l’effettività dei rimedi nelle interazioni giudiziali fra corti nazionali e corti europee
2. L’effettività dei rimedi nel diritto dei consumator
2.2 La tutela amministrativa e la tutela giudiziale nelle azioni collettive – il caso Biuro Podróży Partner
Il caso Biuro riguardava una multa irrogata dell’Ufficio di protezione del consumatore ad un professionista che aveva utilizzato una delle clausole qualificate come vessatorie in astratto e per questo iscritte nel pubblico regi- stro amministrato dal Presidente dell’Ufficio di protezione per la concorren- za e i consumatori. I temi proposti riguardavano l’applicabilità di una multa ad un soggetto che non aveva partecipato al procedimento in base al quale la clausola era stata dichiarata vessatoria, nonché i rapporti tra accertamento amministrativo e giurisdizionale della vessatorietà.
Ai sensi dell’allora art. 47943 del codice di procedura civile polacco una
sentenza che dichiarasse in astratto la vessatorietà di una clausola e ne vie- tasse l’utilizzo era da considerarsi “efficace nei confronti dei terzi” dal gior- no in cui il testo della clausola fosse incluso nel registro pubblico.53 La Corte
speciale per la tutela della concorrenza e dei consumatori poteva rivedere la vessatorietà delle clausole contrattuali standard utilizzate sul mercato at- traverso una valutazione in astratto – cioè indipendentemente dal loro in- serimento in qualsiasi contratto concluso nella prassi54. Il divieto di utiliz-
«soddisfa tutti i requisiti per essere considerata una «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE, […] fatta eccezione della circostanza che essa va ricondotta a uno degli Stati membri» (ivi par. 72). Applicando la stessa analisi, la CGUE nel caso C-503/15, Panicello, ha affermato che «il Secretario Judicial (cancelliere) non costituisce una «giurisdizione», ai sensi dell’articolo 267 TFUE, senza che occorra esaminare se detto organo soddisfi gli altri criteri, elencati al punto 27 della presente sentenza, che consentono di valutare tale aspetto. Il Secretario Judicial (cancelliere), conseguentemente, non è legittimato a presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte».
53 La normativa è stata modificata dal legislatore polacco prima della decisione della CGUE, nonostante tale modifica la Corte ha ritenuto utile decidere il caso in modo da for- nire linee guida generali sulla questione presentata dalla corte del rinvio.
54 Questa procedura specifica è stata introdotta in attuazione dell’art. 7 della Direttiva 93/13. Gli articoli 47936-45 del codice di procedura civile definiscono il procedimento in
questione e sono stati redatti per operare un controllo astratto delle condizioni contrattuali standardizzate e per proteggere gli interessi dei consumatori collettivi. Se viene ammessa l’azione per il riconoscimento di una clausola vessatoria, il giudice può definire la clausola
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zo della clausola aveva dunque un effetto erga omnes quando questa era inclusa nel registro pubblico. L’art. 24.2.1 della legge polacca sulla tutela della concorrenza e dei consumatori del 16 febbraio 2007, inoltre, vietava l’applicazione di qualsiasi pratica in violazione degli interessi collettivi dei consumatori, includendo anche il caso di clausole contrattuali iscritte nel registro pubblico55.
La giurisprudenza nazionale polacca riguardante i limiti oggettivi e soggettivi circa la validità della sentenza in astratto non era però unitaria, dato che anche la Corte Suprema aveva interpretato tali limiti in alcuni casi in modo stringente, mentre in altri casi aveva adottato un’interpretazione estensiva, lasciando alle corti di primo grado il difficile compito di dirimere i casi senza linee guida uniformi.
Nel novembre 2014, la Corte d’appello di Varsavia si era appunto trovata di fronte ad un caso concernente l’applicazione della normativa precedente- mente descritta. Il caso concerneva un’agenzia di viaggi, la Biuro Podróży Partner, che aveva presentato un’azione di fronte alla Corte speciale per la tutela della concorrenza e dei consumatori contestando una decisione del presidente dell’Ufficio per la concorrenza e la tutela dei consumatori che infliggeva una sanzione pecuniaria all’attore per l’utilizzo di una clausola contrattuale riconosciuta come vessatoria. La decisione, infatti, affermava l’equivalenza della clausola ad una utilizzata da un’altra agenzia di viaggi dichiarata vessatoria e vietata. Dopo il rigetto della domanda in primo grado, l’attore aveva proposto appello di fronte alla Corte d’Appello di Varsavia. Questa, in assenza di una univocità di giurisprudenza nazionale e in ragione di un potenziale conflitto con la disciplina europea, aveva sospeso il proce- dimento ed aveva deciso di inviare alla CGUE un rinvio pregiudiziale.56
come vessatoria e può proibirne il successivo uso. Una copia della sentenza finale viene inviato al presidente dell’Ufficio per la tutela della concorrenza e dei consumatori, che mantiene un registro pubblico delle disposizioni considerate vessatorie.
55 Tale norma stata inclusa in attuazione della direttiva n. 98/27 relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori sostituita dalla direttiva 2009/22 relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori.
56 Il rinvio pregiudiziale appunto conteneva la seguente questione: «Se, alla luce degli articoli 6, paragrafo 1, e 7, della direttiva 93/13, in combinato disposto con gli articoli 1 e 2 della direttiva 2009/22, l’impiego di clausole di condizioni generali di contratto di conte- nuto identico al contenuto di clausole dichiarate illecite da una sentenza di un organo giu- risdizionale divenuta definitiva e annotate nel registro delle clausole di condizioni generali di contratto ritenute illecite, possa essere considerato, relativamente ad un altro professioni- sta che non ha partecipato al procedimento conclusosi con l’annotazione nel registro delle clausole di condizioni generali di contratto ritenute illecite, un atto illecito che, alla luce del diritto nazionale, configura una pratica lesiva degli interessi collettivi dei consumatori
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Pochi mesi dopo, in un’ordinanza del 16 febbraio 2015, BSA I-4110- 1/15, il Primo Presidente della Corte Suprema alla luce del conflitto giuri- sprudenziale che emergeva sul tema degli effetti della decisione in abstrac-
to aveva presentato una domanda di rinvio pregiudiziale interno alla stessa
Corte suprema polacca al fine di ottenere una decisione nomofilattica57.
Il 20 novembre 2015 (sentenza III CZP 17/18), la Corte Suprema,58, ha
deciso, indicando i seguenti principi:
«1. La validità sostanziale di una sentenza che dichiara vessatoria una clausola contrattuale standard esclude ogni azione finalizzata a valutare le clausole con medesimo contenuto utilizzate dal professionista che era parte del giudizio in cui la vessatorietà era stata dichiarata (articolo 365 e 366 del codice di procedura civile).
2. La validità sostanziale della sentenza che dichiara vessatoria una clau- sola contrattuale standard – anche dopo che essa sia iscritta nel registro (art. 479.24 del codice di procedura civile) – non esclude le azioni finalizzate a
valutare clausole con il medesimo contenuto utilizzate dal professionista che non era parte del giudizio in cui la vessatorietà era stata dichiarata (articolo 365 e 366, in combinato disposto con l’articolo 47943 del codice di procedura
civile)».59
Nella motivazione della sentenza, la Corte Suprema polacca aveva bilan- ciato l’efficacia della protezione dei consumatori in relazione alle clausole vessatorie e il diritto a un processo equo, al fine di determinare l’efficacia del giudicato nelle decisioni in astratto. Per quanto riguarda il primo aspetto, la Corte Suprema aveva fondato il suo ragionamento sulla direttiva 93/13, tenendo come punto di riferimento l’interpretazione della CGUE nel caso
Invitel. Per quanto riguarda il diritto a un processo equo, la Corte Suprema
aveva basato il suo ragionamento sull’arte. 45 della Costituzione polacca, l’art. 6(1) della CEDU e l’art. 47(2) della CDF.
Come affermato dalla Corte Suprema, «l’efficacia della sentenza nei con- e costituisce il fondamento per l’irrogazione, a tale titolo, di una sanzione pecuniaria in un procedimento amministrativo nazionale».
57 Nell’ordinamento polacco possono essere sottoposte questioni interpretative alla Corte Suprema.
58 La decisione della Corte Suprema del 20 novembre 2015 è stata resa in forma di riso- luzione: si fa riferimento ad un particolare tipo di giudizio che, finalizzato non alla risolu- zione di una specifica controversia, ma al chiarimento di un problema interpretativo, indica come debba essere intesa una determinata disposizione di diritto interno. In linea di princi- pio, in caso di questioni sollevate dal giudice ordinario, la risoluzione della Corte Suprema è formalmente vincolante solo per il giudice a quo. Tuttavia, tali risoluzioni producono un generale effetto nomofilattico.
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fronti di ogni consumatore rispetto ad uno specifico professionista, parte del procedimento, è proporzionata, in quanto conferma il bilanciamento fra la necessità di garantire l’efficacia di un controllo astratto [delle clausole contrattuali] e la necessità di rispettare il diritto di essere ascoltato, come elemento fondamentale del diritto a un processo equo, derivante dal diritto ad un giusto processo».
Nella sua sentenza, la Corte Suprema aveva dunque interpretato il con- cetto di “efficacia erga omnes” (art 47943 del Codice di procedura civile) ap-
plicandolo, da una parte, restrittivamente allo specifico professionista (parte nel processo) e, dall’altra, estensivamente ad ogni consumatore (inclusi an- che coloro che non erano parte del processo). La Corte Suprema ha afferma- to la proporzionalità di tale risultato e la compatibilità con il requisito della proporzionalità dei rimedi previsti dalla direttiva 93/13.
Nell’aprile 2016, successivamente alla decisione della Corte Suprema, il quadro legislativo relativo alle modalità di decisione in astratto è stato modificato dalla riforma del codice di procedura civile polacco del 17 apri- le 2016. La nuova normativa ha introdotto un nuovo modello di decisione in astratto, in cui in particolare si sostituisce il precedente controllo giuri- sdizionale, effettuato dalla Corte speciale, con il controllo amministrativo, effettuato dal presidente dell’Ufficio per la tutela della concorrenza e dei consumatori. La riforma inoltre centralizza anche il sistema sanzionatorio perché lo stesso presidente dell’Ufficio è competente per le sanzioni relative all’uso di clausole contrattuali dichiarate precedentemente vessatorie.
La normativa stabilisce un divieto generale di utilizzare le clausole ves- satorie nei contratti stipulati con i consumatori e conferisce al presidente dell’Ufficio la competenza ad emettere una decisione in astratto. La decisio- ne può anche fornire altri rimedi specifici che permettono di eliminare gli ef- fetti dell’utilizzo di tale clausola (per esempio, obbligando il professionista a pubblicare una dichiarazione in merito). Tali rimedi, scelti dal Presidente, dovrebbero essere proporzionati alla gravità e al tipo di violazione, e alle modalità con cui rimuovere le conseguenze di tale violazione. La decisione dunque è efficace nei confronti del professionista e di tutti i consumatori che avevano concluso con lui un contratto, in cui erano presenti le clausole indicate nella decisione.
Nel frattempo, la Corte di Giustizia aveva proseguito il procedimento relativo al rinvio pregiudiziale e il 21 dicembre 2016 decidendo la contro- versia sulla base dell’art. 47 CDF.
La CGUE ha affermato che tale norma, applicabile anche nell’ambito delle direttive n. 93/13 e n. 2009/22, opera anche in favore dei professionisti che reclamino la non vessatorietà di una particolare clausola, pur in prece- denza dichiarata abusiva nei confronti di un altro professionista. Nel caso
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dunque di decisioni in abstracto, la CGUE ha sottolineato la necessità di garantire per ogni professionista – accusato di usare le clausole vessatorie e per questo soggetto a sanzioni amministrative – il diritto di impugnare la decisione in questione. Tale diritto costituisce una componente del diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo (nel senso dell’art. 47 CDF), e dovrebbe consentire alla parte di mettere in discussione non solo la sanzione in sé, ma anche i motivi della sua applicazione, ovvero la valutazione della vessato- rietà della clausola.
Dunque la CGUE ha concluso che la normativa (ormai non più applicabi- le) è conforme al diritto europeo laddove il «professionista goda di un diritto di ricorso effettivo, tanto avverso la decisione che riconosce l’equivalenza delle clausole confrontate, relativamente alla questione se, considerate tut- te le circostanze rilevanti specifiche di ciascun caso, tali clausole siano in concreto identiche, segnatamente riguardo agli effetti prodotti a danno dei consumatori, quanto avverso la decisione che fissi, eventualmente, l’importo dell’ammenda inflitta».
Chiaramente l’obiettivo era quello di dare linee guida generali in materia di in abstracto review e non di valutare la compatibilità della legislazione polacca modificata nel frattempo. La CGUE ha usato questa opportunità per chiarire il rapporto con il caso Invitel e la estensione degli effetti delle pro- nunce relative alla vessatorietà di clausole sia nei confronti di altri consuma- tori sia nei confronti di altri professionisti non partecipanti alla controversia.
La conclusione della Corte di Giustizia in Biuro si riflette su numerosi profili relativi al rapporto tra tutela amministrativa e giurisdizionale. Si am- mette la validità erga omnes del provvedimento giurisdizionale inibitorio anche nei confronti di soggetti che non abbiano direttamente partecipato al procedimento amministrativo purché abbiano in astratto diritto di farlo. Dunque, il diritto ad un equo procedimento e quello ad un equo processo costituiscono barriere invalicabili dell’effetto erga omnes. Per quel che at- tiene alla ripartizione tra valutazione in astratto ed in concreto la CGUE non ritiene che il diritto europeo proibisca che la prima avvenga anche in sede giurisdizionale. Piuttosto, è stato il legislatore polacco a decidere per un raf- forzamento dell’enforcement amministrativo attribuendo un potere di sinda- cato esclusivo, lasciando alle corti il solo potere di sindacato sulla decisione amministrativa. Il rapporto tra controllo amministrativo e giurisdizionale sulla vessatorietà è ancora di pertinenza degli ordinamenti nazionali, ma chiaramente il ruolo dei diritti fondamentali non potrà essere (più) ignorato e costituirà presumibilmente un fattore di armonizzazione non legislativa della materia.
Sotto il profilo del dialogo, ciò che emerge è il ruolo della CGUE rispetto ad una giurisprudenza non uniforme della corte suprema polacca, che come
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evidenziato sopra, aveva lasciato le corti di primo grado e appello in diffi- coltà rispetto agli effetti erga omne di una valutazione in astratto di vessato- rietà. La scelta della corte di appello di Varsavia in questa direzione infatti dimostra la necessità di superare questo impasse attraverso il dialogo con la CGUE. Per quanto non sia possibile ipotizzare che il rinvio pregiudiziale abbia direttamente stimolato la decisione del Primo presidente della Corte suprema, può ragionevolmente ritenersi che il problema interpretativo fosse talmente rilevante e percepito anche a livello di Corte Suprema tanto da spingere a individuare possibili soluzioni di dialogo verticale con la CGUE – nel caso della corte di appello – oppure di dialogo orizzontale interno al sistema giuridico polacco – nel caso del Primo Presidente.