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L’approccio Human-Centred Design nel processo di progettazione

di Francesca Tosi e Alessia Brischetto

7.2 L’approccio Human-Centred Design nel processo di progettazione

Il design “antropocentrico”, o Human-Centred Design (HCD), è una filo- sofia di intervento che ha come obiettivo quello di sviluppare prodotti-sistemi o servizi che siano in grado di soddisfare i bisogni delle persone perch l’interazione con essi abbia un elevato livello di comprensibilità e usabilità, e perch sia in grado di offrire un’esperienza d’uso positiva e appagante. All’in- terno di questa visione, i prodotti-sistemi-servizi devono possedere una serie di requisiti fondamentali e soddisfare un gran numero di vincoli e aspetti: for- ma, costi, efficienza, affidabilità ed efficacia, comprensione e facilità d’uso, soddisfazione d’uso e possesso-uso del prodotto.

Lo HCD è un processo che consente di venire incontro a queste esigen- ze ma come afferma Norman (2013, p. 222) è necessario per prima cosa prestare particolare attenzione a due aspetti: risolvere il problema reale e in modo che corrisponda alle capacità umane. Queste due componenti del processo di progettazione – trovare il problema e produrre soluzioni – sono due aspetti strategici dell’approccio HCD.

Il ritish Design Council nel 201 ha elaborato un modello, definito come modello a doppio rombo, per dimostrare l’interdipendenza di questi due aspetti (Fig. .1). Il lavoro del designer inizia, tipicamente, analizzando un dato problema e per risolverlo egli allarga l’ambito del problema divergendo per esaminare tutte le questioni a esso correlate; dopodich converge ver- so un singolo enunciato-problema. Successivamente si espande lo spazio all’interno del quale si producono una serie di soluzioni, per poi convergere su di una sola proposta. Questo modello è caratterizzato da azioni alternate

1 Citazione tradotta da norma ISO 9241-210:2010, Ergonomics of human-system inte-

di divergenza e convergenza, si articola in quattro fasi di scoperta e di defini- zione (divergente-convergente), di sviluppo e di consegna (divergente-con- vergente).

ig. 7.1 The model of the double-diamond design (cfr. fonte: ritish Design Council

201 )

Per la gestione di quanto esposto in precedenza, nella pratica i designer hanno a loro disposizione i parametri e i metodi del design antropocentrico, caratterizzato da quattro attività distinte: osservazione, ideazione, prototi- pazione e verifica (Fig. .2). Queste quattro attività iterative tra loro, ovvero ripetute più volte, consentono di ottenere idee nuove e un avvicinamento alla soluzione desiderata a ogni nuovo ciclo, e sono chiamate spesso “metodo a spirale” per sottolineare il fatto che ogni iterazione dei vari stadi produce un progresso o un avanzamento rispetto alla fase iniziale.

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ig. 7.2 Il ciclo iterativo del design antropocentrico Norman (2013)

La fase di osservazione è un’operazione che solitamente viene chiamata “ricerca progettuale”, ovvero un’indagine sul campo per conoscere la popo- lazione di riferimento, osservare e capire i potenziali clienti, le loro attività e motivazioni, i loro interessi e bisogni reali. Essendo il design centrato sulle persone, questa fase è cruciale in quanto rappresenta il punto di parten- za per i passaggi successivi. Alla fase di ideazione corrisponde la fase di creatività, dove si devono generare idee e possibili soluzioni per il target di riferimento osservato nello step precedente. Una volta approvata l’idea, si passa alla fase di messa a punto di un prototipo o di un modello simula- to utile a valutare la fattibilità della propria idea; successivamente alla fase di verifica, in cui il prototipo creato nel passaggio precedente viene testato attraverso sessioni di prova che prevedono il coinvolgimento delle persone con l’obiettivo di verificare che il prodotto corrisponda il più possibile al target a cui è destinato.

Sebbene le espressioni User-Centred Design e Human-Centred Design abbiano finalità convergenti e siano spesso usate come sinonimi, la secon- da acquisisce una valenza più completa rispetto alla prima, perch sposta l’attenzione da quello che tradizionalmente viene definito “utente” a coloro i quali sono i potenziali portatori d’interesse del risultato di un processo pro- gettuale.

A supporto di questa filosofia di intervento troviamo inoltre la norma ISO 9241, parte 210 del 2010, che ci ci fornisce una visione completa di quelle che sono le attività strategiche dell’approccio HCD. Questa norma ISO for-

nisce la seguente definizione dell’approccio HCD: approccio ai sistemi di progettazione e sviluppo che mira a rendere i sistemi interattivi più usabili, concentrandosi sull’uso del sistema e applicando i fattori umani/ergonomia e le tecniche e conoscenze sull’usabilità 2. Dal momento in cui è stata iden- tificata la necessità di sviluppare un sistema, prodotto o servizio, la norma indica come strategici i seguenti passi: comprendere e specificare il contesto d’uso; specificare le richieste dell’utente; produrre soluzioni progettuali; va- lutare il progetto. La stessa norma (al punto 4.1) descrive sei principi fonda- mentali per seguire l’approccio human-centred:

• il progetto si basa su una comprensione esplicita di utenti, le attività e gli ambienti;

• gli utenti sono coinvolti nelle fasi di progettazione e sviluppo; • il progetto è guidato e raffinato dalla valutazione human-centred; • il processo è iterativo;

• il progetto si rivolge all’intera user e perience;

• il team di progettazione comprende le competenze e prospettive mul- tidisciplinari.

Nella Fig. .3 viene illustrata l’interdipendenza delle attività dell’approc- cio HCD tramite uno schema che descrive il processo non lineare e mostra come ogni attività di progettazione human centred utilizza uscite da altre attività: i processi vengono effettuati in modo iterativo, il ciclo si ripete fino a quando i particolari obiettivi di usabilità sono stati raggiunti.

Il modello operativo della norma prevede il coinvolgimento degli stakehol- der3 fin dalle prime fasi di intervento progettuale e non solo nella stesura dei requisiti o delle specifiche ma anche, e soprattutto, per sperimentare l’uso di

2 Ibidem.

3 I portatori di interesse all’interno della norma ISO 9241-210:2010 non sono più gli utenti

ma gli stakeholder. La norma con questo passaggio ci indica come il processo progettuale antropocentrico dovrebbe guardare alla persona in maniera globale considerandone non solo le necessità, ma anche i desideri, le emozioni, il suo rapporto con gli altri e con il contesto ambientale nel quale è inserita e che lo stesso dovrebbe spingersi oltre gli aspetti prettamen- te legati all’usabilità e quindi all’interazione diretta con il sistema. Con la parola “stakeholder”, quindi, ci riferiamo a tutte le persone che saranno interessate da qualsiasi sistema risultante dal processo di progettazione. Questo include i destinatari diretti (a volte chiamato “utenti”), ma include anche molte altre persone: come l’organizzazione per la quale è stato progettato il siste- ma probabilmente avrà molte persone che non useranno il sistema, ma ne saranno in uenzate in quanto potrebbero cambiare il loro lavoro. Ad esempio, l’introduzione di un nuovo sito eb in un’organizzazione spesso modifica le pratiche di lavoro e fornisce semplicemente informazioni. Ci possono essere parti interessate al di fuori dell’organizzazione, come le autorità governative, che devono verificare alcune procedure. Il numero e il tipo di persone interessate da un nuovo sistema interattivo variano notevolmente in base al tipo di sistema. Una parte importante del processo di comprensione è considerare tutti i diversi stakeholder e il modo in cui potrebbero essere interessati, per decidere chi dovrebbe essere coinvolto nelle discussioni sul design del prodotto-sistema o servizio.

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versioni preliminari del sistema e aiutare, con le loro reazioni e le loro indica- zioni, a correggere il tiro, in un processo di prove e aggiustamenti successivi.

ig. 7. Interdipendenza delle attività del processo Human-Centred Design (Cfr.

ISO 9241-210:2010, p. 10)

In riferimento ai quattro passi illustrati nella Fig. .3 (a-b-c-d) è necessario tenere in considerazione una serie di aspetti, definiti dalla norma come sfide:

• ci sono spesso un certo numero di diversi gruppi di utenti e altre parti interessate i cui bisogni devono essere presi in considerazione; • il contesto di utilizzo può essere molto vario e può mutare da gruppo

di utenti a gruppo di utenti, e tra i diversi compiti;

• all’inizio di un progetto, i requisiti che possono essere individuati pos- sono non essere esaustivi o sufficienti;

• alcuni requisiti emergono solo una volta alla soluzione proposta e disponibile;

• i requisiti dell’utente possono essere diversi e potenzialmente con- traddittori tra di loro e con quelli degli altri soggetti interessati;

• le soluzioni progettuali iniziali raramente soddisfano tutte le esigenze degli utenti;

• è difficile garantire che tutte le parti del sistema vengano considerate in maniera integrata.

Riassumendo, le attività dell’approccio HCD vengono effettuate in modo iterativo e il ciclo si ripete fino a quando i particolari obiettivi di usabilità sono stati raggiunti. L’iterazione è funzionale a un miglioramento e perfeziona- mento progressivo del prodotto. Lo stesso David ell , cofondatore dell’I- DEO dichiara che lo scopo dell’intervento progettuale deve essere quello di mettere a punto dei prototipi e sottoporli a verifica ed è noto il suo motto:

Sbagliare spesso, sbagliare in fretta .

Valutare la conformità dei requisiti rispetto agli obiettivi prefissati in origi- ne e la conseguente possibilità di dover riconoscere di aver sbagliato qual- cosa nella fase progettuale è un’operazione fondamentale affinch possano essere sovvertite le politiche produttive tradizionali e affinch possa essere generata innovazione. Lo stesso Norman afferma che: la parte più difficile del design è indovinare i requisiti giusti che significa risolvere in modo giusto il problema (Norman, 2013, p. 231).

I requisiti individuati in modo astratto sono spesso quelli più sbagliati, altrettanto quelli ricavati solo dalle richieste delle persone (non sempre le persone possono comprendere di cosa hanno bisogno) e il modo più corret- to è definire i requisiti di un prodotto sulla base di osservazioni su come le persone agiscono nella loro quotidianità e all’interno del loro ambiente na- turale. Per questo è fondamentale effettuare studi approfonditi e valutazioni in modo iterativo: in ognuna della fasi del processo HCD i designer possono avvalersi di diverse tecniche di indagine.

Tali tecniche sono il frutto di anni di ricerche che afferiscono ai campi dell’ergonomia: la psicologia cognitiva e sociale, la computer science, l’in- gegneria, gli human factors e l’ergonomia, la psicologia occupazionale, l’antropologia e la sociologia e ad aree di ricerca quali la Human-Computer Interaction (HCI) e più recentemente la User E perience (U ). Quest’ultima disciplina, è un’arteria significativa dell’approccio HCD e ci fornisce oggi un impianto di tecniche volte alla valutazione dell’esperienza e della dimensione emozionale. La stessa norma ha inserito all’interno del suo impianto (punto 4. ) la U quale elemento strategico del design antropocentrico. L’impian- to teorico è vasto, le metodologie numerose e non esistono delle strategie predefinite: sulla base del problema individuato, o sulla base della comples- sità del prodotto-sistema-servizio, abbiamo a nostra disposizione una serie di metodi e tecniche di indagine. Alcune di queste tecniche e metodologie saranno esposte e argomentate nel capitolo 8, e in particolare nel capitolo 9 saranno illustrate le modalità applicative di alcuni di questi metodi in riferi- mento alla progettazione di un camper (progetto di ricerca TRIACA).

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