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Capitolo IV La vita di Sugawara no Michizane

3. La carriera da funzionario

3.2 Le poesie di un funzionario della corte Heian

In questi primi sei anni successivi al suo ingresso in società, Michizane fu impegnato più col lavoro che con il kanshi, anche se questo non gli impedì di scrivere poesie di grande interesse, in quanto raccontano in maniera diretta i crucci e le fatiche del lavoro di burocrate di corte. La più esemplare è forse la seguente

雪中早衙 風送宮鐘曉漏聞 催行路上雪紛紛 称身著得裘三尺 宜口温来酒二分 怪問寒童懷軟絮 驚看疲馬蹈浮雲 衙頭未有須臾息 呵手千迴著案文97

In mezzo alla neve corvè all’alba

Il vento porta a palazzo il rintocco, dell’alba risuona l’ora Sulla via che conduce alle mie mansioni fiocca piano la neve Giusta per la mia statura indosso una pelliccia di tre cubiti98 Buono per scaldarsi, in bocca due sorsi di vino

Che strano, mi chiedo, la mia scorta nel freddo è avvolta forse da leggero cotone? Guardo sorpreso, lo stanco cavallo calpesta forse, fluttuando, le nubi?

96 民部省. 97 KBKK I-73.

66 Come capo scrivano non ho neppure un attimo di respiro.

Soffiando mille volte sulle mani infreddolite, vergo le carte ufficiali.

Lo zaoya (in giapponese souga99) è uno dei riti giornalieri dei funzionari, che, una volta recatisi al

posto di lavoro (in questo caso il Minbushō) all’alba, dovevano porgere il loro saluto ai superiori. Il corrispettivo della sera era invece il wanya (giapp. banga晩衙).

In questa poesia torna lo “scherzare con la logica”, con le retoriche domande se la neve sia forse cotone o nuvole, che contribuisce alla creazione di un paesaggio quasi irreale (il cavallo che cammina sulle nuvole), che contrasta fortemente con l’estrema aderenza al reale quotidiano del burocrate che si reca a lavoro. Nuovamente inoltre, da uno spaziare descrittivo/paesaggistico, si passa di colpo al chiuso dell’ufficio, accompagnato al diretto lamento sulla propria condizione. Fujiwara fa notare che l’inserimento di termini tecnici della burocrazia (e quindi del quotidiano) come appunto zaoya nelle poesie, è una tecnica tipica di Bai Juyi, assorbita anch’essa da Michizane.100

Come spiegato in precedenza, la carica che Michizane ricopriva in questo periodo era effettivamente gravosa di impegni, per cui il lamento di questa poesia non era un atteggiamento meramente di maniera. D’altra parte, molti degli scritti in prosa contenuti nel Kanke bunsō furono redatti proprio in questo periodo. In qualità di segretario Michizane aveva il dovere di redigere in una forma corretta e appropriata di cinese i documenti, le richieste, le petizioni, le invocazioni buddiste e talvolta anche editti imperiali, ordinatigli da funzionari e nobili di rango più alto, troppo impegnati in altri affari, ma anche non necessariamente abili quanto Michizane nella composizione in cinese. D’altra parte, sebbene spesso questi documenti fossero solo parte di una complessa – e superflua – etichetta, talvolta riguardavano questioni di importanza pratica e fondamentale, per cui un piccolo errore nell’uso dei termini poteva comportare spiacevoli conseguenze (per esempio l’incidente riguardo l’uso del termine Ako, vedi più avanti).

Dalla sua esperienza nella burocrazia, Michizane si rese conto di quanto la sua preparazione accademica non gli fornisse le conoscenze necessarie allo svolgimento delle nuove mansioni, per questo decise di compilare una raccolta di scritti e moduli che tornassero utili nella pratica del lavoro di burocrate e nella redazione di documenti, che chiamò provvisoriamente Chiyō shakuen101 (Fondamentali di Governo)102. Sebbene l’opera non fu mai completata, questo tentativo ci fa capire due cose: primo, che Michizane era seriamente impegnato nello svolgimento dei suoi ruoli, in perfetta coerenza con la sua morale confuciana, e secondo che, effettivamente, la preparazione accademica del corso di letteratura del Daigakuryō che enfatizzava il valore della stessa, e in particolare del saper comporre poesie come elemento indispensabile e prioritario per il funzionamento dello stato, non forniva in realtà conoscenze veramente utili alla alla pratica degli uffici amministrativi e della burocrazia. Se la critica al “poeta inutile” era principalmente motivata da prese di posizione a priori, poteva sicuramente trovare riscontro in una innegabile inadeguatezza dei letterati puri nell’amministrazione dello stato. Lo stesso nonno di Michizane, Kiyogimi, fu sì un poeta, ma fu dall’altra parte anche un capace burocrate e funzionario, e questo non grazie ai suoi studi di letteratura.103

Da queste prime poesie contenute nei libri I e II del Kanke bunsō, possiamo quindi notare già alcuni aspetti del carattere di Michizane, che lo contraddistinguono da altri suoi contemporanei, e possiamo inoltre osservare delle prime evoluzioni del suo pensiero. Ad esempio è noto il fatto che Michizane non apprezzasse l’alcol, ma Borgen ricorda giustamente che da giovane, negli anni del

Daigakuryō, non disdegnava di bere del vino recitando poesie nel suo studio in compagnia di alcuni

amici, alla maniera dei sette saggi della foresta di bambù della tradizione taoista, persino in un

99 早衙.

100 Fujiwara 2002, p. 94. 101 治要策苑.

102 In KBKK VII-553 sopravvive la prefazione dell’opera. Kawaguchi 1966, p. 542 e Borgen 1986, p. 119. 103 Ibid. p. 37.

periodo in cui, per via di alcuni disordini legati all’alcolismo, vi erano state delle restrizioni governative sul consumo degli alcolici.104

Al contrario nella seguente poesia di incoraggiamento inviata a Ki no Haseo – coetaneo, ma ciononostante allievo del precoce Michizane – sconsiglia all’allievo/amico di lasciarsi andare ai piaceri dell’alcol, troviamo già un Michizane adulto, maturato forse dalle responsabilità dell’esperienza lavorativa. Haseo da parte sua, non sembra accogliere il consiglio a giudicare dalla sua poesia Quattro cose non sono come il vino, nella quale esalta il sacro potere del vino che cancella tutti i dispiaceri.105

L’importanza di questa poesia comunque, risiede nella critica – che possiamo considerare fedele rappresentazione dei sentimenti di Michizane, a giudicare dal destinatario, suo grande amico oltre che allievo – ai sedicenti confuciani che sostenevano la teoria del “poeta inutile”. La poesia è datata nella nota autografa come «successiva all’era Gangyō» cioè all’877.

勸吟詩,寄紀秀才 風情斷織璧池波 更怪通儒四面多 問事人嫌心轉石 論經世貴口懸河 應醒月下徒沉醉 擬噤花前獨放歌 他日不愁詩興少 甚深王澤復如何106

Impegnati nella composizione dello shi, inviata al monjō tokugōshō Ki

La stoffe intessute strappate107 dai venti,108 son [tante] come le onde del Laghetto di Bi109 Eppur, che strano, di dotti confuciani, è pieno in ogni dove

Quando c’è un problema, verrebbe da chiedersi se i loro cuori non sian solo sassi che rotolan [qua e là]. Quando si discutono i Classici, il mondo venera chi fa della bocca un fiume in piena

[Meglio] restar sobri, sotto la luna, che sprofondare inutilmente nell’ebbrezza [Meglio] tacere davanti ai fiori, che levare la voce in canto solitario

Nei giorni a venire tu non temere che l’ispirazione poetica venga a mancare ché profonda è la virtù del nostro sire, come null’altro.

La poesia è ricca di riferimenti ai gushi (storie) cinesi, utilizzati per criticare la situazione contemporanea, tecnica questa in cui Michizane era sicuramente esperto grazie ai suoi anni di studi sui Classici e sulle Storie. Certo è che, senza la conoscenza di queste leggende, il senso della poesia diviene oscuro, ed è quindi ovvio pensare che anche Haseo avesse ben presente gli esempi che il suo amico e maestro gli forniva.È cioè un tipico scambio tra membri di un’elite intellettuale, che sarà sempre più caratterizzato dal riferimento a classici e leggende cinesi, come dimostrano risultati come il kudai shi di fine Heian (cfr. IX-3.4, 5).

104 Borgen 1986, p. 101. In realtà vi sono altre poesie in cui Michizane afferma di aver bevuto con qualcuno, ad es.

KBKK II-153 e 172.

105 Kojima 1976, p. 203. Cfr. anche Hatooka 2005, p. 156. 106 KBKK II-94.

107 Il termine duan zhi 断織, strappare e tessere fanno riferimento al gushi della madre di Mengzi (o Mencio, il più

importante allievo di Confucio), tratta dal Lie nü yun 列女伝 (Storie di una serie di donne) di Liu Xiang (80-6 a.C.). Quando Mengzi, decidendo di abbandonare gli studi, fece ritorno al suo paese natale, la madre, strappando la veste che stava cucendo, lo ammonì dicendogli che se ora avesse lasciato lo studio sarebbe stato come quella veste, ovvero un’opera strappata prima del suo compimento. Il gushi è ricordato come proverbio a quattro caratteri: “la madre di Mengzi strappa il tessuto” 孟母断機. Cit. in Kawaguchi 1966, p. 182.

108 Il composto fengqing significa in cinese sia vento che sentimento. Si può ipotizzare un kakekotoba tra il vento e il

sentimento della madre di Mengzi.

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Nei primi due versi, Michizane si dispiace del fatto che, nonostante quelli che abbandonano gli studi confuciani a metà, come pensò di fare lo stesso Mengzi, siano tanti quante le onde del Lago Bi, il mondo è comunque pieno di sedicenti saggi confuciani.110 Nei due versi successivi, si riferisce con scherno all’atteggiamento di questi individui i quali quando gli viene posto un problema, non sanno prendere una decisione e i loro cuori sono incerti e inaffidabili, cambiando a seconda di chi è più forte, come sassi che rotolano di qua e di là. Riguardo alle discussioni sui Classici, parlano a sproposito senza sosta, invece che ponderare ogni parola come si confarrebbe all’argomento. I versi 5 e 6 sono quelli che più ci suggeriscono il carattere solitario di Michizane: nei momenti di contemplazione (da dedicare alla composizione di poesie) è meglio non ubriacarsi e non fare canti e schiamazzi. L’avvertimento del quinto verso, cioè di non affondare inutilmente nell’ebbrezza risulta diametralmente opposto alla filosofia di poeti cinesi come Li Bai (701-762), che facevano proprio dello zui, lo stato di ubriachezza, una condizione fisica e mentale particolarmente propizia alla composizione di versi,111 eppure la contrapposizione tra provato e pubblico è a mio parere la stessa. L’apposizione «sotto la luna» «davanti ai fiori», posta in posizione di taiku (contrapposizione) nei versi 5° e 6°, è una delle espressioni ricorrenti di Michizane, e secondo Hatooka Akira, riflette anche un determinato atteggiamento del poeta nelle varie circostanze compositive, pubbliche e private.112 In questo caso però, questa espressione funge semplicemente da contrasto ai modi sguaiati e privi di stile che Michizane imputa a questi letterati.

Il timore che «l’ispirazione poetica venga a mancare» espresso nel penultimo verso, credo vada inteso come diretto riferimento alla teoria del “poeta inutile”, che criticava la componente poetica all’interno dell’attività pubblica dei funzionari. C’è ancora in Michizane, un costante – flebile – ottimismo di fondo.

Interessante anche la fiducia riposta nell’imperatore all’ultimo verso, come diretta contrapposizione al timore del verso precedente. È evidentemente ben chiara e radicata in Michizane, forse per via della sua storia familiare, l’idea del sovrano come garante dell’ideale poetico, come fu al tempo di Saga e suo nonno Kiyogimi. In realtà l’incoraggiamento di Michizane appare quantomento anacronistico se non addirittura ingenuo, in un periodo in cui la situazione politica della corte non era certo cambiata rispetto al periodo di dominazione di Fujiwara no Yoshifusa. Il figlio di questi, Fujiwara no Mototsune, con la nomina a kanpaku (Gran Cancelliere), primo esempio nella storia giapponese, era ancor più del padre l’incontrastato dominatore della corte, sebbene a differenza di Yoshifusa non ebbe bisogno di utilizzare metodi particolarmente brutali per ottenere il potere.

L’ottimismo di Michizane per un futuro migliore verrà effettivamente ripagato – seppur in maniera transitoria – dopo la morte di Mototsune (891), con l’amministrazione diretta del potere da parte dell’imperatore Uda.