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CAPITOLO 3. LE FORME DEL PERSONAGGIO SERIALE TELEVISIVO

3.3. Elementi per uno studio formale del personaggio seriale

3.3.3. Somiglianze di famiglia: verso una tipologizzazione del personaggio seriale

Alla fine del primo capitolo si è insistito sul considerare il personaggio seriale televisivo come un concetto da costruire piuttosto che un oggetto già esisitente di per sé. Tuttavia, alla luce di quanto detto fin qui, sembra alquanto difficile raccogliere i personaggi della serialità televisiva appartenente al genere drama, ciascuno con le sue specificità, all’interno di un unico concetto indifferenziato. Walter White è, per certi versi, simile al detective Rusty Cole di True Detective ma molto diverso dall’agente speciale Leroy Jethro Gibbs (NCIS), così come Jessica Jones è diversa da Dorothy di Emerald City, o da Biancaneve in C’era una volta. Certamente, si tratta di ogni caso di personaggi seriali televisivi, ma ognuno di loro, rispetto agli altri, presenta differenze morfologiche, sistemiche, estetiche e disparità nel trattamento delle tematiche socio-culturali che vanno tenute in considerazione. L’opportunità teorica offerta dal ritenere il personaggio un concetto risiede nell’apertura di quest’ultimo e dalla sua capacità di mantenersi aperto (il che, lo so ricorda, non significa vaghezza) in modo da potersi espandere per raccogliere la moltitudine e la diversità delle manifestazioni concrete. Come conseguenza di questa apertura, non è necessario che tutti i personaggi ascrivibili al concetto “personaggio seriale televisivo” condividano le stesse qualità, proprietà e caratteristiche, ma basta che essi siano, per così dire, “imparentati” tra di loro. In questo frangente, può essere opportuno scomodare Wittgenstein e la sua nozione di “somiglianze di famiglia”. Come scrive il filosofo nelle sue Ricerche filosofiche,

Considera, ad esempio, i processi che chiamiamo «giochi». Intendo giochi da scacchiera, giochi di carte, giochi di palla, gare sportive, e via discorrendo. Cosa è comune a tutti questi giochi? – Non dire: «Deve esserci qualcosa di comune a tutti altrimenti non si chiamerebbero “giochi”» – ma guarda se ci sia qualcosa di comune a tutti. – Infatti, se li osservi, non vedrai certamente qualche cosa che sia comune a tutti, ma vedrai somiglianze, parentele, e anzi ne vedrai tutta una serie (1974 [1953], 46, corsivi originali).

Ora, il discorso che Wittgenstein fa per i giochi si dimostra vantaggioso anche per la questione del concetto di personaggio seriale televisivo. Come suggerisce il filosofo austriaco, anziché presuppore in partenza che ci debba essere qualcosa di comune –

perché altrimenti non li potremmo chiamare tutti personaggi seriali televisivi – è opportuno guardare con maggior attenzione, per rintracciare non tanto un’identità tra le varie occorrenze, quanto piuttosto una “serie di somiglianze”, affinità e modi simili. Così, continua Wittgenstein:

Non posso caratterizzare queste somiglianze meglio che con l’espressione «somiglianze di famiglia»; infatti le varie somiglianze che sussistono tra i membri di una famiglia si sovrappongono e s’incrociano nello stesso modo: corporatura, tratti del volto, colore degli occhi, modo di camminare, temperamento, ecc. ecc. – E dirò: i “giochi” formano una famiglia (ibidem).

Non tutti gli individui finzionali ascrivibili al concetto di personaggio seriale televisivo, infatti, condividono lo stesso assetto morfologico, né la stessa configurazione relazionale. Se così fosse, avremmo sempre lo stesso “tipo” di personaggio, in cui lo scontro delle forme, pur nelle differenze che contraddistinguono l’identità di un personaggio da quella di un altro, darebbe vita sempre alla stessa configurazione. Se guardiamo anche solo ai personaggi citati sopra, notiamo, in modo abbastanza intuitivo, che essi non condividono le stesse proprietà, oppure non le condividono allo stesso modo. Conseguentemente, non possono essere lo stesso tipo di personaggio. Per chiarire l’idea prendiamo a esempio due protagoniste della scena contemporanea, Jessica Jones (Jessica Jones) e Claire Fraser (Outlander): Claire è senza dubbio morfologicamente più complessa di Jessica, specie per quanto riguarda la profondità del suo carattere, la sua stratificazione e il livello dell’introspezione. Dal canto suo, Jessica può però sfruttare il riverbero della complessità dell’universo narrativo in cui si situa e la ricchezza delle relazioni inter-personali data dalla matrice transmediale e transfinzionale del mondo narrativo (a differenza di quello di Oulander che, al massimo, è un mondo intertestuale e intermediale).159

Se anche, come abbiamo visto, ogni personaggio si configura sulla base di una collisione specifica di forme di tipo estetico e di tipo socio-culturale, ma ciò non preclude che, tra i vari personaggi, ci siano delle somiglianze che rendono alcuni

159 La serie televisiva, prodotta da Ronald D. Moore per STARZ, è l’adattamento televisivo dell’omonima serie di romanzi iniziata nel 1991 e non ancora terminata (il nono volume, Go Tell the Bees that I am Gone, è attualmente ancora in fase di scrittura) scritta da Diana J. Gabaldon.

personaggi più simili tra di loro e, di conseguenza, maggirmente diversi rispetto ad altri. Riprendendo le argomentazioni di Wittgenstein, se non possiamo trovare un elemento comune e condiviso da tutti i personaggi ascrivibili al concetto “personaggio seriale televisivo”, è però ammissibile sostenere che tra uno e l’altro vi siano delle somiglianze, quello che il filosofo chiama “un’aria di famiglia”. Non è affatto difficile notare, anche solo a livello empirico, come alcuni personaggi siano simili tra di loro o, per essere più precisi, non è difficile notare come personaggi per molti aspetti diversi emergano da una collisione di forme simile.

La domanda che ci si pone, quindi, è come individuare le basi per cui due personaggi siano simili e facciano percepire un’aria di famiglia, cercando di capire (e carpire) quali siano le “somiglianze di famiglie” che accomunano certi personaggi e che, al contempo, li allontano da altri. La risposta che si vuole qui provare a dare chiama in campo i due fattori illustrati sopra, quello morfologico e quello sistemico. La morfologia, come si è visto, può essere semplice oppure complessa, più vicina al tipo oppure all’individuo, così come anche le relazioni sistemiche possono definirsi, in buona misura, semplici se organizzate a “sistema solare” o complesse se adottano il modello a “costellazione”. Utilizzando questi due ordini di elementi come fattori discriminanti per rintracciare le somiglianze di famiglia tra i vari personaggi seriali televisivi, possiamo raggrupparli in

tipologie che, seppur euristiche e dal valore descrittivo, permettono di passare in

rassegna le caratteristiche che contraddistinguono questi personaggi. Si è consci che procedere per tipologie sia una strada rischiosa, nonché, forse, una pratica un po’

demodé. Shane Denson – il quale non esita a ricorrere alla tipologizzazione – esprime le

sue riserve in merito quando afferma che “a simple typological distinction between character types […] will not give us any clear answers, as both the figures and their series are in historical flux”.160 Il rischio di generalizzazione e astrazione dal flusso della storia è sempre altro, ovviamente, ma con le dovute precauzioni, e tenendo a mente i precetti del neo-formalismo sulla considerazione del contesto storico e socio-culturale,

160 Denson, Shane. “Interior Decorating and the Mass Ornament”, riposta al discussion topic: Jason Mittell, “Serial Characterization and Inferred Interiority”, 14 dicembre 2011, In Media Res: A Media Commons Project, URL http://mediacommons.futureofthebook.org/imr/2011/12/14/serial- characterization-and-inferred-interiority consultato il 4 agosto 2018.

una categorizzazione dei personaggi seriali e una loro tipologgizzazione non solo è possibile ma può offrire grandi vantaggi.

Hjelmslev, parafrasato da Francesco Orlando (1993), scrive che il proiettarsi della forma sulla materia, della categoria sul materiale contreto, è possibile proprio perché esisite una materia comune: “lo spazio dell’operazione classificatoria”, continua Orlando (1993, 76), “sarà quello che intercorre fra un puro dato di materia del contenuto, qualcosa come un minimo comun denominatore semantico, e la serie dei testi ai quali appunto esso e comune” (ibidem). Nel secondo capitolo abbiamo visto che il personaggio seriale televisivo è contraddistinto da determinate specificità (testuali, identitarie, mediali, ecc.) condivise ma che, al contempo, si offre in una variegato ventaglio di configurazioni. Una classificazione di simili personaggi, resa possibile dalla presenza di una materia che, pur nelle difformità delle sue manifestazioni, è comune a tutti gli esseri finzionali seriali televisivi, non è solo un’operazione ammissibile, ma anche utile. Essa permette una “lettura distante” della questione del personaggio, per utilizzare il concetto elaborato da Franco Moretti (2005a, 2005b 2013), consentendoci di redigere una mappa del personaggio che “serve a lasciare intravedere i possibili legami […], a orientarsi in un insieme di informazioni troppo ricco, a trattenere i dati” (Boni e Re 2017, 115). L’“altezza dell’astrazione” (Orlando 1993, 65) fa risaltare le connessioni tra i singoli personaggi e le somiglianze di famiglia che li legano, nonché le separazioni e le estraneità che li dividono. Suddividere i personaggi della serialità televisiva drama contemporanea in tipologie sulla base di somiglianze di famiglia favorisce così la creazione di una “modellizzazione che lascia emergere ‘configurazioni nascoste’, facilitando l’osservazione di tendenze o relazioni che l’analisi estetica (il tradizionale close reading) non autorizza” (Boni e Re 2017, 109). Ecco così che, rispondendo ad un imperativo puramente funzionale, si distinguono diverse forme di personaggio seriale televisivo, configurazioni separate e differenti anche se non “da distinguere troppo” (Orlando 1993) entro cui raggruppare la varietà degli esseri finzionali che vediamo ed esperiamo quotidianamente. Non si vuole proporre un’“euritmia di astrazioni” (ivi, 260), né offrire, sulla falsariga di quell’“albero semantico” progettato da Orlando, un modello secondo cui il multiforme materiale – nel caso di Orlando tremila anni di letteratura, nel nostro si tratterebbe dei molti e diversi

personaggi seriali televisivi – che ci appare in superficie si suddivide simmetricamente e secondo una lineare logica di fondo.161 La tipologizzazione che qui si propone è arbitraria e strategica, dalla “precisione tormentata e sospetta” (ivi, 85, 77) e le cui etichette sono soggettive,162 ma è appunto funzionale a imbastire un discorso sui personaggi che miri a rendere conto di come simili entità si cotruiscano e agiscano nello scenario televisivo contemporaneo. Per questo motivo si è scelto – in un movimento che, scrive Orlando, “animato dalle iniziative dell’informazione induttiva e orientato dalle regole del gioco deduttivo, dovrà ben chiamarsi arbitrario” (ivi 77) – di creare il nostro modello incrociando i fattori che determinano l’identità e la conformazione del personaggio seriale televisivo, vale a dire la morfologia e il sistema relazionale. Da un gioco di contrapposizioni e contraddizioni (morfologia semplice/sistema relazionale semplice; morfologia complessa/sistema relazionale semplice; morfologia semplice/sistema relazionale complesso; morfologia complessa/sistema relazionale complesso) si ottengono così quattro tipi di agenti finzionali operanti nelle narrazioni seriali, categorie ricavate sulle base delle somiglianze di famiglia che legano alcuni personaggi tra loro separandoli da altri e in cui, all’interno di ciascuna, le forme estetiche e quelle socio-culturali collidono in modo simile:

1) Il personaggio stereotipato

Si tratta di quelle figure caratterizzate da una morfologia semplice, in cui l’identità è assicurata da una dinamica di ripetizione e variazione dei tratti narrativi e figurativi senza però che questa costruzione dipenda tanto da una dinamica interna al personaggio stesso, quanto dal fatto che i personaggi di questo tipo siano inseriti in una narrazione televisiva seriale: il personaggio non varia, ma variano le situazioni in cui si trova. Dal punto di vista sistemico, questi personaggi sviluppano un network relazionale semplice,

161 Scrive Orlando a proposito del suo “albero semantico”: “Linee e parole vi si ramificheranno sempre di più a partire da un tronco unico – il minimo cumun denominatore – come in un albero vegetale; mentre invece è preferibile che la lro disposizione sia leggibile dall’alto verso il basso – dall’altratto verso il concreto –, come in un albero genealogico.” (1993, 84) si tratta, come argomenta lo stesso studioso, di un “esercio strutturalista”, se preso sul serio, o in caso contrario di un esercio giocoso e fortunoso, il quale però rivela una progettualità e una necessarietà logica dietro alla scelta di ogni categoria più che evidenti.

162 Ogni nome dato ad una categoria è per sua stessa natura soggettivo e ballerino se, scrive lo stesso Orlando, “la classificazione non è altro che ricerca di parole giuste per approsimazione” (ivi, 77)

disposto “a sistema solare” e caratterizzato da una costruzione telica, tendenzialmente chiusa e scarsamente, o per nulla, transmediale. Rientrano in questa tipologia quei “personaggi-prototipo”, assai frequenti nelle serie classiche e serializzate, in cui l’identità e la caratterizzazione dipendono dal confronto diretto con formule di genere e da una serializzazione verticale, che li mantiene e li ripete, tutto sommato, costanti lungo il corso della narrazione.

2) Il personaggio individualizzato

Fanno parte di questa categoria quei personaggi, tipici della costruzione narrativa del

serial, sui quali l’andamento seriale agisce in senso orizzontale e in cui ogni puntata

svela al pubblico un qualche elemento in più sulla sua identità (sul suo mondo interiore, sul suo legame con gli altri personaggi, sui suoi percorsi narrativi, ecc.). Il risultato è una serializzazione interna al personaggio stesso, in cui l’identità si costruisce un po’ alla volta, tramite un processo di individualizzazione che rende il personaggio sempre più unico e irripetibile man mano che la narrazione procede attraverso le puntate e le stagioni.

3) Il personaggio popolare

Sono personaggi iconici e inscritti nell’immaginario culturale, caratterizzati da un’identità particolarmente stabile ma fondamentalmente piatta, in cui la morfologia, anche se gioca molto sulla dialettica di variazione e ripetizione, rimane semplice. Quello che si “complessifica” è il sistema di relazioni che il personaggio intrattiene con gli altri suoi simili e con lo storyworld: il modello relazionale della costellazione viene impiegato in modo estensivo, al fine di creare un universo narrativo (o, per meglio dire, un “ecosistema narrativo”) estremamente vasto ma coeso, basato su pratiche di transmedialità e transfinzionalità.

4) Il personaggio replicante

Si tratta dei personaggi in cui i tratti ripetuti sono talmente codificati e sedimentati nel profondo dell’immaginario collettivo che la loro iconicità è sufficientemente elevata da garantirne l’identità senza perdita di coerenza e di riconoscibilità anche a fronte di una trasformazione di tutte le altre variabili (medium, percorso narrativo, figurativizzazione,

ecc.). In questo modo, il personaggio replicante può abitare qualsiasi mondo o universo narrativo pur mantenendo la sua identità riconoscibile. Si tratta di un tipo di personaggio caratterizzato da una morfologia complessa, dal momento che, pur presentandosi come un personaggio estremamente iconico e riconoscibile, ogni sua occorrenza è individualizzata diventando un personaggio a sé stante rispetto alla matrice e adattandosi alla narrazione. Anche le relazioni sistemiche, di conseguenza, si fanno assai complesse, poiché questi personaggi, attraversando i confini dei testi e persino degli universi finzionali, possono creare connessioni transfinzionali molto intricate.