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Il ruolo dell’interpretazione giurisprudenziale nel processo di armo nizzaione del diritto europeo

Il DCFR come “scatola per gli attrezzi” per il giudice italiano

6. Il ruolo dell’interpretazione giurisprudenziale nel processo di armo nizzaione del diritto europeo

L’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea e lo sforzo compiuto dall’Unione per l’armonizzazione del diritto europeo hanno radicalmente mutato il modo di operare del giurista negli ultimi decenni. Oggi, infatti, il giurista nazionale non può più limitarsi a conoscere il proprio diritto e a in- terpretarlo senza tenere conto delle fonti di derivazione eurounitaria e delle decisioni delle Corti di Strasburgo e di Lussemburgo.

Non solo, negli ultimi decenni, la creazione di progetti di diritto unifor- me come i PECL o il DCFR ha fornito ai giuristi nazionali un vasto corpus normativo che può fornire utili indicazioni nell’interpretazione evolutiva del diritto nazionale.

È chiaro che il giudice nazionale, nell’applicare e nell’interpretare il di- ritto, è tenuto prima di tutto all’osservanza della legge vigente nel suo or- dinamento e al rispetto del diritto eurounitario risultante dai trattati, dalle direttive e dai regolamenti; è altrettanto chiaro, però, che per osservare il di- ritto vigente occorre necessariamente un’operazione prodromica e cioè l’in- terpretazione del precetto che deve essere osservato. Nel fare ciò il giudice gode di un certo grado di discrezionalità. Inoltre è sempre possibile che lo stesso testo offra più soluzioni interpretative: in questo caso pare auspicabile che il giudice scelga l’interpretazione che uniforma il diritto italiano a quello europeo e, per garantire un tale risultato, appare consigliabile scegliere tra più interpretazioni possibili della norma domestica quella che si dimostra più conforme alle tendenze del diritto europeo risultanti dai testi di soft law esistenti67.

Il grado di discrezionalità del giudice-interprete aumenta di fronte alle la- cune tecniche, le quali non consentono di decidere in base a una norma di dirit- to positivo, bensì utilizzando il criterio analogico previsto dall’art. 12 comma 2 delle preleggi e quindi ricorrendo all’analogia legis o all’analogia iuris.

Il diritto comparato e i progetti di diritto uniforme, per quanto non siano ancora diritto positivo, possono tornare di estrema utilità quando il giudice deve fare ricorso all’analogia legis. In questi casi, infatti, sembra preferibile 67 Sull’opportunità di utilizzare la comparazione al fine di agevolare l’uniformazione del diritto europeo risulta utile la lettura di M. GeBAuer, Grundfragen der Europäisierung des

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il dcfrcome “scatolapergliattrezzi” perilgiudiceitaliano

considerare l’ordinamento italiano non già come autonomo e isolato rispetto agli altri ordinamenti europei, ma come un ordinamento coinvolto attiva- mente in un procedimento sovranazionale di armonizzazione e quindi pre- diligere tra più soluzioni possibili quella che più si adegua al diritto comune europeo, specialmente qualora si tratti di un settore in cui l’intervento del diritto dell’Unione gioca un ruolo rilevante come avviene, ad esempio, nella materia contrattuale. Attraverso questa scelta ermeneutica non solo si con- solida il ruolo dell’Italia nel progetto eurounitario, che è volto alla creazione di uno spazio europeo di giustizia, nel quale i cittadini godano di analoghi diritti, ma si faciliterebbe anche uno sviluppo più sistematico del diritto pri- vato europeo. Inoltre, l’interprete potrebbe contare sull’ausilio di un quadro di riferimento nell’interpretazione di regole che hanno la loro origine nel diritto europeo, ma che, data la loro settorialità, non godono di un sufficiente impianto sistematico che assicuri un’uniforme applicazione all’interno dei singoli ordinamenti nazionali.

Una simile prospettazione, peraltro, sembra conforme all’auspicio di Gorla, secondo il quale l’interpretazione del diritto va condotta in chiave storica, non creando istituti e concetti asettici che vivono al di fuori della raltà, ma cercando di interpretare le norme in chiave storica, addivenendo ad una concreta comprensione del diritto68.

Prediligere, in assenza di disposizioni di diritto positivo nazionale con- trastanti, soluzioni interpretative che armonizzino il diritto dei paesi membri dell’Unione appare una scelta conforme allo spirito dei Trattati europei e funzionale alla creazione dal basso di un sistema giuridico affine sul terri- torio dell’Unione. In questo modo si assicurerebbe ai cittadini europei un livello più elevato di certezza del diritto e una maggior armonizzazione delle soluzioni concretamente operanti nei singoli ordinamenti nazionali. In alcu- ni Stati membri69 la giurisprudenza ha già intrapreso questa strada e, quando

si è trovata a dover affrontare questioni nuove non ancora disciplinate dal le- gislatore, ha fatto ricorso al diritto comune europeo e in particolare al Draft

Common Frame of Reference per trovare soluzioni ai problemi che la prassi

propone. Attraverso il ricorso al diritto comune europeo, peraltro, la giuri- sprudenza nazionale si arricchisce di nuove prospettazioni e di soluzioni che possono rendere gli ordinamenti nazionali più moderni e coerenti tra loro.

Se la giurisprudenza facesse sistematicamente ricorso a principi che, an- corché privi di forza di legge, sono scritti e conoscibili ex ante e uniformi in tutta Europa aumenterebbe anche il livello di garanzie per il cittadino, il quale potrebbe fare affidamento sul fatto che il suo caso, pur non essendo 68 G. GorlA, L’interpretazione, cit., p. 97 e s.

69 Per maggiori dettagli si vedano ad esempio gli interventi di Tina Kalouta e di Celia Martínez Escribano.

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geomagri

disciplinato dal legislatore, verrà deciso in base a principi che egli può co- noscere e dei quali può tenere conto nel valutare la fondatezza delle proprie pretese. Nel caso in cui la controversia venga decisa in base alle regole che il giudice ritiene applicabili analogicamente, invece, il grado di certezza e di predicibilità della decisione si riduce notevolmente. Spesso, infatti, si rivela difficile o impossibile prevedere ex ante quale regola la discrezionalità di un giudice potrà ritenere analogicamente applicabile al caso concreto.

Sembra auspicabile che l’utilizzo del DCFR da parte delle corti venga in- centivato anche dall’avvocatura, la quale dovrebbe cominciare a familiariz- zare con il testo del DCFR, utilizzandolo come argomento ad adiuvandum per segnalare alle corti eventuali soluzioni innovative che, pur non contra- stando con lo ius condito, appaiano più conformi alle nuove esigenze sociali.

L’utilizzo del DCFR come toolbox da parte dei giudici nazionali, sep- pur non sia stato ipotizzato in prima battuta, appare oggi conferire all’opera maggior prestigio e attestare la sua rilevanza ai fini della creazione di un diritto comune europeo, che, lungi dall’essere imposto autoritativamente dalle istituzioni di Bruxelles, si crea su base volontaria dal basso e attraverso l’autorevolezza e la funzionalità delle soluzioni proposte.

galateia (tina) Kalouta

Il DCFR nella giurisprudenza delle Corti

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