L’armonizzazione del diritto e il ruolo delle cort
6. Revirement giurisprudenziali e retroattività
Ma se la giurisprudenza tende in misura crescente ad assumere il ruolo di fonte del diritto al pari della legge, si pone un secondo ordine di problemi, vale a dire accertare se in caso di revirement giurisprudenziali trovi applica- zione o meno il principio di irretroattività (tempus regit actum).
Come è ben noto, in base all’insegnamento corrente i contratti sono sog- getti alla legge applicabile al tempo della loro conclusione (tempus regit
actum)32; questo significa che se dovesse venire a mutare la disciplina legi-
slativa vigente, questa in linea di principio non si estenderebbe ai contratti in 1113; LiPAri, I civilisti e la certezza del diritto, RTPC, 2015, 1115-1145; CAStronovo,
Eclissi del diritto civile, Milano 2015, 39 ss; D’AnGelo, Discorso giuridico, termini tecnici
e concetti, RDC, 2016, 306-345, in partic. 340; in senso più critico: CAtAudellA, Nota breve
sulla fattispecie, RDC, 2015, 245-252, in partic. 251 ss.
30 In particolare P. PerlinGieri, Nuovi profili del contratto, RaDC, 2000, 545-571, sostie-
ne che il contratto deve essere non solo lecito, ma anche meritevole di tutela, 553; sempre questo autore richiama inoltre l’attenzione sull’importanza del principio di proporzionalità, in attuazione di principi e valori di rilevanza costituzionali, come strumento di controllo anche contenutistico del contratto, 560 ss; Id., Equilibrio normativo e principio di propor-
zionalità nei contratti, RaDC 2001, 334-356, il quale considera il principio di riduzione della penale eccessiva di cui all’art. 1384 c.c. espressione di un principio generale quindi suscettibile di applicazione estensiva ad altre fattispecie, come per esempio la caparra, e così via, 343 ss; sulla stessa linea LAroSA, Tecniche di regolazione dei contratti e strumenti
rimediali, Milano 2012, auspica un controllo di meritevolezza della causa concreta dell’o- perazione negoziale, 142, e parla di funzionalizzazione dell’autonomia privata, 152; altri autori hanno viceversa espresso riserve ed hanno lamentato l’abuso del ricorso alle clausole generali ed in particolare l’eccessivo attentato alle ragioni dell’autonomia privata che ne può conseguire; si veda in particolare CAtAudellA, L’uso abusivo dei principi, RDC, 2014,
747-763, in partic. 756, ivi riferimenti.
31 BAuMAn, Modernità liquida, Roma-Bari 2002.
32 P. GAllo, Tempus regit actum e revirement giurisprudenziali, in Studi, IudicA, Milano
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corso. Il problema è stato discusso anche con riferimento ai mutamenti di in- dirizzo da parte della giurisprudenza; prevale peraltro l’opinione che poiché la giurisprudenza non è per lo meno formalmente fonte del diritto e poiché i precedenti giurisprudenziali non sono in linea di principio vincolanti, non è tutelabile l’affidamento ingenerato da un indirizzo giurisprudenziale che poi viene a mutare33. La questione può avere una rilevanza pratica notevole
e non ha mancato di manifestarsi in più occasioni.
In particolare il problema si è già posto in materia di anatocismo. In linea di principio non è consentito l’anatocismo, vale a dire la capitalizzazione de- gli interessi affinché producano altri interessi (interessi composti) (art. 1283 c.c.). Si tratta di un residuo dello sfavore che un tempo rivestiva l’intera te- matica degli interessi pecuniari, peraltro ormai in gran parte superato. Il co- dice fa peraltro salva la presenza di eventuali usi in senso contrario. Proprio sulla base di questa deroga per molti anni la Corte di Cassazione ha ritenuto valide le c.d. clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi contenute nei contratti bancari, dietro indicazione dell’ABI34; in seguito si è
però giunti ad escludere che si trattasse di un uso normativo (art. 1340 c.c.), con conseguente nullità delle clausole in questione35. Questo ha determinato
il sorgere di delicati problemi anche sotto il profilo della legittimità dell’af- fidamento ingenerato dal precedente orientamento della Cassazione, sugli eventuali diritti quesiti delle banche, nonché sotto il profilo dell’esperibilità dei rimedi restitutori36. In base all’opinione più diffusa l’interesse delle ban-
che alla stabilità dell’interpretazione giurisprudenziale non sarebbe merite- vole di tutela; tradizionalmente la giurisprudenza non è infatti considerata fonte del diritto, per lo meno da un punto di vista formale, ed in Italia non trova applicazione il principio del precedente vincolante37.
33 G. GrASSo, Cassazione anatocismo e istituti di credito: possono le banche vantare un
legittimo affidamento sull’interpretazione uniforme della Suprema Corte di Cassazione?, in RDC, 2006, II, 61.
34 Cass., 15 dicembre 1981, n. 6631.
35 Cass., 16 marzo 1999, n. 2374, GC, 1999, I, 1301, 1585; BBTC, 1999, II, 649; Contr., 1999, 437; Corr. giur., 1999, 562; Danno e resp., 1999, 914; Fall., 1999, 1230; FI, 1999, I, 1153; GI, 1999, 1221, 1873; Not., 1999, 309; RDCo, 1999, II, 167; Cass., 30 marzo 1999, n. 3096, GC, 1999, I, 1301; BBTC, 1999, II, 649; GC, 1999, I, 1585; Corr. giur., 1999, 561; Cass., S.U., 4 novembre 2004, n. 21095, FI, 2004, I, 3294.
36 Per un contrasto di opinioni: AnGeloni, La ripetizione degli interessi anatocistici cor-
risposti sulla base di apposite clausole contrattuali anteriormente al mutamento dello in- dirizzo della S.C. che ne sanciva la legittimità, in CeI, 2000, 1169; G. GrASSo, Cassazione,
anatocismo e istituti di credito: possono le banche vantare un legittimo affidamento sull’in- terpretazione uniforme della Suprema Corte di Cassazione?, in RDC, 2006, II, 61.
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In realtà il problema sorge proprio a questo punto; posto infatti che in base all’insegnamento corrente il contratto è soggetto alla disciplina nor- mativa vigente al tempo della sua conclusione, si tratterebbe di capire se una tale tutela sia limitata al solo formante legislativo in senso stretto, in conformità all’opinione tradizionale, o se viceversa essa sia estesa anche al formante giurisprudenziale, ed in secondo luogo se un’eventuale disparità di trattamento tra formante legislativo e giurisprudenziale appaia giustificata o meno in base al principio di uguaglianza (art. 3 Cost).
In primo luogo è possibile considerare che l’impostazione tradizionale appare sempre più superata alla luce della crescente rilevanza del formante giurisprudenziale; posto infatti che a livello di teoria generale delle fonti ormai è appurato che la giurisprudenza ha acquisito una rilevanza inimma- ginabile nel XIX secolo, quando la scuola dell’esegesi aveva relegato la giurisprudenza ad un ruolo meramente esecutivo; posto quindi che la giuri- sprudenza può ormai essere considerata a tutti gli effetti fonte del diritto al pari della legge, ne consegue che appare sempre più ingiustificato riservare alla giurisprudenza un trattamento differente rispetto al formante legislati- vo; l’interpretazione corrente, che non pone limitazioni all’applicabilità dei
revirement giurisprudenziali ai rapporti in corso, si pone infatti in palese
contrasto con il principio tempus regit actum; se infatti è vero che il con- tratto è soggetto alla disciplina giuridica vigente al tempo della sua conclu- sione (tempus regit actum), non vi è ragione per limitare un tale principio al solo formante legislativo; anzi una tale interpretazione, con conseguente diversificazione del regime applicabile al formante legislativo ed a quel- lo giurisprudenziale, potrebbe apparire ingiustificata ed in contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.). Preferibile sarebbe dunque ritenere che il principio tempus regit actum trovi applicazione anche con riferimento al formante giurisprudenziale, con conseguente inapplicabilità della nuova linea interpretativa ai rapporti in corso38.
Un problema analogo può porsi anche in materia di determinazione del
quantum dell’assegno di divorzio; si ricorda a questo proposito che la Corte
di Cassazione, innovando rispetto ad un orientamento consolidato, ha chiari- to che l’assegno di divorzio, il quale ha natura prettamente assistenziale, non 38 Così esattamente: Cass., 20 novembre 1996, n. 10178, Dir. fam., 1997, 582: “Nell’ipotesi in cui vi sia stato procedimento giudiziale per accertare la quota della pen- sione di riversibilità spettante al coniuge divorziato superstite in concorso con il nuovo coniuge divorziato percettore della pensione e deceduto, qualora, in sede di rinvio a seguito di sentenza di legittimità, abbia a mutare l’orientamento pregresso del S.C. nell’interpreta- zione della vigente normativa in materia, al giudice del rinvio non è consentito aderire al nuovo orientamento, che non è assimilabile allo jus superveniens, dovendo egli dare appli- cazione al principio enunciato allorché il rinvio è stato disposto e da lui non sindacabile”.
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ha come finalità quella di consentire al coniuge più debole il mantenimento dello stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma piuttosto quella di garantire l’indipendenza e l’autosufficienza economica del coniuge che lo richiede39; ne consegue che il coniuge economicamente autosuffi-
ciente non ha diritto a percepire l’assegno, ancorché questo comporti un peggioramento del suo tenore di vita; a parte deve ovviamente essere con- teggiato l’eventuale assegno per i figli, i quali viceversa conservano il diritto a mantenere lo stesso tenore di vita.
Resta ovviamente il dubbio se questa nuova impostazione rilevi solo per il futuro o se viceversa trovi applicazione anche con riferimento alle vertenze già oggetto di giudizio; da un lato è possibile considerare che per regola ge- nerale le innovazioni giuridiche, specie se di fonte legislativa, rilevano solo per il futuro (tempus regit actum), salva diversa indicazione del legislatore; meno chiaro è se un tale principio di irretroattività trovi applicazione anche con riferimento ai revirement giurisprudenziali, come peraltro sembrerebbe preferibile; si consideri ancora che sebbene il provvedimento del giudice de- terminativo del quantum dell’assegno sia sempre suscettibile di revisione in presenza di mutamenti della situazione di fatto, in questo caso l’innovazione non riguarda i fatti, ma piuttosto l’interpretazione della disciplina giuridica, il che dovrebbe escluderne la retroattività; è peraltro possibile ritenere che non mancheranno i tentativi di estenderne l’applicazione anche ai rapporti pregressi.