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Shūshoku katsudō e antropopoies

8. Ordine, educazione e “pulizia”

Le diverse posizioni da tenere durante i colloqui, così come tutte le altre modificazioni del corpo dello shūkatsusei e l'attenzione al midashinami – che formano le tecniche del corpo dello shūkatsusei – hanno un significato preciso nel contesto lavorativo giapponese. Non si tratta soltanto, come ho scritto in precedenza, di mostrarsi umili, rispettosi e aventi considerazione di ciò che il proprio aspetto produce nell'altro, ma anche di dimostrare di avere alcune qualità, che sono considerate positive e desiderabili nei candidati: educazione, reigi; “pulizia”, seiketsukan; ordine, kichinto shiteiru.

Nell'estratto dalla prima intervista a Mayu riportato poco sopra si evince, quando Mayu nomina le reigi, che ho tradotto con «buone maniere» – ma che ha un significato meno generale e più circostanziale, in questo caso si riferisce più probabilmente al contesto lavorativo e all'etichetta da rispettare quando si ha a che fare con i propri senior – che siano un fattore di decisione importante per la selezione delle aziende: infatti, a detta dei suoi senpai che avevano già affrontato lo shūkatsu, una disattenzione come il presentarsi ai colloqui con i capelli di un colore diverso dal nero sarebbe segno di una ben più grave mancanza di reigi, cioè di rispetto dell'etichetta specifica della situazione, da parte dello studente, che avrebbe conseguenze negative sull'esito della selezione. Nell'esempio di Mayu si tratta di un fattore che poco incide sulla decisione, poiché il colore di capelli sarebbe l'unico elemento a distinguere i due candidati, ma forse proprio per questo la situazione che lei ha immaginato risulta utile alla nostra comprensione di questo elemento: il rispetto dell'etichetta, le reigi, sono tanto importanti da far pendere la decisione dei selezionatori da una parte o dall'altra, e da creare una prima impressione dello studente, ma non possono comunque oscurare tutti gli altri elementi che i selezionatori osserveranno. Ovviamente, la soggettività dello studente non

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è tutta appiattita nella sua superficie, nel suo aspetto, e i selezionatori terranno conto di molti altri elementi per decidere l'assunzione.

Seiketsukan è una parola di difficile traduzione, che accosta la parola seiketsu, “pulizia”, a

kan, carattere che significa “sensazione”, “sentimento”, “impressione”. Sopra l'ho

provvisoriamente tradotto con “pulizia”, ma il termine indica ben più di questo. Si tratta infatti del dare l'impressione di essere una persona “pulita” e quindi sia di essere ordinati nel proprio aspetto fisico e curati nell'igiene, che di essere onesti, limpidi, chiari. È un concetto strettamente legato a quello di midashinami, perché la giusta cura del proprio “aspetto per l'altro” deve produrre, nell'altro appunto, questo senso di pulizia, chiarezza, trasparenza. La parola seiketsukan era quindi sempre usata per parlare di midashinami durante le lezioni a cui ho assistito, che esplicitavano il tipo di impressione che un buon midashinami doveva suscitare nei selezionatori, e mi è stato spiegato da Rina.

Rina: Quando le metti [le calze] e si impigliano, si strappano, capita spesso che si strappino e quindi per evitarlo avevo sempre, nella borsa da shūkatsu, un paio di calze in più. Anche io vedendo delle ragazze che andavano ai colloqui con le calze strappate ho pensato che non avessero fatto abbastanza attenzione, quindi credo che quella sia una cosa a cui i selezionatori fanno caso. Per vedere se sei a modo, se fai attenzione (Rina, Intervista 1).

E ancora:

Anna: Quindi il trucco, l'attenzione per il proprio aspetto fisico non è per apparire più bella... Rina: Kichinto, seiketsukan, apparire in forze, in salute, sono le cose importanti. Essere sorridenti (Rina, Intervista 1).

E le sue parole ci portano all'ultimo elemento che ho rilevato come particolarmente

importante, per quanto riguarda il significato che le tecniche del corpo dello shūkatsusei hanno: kichinto shiteiru. Kichinto è un avverbio che significa “ordinatamente”, “accuratamente”, ma anche “precisamente” e “puntualmente”, e con il verbo “fare” nella sua forma shiteiru indica la caratteristica di una persona di essere misurato, preciso, in ordine, rigoroso. Anche questa è una caratteristica che deve trasparire dal midashinami, dall'aspetto “per l'altro”, degli studenti.

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Per concludere questa panoramica sulle tecniche del corpo dello shūkatsusei, sarà opportuno esplicitare quello che finora, implicitamente, è stato il fil rouge all'interno della descrizione: il distinguersi dagli altri, medatsu, è in molte situazioni, ma soprattutto nello shūkatsu, considerato negativamente, come dimostra il proverbio giapponese deru kui wa utareru, ovvero “il chiodo che sporge, viene martellato”, e che significa che chi si distingue, chi emerge, subirà un'opposizione, verrà rimesso al suo posto. Infatti, per i colloqui non si dovrà essere oshare, dimostrando così il proprio gusto, particolare, originale, nel vestire, ma

midashinami ga ii, capaci di modificare il proprio aspetto “per l'altro”.

La sfida sarà quella di riuscire ad avvicinarsi il più possibile al fantomatico shūkatsusei ideale, rendendosi uguali agli altri: è una dura prova quella di controllare con tutta questa precisione il proprio corpo e il proprio aspetto, per diventare il più possibile come gli altri

shūkatsusei. Ma questo non risaltare, medatanai, non ha affatto lo scopo di confondersi tra le

fila dei candidati, anzi: essendo una prova tanto complicata, è proprio lo studente che meglio riesce a incarnare questo insieme di tecniche a farsi notare e a lasciare di sé un'impressione positiva. Rispettare alla perfezione questo codice di comportamento ed essere “come gli altri” sarà interpretato come la prova che lo studente è ordinato, capace di controllo di sé, affidabile e in grado di rispettare la gerarchia dell'azienda. Dimostrerà la sua originalità non con il suo aspetto e le sue maniere, ma con le sue parole, nel raccontare di sé e nell'esprimere la motivazione che lo spinge a scegliere quella particolare azienda.