Naturalizzazione dell'istinto materno nello shūshoku katsudō
4. Rappresentazione della femminilità nei volantini “per ragazze”
Ora che sono stati introdotti i principali termini che costituiscono la retorica dello shūkatsu sul lavoro delle donne – josei no hatarakikata, work-life balance, jibunrashii – sarà possibile, e utile, vedere come sia replicata anche nel materiale scritto per le studentesse. All'interno del materiale informativo che si trova sullo shūkatsu, infatti, abbondano i siti web (vedi fig. 1) e le riviste specifiche per ragazze: pubblicazioni caratterizzate da varie sfumature di rosa che trattano una serie di argomenti “femminili”, come il trucco per lo shūkatsu, lavoro e maternità, e forniscono i dati più recenti relativi all'occupazione femminile. Tra i più completi che ho trovato c'è una rivista, “Shūkatsu Bible” (vedi fig. 2), che copre tutti gli argomenti sopra citati in un volume di più di cento pagine. Sulla copertina sorride una giovane celebrità, diversa ogni anno, che indossa gli abiti da shūkatsu, e aprendo il volume si trovano innanzitutto una serie di interviste a professioniste che dispensano consigli alle shūkatsusei su come scegliere l'azienda giusta per loro. Seguono diverse pagine di informazioni generiche sullo shūkatsu – come si affrontano i colloqui, come fare jikobunseki, come scrivere gli entry
sheets – e una lunga serie di storie di ragazze che hanno già concluso la loro ricerca di lavoro,
comprensiva degli accessori e dei trucchi che hanno utilizzato, in perfetto stile da rivista a target femminile. Sono poi spiegate nel dettaglio le business manners e il modo in cui ci si deve truccare per i colloqui, mentre alcune pagine sono dedicate alla spiegazione di come individuare aziende in cui sia possibile per le dipendenti donne fare carriera, con alcuni esempi.
Infine l'ultima sezione, fornisce alle studentesse informazioni sulle leggi in materia di discriminazione di genere, indicando quali comportamenti dei selezionatori ricadano sotto la categoria di molestia sessuale, quali domande che vengono fatte ai colloqui siano da considerare discriminatorie e avvertendo che assegnare solo alle donne un certo tipo di lavoro sia da considerare un provvedimento discriminatorio.
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Fig. 1 Pagina dedicata alle studentesse del sito MyNavi, importante azienda di recruiting. Già dalla home page si può vedere come sia considerato un argomento “femminile”, di interesse delle studentesse, il lavoro dopo il matrimonio e la maternità: tra gli argomenti in cui sono divisi gli articoli che si possono leggere sulla pagina c'è infatti lo “stile di lavoro dopo il matrimonio”. Tutti gli articoli parlano di donne che lavorano in diversi settori e che raccontano le loro esperienze di madri lavoratrici e danno i loro consigli su come “lavorare a lungo”. Per il link si veda la sitografia.
Fig. 2 Copertina del numero di “Shūkatsu Bible” del 2017.
Alle setsumeikai, soprattutto se per ragazze, si trovano volantini e fascicoli informativi destinati alle sole studentesse. Sono solitamente distinguibili per il colore, rosa, o per le foto
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di dipendenti donna in copertina, e il titolo recita qualcosa come “josei sen'yō”, “per le ragazze”, “women”, o simili (vedi fig. 3). I contenuti sono molto simili tra loro e si possono suddividere in due aree: una prima che riguarda la maternità e riporta informazioni sul sistema assistenziale dell'azienda, dati sulle dipendenti che hanno preso la maternità e sono tornate al lavoro, e solitamente presenta interviste a dipendenti donne con figli; una seconda riporta dati come le percentuali di dipendenti donne, di donne in posizione manageriale, se positivi, altrimenti sottolinea l'impegno dell'azienda nel sostenere le donne nella loro carriera.
Anna: Quando sei stata a delle setsumeikai ti è mai capitato che ti consegnassero un dépliant per ragazze?
Mayu: Sì certo, ma dipende dall'azienda.
A: E qual è il contenuto di un dépliant per ragazze?
M: Ci sono scritte le esperienze dirette delle dipendenti tipo “anche se mi sono sposata sto lavorando” o tipo “anche se ho avuto un figlio sono tornata a lavorare”, o cose del genere (Mayu, Intervista 3).
Un esempio dei dati che vengono riportati è offerto dal dépliant dell'azienda Towakai (vedi fig. 4): la pagina, il cui titolo recita «Towakai woman no hatarakikata», “il modo di lavorare della woman Towakai”, illustra le cifre del numero di madri lavoratrici che usufruiscono dell'asilo aziendale (146), il numero di bambini che frequentano l'asilo (181), la percentuale di madri che ha chiesto di lavorare part-time dopo la nascita del figlio (100%), il numero di madri che hanno preso sia l'assenza per la gravidanza che per la cura dei figli (43), e infine la percentuale di donne che sono tornate sul lavoro dopo la maternità (95%). L'ultima parte della pagina è riempita da fotografie di dipendenti donne con i loro figli. È importante sottolineare che non sono riportati da nessuna parte i dati sui dipendenti uomini con figli che usufruiscano degli stessi servizi.
Il primo esempio, tratto da un dépliant dell'azienda di telecomunicazioni Bell-Park, riproduce un formato molto diffuso in questo tipo di materiali, ovvero l'intervista a una
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dipendente donna o la sua storia, in questo caso la store manager di un punto vendita (vedi fig. 5).
Fig. 3 Copertina del dépliant per ragazze dell'azienda chimica Sekisui Chemicals Co., Ldt. Come moltissimi dei dépliant destinati alle sole studentesse la copertina riporta solo foto di donne, ha la parola “woman” nel titolo e il sottotitolo utilizza l'espressione jibunrashiku: «lavorare a modo proprio, vivere a modo proprio».
124 Fig. 4 Dépliant dell'azienda Towakai.
Il titolo è proprio work-life balance e il contenuto del testo ne specifica l'accezione usata: infatti il riquadro nero, che riporta presumibilmente il messaggio della donna, recita: «proprio perché ho sperimentato la gravidanza e il parto, ve lo posso dire». Invece i titoli dei paragrafi, in rosa, sono «ci sono molti modi di lavorare» e «sia il lavoro che il privato» e introducono il testo che parla, attraverso l'esperienza particolare della dipendente, di come nella Bell-Park sia facile per le donne lavorare “a lungo” anche dopo la nascita dei figli, grazie ai diversi “modi di lavorare” offerti. La linea del tempo che si trova sotto il testo, invece, unisce sfera lavorativa e privata della donna con un'interessante selezione delle tappe fondamentali: i vari cambiamenti nella sua carriera, il matrimonio e la nascita del figlio.
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Accostamenti del genere, così come simili rappresentazioni di cosa sia il work-life balance per una donna, sono tutt'altro che rari. Infatti capita spesso che, nel contesto delle setsumeikai per ragazze, i rappresentanti delle aziende parlino di raifu ibento (life events) della vita delle donne, quasi come fossero una cosa che riguarda solo le donne: «josei wa iroirona raifu
ibento ga arimasu node», «poiché nella vita delle donne ci sono diversi eventi», è una frase
che spesso introduce la spiegazione del sistema assistenziale delle aziende, evidenziando come per life events si intendano il matrimonio, la nascita dei figli e la loro cura e come questi siano considerati parte significativa della vita delle donne, non degli uomini. Infine, anche in questo esempio possiamo vedere come ritorni sempre, riguardo l'occupazione femminile, l'uso di termini come «modi di lavorare diversi».
Un altro esempio è quello della Kawasho Foods, che introduce un tema che tratterò in seguito, quello dell'ippanshoku e di come sia ancora considerato un lavoro che solo le donne vogliano fare (vedi fig. 6). Anche qui, come per la Bell-Park, è riportata l'esperienza di una dipendente, che (come è scritto nel riquadro rosa in alto a sinistra) rappresenta la traccia dell'ippanshoku parlando delle sue scelte lavorative e delle sue mansioni. Quando le aziende spiegano le specificità delle varie career-track nei loro materiali, nelle pagine dedicate all'ippanshoku figurano solo donne: è un elemento importante, infatti ancora oggi sono solo loro a scegliere l'ippanshoku. Sulla destra figura un altro elemento ricorrente in questo tipo di materiali: la scansione temporale degli impegni giornalieri della dipendente donna, che finiscono alle 17:30, molto presto rispetto alla giornata del sarariiman, a cui non capiterà quasi mai di lasciare l'ufficio così presto.
Il terzo esempio è quello del Tokyo Patent Office, che ha incluso nel suo dépliant per ragazze un'intera pagina intitolata «work-life balance», titolo che è spiegato poi tra parentesi con la frase «sistema di supporto per la compatibilità di lavoro e vita famigliare» (vedi fig. 7). Se non bastasse il fatto che si trova all'interno di un dépliant esplicitamente rivolto alle ragazze, sarebbero comunque il colore rosa e la presenza di figure stilizzate di donne in gravidanza o con un bambino in braccio a definire chiaramente il contenuto di questa pagina
126 Fig. 5 Dépliant per ragazze dell'azienda Bell-Park.
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come “femminile”. Questo “sistema di supporto” sembra molto completo e sembra garantire buone condizioni lavorative per i lavoratori con figli, eppure nonostante per legge debba essere usufruibile anche dai padri lavoratori, non sembra essere a loro rivolto.
Il quarto e ultimo esempio che sarà interessante citare è quello del corpo di polizia (vedi fig. 8). Anche qui, il tipo di linguaggio e le immagini che utilizzano sono del tipo ricorrente in materiali di questo tipo: l'accostamento di foto di dipendenti donne con figli mentre passano del tempo con loro e mentre sono sul posto di lavoro. Il titolo recita: «La mamma poliziotto che fa carriera conciliando lavoro e cura dei figli». Il testo, come nel secondo esempio, è il racconto dell'esperienza personale della dipendente, mentre in fondo alla pagina, come nel primo esempio, troviamo una linea del tempo che accosta carriera, matrimonio e nascita dei figli.
È evidente che tutti questi materiali siano fatti e distribuiti allo scopo di incoraggiare le candidature delle studentesse e assumere quindi più donne, e sono quindi percepiti come un'azione positiva nei confronti delle stesse. Infatti, solo una delle mie interlocutrici mi ha riferito di essersi infastidita quando ha notato che, a una setsumeikai, tutte le ragazze ricevevano quel tipo di dépliant e i ragazzi no, mentre tutte le altre hanno parlato in termini positivi di eventi e materiali “per ragazze”. Nel materiale scritto, così come nello svolgersi delle setsumeikai per ragazze e nel tipo di informazioni che sono divulgate, è molto evidente la distinzione che viene fatta tra lavoro e “lavoro femminile”, una fusione di lavoro e responsabilità genitoriali, di sfera pubblica e privata.
Il modo in cui le donne sono rappresentate in questi dépliant, nelle immagini e nelle parole, ne lega indissolubilmente l'identità alla maternità. I contenuti si concentrano infatti sul sistema assistenziale dell'azienda e non, per esempio, sui modi in cui le aziende stiano o meno cercando di aumentare il numero delle loro manager donne. È fatta così una discriminazione “positiva”: in nome delle differenze “naturali” di genere, le aziende si preoccupano di sostenere le donne nelle loro, presunte, specifiche necessità e nel loro “naturale” desiderio di diventare madri e di occuparsi dei figli. Di fatto, la retorica che questi dépliant per ragazze utilizzano, ripropone e ricrea le idee locali sulla divisione sessuale del lavoro.
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Eppure, poiché questa distinzione è fatta in nome del benessere – del work-life balance – e della possibilità di “lavorare a lungo” per le donne, e poiché nella realtà dei fatti le responsabilità della cura dei figli ricadono quasi interamente sulle spalle delle madri, una tale discriminazione è interpretata come un trattamento favorevole e accolta positivamente, quando invece di risolvere il problema lo reitera, contribuendo ad alienare i mariti e i padri dalla sfera domestica.