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L’utilizzo della comparazione da parte delle Cort

L’utilizzo del diritto comparato nella giurisprudenza italiana in tema di fatti illecit

1. L’utilizzo del diritto straniero

1.2 L’utilizzo della comparazione da parte delle Cort

Diversa, e più funzionale alla presente trattazione è l’ipotesi del ricorso non necessitato, da parte delle Corti italiane, a principi e norme proprie di altro ordinamento, che si verifica quando, cioè, il giudice ricorre volontaria- mente e spontaneamente, nella decisione del caso, a tali elementi estranei all’ordinamento, richiamandoli nella motivazione.

Certa dottrina distingue i possibili usi della comparazione, in tale caso, nella seguente tripartizione5:

I) uso normativo della comparazione, che si verifica quando la constata- zione pura e semplice dell’esistenza di una certa soluzione giuridica in altro ordinamento viene considerata ragione di per sé sufficiente per giungere ad una certa decisione sul caso dedotto in giudizio;

II) uso dialettico o problematico della comparazione, che si ha quando il giudice analizza le esperienze straniere e le soluzioni raggiunte, onde verifi- carne i risultati pratici e trarne argomenti empirici;

III) uso esornativo o superfluo della comparazione, che si verifica quando 3 Cfr. anche Cass. SS.UU. 5.7.2011 n. 14650 che ha confermato la sentenza sub 7).

4 Cass. Civ. Sez. II, 30.5.2014 n. 15824.

5 Cfr. G. SMorto, L’uso giurisprudenziale della comparazione, in Europa e diritto pri-

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il richiamo ad esperienze straniere costituisce solo un arricchimento cultu- rale, ma poi viene applicato il diritto interno. In questi ultimi casi, in realtà, si tratta di sfoggio di erudizione, e la decisione poi non fa uso di alcunché di

extraneus6.

1.2.1 L’uso normativo puro della comparazione

L’uso normativo puro della comparazione, allo stato, è impossibile per il Giudice italiano, e, in generale, penso, in ambito di Civil Law, ostandovi sia il principio generale dell’obbligatorietà delle leggi interne dal quindicesimo giorno successivo a quello della loro pubblicazione (art. 10 disp. prel. c.c.) sia le regole sull’interpretazione ed applicazione della legge di cui all’art. 12 disp. prel. cc, il cui secondo comma prevede, da un lato, la preliminare ri- cerca di una norma positiva applicabile al caso concreto, in difetto il ricorso all’analogia e, da ultimo, in caso di dubbio irresolubile sull’interpretazione della norma (italiana) applicabile al caso dedotto in giudizio, che si debba decidere secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato. A norma dell’art. 101 Cost., il giudice italiano è, del resto, soggetto alla leg- ge e, soltanto alla legge, che, naturalmente, è quella italiana.

Tutta da verificare sarebbe la possibilità di elaborazione di una nozione di “principi generali dell’ordinamento internazionale” valevole agli effetti dell’art. 12 cit., ma, allo stato, l’eventuale applicazione normativa concreta, da parte del Giudice italiano, di disposizioni estere in luogo di quelle italiane vigenti o di espansione estensiva dell’art. 12 cit.al concetto di “ordinamento

giuridico internazionale” potrebbe costituire, a mio avviso, in mancanza di

un preciso criterio normativo di collegamento, addirittura un abuso suscetti- bile di procedimento disciplinare da parte del C.S.M..

1.2.2 L’utilizzo dialettico o problematico della comparazione

L’utilizzo dialettico o problematico della comparazione sub II), invece, si distingue in distruttivo, se la decisione analizza il principio estraneo, magari invocato da una delle parti, per negarne l’applicazione sulla base del prin- cipio della difesa del diritto interno, oppure costruttivo, quando ne viene, invece, fatta applicazione.

Qui interessa soprattutto il secondo tipo di decisioni.

6 Cfr. Cass. 3/8/1991 n. 9277, ove si ravvisa la responsabilità del venditore di prodot- to difettoso nel non aver acquistato il prodotto poi rivenduto da un “buon fabbricante” mutuando l’espressione da unacitata decisione dell’Alta Corte di Giustizia britannica; cfr. anche Cass. 7/1/1991 n. 60, che, riconoscendo la risarcibilità dei diritti riflessi, cioè dei diritti di cui sono portatori soggetti diversi da quello leso dal fatto illecito, lesi appunto per conseguenza di quella lesione, cita la definizione di lesione “di rimbalzo” utilizzata dalla dottrina francese: in nessuno di questi due casi la decisione è poi frutto dell’applicazione di un qualche istituto, o principio, estraneo all’ordinamento italiano.

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E la casistica dimostra la fondatezza dell’analisi dottrinaria (Rescigno) che individua proprio nella materia della responsabilità extracontrattuale quella ove il metodo comparatistico costruttivo può esplicare, e di fatto ha esplicato, gli effetti quantitativamente e qualitativamente più incisivi.

Si pensi alla formazione giurisprudenziale di un sistema armonizzato di tutela di diritti di rilevanza costituzionale, improntato a principi europei solidaristici.

Si pensi a Cass. 20/5/1998 n. 5031 che ha ascritto, superando precedente giurisprudenza, la fattispecie del danno da cose in custodia al novero della responsabilità oggettiva: in un passo della sentenza si legge che dalla giu- risprudenza francese la Cassazione mutua il concetto di presunzione di re- sponsabilità e non di presunzione di colpa.

Si pensi anche a Cass.17152/2002 che, in ambito di responsabilità della P.A. per insidia stradale, ha rigettato la tesi dell’incompatibilità della respon- sabilità dell’Amministrazione per insidie stradali e della colpa concorrente del danneggiato (art. 1227 c.c.) richiamando il concetto di comparative ne-

gligence mutuato dal sistema inglese.

O ancora, a Cass. 22/1/1999 n. 589, che ritiene applicabile la responsabi- lità contrattuale, da “contatto sociale”, al caso del danno provocato da errore medico, in riguardo al rapporto fra paziente e medico dipendente dalla strut- tura sanitaria pubblica, inquadrandolo fra quei rapporti che sono di origine contrattuale ma senza una base negoziale, derivanti dal semplice “contatto sociale” secondo l’ormai nota espressione di matrice tedesca.

Si è sostenuto in Dottrina7 che l’utilizzo del metodo comparatistico “co-

struttivo” si rivela più proficuo e più audace quando vengono in considera- zione questioni etiche, con l’enucleazione di principi solidaristici; e questo spiega anche l’abbondanza di decisioni del genere considerato nell’ambito della responsabilità extracontrattuale medica, che, appunto, è stata trasfor- mata fino a farla diventare contrattuale come nel caso citato, all’eviden- te fine di invertire, o almeno alleggerire, l’onere della prova gravante sul danneggiato, effetto attenuato, tuttavia, dalla determinante incidenza che, in tale campo, spiega la consulenza tecnica, di cui il Giudice dispone anche d’ufficio e dal cui esito dell’accertamento finisce per dipendere la decisione qualunque sia la natura giuridica della fonte della responsabilità.

Il metodo comparatistico costruttivo ha avuto una sorta di positivo rico- noscimento in altra nota sentenza della Suprema Corte8 del 2009, in tema

di accertamento della capacità giuridica del nascituro, in una fattispecie in cui si dibatteva dell’insorgere, in capo al concepito, di diritti risarcitori per i danni subiti da trattamento farmacologico cui era stata sottoposta la gestan- 7 cfr. G. SMorto, op. cit.

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te senza adeguata informazione sugli effetti collaterali. In tale occasione, i giudici di legittimità hanno sostenuto, quale conseguenza dell’avvento dello stato sociale, l’avvio di un processo di depatrimonializzazione e decodifi-

cazione del diritto privato, con il venir meno della individuazione di tutti gli interessi meritevoli di tutela in un unico testo normativo. In definitiva,

secondo i giudici di legittimità, tale fenomeno avrebbe avvicinato gli or- dinamenti come il nostro, basati in teoria sul principio della necessaria ed esclusiva base normativa del diritto, a quelli di Common Law, attraverso l’utilizzo di clausole generali come buona fede, solidarietà, funzione sociale della proprietà ecc.

Tali clausole consentirebbero, secondo la tesi della Cassazione, pro- prio per intenzione del legislatore in tal senso, all’interprete, di individua- re e far emergere nuovi interessi meritevoli di tutela, consentendogli, ov- viamente se di un giudice si tratta, di fornire, tale tutela, “attualizzando” il diritto «con evidente applicazione del modello ermeneutico tipico della

Interessenjurisprudenz (cd. giurisprudenza degli interessi, in contrapposi-

zione alla Begriffsjurisprudenz o giurisprudenza dei concetti quale espres- sione di un esasperato positivismo giuridico). In tal modo si eviterebbe sia il rischio, insito nel cd. sistema chiuso (del tutto codificato e basato sul solo dato testuale delle disposizioni legislative senza alcun spazio di autonomia per l’interprete), del mancato, immediato adeguamento all’evolversi dei tempi, sia il rischio che comporta il cd. sistema aperto, che rimette la cre- azione delle norme al giudice sulla base anche di parametri socio giuridici (ordine etico, coscienza sociale etc.) la cui valutazione può diventare arbi- traria ed incontrollata».

Ma qui, laddove le clausole generali vengano tratte da ordinamenti stra- nieri, il giudice dovrà fare attenzione ai trabocchetti linguistici, ai c.d. “falsi amici” ed alle correlate potenziali “figuracce” motivazionali. Guido Alpa, in suo acuto scritto9 segnala, ad esempio che talvolta, nelle sentenze italiane,

l’uso di concetti giuridici ed istituti stranieri è erroneo, in quanto frutto di un misunderstanding linguistico e cita, ad esempio, l’erronea confusione del concetto di “good faith” inglese con la nostra “buona fede”, a causa di un’as- sonanza di parole che tuttavia inganna, (al pari del significato del vocabolo

sentence, ad esempio).

Sempre in tema di malpractice medica e di wrongful life, è famosa, fra gli esperti di diritto comparato, una pronuncia della Cassazione del 200410 che,

in un caso di omessa diagnosi, da parte del ginecologo curante, del rischio 9 G. AlPA, Il giudice e l’uso delle sentenze straniere. Modalità e tecniche della compa-

razione giuridica. La giurisprudenza civile, Relazione presentata al congresso della Corte Cost. e del CNF, Roma , 21.10.2005.

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di talassemia maior per una nascitura in cui ambedue i genitori erano affetti da tale patologia, sull’errato presupposto che il padre non fosse malato, no- nostante documentazione medica comprovante il contrario, ha qualificato il contratto intercorso fra la gestante ed il sanitario come contratto con effetti protettivi a favore di terzo, richiamando la dottrina tedesca del Vertrag mit

Schutzwirkung zugunsten Dritter, individuando il terzo nel nascituro, ancor-

ché la prestazione si fosse svolta prima della sua nascita. I genitori avevano chiesto i danni jure proprio e per la figlia, invocando il suo diritto a nascere sana, ma il Giudice di primo grado (Tribunale di Brindisi) aveva accolto solo la domanda a titolo contrattuale della coppia, sotto il profilo dell’omessa corretta informazione e dell’impossibilità di esercitare il diritto di abortire, rilevando che per la bimba, estranea al contratto e non ancora nata, non sussi- steva nesso di causalità fra l’omessa diagnosi e la patologia da cui era affetta e che l’informazione corretta avrebbe di fatto impedito alla stessa di venire ad esistere, negandole il risarcimento. La Corte d’Appello aveva rigettato gli appelli. La Cassazione, a fronte del motivo di ricorso fondato sul diritto della bambina al ristoro della “vita ingiusta”, dunque a non nascere, ha rigettato il ricorso, negando che esista nel nostro ordinamento un vero e proprio diritto all’aborto eugenetico, ma per quanto riguarda la tematica della wrongful

life ha citato ampiamente le dottrine e la giurisprudenza francesi, tedesche

ed anche nordamericane, nonché il precedente, identico, costituito dal c.d.

affaire Perruche deciso dalla Corte di Cassazione Francese il 28 11.2001 in

Assemblea Plenaria, che tanto aveva fatto scalpore in Francia, da provocare, sull’onda dell’indignazione per l’accoglimento della domanda, l’emanazio- ne di una legge11 che ha statuito che nulla possa essere richiesto dal minore

handicappato per il solo fatto della nascita, quando l’handicap non sia stato provocato o aggravato da errore medico.

In questo caso la nostra Cassazione ha fatto un uso dialettico distruttivo della comparazione, avuto riguardo al precedente giurisprudenziale, ispiran- dosi, invece, in modo costruttivo alla norma estera.

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