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Capitolo III Introduzione

2. Le opere

2.1 il Kanke bunsō e Kanke kōshū

2.1.a L’opera in cinese di Michizane

Michizane fu poeta e autore estremamente prolifico, spaziando dalla poesia alla prosa, dagli scritti in cinese al giapponese, dalla storia alla letteratura. Senza dubbio la sua grande erudizione da una parte, e il suo ruolo di funzionario di corte dall’altra gli davano occasione – se non addirittura l’obbligo – di comporre poesie, introduzioni, lettere e poemetti in gran numero. Quello che è importante notare è che la gran parte degli scritti di Michizane sono giunti praticamente integri fino a noi.

Merito di questo è la trasmissione della raccolta che forma il nocciolo della produzione di Michizane, o meglio le due raccolte autografe Kanke bunsō18 e il Kanke kōshū.19 A formare il

Kanke bunsō sono le precedenti raccolte di Michizane:

1) Kōro zōtōshi20 (Scambio di poesie tra diplomatici), ovvero le poesie composte nell’883 in

occasione dell’accoglienza dei delegati dallo stato di Parhae, inseriti nel secondo libro del Bunsō; 2) Sanshū kakuchūshi21 (Poesie della permanenza a Sanuki), nel terzo e quarto libro;

3) Shōtai shonen shinken bunsō22 (Scritti offerti nel primo anno dell’era Shōtai), ovvero le poesie

scritte dopo l’ascesa al trono di Daigo, fino al 900;

14 Donald Keene, Landscapes and Portraits: Appreciations of Japanese Culture, New York 1971, pp. 26-39. Cit. in

Borgen 1986, p. 20.

15 Borgen 1986, p. 20. 16 閨怨詩.

17 Si veda per esempio la poesia Sognando Amaro, sulla morte del figlio di sette anni. Cfr. IV-3.6. 18 菅家文草.

19 菅家後集. 20 鴻臚贈答詩. 21 讃州客中詩. 22 昌泰初年進献文草.

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4) Gangyōiō kōsō23 (Erbacce dall’era Gangyō), che raccoglie le poesie dei primi due libri del

Bunsō e gran parte delle prose.24

Nel terzo anno dell’era Shōtai (900), Michizane, allora 55enne, Ministro di Destra e all’apice della carriera, dona al giovane imperatore Daigo le tre raccolte private della famiglia Sugawara, il

Kankeshū25 (6 libri) del nonno Kiyogimi, il Kanshō kōshū26 (10 libri) del padre Koreyoshi e per

ultima la sua, il Kanke bunsō (“Scritti della famiglia Sugawara” 12 libri), una selezione delle composizioni in rima e in prosa scritte da Michizane durante tutta una vita. L’imperatore elogerà la capacità poetica di Michizane senza riserbo, paragonandolo addirittura a Bai Juyi, ma nel febbraio dell’anno dopo, proprio per ordine di Daigo, Michizane verrà esiliato a Dazaifu nella parte settentrionale dell’isola di Kyūshū, dove morirà poco dopo all’età di 59 anni. I componimenti di questi ultimi anni in esilio verranno raccolti nel Kanke kōshū (Raccolta posteriore della famiglia Sugawara), che per la brevità e lo stretto legame con la prima raccolta viene considerata parte integrante e conclusione del Kanke bunsō. Il Kanke kōshū, composto da un solo libro, raccoglie quindi le poesie di Michizane successive al 900, e si dice che Michizane stesso lo ripose in una scatola, poche settimane prima di morire, e lo mandò all’amico Ki no Haseo rimasto alla capitale.

Nel 1131, quando il processo di divinizzazione di Michizane sarà compiuto e il culto di Tenjin sarà da tempo affermato, un anonimo funzionario27 della famiglia Fujiwara (probabilmente Hirokane)28 dona una sua copia degli scritti di Michizane, intitolata Kanke kōsō 菅家後草, al Santuario di Kitano, il principale tempio di Tenjin nella capitale. Questo manoscritto copiato sette anni prima comprendeva i 12 libri del Kanke bunsō e il libro del Kanke kōshū, integrandoli con alcune aggiunte assenti nella versione del 900. Tutte le copie a noi giunte degli scritti di Michizane derivano per lo più da questo originale.29

I 12 libri del Kanke bunsō sono divisi in due parti: i primi sei libri sono riservati alle poesie, gli altri alla prosa. Nelle composizioni in prosa – che in questa tesi non tratteremo se non superficialmente – sono incluse una varietà di scritti, da introduzioni a cerimonie o incontri di poesia (jo)30 a resoconti e annotazioni (ki)31, elogi (san),32 poemetti (fu),33 o ancora risposte a

interrogazioni imperiali (sakumon)34 o preghiere buddiste (gammon),35 che testimoniano la grande capacità e padronanza del cinese scritto di Michizane, nonché la sua versatilità nel rispondere a qualunque esigenza della burocrazia della corte.

2.1.b Struttura del Kanke bunsō

Di tutta l’opera attestata o presunta di Michizane quella di maggiore interesse letterario e quindi la più studiata sono senza dubbio i sei libri di poesie del Kanke bunsō e dal libro aggiuntivo Kanke

kōshū. Le poesie del Kanke bunsō sono 468 mentre quelle del Kanke kōshū sono 46, per un totale

di 514. Di queste, ben 400 presentano versi di sette caratteri, chiaro segno dell’influenza della poesia Tang, mentre le altre sono quasi tutte poesie con versi di cinque caratteri. Il numero dei versi

23 元慶以往藁草.

24 Kawaguchi 1966, p. 44. 25 菅家集.

26 菅相公集.

27 Per l’esattezza uno shōnaiki. 28 Kawaguchi 1966, p. 45.

29 Borgen 1986, p. 223. Cfr. Kawaguchi ibid. 30 序. 31 記. 32 賛. 33 賦. 34 策問. 35 願文.

varia da due a dieci, con una ventina di esempi di composizioni più lunghe (addirittura fino a duecento versi), ma la stragrande maggioranza è composta da otto versi, secondo i parametri del

lüshi, la poesia regolata, che proprio nel periodo Tang raggiunge la sua maturità.

Dato che i libri e le composizioni del Bunsō sono ordinati cronologicamente – con il primo shi composto a undici anni ad aprire la raccolta, e l’ultimo, pochi giorni prima della morte, a conclusione del Kōshū – ci permettono di tracciare con chiarezza l’evoluzione dello stile di Michizane anche nel quadro più ampio del kanshi del IX secolo. Evidente è ad esempio la concentrazione nei primi libri di poesie a versi cinquenari, relativamente più semplici e legati alla tradizione più antica delle Sei Dinastie, mentre la percentuale di versi settenari aumenta nella seconda parte della raccolta.36

Kawaguchi, nella sua introduzione all’edizione commentata del Kanke bunsō e kōshū37 divide i

kanshi di Michizane in sette categorie principali in base al loro contenuto e specialmente al contesto

compositivo. Queste categorie sono:

1. poesie su richiesta dell’imperatore (ōsei)38 a banchetti e feste ufficiali come le ricorrenze annuali;

2. scambi di poesie, inviate ad altri o in risposta ad altre poesie ricevute, ad esempio quelle inviate a Shimada no Tadaomi o Ki no Haseo;

3. elegie o poesie di addio, come quella per la morte del figlioletto;

4. composizioni solitarie e libere su ispirazione personale riguardo la natura o i sentimenti umani, come quelle composte durante il governatorato a Sanuki;

5. composte prendendo come tema le pitture su paravento (daiga-shi)39; 6. poesie concatenate composte improvvisando sul momento;

7. poesie di ispirazione buddista.

Il primo gruppo riguarda quelle composizioni di carattere assolutamente ufficiale realizzate nelle cerimonie che si tenevano nei giorni di festa nazionale e nei relativi incontri di poesia e di scrittura (shikai40 e sakubunkai41). Sono cioè le poesie che continuano la tradizione delle tre raccolte

imperiali di kanshi del periodo Kōnin e Tenchō, che si allineano su quella tradizione di poesia “per il governo dello stato”. I gruppi 2, 3 e 4 rappresentano l’espressione più spontanea di Michizane come poeta e il punto più alto del suo lirismo. Sarà soprattutto su queste che si concentrerà l’analisi di questa tesi. Sono poesie generalmente composte in una dimensione privata, contrapposta a quella ufficiale e pubblica del primo gruppo. In particolare il gruppo 3 rappresenta il capolavoro di Michizane per quanto riguarda la lirica, ad es. le poesie per la morte del figlio o del padre. Il gruppo 4 contiene riflessioni sulla difficoltà del suo ruolo istituzionale, sui temi sociali, sulla poesia di Bai Juyi. Il gruppo 5, cioè le poesie composte su ispirazione di pitture su paravento, rappresenta un importante documento delle usanze compositive e degli ambiti di fruizione della poesia nel periodo Heian.42 Stessa cosa dicasi per il gruppo 6, con poesie composte in occasione di incontri nei quali si

doveva scrivere di getto un certo numero di poesie su di un determinato argomento, usanza già diffusa nella Cina dei Tang, e importante anticipazione di alcuni fenomeni in voga nel medioevo giapponese come gli hyakushu uta43 e, ancora più successivamente, il renga. In ultimo vi sono infine preghiere e invocazioni buddiste, che danno alla figura di Michizane un’ulteriore connotazione per quanto riguarda la sua concezione del mondo e l’atteggiamento riguardo all’esistenza umana. 36 Kawaguchi 1966, p. 47. 37 Ibid. 38 応制. 39 題画詩. 40 詩会. 41 作文会.

42 Sarebbe peraltro interessante un confronto fra il kanshi su paravento di Michizane e le byōbu uta di Ki no

Tsurayuki, contenute fra l’altro anche nel Kokinshū, ma in questa sede ho preferito soprassedere.

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Questa prima classificazione per contenuti, sebbene accettabile a grandi linee, non deve a parer mio essere intesa in maniera rigida, in quanto, in diverse occasioni, elementi di un gruppo compaiono in un altro. Ad es. la lunga elegia per il figlio Amaro, si chiude con una espressa invocazione buddista a Kannon, o ancora, in occasioni di poesia ufficiale come per il suo banchetto d’addio prima di andare a Sanuki, osserviamo dei sospiri lirici fuori luogo, perché troppo individualistici.

Oltre a questa distinzione per “generi”, Kawaguchi divide in generale la poetica di Michizane in due parti, quella di un mondo dalla «sgargiante bellezza», e quella invece di un mondo dalla «sobria tristezza». La prima corrisponde agli anni del successo di Michizane a corte, nella quale ci viene presentato «un mondo di una bellezza artistica sensuale, incastonata di citazioni dotte dai classici accompagnate da eccessivi abbellimenti», la seconda agli anni dell’allontanamento dalla corte, come governatore della provincia di Sanuki prima e come esiliato a Dazaifu poi, periodo nel quale appare «un mondo di bellezza della natura e della vita umana che cerca di raccontare direttamente la realtà in maniera chiara e diretta».44

Se nella prima posizione possiamo ritrovare l’applicazione della tradizione della poesia di corte delle Sei Dinastie e dei primi Tang, nella seconda, spogliata dagli artifici e virtuosismi tecnici ritroviamo secondo Kawaguchi «la bellezza del vero shi che si concentra nel Kanke kōshū» ed osserviamo che «il kanshi giapponese giunto a questo punto si accende per la prima volta della fiamma vitale della poesia lirica».45 In effetti il kanshi giapponese prima di Michizane è spesso considerato una misera scopiazzatura della poesia cinese, senza grosse novità o personalizzazioni. Sebbene effettivamente le poesie in cinese del periodo Nara (Kaifūsō) o del primo periodo Heian possono essere accusate di pedanteria e vuoto virtuosismo, altrettanto non possiamo dire di Michizane e dei poeti suoi contemporanei. Fujiwara Katsumi, pur riconoscendo l’esistenza di queste due facce della poetica di Michizane indicate da Kawaguchi, e confermando la loro correlazione con gli eventi della vita del poeta, non concorda però sull’interpretazione antitetica che Kawaguchi tende a darne. Se è vero infatti che alla prima “faccia” corrisponde un largo uso della similitudine e della citazione dai classici, e alla seconda corrisponde un’espressività più lirica alleggerita dagli accessi retorici, da quanto è possibile osservare specialmente nel Kanke kōshū, il vero spirito del poeta si rivela nella fusione di entrambi questi aspetti, lirismo e retorica, in un «ricamato intreccio di parole dalle complesse sfumature».46 Non è insomma possibile per Fujiwara scindere, specialmente nel Michizane della maturità, un aspetto dall’altro, essendo questi complementarmente legati tra loro, e a questo proposito citando lo studioso e poeta contemporaneo Ōoka Makoto concorda che «[Michizane ha] un intelletto passionale che è allo stesso tempo straziante e lucido, costruito dallo scambio vicendevole e ininterrotto tra l’emozione/passione e l’intelligenza/dottrina».47 O ancora, per dirlo con le parole del poeta Hagiwara Sakutarō vi è in Michizane una «bellissima armonia all’interno della contraddizione»48 tra l’espressione oggettiva,

fredda, razionale dell’intellettuale, e il grido soggettivo, emotivo, appassionato del poeta.

2.1.c Sensibilità e intelletto

In effetti, quello che di più colpisce dalla lettura del Kanke bunsō e kōshū, è il modo in cui la figura di Michizane traspare vivida nella sua interezza, un personaggio a tutto tondo che mostra nelle varie occasioni diversi aspetti della sua personalità. Fra tutti questi aspetti il più caratteristico è quella «sottile e sensibile ricettività» indicata da Fujiwara,49 dimostrata in particolare in poesie che

44 Kawaguchi 1966, pp. 45-55. Cit. in Fujiwara 2001, p. 267. 45 Ibid.

46 Fujiwara 2001, p. 268.

47 Ōoka Makoto, Shijin Sugawara no Michizane – utsushi no bigaku, Iwanami Shoten 1989. Cit. in Fujiwara 2001, p.

269.

48 Sakutarō non si riferiva qui in realtà a Michizane in particolare ma ai grandi poeti in senso lato. Hagiwara Sakutarō,

Shi no genri (Principi di poesia), 1929. Cit. in Fujiwara 2001, p. 269.

toccano temi affrontati solo marginalmente dal kanshi giapponese – e quasi completamente ignorati dal waka, soprattutto dal Kokinshū in poi – come ad es. quelle sulle sofferenze della povera gente,50 ma anche e soprattutto riguardo la descrizione di alcuni aspetti naturali, come l’attenzione per il passaggio delle stagioni, tema caro questo già a Bai Juyi e caratteristico poi del Kokinshū.

A questa sensibilità Michizane coniuga sempre una lucida coscienza intellettuale, apparendoci a un tempo severo e attento alla forma quanto appassionato e sentimentale. Questa sua integrità che traspare dalla sotterranea coerenza insita nelle sue poesie, era evidentemente tale anche per quanto riguardava la sua posizione politica, come dimostrano il suo atteggiamento e il suo rigore morale davanti a situazioni di crisi all’interno della corte.51 Sebbene sia difficile giudicare l’operato politico di Michizane, dai documenti in nostro possesso possiamo perlomeno dire che fu fedele all’imperatore e al sistema di ideali rappresentato dal sistema ritsuryō, e pagò caro quella fedeltà. Come dice Fujiwara: «sia quando faceva il poeta che quando faceva il politico, [Michizane] mostrava sempre la medesima faccia»52

Per quanto riguarda le sue composizioni, in particolare quelle degli ultimi anni di esilio, ai profondi sentimenti veicolati Michizane non smette mai di associare l’elaborazione stilistica richiesta dalla composizione in cinese, e in particolare in forme poetiche quali il lüshi e le poesie lunghe dimostra una capacità tecnica del tutto paragonabile a quella dei poeti cinesi.53 È importante notare che gli shi di Michizane rispettano perfettamente tutte le regole del jintishi54 come la contrapposizione dei versi, le rime e i pattern tonali, cosa questa ancor più sorprendente se pensiamo che cinese e giapponese, soprattutto da un punto di vista fonetico, sono, oggi come allora, due lingue profondamente diverse e che Michizane a differenza di suo nonno non uscirà mai dal territorio giapponese.

Quello che vorrei sottolineare, prima di immergermi nel dettaglio della vita di Michizane, è questa sua tendenza a lasciare intravedere, anche in composizioni in circostanze ufficiali, la propria personalità, i propri sentimenti e la propria visione del mondo, in controtendenza sia con la tradizione del kanshi del periodo di Saga, sia con buona parte del waka del Kokinshū la quale aveva come una delle condizioni principali l’espressione di sentimenti universali e condivisibili da tutti i membri dell’elite aristocratica. Il kanshi di Michizane sarà invece uno degli esempi di maggiore personalizzazione e caratterizzazione della poesia giapponese del periodo, e questa specie di egocentrismo rappresenterà il tratto distintivo di tutta la sua opera, che lo avvicina come vedremo in seguito a poeti come Ōe no Chisato.