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Capitolo IV La vita di Sugawara no Michizane

3. La carriera da funzionario

3.6 L’uomo Michizane: in morte del figlio

società cortese. Era ben consapevole che proprio grazie ai successi accademici al Daigakuryō e agli esami di stato, suo nonno e suo padre erano riusciti a guadagnarsi uno status aristocratico per loro e per i loro discendenti.

3.5 Le difficoltà di un hakase

Michizane propose così alcune modifiche da apportare al sistema degli esami, per diminuirne l’arbitrarietà e velocizzarne i processi, come il porre un limite alla lunghezza delle prove d’esame, e il correggere la scala di votazioni assegnata, affinchè i privilegi accordati in seguito al superamento dell’esame fossero proporzionali e adeguati ai meriti degli studenti meritevoli.122

Per quanto riguarda una eventuale ingerenza di Michizane nello svolgimento degli esami – cioè un favoritismo per gli studenti provenienti dalla sua scuola – è plausibile che, in quanto illustre letterato e hakase del Daigakuryō, nonché funzionario del Ministero dei Cerimoniali che si occupava anche del funzionamento dell’esame hōryakushi, la sua parola possa aver avuto un qualche peso. D’altra parte, la selezione dei monjō tokugōshō (i due studenti più meritevoli tra i

monjōshō, e che ricevevano uno stipendio) veniva effettuata direttamente dai due monjō hakase, e

lo stesso Ki no Haseo fu in seguito (nell’884) raccomandato proprio da Michizane.123 Per di più lo stesso Michizane nella sua carriera presiedette per quattro volte l’esame hōryakushi, e considerate le consuetudini del tempo, non è così scandaloso ipotizzare che abbia avuto un occhio di riguardo per i candidati a lui più vicini.124 Borgen osserva però puntualmente che già al tempo di Michizane

vi fossero prassi non scritte per limitare evidenti favoritismi: Michizane per esempio non presenziò mai gli esami di ingresso al Daigakuryō, dato che nella scuola Sugawara si preparavano gli studenti a superare proprio quell’esame.125

Questi buoni propositi e la fama della famiglia Sugawara – uniti forse ad un carattere schivo e niente affatto aperto126 – non gli attirarono certo le simpatie di molti, e le critiche non tardarono ad arrivare. La posizione di hakase era di per sé molto ambita nell’ambiente degli intellettuali, il che la rendeva una «strada spinata» per le maldicenze e i sospetti degli altri letterati.127

In una poesia dell’881 intitolata Le difficoltà dell’hakase128, dopo aver ricordato l’avvertimento che gli aveva fatto suo padre,129 morto l’anno prima, riguardo le fazioni all’interno del mondo

accademico, si lamenta di come, solo dopo tre giorni dall’inizio delle sue lezioni come hakase, si fossero levate voci di protesta sulle sue capacità. Iniziano ad esservi attriti con alcuni membri della famiglia Fujiwara, come in occasione di una lettera anonima contenente critiche rivolte a Fujiwara no Fuyuo (808-890) – un superiore di Michizane negli anni del Minbushō – che fu subito attribuita a Michizane. L’hakase Sugawara smentirà con fermezza le accuse e risponderà sempre ad ogni critica con grande vigore, continuando parallelamente la lenta scalata della gerarchia di corte. A questo punto Michizane ha in qualche modo già preso, inconsapevolmente forse, la decisione di non seguire la via del padre che si guardò bene dall’immischiarsi in contese mondane «come se fosse dimentico del mondo», ritirandosi in uno stile di vita che nel «quieto ritiro difese sé stesso».130

3.6 L’uomo Michizane: in morte del figlio

122 Borgen 1986, pp. 131-132. 123 Cit. in Borgen 1986, p. 99.

124 Per esempio nella differenza di trattamento tra Miyoshi no Kiyoyuki e Ki no Haseo, cfr Borgen 1986, pp. 135-36. 125 Michizane afferma che esistono solo tre persone in grado di capirlo. Ibid. p. 131.

126 KKBK n. 526. Cit. in Borgen 1986, pp. 134-5. 127 Fujiwara 2002, p. 100.

128 KKBK I-87. Cfr. Fujiwara 2002, p. 100. Cfr. Borgen 1986, p. 133.

129 Sull’atteggiamento di Koreyoshi nei confronti delle dispute all’interno del mondo accademico, cfr. IV-1.4. 130 Dal commento funebre a Koreyoshi, vedi ibid.

Come accennavo nell’introduzione, il grande valore del Kanke Bunsō risiede nel fatto che la figura di Michizane che ne esce non è soltanto quella del poeta di corte, o del leale confuciano, ma bensì quella di un uomo attaccato alla famiglia e al contempo appassionato poeta. Sebbene come già detto la vita sentimentale di Michizane non sia affatto documentata, non comparendo nei suoi

kanshi, proprio nelle poesie che Kawaguchi classifica nel terzo gruppo, «elegie e poesie d’addio»131

possiamo osservare il Michizane più umano e sentimentale, come nell’elegia al figlioletto Amaro. 夢阿滿 阿滿亡來夜不眠 偶眠夢遇涕漣漣 身長去夏餘三尺 齒立今春可七年 從事請知人子道 5 讀書諳誦帝京篇 藥治沉痛纔旬日 風引遊魂是九泉 尒後怨神兼怨佛 當初無地又無天 10 看吾兩膝多嘲弄 悼汝同胞共葬鮮 萊誕含珠悲老蚌 莊周委蛻泣寒蟬 那堪小妹呼名覓 15 難忍阿孃滅性憐 始謂微微腸暫續 何因急急痛如煎 桑孤戸上加蓬矢 竹馬籬頭著葛鞭 20 庭駐戲栽花舊種 壁殘學點字傍邊 每思言笑雖如在 希見起居惣惘然 到處須彌迷百億 25 生時世界暗三千 南無觀自在菩薩 擁護吾兒坐大連132 Sognando Amaro

Oh, Amaro, da quando tu sei morto la notte più non dormo

e se dormo a volte ecco, in sogno t’incontro, e le lacrime come onde scorrono. La scorsa estate eri alto di statura tre cubiti o poco più

Quest’anno a primavera compiresti sette anni.

Dedito allo studio, volevi conoscere la Via della pietà filiale 5 e leggevi e a mente recitavi il “Canto della Capitale”133.

Le medicine son riuscite solo ad alleviare il dolore per dieci miseri giorni il vento del karma134 ha strappato via la tua anima, ora sta nel regno dei morti.

Da quel giorno in poi io odio gli dei e con essi odio i budda.

131 Kawaguchi 1966, p. 47. Vedi introduzione. 132 KBKK II-117.

133 Cioè il Dijing pian「帝京篇」 di Luo Binwang 駱賓王 (640-684) poeta del primo-Tang.

134 Nel commento di Kawaguchi è indicato come il gōfū 業風 cioè il vento che si dice soffi negli inferi. È un primo

72

Da allora per me non c’è più terra e non c’è più cielo. 10 Guardando le mie ginocchia vuote135, penso al destino beffardo

e agli altri due tuoi fratelli che uno dopo l’altro ti han seguito nella tomba. Avevo una perla, come Wei Dan136, ma questa vecchia ostrica ora è in pena. Disse il Maestro Zhuang, “la cicala al freddo piange il guscio abbandonato”137

Ma come resistere alla vista della sorellina che, chiamando il tuo nome, invano ti cerca? 15 E dura è nasconder la pena per tua madre che si consuma nel dolore.

All’inizio penso essere lieve, ma dall’addome sale

e, chissà perché, improvviso mi prende come di fiamma un dolore:138 sono l’arco di gelso sull’uscio appeso, e le freccie d’assenzio.139

Nel recinto ancora sta il tuo cavalluccio di bambù, e attaccato il frustino, 20 e nel giardino, piantati per gioco rimangono, steli di fiori secchi.140

Sulla parete restano i tuoi esercizi di scrittura, con le correzioni accanto. Ogni qualvolta ripenso al tuo sorriso, è come se tu fossi lì ma,

quando alzo lo sguardo speranzoso, mi coglie nel profondo lo sconforto.

La tua meta è il Monte Shumi,141 ma per un miliardo di vie ti starai ora smarrendo 25 Giunto il momento rinascerai infine, in uno dei tremila mondi che io ignoro.

Oh, ti prego, Kanjisai-bosatsu,142

proteggi mio figlio, che egli possa sedere su un petalo del Grande Loto.143

La poesia è infarcita di citazioni dai gushi cinesi e dalla dottrina buddista, ma le descrizioni sono concretamente aderenti alla dimensione domestica e familiare di Michizane, e, visto il tema trattato, certamente non la si può tacciare di mero sfoggio di erudizione, né tanto meno di manierismo. Anzi, è proprio in poesie come questa che si realizza perfettamente quell’equilibrio che Fujiwara in altre

135 Alle quali non è più attaccato o seduto Amaro, o gli altri due figlioletti.

136 Leggenda dei due fratelli Wei Kang 韋康 e Wei Dan 韋誕, narrata in una glossa di Pei Songzhi (372-451) al libro

di Wei del Sanguoshi三国志 di Chen Shou (233–297). Secondo questa leggenda, Kong Rong 孔融, un lontano discendente di Confucio, disse un giorno al padre dei due talentuosi fratelli “Che stupore! Da una vecchia ostrica come te sono nate queste due perle!” da lì il proverbio “la vecchia ostrica fa nascere le perle 老蚌生珠. Il verso di Michizane vuole dire “nonostante io avessi una perla come fu Wei Dan, mi è stata tolta, e ne piango”. Kawaguchi 1966, ibid.

137 Citazione dal Zhuangzi, libro Zhi bei you pian, dove si dice che «i figli non sono cosa tua, ma sono come gusci di

insetto(/cicala) che ti ha affidato il Cielo» (孫子汝非有) cioè non sono proprietà dei genitori ma appartengono al Cielo, e quindi un padre non ha motivo di piangerne la perdita. Una citazione allo stesso passo la troviamo anche in Bai Juyi, nella poesia You gan sanshou 有感三首 (“Tre poesie con sentimento”):
子孫非我有, 委蛻而已矣. Inoltre il Zhi bei you pian era già stato citato da Ki no Haseo nel Canto di una misera donna, (Cfr. II-2.3) il che dimostra ancora una volta la comunanza delle fonti e dell’educazione dei poeti della seconda metà del IX secolo.

138 Michizane accuserà dolori all’addome per buona parte della sua vita, e forse anche per quello smetterà di bere

alcolici.

139 L’arco di gelso e la freccia di assenzio fanno parte di un rito nel quale, scoccando freccie nelle quattro direzioni

cardinali, si augurava un futuro prospero al neonato. Kawaguchi 1966, ibid.

140 Il verso può essere tradotto anche come «semi vecchi di fiori». Kawaguchi e Fujiwara concordano nel dire che il

termine “semi” vada inteso come “steli di fiori secchi” che il bambino, per gioco, aveva piantato. Kawaguchi ibid. e Fujiwara 2002, p. 108-109.

141 Ovvero il monte Sumeru 須弥山 (giap. Shumi san; cin. Sumishan) è la grande montagna al centro della

cosmologia buddista, dove tutte le anime dopo la morte vanno per poi reincarnarsi di nuovo in uno dei tremila mondi citati nel verso successivo. Kawaguchi ibid.

142 Pseudonimo del “dio” (talvolta indicato come dea) buddista della compassione Kannon 観音, o più precisamente il

bodhisattva Avalokiteśvara (sansc.). Kawaguchi, ibid. Ho preferito lasciare la nomenclatura giapponese così come per il Monte Shumi, poiché l’utilizzo di termini in sanscrito poteva dare l’impressione che Michizane conoscesse quella lingua (cosa pressochè impossibile per i giapponesi dell’epoca), e d’altra parte l’eventuale utilizzo della traslitterazione cinese al posto di quella giapponese, sebbene più rispettosa della fonetica originale del kanshi, avrebbe creato a mio parere qualche confusione, laddove nei testi occidentali i termini del buddismo giapponese vengono traslitterati generalmente seguendo la lettura giapponese. Lo stesso dicasi per namu all’inizio del verso che ho tradotto semplicemente come “ti prego”.

143 Riferimento al Grande Loto che si trova nel paradiso buddista, secondo la dottrina della Terra Pura (gokuraku jōdo

occasioni definisce come la «sottile sensibilità» coniugata a un «sensibile intelletto» tipico di Michizane.144 Fra l’altro, come fa giustamente notare Borgen, questa lunga, struggente poesia, non si sarebbe potuta esprimere in giapponese visto che, già nella seconda metà del IX sec. la tradizione del chōka, poesia lunga, si era ormai quasi completamente perduta.145

La fusione tra elementi di diversa natura, taoismo (Zhuangzi), confucianesimo (Sanguoshi), shintoismo (l’arco e la freccia), e buddismo (Kannon e la cosmologia buddista), testimoniano come, nella classe intellettuale giapponese del IX secolo, le varie filosofie, religioni e correnti straniere venissero mescolate senza alcun senso di contraddizione sotto uno stesso universo ideologico.

In particolare l’elemento religioso ha una particolare importanza per Michizane, i cui genitori erano già ferventi buddisti. (cfr. V-2.5)

Poesie liriche di questo tipo non sono poche nell’opera di Michizane, e ci forniscono il contraltare alla figura del funzionario e dell’hakase ligio ai suoi doveri; le elegie in particolare si collocano in un filone già ben consolidato, sia nel kanshi che nel waka, ma queste composizioni di Michizane sono degne di nota in quanto utilizzano un linguaggio nuovo (il riferimento a oggetti della casa, molto personalizzati) coniugato a un’intensità del sentimento difficilmente riscontrabile nelle poesie delle Tre Antologie di Kanshi.

Interessante è notare anche che, sebbene Michizane esprima in questa poesia tutta la sua tristezza per la morte del figlio, quando in seguito sarà costretto ad allontanarsi da casa non mostrerà la medesima sensibilità per la moglie lasciata sola alla capitale. Il materiale a noi noto non ci permette di postulare ipotesi credibili al riguardo, ma mi sembra giusto ricordare che, se mai Michizane abbia scritto poesie indirizzate alla moglie, queste sarebbero state probabilmente scritte in waka, e dunque andate perdute.

4. Il governatorato a Sanuki