Naturalizzazione dell'istinto materno nello shūshoku katsudō
2. Le setsumeikai “per ragazze”
Oltre ai materiali scritti, sono molti gli eventi che, predisposti esclusivamente per un pubblico femminile, rendono l'esperienza dello shūkatsu delle studentesse diversa da quella degli studenti. Infatti, tra le varie fiere del lavoro, seminari per shūkatsusei, corsi e
setsumeikai aziendali, si trovano spesso eventi josei gentei, per sole ragazze. La prima cosa da
sottolineare è che non ne esiste il corrispettivo maschile: in nove mesi non mi è mai capitato di trovare eventi riservati ai ragazzi. Mi sono imbattuta in questi eventi mio malgrado: molti erano pubblicizzati sui volantini che trovavo alle fiere o sui cartelloni che vedevo nelle stazioni, oppure li vedevo risaltare, con le loro sfumature di rosa, tra i vari eventi sui siti delle agenzie di recruiting. Più spesso però ne avevo notizia dalle newsletter che ricevevo dalle varie agenzie in cui mi ero registrata per accedere alle fiere, e che, in quanto donna, mi invitavano a partecipare.
Dopo pochi mesi di ricerca sul campo, questi eventi josei gentei sono diventati, per me, un luogo privilegiato dove fare osservazione partecipante, perché mi permettevano di capire in che modo i rappresentanti parlassero delle loro aziende a un pubblico interamente femminile, che tipo di informazioni scegliessero di far risaltare, in che modo le idee locali sulle shakaijin donne fossero rappresentate all'interno di questo discorso, ma anche quali fossero le ambizioni, le strategie, le preoccupazioni o i dubbi specifici, se ce ne fossero stati, delle ragazze. Questi eventi mi hanno dato, inoltre, la possibilità di osservare come le stesse aziende potessero presentarsi in un certo modo a un pubblico femminile, e in altro a un pubblico misto, di vederne le differenze e capirne le ragioni profonde.
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A partecipare a questi eventi, sono aziende interessate a interagire nello specifico con le studentesse, o perché hanno già molte dipendenti donne (come ad esempio il settore della cosmesi) o perché ne hanno una percentuale minima e vogliono bilanciare la proporzione dei sessi nel loro organico. Possono essere aziende diversissime, da quelle che creano prodotti per un pubblico femminile, a quelle che hanno una lunga tradizione di azienda “maschile” (come ad esempio le banche) e che cominciano a integrare le donne tra le fila dei loro dipendenti cercando di cambiare la loro immagine. Inizialmente queste aziende mi incuriosivano molto perché non riuscivo a capire del tutto la necessità di creare eventi appositi e riservati alle ragazze, soprattutto nel contesto lavorativo giapponese che ha sempre considerato le donne come lavoratrici temporanee, sulle quali, viste le alte probabilità che lasciassero il lavoro dopo il parto, non varrebbe la pena di investire tempo e denaro in formazione per un ruolo di responsabilità. Ero soprattutto incuriosita dal modo in cui molte delle aziende sembravano avere predisposto regolamenti in fatto di benefit dei dipendenti molto favorevoli alle donne, pur senza nessuna legge che li costringesse a farlo: infatti, la EEOL, come è già stato detto, non prescrive nessun provvedimento specifico e non sanziona i comportamenti discriminatori, e i white papers del Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare si limitano a consigliare delle linee guida, senza peraltro garantire sgravi fiscali alle aziende virtuose. Così, durante le prime fiere “per ragazze” cominciai a fare qualche domanda ai rappresentanti delle aziende per capire che cosa spingesse le loro aziende a parteciparvi, ma le risposte che ottenevo non andavano mai oltre il tautologico interesse dell'azienda ad assumere più donne: sembrava che loro stessi non conoscessero o non volessero condividere i motivi alla base di questo interesse. Ho quindi deciso di cercare delle risposte individuando i temi che ricorrevano nella retorica usata delle aziende nell'interagire con le studentesse, mettendoli a confronto con le
setsumeikai aperte a tutti gli studenti e analizzandoli all'interno del contesto sociale,
economico e politico più ampio con gli strumenti dell'analisi del discorso. Nei paragrafi seguenti isolerò e analizzerò i temi che ho in questo modo individuato, ma prima, nel tentativo di dare al lettore un'idea dei contenuti di un evento per ragazze, descriverò la
setsumeikai del Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare che si è tenuta a Waseda nel
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Il Ministero della Salute assume i suoi dipendenti tramite concorso ed è per questo un’eccezione alla regola dello shūkatsu che prevede test d'ingresso e molti colloqui, e di solito gli studenti che ambiscono a lavorare per il governo si dedicano esclusivamente alla preparazione del relativo esame ma, non diversamente dalle altre aziende si presenta agli studenti con delle setsumeikai. L'incontro a Waseda è stato il secondo evento josei gentei a cui sia mai stata, ma conteneva già, come avrei capito in seguito, moltissimi degli elementi che rendono gendered l'esperienza che le ragazze hanno dell'ingresso nel mondo del lavoro. Inoltre, è significativo e piuttosto ironico che sia stato proprio il Ministero della Salute, promotore delle pari opportunità sul lavoro, a predisporre un evento per sole ragazze e a fare quindi delle differenze tra studenti e studentesse.
Il formato dell'incontro è quello ricorrente nei josei gentei, in cui una dipendente donna parla alle studentesse del lavoro che fa, dell'azienda (o in questo caso del Ministero) in cui lavora e della sua esperienza lavorativa in quanto donna. Di solito, a essere scelte per questo ruolo di rappresentanza sono donne che hanno avuto dei figli e hanno continuato a lavorare. Questa presentazione in particolare ha privilegiato il racconto della dipendente di come abbia conciliato e concili il ruolo professionale con quello di madre, che è durato quasi un'ora, e ha dedicato invece gli ultimi dieci minuti all'illustrazione del lavoro che svolge. Poiché proprio questa donna è stata scelta per rappresentare il Ministero (e proprio quello della salute, del lavoro e del welfare) in quanto “virtuoso”, sarà interessante riportarlo.
La kachōhosa, vice caposezione, non ci raccontò di come avesse fatto carriera, ma di come fosse riuscita a occuparsi della figlia nonostante il lavoro e il trasferimento. Infatti, era sposata e aveva partorito da poco quando il ministero le ha proposto un periodo di due anni di scambio presso l'università di Washington, negli Stati Uniti, per proseguire la sua formazione. Ci ha raccontato che, per permetterle di cogliere quest'occasione, il marito, che era a sua volta un dipendente del ministero, ha chiesto un'assenza per paternità di due anni. Lei stessa, però, ci ha fatto notare quanto inusuale fosse stata la scelta del compagno: proprio nel Ministero della Salute solo il 27,2% dei padri ha usufruito del diritto alla paternità, mentre ne hanno
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usufruito il 100% delle madri1. E ha aggiunto che il marito, nonostante la sua scelta non sia stata ostacolata in nessun modo, da principio si è sentito in imbarazzo a fare la richiesta. Ma non ne ha spiegato il motivo, che sembrava essere ovvio al pubblico di studentesse e che io ho potuto verificare, incontro dopo incontro, nel ripetersi di resoconti come questo (per un'analisi più completa si veda il paragrafo 5 di questo capitolo).
La vice caposezione, quindi, ha potuto trasferirsi con tutta la famiglia a Washington per prendere una seconda laurea e si è detta molto grata al marito che si è sacrificato a quel modo per la sua carriera. Ci ha poi raccontato di come riesce a occuparsi della figlia ora che è tornata in Giappone e sia lei che il marito sono tornati a lavorare full time: ha chiesto l'esenzione dalle ore di straordinario, che sono all'ordine del giorno nel mondo lavorativo giapponese, per poter tornare a casa presto e occuparsi della figlia. Ha proseguito illustrandoci nei minimi dettagli la scansione temporale della sua giornata (vedi fig. 5 nel capitolo 1) che iniziava alle 6:30 con la preparazione della colazione per i figli (che erano ormai in due), che era poi il marito a portare all'asilo, continuava con otto ore di lavoro, finite le quali usciva “presto” dall'ufficio, alle 18:15 – infatti gli altri dipendenti resteranno molto più a lungo – per andare a prendere i figli a scuola, portarli a casa, preparare la cena, metterli a letto e continuare il lavoro da casa per due ore prima di coricarsi anche lei. Nella descrizione della sua giornata tipo il marito compariva solo una volta, nel portare i figli a scuola: quel marito che si era “sacrificato” per la carriera della moglie, sembrava non contribuire più alla cura dei figli. Ci spiegò addirittura come faceva a preparare sempre una cena sana ai figli, cucinando la domenica e surgelando le cene per la settimana.
Questo intervento voleva sicuramente essere incoraggiante, offrendo una dimostrazione di come le donne possano conciliare una carriera con la maternità, ma a me aveva lasciato la forte impressione che, più che incoraggiare, finisse per ricordare alle studentesse del loro doppio dovere, di lavoratrici e di madri, e le mettesse di fronte a un ritmo di vita estenuante,
1 I dati sono aggiornati al 2014 e ci sono stati forniti dalla relatrice nella copia delle slide della presentazione
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in cui non c'è spazio per altro che il lavoro e il prendersi cura di altri, e in cui il ruolo che il compagno svolge nella sfera domestica è quasi nullo.
Alla fine dell'evento ci furono distribuiti dei materiali informativi, due fascicoli di cui uno generale e uno “per ragazze” che si concentrava su informazioni come il regolamento dell'azienda in fatto di sostegno alle madri lavoratrici: è questo un altro elemento ricorrente degli eventi josei gentei, in occasione dei quali le aziende forniscono solo alle studentesse materiale informativo che ritengono interessi esclusivamente a loro, nonostante i regolamenti garantiscano gli stessi diritti – come il diritto al congedo per paternità – ai padri lavoratori. Gli studenti maschi, in questo modo, non hanno accesso alle stesse informazioni in fatto di benefit aziendali. Come nella presentazione del Ministero della Salute, anche nelle altre setsumeikai per ragazze il contenuto verte soprattutto su argomenti come maternità e cura dei figli, indirizzando delle presunte preoccupazioni esclusive delle studentesse. In tutti gli eventi di questo tipo, a volte esplicitamente e altre implicitamente, le rappresentanti delle aziende parlano al pubblico femminile di come si siano trovate ad affrontare una scelta tra due opzioni durante la loro carriera, quella tra la famiglia e il lavoro: una scelta tra il dedicarsi completamente al lavoro, facendo molte ore di straordinari e vivendo ai ritmi “maschili” – che renderebbe impossibile avere dei figli, soprattutto quando anche il proprio compagno lavori fino a tarda sera ogni giorno – delle aziende giapponesi, e il ridurre le ore di lavoro, e quindi le prospettive di carriera, per dedicarsi alla famiglia. Questo ultimo punto, relativo al modo di lavorare “maschile” con cui le lavoratrici donne devono decidere se convergere a da cui divergere, rimanda all'analisi di un altro tema centrale agli eventi per ragazze: il “modo di lavorare femminile”.