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CAPITOLO 2. FENOMENOLOGIA DEL PERSONAGGIO SERIALE TELEVISIVO

2.2. Figure nel testo: le caratteristiche “testuali” del personaggio seriale televisivo

2.2.3. L’identità del personaggio seriale come “concordanza discordante”

Il processo di caratterizzazione porta a forgiare l’identità del personaggio, termine che Michael Bamberg (2012) definisce come “the attempt to differentiate and integrate a sense of self along different social and personal dimensions”, e che designa l’insieme di caratteristiche e dimensioni personali e sociali che identificano un personaggio come tale, rendendolo unico rispetto ai suoi simili e riconoscibile dagli spettatori. A voler

105Come scrive Sconce, “differentiation within repetition is, of course, a dynamic within all popular, genre based narratives. Rather than produce potentially infinite variations on a common structure […] television must produce ‘parts’ that each week embody the whole while finding, within such repetition, possibilities for novel and diverting variations” (2004, 101).

esssere maggiormente specifici, la definizione dell’identità del personaggio è un processo che si compone di due operazioni (Schneider 2001), una successiva all’altra: la

caratterizzazione propriamente detta, che ha a che fare con l’attribuzione di “caratteri”

basilari, codificati e assegnati di default, sostanzialmente identificabili con le funzioni narrative tipiche identificate da Propp e Greimas; la personalizzazione, che riguarda invece il conferimento di elementi specifici, esclusivi e attribuiti ad personam. Se la prima ha il compito di connotare il personaggio inserendolo in un percorso già tracciato, la seconda deve invece rendere questo sentiero più impervio e imprevedibile e, fuor di metafora, l’identità del personaggio meno ovvia, scontata e comune.106

Caratterizzazione e personalizzazione, dal cui connubio si genera quindi l’identità del personaggio, dipendono in larga misura dalla natura e dalla tipologia del testo in cui il personaggio si muove. In un testo unitario, fruibile in un unico blocco narrativo, l’identità si costruisce gradualmente e in modo direttamente proporzionale all’avanzamento della narrazione e a quante informazioni il testo ci fonisce lungo il suo corso finché, al suo termine, la caratterizzazione (intesa qui in senso lato, come comprendente anche il processo di personalizzazione) del personaggio è qualcosa di più o meno definito e completo: abbiamo, in questo caso, una costruzione identitaria telica, che tende cioè alla completezza e a uno stato di equilibrio. Ogni azione di cui si compone il testo sviluppa il personaggio e lo avvicina inesorabilmente alla sua “morte”, e alla fine della narrazione il personaggio avrà un’identità ben definita (anche se non permanente e, al contrario, sempre negoziata con il pubblico)107 e sagomato sulla base delle informazioni che il testo ci ha comunicato. In un testo seriale, contraddistinto dalle caratteristiche che abbiamo analizzato, la costruzione dell’identità personaggio è un processo più complesso, lungo e frammentato, dipendendo dalla particolare forma seriale adottata (se continuativa o episodica) e dal meccanismo di ripetizione e variazione che alla base della serialità. Anche nel caso di personaggi apparentemente

106 Il processo appena descritto dipende, come accennato, da una cooperazione e una negoziazione che avvengono tra fruitore (che non deve possedere gli script e gli schemata tramite cui riconoscere un tipo di personaggi – il “carattere” aristotelico – ma anche valutare il grado di personalizzazione) e il testo e, in particolare, dalla forma del testo.

107 l’identità di ogni personaggio, in qualsivoglia forma narrativa, è sempre una negoziazione costante tra il testo e il suo fruitore e l’enciclopedia intertestuale di quest’ultimo. Di conseguenza, essa è sempre incompleta e mutabil, mai unica e uniforme ma, al contrario, variabile e polisemica.

immobili, come il tenente Colombo o Jessica Fletcher, la naturale evoluzione della narrazione porta la loro caratterizzazione ad ampliarsi e, di conseguenza, l’identità a modificarsi (anche se di poco). In simili circostanze narrative, il personaggio deve possedere una certa “stabilità” nella configurazione dei tratti che lo caratterizzano, tale, appunto, da definire il suo carattere lungo la narrazione. Al contempo, però, stabilità non deve significare immobilità,108 a maggior ragione in relazione a personaggi che si muovono in narrazioni continuative e in evoluzione costante. A tal proposito, per descrivere il particolare status identitario proprio dei personaggi seriali tornano utili le riflessioni sull’identità proposte da Paul Ricouer, il quale afferma che

se ogni storia può essere considerata come una catena di trasformazioni, da una situazione iniziale a una finale, allora l’identità narrativa dell’eroe non può che essere lo stile omogeneo di una trasformazione soggettiva in accordo con le trasformazioni oggettive che obbediscono alle regole di completezza, totalità e unità della costruzione dell’intreccio. […] Ne risulta che l’identità narrativa dell’eroe non può che essere in relazione con la concordanza discordante della storia (2009 [1991], 97).

La struttura narrativa del testo è un fattore determinate, dal momento che,

il personaggio conserva lungo tutto il corso della storia una identità correlativa a quella della storia stessa [...]. Il racconto costruisce l’identità del personaggio, che può esser chiamata la sua identità narrativa, costruendo quella della storia raccontata. L’identità della storia fa l’identità̀ del personaggio (1993, 234-240).

Se, in un certo senso, “l’identità della storia fa l’identità del personaggio”, nelle serie televisive essa deve fare i conti con frammentazione, continuità temporale e dialettica di ripetizione e variazione. Innanzitutto, a causa della forma discreta del testo l’identità del personaggio seriale si costruisce in modo frammentario: ogni installment della serie (o del serial) porta con sé la riproposizione di alcuni tratti connotativi del personaggio, che servono a farlo “emergere” dallo sfondo diegetico della narrazione, a indicarlo chiaramente, distinguerlo dagli altri personaggi e a farlo riconoscere nel corso della

108 L’identità non è una configurazione monolitica e cristallizzata una volta per tutta anche perché essa è frutto da una coordinazione di sforzi da parte del testo e del fruitore che lo interpreta.

narrazione. Al contempo, questi tratti connotativi di base sono soggetti a un numero potenzialmente infinito di variazioni, dal momento che il nucleo identitario si arricchisce e/o si modifica (svelando un tratto del carattere o modificandone uno preesistente) a ogni nuovo segmento narrativo. Inoltre, la costruzione identitaria del personaggio seriale non è orientata alla chiusura ma, al contrario, essa è volta al suo perdurare e mantenersi per un periodo di tempo continuativo. Ciò costituisce, tuttavia, una minaccia piuttosto consistente alla formazione di un’identità coesa e resiliente, la quale deve essere facilmente afferrabile dal pubblico. Per questo motivo, il pilot, l’episodio primigenio di una serie riveste un ruolo di importanza fondamentale: esso ha il compito di stabilire lo scheletro identitario del personaggio, che i successivi episodi (e stagioni) dovranno rimpolpare con nuovi tratti e/o manipolare in modo che l’identità vari pur rimanendo se stessa. Prendiamo, a titolo d’esempio, il pilot di Sons of Anarchy. Jax Teller, protagonista della serie, è il vice-presidente del club motociclistico/banda criminale dei SAMCRO (Sons of Anarchy Motorcycle Club, Redwood Original Chapter). Nella sua entrata in scena è presentato in sella alla sua Harley che sfreccia spavaldo nell’oscurità della notte. Il suo aspetto, i suoi atteggiamenti e le poche informazioni che si possono ricavare da questo esordio lo connotano come un tipo da cui stare alla larga, un tipico bad boy. Poco dopo, però, mentre si trova in una drogheria a comprare sigarette e profilattici (rafforzando così l’impressione iniziale) si sofferma trasognato a sfogliare un libro per bambini. Bastano questi pochi minuti per creare l’identità base di Jax Teller, per inquadrarlo come un personaggio “binario”, combattuto fondamentalmente tra il senso di appartenenza verso il suo club criminale da un lato, e il desiderio di una famiglia normale dall’altro. Elementi, questi, che lo caratterizzeranno per tutta la narrazione, fino al momento in cui essi collidono tragicamente nel finale della serie: dopo sette stagioni di progressivi attriti tra le sue due famiglie, il Club da un lato e la moglie Tara e i figli dall’altro, e tra le due linee del suo binario identitario, finché nel pre-finale (07x08, “Rosa rossa”), Jax uccide la madre/matriarca del Club, la quale aveva a sua volta ucciso Tara. Ci sono voluti novanta episodi per arrivare a questo punto, ma la matrice identitaria di Jax, nonostante le evoluzioni della trama e le trasformazioni che ha subito il personaggio, è rimasta pressoché la stessa rispetto a quella tracciata nel pilot.

L’esempio offerto dal processo di costruzione (ed esplicitazione) identitaria di Jax Teller dimostra che, nel personaggio seriale, l’identità si dà come quella che Ricoeur chiama “concordanza discordante”: nella concordanza generale della composizione identitaria sono inserite un’infinità di discordanze, in modo che “l’arricchimento in termini di progettualità esistenziale” che costruisce l’identità del personaggio seriale si debba “alla dialettica tra l’istanza della concordanza e quella della concordanza” (Braga 2003, 135). Nei personaggi dei testi seriali si intensifica al massimo grado quel meccanismo di ripetizione e variazione che per Ricouer soggiace, anche se in minor intensità e più nascosto, alla creazione dell’identità di ogni personaggio finzionale. Costruendosi tramite un vissuto temporale e la cui identità, come quella di una persona reale, deve superare l’apparente inconciliabilità tra

la sua persistenza nella persona, che è sempre se stessa, e il cambiamento, che la interessa a causa dell’assunzione di successive decisioni, attitudini e condizioni emotive che possono portare anche a trasformazioni profondissime (Braga, ibidem).

Per comprendere la permanenza dell’identità nel tempo, la proposta di Ricoeur poggia le sue fondamenta sulla relazione dialogica che si instaura tra due valori dell’identità, l’idem (l’identità del medesimo) e l’ipse (l’identità del sé). La “matrice identitaria” del personaggio stabilita dal pilot – o da ogni episodio che presenta un nuovo personaggio ricorrente – che, per utilizzare la calzante nomenclatura di Ricoeur, possiamo definire “identità-medesimezza”, 109 si mantiene per tutto il corso della serie. Essa è considerabile come il nucleo permanente del sé, sede di quei tratti della personalità che permangono nel tempo e dell’“insieme delle note distintive che consentono di re- identificare un individuo umano come il medesimo” (1993 [1990], 207). Tramite la stabilità – potremmo porre la questione in termini di una sorta di fedeltà a se stessi – di questi tratti identitari che vengono ripetuti, il personaggio può adeguarsi alle necessità di una narrazione discreta e dispersa (sia nel tempo che nello spazio) come è quella delle serie televisive contemporanee.

109 Con una metafora molto suggestiva, Paolo Braga definisce la medesimezza come “il permanere della struttura di uno strumento a cui sono via via sostituiti tutti i pezzi e che tuttavia viene identificato come sempre come lo stesso” (2003, 136).

L’identità-medesimezza è, però, solo uno dei due poli tra cui pendola l’identità del personaggio. Essa è designabile come un “sedimento dei vissuti, il loro concretarsi in abitudini e atteggiamenti acquisiti” (Braga 2003, 137) che costituisce la base del soggetto, ma non è la soglia ultima. La medesimezza va, infatti, posta in relazione con l’“identità-ipseità”, che invece rappresenta il lato dinamico del processo di costruzione identitaria. L’idem di un personaggio, quello che Ricouer chiama il suo carattere, va considerato come “l’insieme delle disposizioni permanenti a partire da cui si riconosce una persona” (Braga 2003, 210 corsivi originali). Tali disposizioni, tuttavia, pur rimanendo le medesime devono fare i conti con la temporalità e con un processo di mantenimento del carattere. È a questo punto che interviene il secondo valore base dell’identità, l’ipseità. Andrea Giambetti ragiona in modo molto suggestivo sulla proposta di Ricouer, scrivendo che “la medesimezza si espone alla temporalità dicendole ‘io sono così’; dall’altro canto la temporalità potrebbe replicare: ‘…ma non sei stata e non sarai più così’” (2013, 197 corsivi originali). L’identità degli esseri finzionali seriali si costruisce così sulla dialettica tra il polo della medesimezza e quello dell’ipseità: il loro carattere, come una promessa (1993, passim), deve essere in qualche misura mantenuto nel tempo, nonostante esso vada incontro a variazioni ed evoluzioni (di maggior o minor consistenza e ingerenza a seconda della tipologia di personaggio)110 che lo portano necessariamente a variarsi.

Da quanto emerso fin qui, l’identità del personaggio seriale si rivela essere – in misura maggiore rispetto ai suoi cugini che abitano testi unitari e che “si danno una volta sola” – un processo attivo e sempre in fermento in cui dialogano medesimezza e ipseità, in finambolico equilibrio tra l’essere al contempo una totalità chiusa e compiuta, che si ripete e si mantiene nel tempo, e una totalità aperta, variabile e quindi suscettibile di evolversi secondo gli sviluppi narrativi. Paradossalmente, in modo gattopardiano, il personaggio deve mutare, almeno in una qualche misura, perché la sua identità resti così com’è. La sua stessa sopravvivenza dipende dalla capacità di adattarsi alla trama e, nel caso, di evolversi in base a essa. Come scrive Emanuela Piga, “la dilatazione del racconto contribuisce all’effetto di ambivalenza che connota questi personaggi” (2016,

110 Sarah Sepulchre, riprendendo il pensiero di Vittorio Figerio, scrive che “le personnage oscille don centre «une identité suffisamment forte pour qu’elle ne laisse pas des de place à l’ambiguïté» et «la promesse de développements originaux ou du moins prétendus tels»” (2017, 158).

63), che costruiscono la propria identità “disseminando indizi, artefatti e compimenti delle azioni in una temporalità narrativa estesa, nella quale il personaggio, al centro di diverse relazioni, mostra aspetti della sua identità che contraddicono o allontanano la sua connotazione principale” (ibidem). Agire e andare avanti lungo la narrazione, quindi, non significa necessariamente consumarsi (Eco 2016 [1964] 233) e avvicinarsi alla “morte” che consegue alla fine della storia. Per il personaggio seriale, piuttosto, significa adattarsi ed evolversi, sfruttando una costruzione identitaria resiliente ma suscettibile di modificarsi coerentemente alla matrice inziale e agli sviluppi della trama. Configurandosi come “concordanza discordante”,111l’dentità del personaggio seriale unisce dialetticamente ripetizione e variazione, consentendo al personaggio longevità e resistenza al logorio della temporalità e alle ostilità di un mercato saturo e competitivo come quello dell’intrattenimento culturale.

Ora, intendere l’identità di questi personaggi come una “concordanza discordante”, in cui l’invariabilità dell’identità necessaria a rendere il personaggio unico e riconoscibile è bilanciata dalla sua capacità di evoluzione e mutamento spiega la popolarità di queste figure e il grande interesse che suscitano. Grazie alla loro identità ibrida, un po’ immobile e un po’ variabile, i personaggi seriali sono figure preminenti nell’immaginario culturale di una società e per questa ragione assai duttili nell’assorbire i cambiamenti socio-culturali. Il personaggio è una figura del testo (emergendo dal testo), ma che va inserita e analizzata alla luce della congiuntura spazio-temporale e del contesto socio-culturale in cui si trova ad esistere.