sarebbe più simile a una start up (Ayuko, intervista 1).

Inoltre, le studentesse talvolta si rivolgono a queste realtà più flessibili perché offrono una promessa di condizioni di lavoro più eque. Infatti, Ayuko, per avere più garanzie di equità, scartava automaticamente tutte le aziende che prevedevano la divisione dei dipendenti in

ippanshoku e sōgōshoku, divisione adottata soprattutto dalle aziende giapponesi con una

lunga storia e con un'immagine più “tradizionale”. Secondo lei la mancanza di queste due

2 Ayuko Kurabayashi, 23 anni, è stata la mia mentor all'interno del programma di mentorato di Waseda, che

aveva lo scopo di avvicinare studenti locali e stranieri. Quando l'ho intervistata era l'ultimo semestre del suo quarto anno, lei stava scrivendo la tesi perché si sarebbe laureata di lì a pochi mesi. Ayuko è una ragazza molto ambiziosa ed è una delle fondatrici del club Lean In di Waseda, ispirato all'omonimo libro di Sheryl Sandberg, l’attuale direttrice operativa di Facebook. La sua esperienza di shūkatsu è stata particolare perché lei aveva già deciso, prima di cominciare, di scartare le aziende che distinguevano in ippanshoku e sōgōshoku, e che avrebbe limitato la ricerca ad aziende straniere e start up. Nonostante questo, ha scelto di lavorare per l’azienda Recruit Career, una grande azienda giapponese, che però si è rivelata essere la più flessibile.

62

etichette può permetterle di individuare aziende che non impongono, seppur implicitamente, una rigida divisione sessuale del lavoro. Anche Rina3 ha fatto delle scelte analoghe a quelle di Ayuko.

Anna: Durante lo shūkatsu aveva delle preoccupazioni particolari in quanto donna?

Rina: Vediamo, no, non direi. Nell'azienda in cui inizierò a lavorare da questo aprile le dipendenti donne sono più degli uomini. E forse per questo non ho pensato molto a queste cose. Però, d'altronde, mi sono concentrata sulle aziende internazionali, dove uomini e donne fanno l'esame allo stesso modo, il colloquio allo stesso modo... Ma se si trattasse di aziende giapponesi, forse ne hai sentito parlare anche al seminario, ci sono sōgōshoku e ippanshoku, e a quanto pare ancora oggi lo stereotipo è quello che le donne facciano ippanshoku.

A: Quindi nelle aziende straniere non c'è la distinzione tra ippanshoku e sōgōshoku?

R: No, no. E anche se c'è una distinzione non è tra ippan e sōgō, per esempio, c'è una divisione in sezioni [bumon]. Nelle banche o nelle assicurazioni, si trovano la sezione finanziaria, la sezione corporate. Si dividono così. E per ognuno c'è un diverso processo di selezione, quindi non ha molto a che vedere con l'essere donna o uomo. Ma di solito, invece, in Giappone si è divisi in sezioni solo dopo che si è entrati nell'azienda. Prima invece bisogna decidere tra

ippanshoku e sōgōshoku (Rina, intervista 1).

Le ragioni di Rina per preferire le aziende internazionali sono quindi le stesse di quelle di Ayuko, ovvero evitare le aziende in cui si fa corrispondere un genere a determinate posizioni, mansioni e possibilità di carriera.

Anche gli shūkatsusei più precoci, che iniziano già a settembre a cercare lavoro, inizieranno gradualmente a ricevere dei naitei, delle offerte dalle aziende, ma la maggior parte di loro aspetterà comunque giugno per prendere la decisione finale, quando le aziende più affermate concluderanno le loro selezioni: avranno quindi gli ultimi dati per fare la loro scelta.

3 Rina Kawakami, 24 anni, al momento dell'intervista stava per laurearsi alla magistrale, alla Graduate School

of Asia Pacific Studies (GSAPS) di Waseda. Frequentavamo lo stesso zemi (seminario che riuniva tutti gli studenti che lavoravano alla tesi seguiti da uno stesso relatore) ed è così che l'ho conosciuta. Rina è una delle pochissime studentesse giapponesi di GSAPS, la sua scelta di continuare gli studi alla magistrale, non molto comune, è stata dettata dal desiderio di studiare di più. In quanto più grande degli studenti che hanno fatto shūkatsu lo stesso anno, ha impiegato un po' più di tempo a trovare lavoro. Anche lei come Ayuko ha fatto colloqui solo per aziende straniere, anche perché ha vissuto per molti anni della sua infanzia all'estero e preferisce ambienti lavorativi internazionali.

63