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Capitolo IV La vita di Sugawara no Michizane

4. Il governatorato a Sanuki

4.2 La poesia a Sanuki

L’importanza del governatorato a Sanuki non riguarda solo la vita politica di Michizane, ma anzi e soprattutto la sua attività poetica. Sebbene infatti il ruolo di governatore non potesse esattamente dirsi libero da impegni, a giudicare dalla produzione poetica di Michizane – in soli quattro anni compose 134 poesie, un quarto della sua collezione – non si può negare che il soggiorno a Sanuki gli fu di ispirazione soprattutto nella composizione di poesie al di fuori delle occasioni ufficiali; libero dagli schemi della poesia formale, Michizane darà infatti sfogo al suo lirismo migliore, anche favorito da un ambiente nuovo e stimolante, sia dal punto di vista paesaggistico che sociale. Sarà dalla poesia degli anni di Sanuki che il paragone con Bai Juyi assumerà caratteri unici in Michizane rispetto a quasi tutti gli altri poeti Heian, ma, citando Borgen, «le poesie di Michizane scritte a Sanuki non riflettono semplicemente i precedenti cinesi; rivelano la provincia, la sua gente, e le gioie, o più spesso i dolori personali di Michizane».157

Sanuki non era in realtà una cattiva sistemazione per un cortigiano del rango di Michizane. Distava solo sei giorni di viaggio dalla capitale, ed era una provincia tra le più ricche, sia economicamente – le tasse erano tra le più alte di tutto il Giappone – che culturalmente – originario di Sanuki era per esempio il monaco Kūkai. Ciononostante, salvo alcuni, sparuti casi in cui Michizane trova piacere nella natura158 e nella rispettosa compagnia degli anziani funzionari di provincia,159 i suoi commenti e il suo umore durante questi quattro anni sono sempre di scontento e nostalgia per la capitale. In particolare come recita nella poesia Autunno,160 dove, avendo

abbandonato lo studio della cetra, e non bevendo il vino, si ritrova da solo a trascorrere in una lucida tristezza le lunghe notti.161 È anche preoccupato per la sua famiglia e per l’educazione dei

153 Ad es. per aver ucciso il figlio della propria balia. Borgen 1986, p. 154. 154 摂政.

155 太政大臣. 156 Ibid.

157Borgen 1986, pp. 188-190.

158 KBKK III-218. Cfr. Fujiwara 2002, pp. 129-131.

159 KBKK III-214. Cfr. Borgen 1986, p. 162 e Fujiwara 2002, p. 126-128. 160 KBKK III-196.

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figli, sia quelli che lo avevano seguito a Sanuki che, lontani dai raffinati ambienti di corte, crescevano senza la giusta educazione, sia le figlie rimaste nella capitale per le quali non aveva avuto modo di organizzare propriamente la cerimonia della maggiore età. 162 La lontananza dalla capitale acuisce la solitudine di Michizane anche per l’impossibilità di incontrare e scambiare con facilità poesie con i suoi amici. Ad esempio nelle poesie sulla luna – immagine cara al Michizane dei momenti di più intimo lirismo – scritte a Sanuki, il tema più ricorrente sarà la nostalgia per la capitale e la mancanza di amici che comprendano il valore della poesia. Hatooka dà una lettura ancora più profonda di queste poesie, affermando che a Sanuki Michizane prenderà coscienza del fatto che, nonostante avesse “amici” che stimava come poeti – Ki no Haseo, Shimada no Tadaomi e altri – non aveva però un unico, insostituibile “migliore amico”, come poteva essere stato Yuan Zhen per Bai Juyi, e di essere quindi sostanzialmente «destinato ad essere un poeta solitario».163

Ma quello che in definitiva più manca a Michizane è il poter esprimersi nel suo ruolo ideale di “poeta ministro”, e il suo lamento di «non poter vedere i fiori [della capitale] che cadono, la prossima primavera» nella poesia al banchetto d’addio in suo onore, simboleggia il dolore per «aver perso il luogo principale in cui esprimersi»,164 cioè la corte imperiale. Stando a Sanuki non poteva

infatti più partecipare a feste, banchetti e cerimonie dove ancora la composizione in kanshi era richiesta e alle quali, fin dagli anni del Daigakuryō, Michizane aveva avuto il privilegio di partecipare in virtù delle sue eccezionali capacità poetiche, e dare quindi prova del suo valore.

Questa impossibilità si riflette nella poesia degli anni di Sanuki, in un abbandono di alcune immagini come la luna e i fiori in favore di un approccio alla natura più diretto e nuovo. Come dimostrato sempre da Hatooka,165 la ricorrenza delle espressioni “davanti ai fiori” e “sotto la luna” si concentrano infatti nei libri del Kanke bunsō corrispondenti alla permanenza di Michizane alla capitale, mentre nei libri 3 e 4 relativi alle poesie composte a Sanuki, la comparsa delle medesime immagini è associata solamente, come accennato prima, a una nostalgia della capitale. È come se quelle immagini fissate dalla tradizione e utilizzate spesso in quel periodo come dai, cioè tema su cui comporre a corte, non possano essere riutilizzate se non ricordando quella dimensione cortigiana dalla quale Michizane era ora precluso. «Per Michizane “fiori e luna” [erano immagini che] fioriscono in tutto il loro splendore proprio perché [composte] a palazzo in occasione delle feste».166

È per questo che nelle poesie di Sanuki in cui compare la luna, il sentimento di fondo è quello della nostalgia e solitudine, e il poeta arriva ad affermare in Luna del cielo d’autunno che la luna d’autunno è la cosa che più di ogni altra intristisce l’uomo.

Questo volontario legare determinate immagini ed espressioni al contesto compositivo, è un’importantissima anticipazione della poetica del Kokinshū. Come è risaputo il waka del Kokinshū è caratterizzato prima di tutto da un’alto livello di codificazione delle immagini poetiche: i fiori di ciliegio devono essere quelli che si trovano nella piana di Hoshino, le foglie di quercia sono quelle del monte Saho, etc. Anche nel libro sui viaggi (kiryo no uta), più che la descrizione di nuovi luoghi e paesaggi incontrati lungo il viaggio, l’attenzione si concentra sul ricordo dei luoghi della capitale, o comunque consolidati dalla precedente tradizione. È questa secondo me una caratteristica che distingue il waka dallo shi cinese, e che in Michizane trova un’applicazione quasi schizofrenica. Da una parte (soprattutto nel primo anno a Sanuki) è forte il sentimento di nostalgia e quindi l’utilizzo di immagini codificate (luna e fiori), dall’altra c’è una viva curiosità nello scoprire nuovi paesaggi,

162 Addirittura definisce i figli “stupidi” e la figlie “sgraziate”. Fujiwara 2002, p. 142. 163 Hatooka 2005, p.208.

164 Fujiwara 2002, p. 117. 165 Hatooka 2005, p. 162. 166 Ibid.

un atteggiamento che trova corrispettivi anche nella poesia cinese, per esempio in Xie Lingyun e nella poesia cosiddetta shanshui.167

Sebbene infatti l’incarico in remote province dell’impero e la relativa nostalgia di casa fosse un tema ben noto nella letteratura cinese, costituendo un filone anche antico nella sua tradizione poetica, in questo senso di attaccamento di Michizane all’ambiente della corte mi sembra di poter individuare una caratteristica tipicamente giapponese – soprattutto nel Giappone Heian – di forte centripetismo della cultura e dell’idea di “fulcro” della scena artistico-letteraria. Se infatti è vero che anche nella Cina dei Tang la capitale Chang’an e la corte imperiale svolgevano un ruolo primario nello sviluppo delle arti, questo è ancor più vero nel giappone Heian. In particolare il netto divario della scena culturale di Heian-kyō con i vari territori di provincia, è rimarcato non solo all’interno di molte opere – Tosa Nikki, Genji Monogatari – ma anche da fatti storici, come l’assenza di succursali del Daigakuryō nella maggior parte delle cinquantotto province, o la concentrazione di centri culturali alternativi alla corte – come i templi – nei dintorni della capitale, o ancora il fatto che tutti gli intellettuali di origine provinciale – come Kūkai – prima o poi si trasferissero a Heian-kyō. D’altra parte, proprio la difficoltà nel trovare un adeguato inserimento nella corte della capitale per persone dal background non troppo solido, può essere stato il motivo della nascita di centri secondari di cultura, come sarà lo stesso Dazaifu con il culto di Michizane.168

Certo è che Michizane non era disposto a rinunciare alla scena letteraria e politica della capitale, come dimostrato da poesie come Autunno, dove «il vento [di fine estate] riporta alla mente la tristezza di essere lontano dalla capitale».169 Al contrario, quando Michizane mette da parte i clichè delle immagini codificate dalla poesia di corte come luna e fiori, con stupore dello stesso poeta, Sanuki offre dei paesaggi vergini, mai cantati da altri, e proprio in questa natura Michizane scoprirà – brevi – momenti di serenità come nella poesia Visitando il monte in un giorno di primavera.170