L’armonizzazione del diritto europeo attraverso il DCFR
3. Il progetto di un Common frame of reference (CFR): il «Piano d’A zione» per l’armonizzazione del diritto contrattuale europeo.
I numerosi riscontri alla Comunicazione della Commissione del 2001 si ri- levarono il punto di svolta per il dibattito intorno all’armonizzazione del dirit- to europeo. La Commissione, dopo aver riflettutto su tutti i rilievi che le erano stati sottoposti, con la Comunicazione 12 febbraio 2003 (2003, 68 def.), lanciò un «piano d’azione» per ottenere una maggior coerenza nel diritto contrattuale europeo. La Commissione, per la prima volta, rilevava l’importanza di affian- care un quadro comune di riferimento ai tradizionali interventi normativi, in modo da creare un “common frame of reference” (CFR), nel quale racchiude- re princìpi, concetti e termini comuni nel campo del diritto contrattuale euro- peo. Lo scopo di questo progetto era quello di facilitare il coordinamento e la semplificazione dell’acquis communautaire, in modo da rendere più uniforme 26 In dottrina cfr. S. SwAnn, Elective European Contract Law. A Possible Response to the
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l’applicazione della normativa comunitaria in un’ottica di completamento e maggior integrazione del mercato unico, coniugando il diritto di derivazione comunitaria con quello nazionale. In altre parole si intendeva mettere in co- municazione la cd. European Community Law con la cd. European Common
Law27, creando le basi per un futuro sistema di diritto comune europeo28. La
sintesi tra i due complessi normativi del diritto comune europeo e del diritto comunitario non era però così immediata o facilmente ricavabile. Da più parti, infatti, si riteneva che i due modelli apparissero talvolta difficilmente conci- liabili e una loro armonizzazione avrebbe potuto comportare il rischio di una cancellazione dell’identità culturale legata ai diritti nazionali, in nome di un processo di armonizzazione imposto dall’alto29.
Nel «piano d’azione» si affacciava allora l’idea di uno strumento opzio- nale, poi ritornata di moda in tempi più recenti con la proposta di regola- mento recante un diritto europeo comune della vendita (Common European
Sales Law o Cesl), ossia un insieme di regole che i privati possono scegliere,
in alternativa al diritto nazionale, per disciplinare i loro rapporti30. La solu-
zione che si andava delineando, quindi, era quella di un diritto comune in cui l’autonomia delle parti regnava sovrana e nel quale le regole imperative erano ridotte ai minimi termini, sì da evitare soltanto che venissero derogate le norme a tutela dei consumatori. Lo strumento opzionale, al quale il piano d’azione faceva riferimento, avrebbe superato i limiti propri dei diritti nazio- nali e, conseguentemente, avrebbe finito per marginalizzare anche l’impor- tanza del diritto internazionale privato31.
27 Per una descrizione del quale si rimanda a G. A. BenAcchio, B. PASA, A common law
for Europe, CEU Press, 2005
28 Sul punto si veda V. RoPPo, Prospettive del diritto contrattuale europeo. Dal contratto
del consumatore al contratto asimmetrico?, in Corr. giur., 2009, p. 277, secondo il quale si riscontra «da un lato un diritto europeo “comunitario” (European Community Law), che trova le sue fonti in direttive e regolamenti e dunque nasce per così dire “dall’alto”, nelle sedi istituzionali dell’Unione, attraverso il lavoro delle burocrazie di Bruxelles e le media- zioni politiche che lo accompagnano. Ma c’è, dall’altro lato, un diritto “comune” europeo (European Common Law): un corpo di regole, principi, categorie che non si genera per via di autorità e di burocrazia, bensì nasce “dal basso” per via di elaborazioni intellettua- li, di mediazioni culturali, di circolazione e progressiva condivisione di modelli, entro un processo non istituzionalizzato in cui si integrano e interagiscono gli apporti delle diverse “comunità giuridiche nazionali”».
29 R. SeFton-Green, Diversità culturale e codice civile europeo, in A. Somma, a cura di,
Giustizia sociale e mercato nel diritto europeo dei contratti, Torino, 2007, p. 207.
30 Sulla proposta di un diritto comune della vendita cfr. H. Schulte-nölKe, F. zoll, N.
jAnSen, R. Schulze, Der Entwurf für ein optionales europäisches Kaufrecht, Monaco, 2012.
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La proposta di un quadro comune di riferimento fu apprezzata sia dal Consiglio che dal Parlamento Europeo, i quali vedevano nel progetto una via per contribuire al miglioramento della legislazione comunitaria, in vista del completamento del mercato interno. Nella Risoluzione del 2 settembre 2003 il PE invitava la Commissione a completare il CFR entro il 2006, adottando le misure necessarie a promuovere l’impiego del quadro comune anche nei procedimenti arbitrali.
La Commissione rispose con la Comunicazione 11 ottobre 2004 (COM (2004) 0651), intitolata Diritto contrattuale europeo e revisione dell’acquis:
prospettive per il futuro, nella quale esaminava le misure contenute nel pia-
no d’azione del 2003 e definiva le linee sulle quali intendeva sviluppare il progetto di «Common frame of reference», che definiva «di gran lunga la più importante iniziativa intrapresa nel campo del diritto civile». Il CFR, agli occhi della Commissione, avrebbe fornito la cornice all’interno della quale operare la revisione dell’acquis e formulare eventuali proposte di modifica delle direttive vigenti. Secondo la Commissione il CFR (o QCR, secondo l’acronimo italiano) sarebbe stato un ausilio anche per i legislatori naziona- li, che avrebbero potuto avvantaggiarsi di esso nell’eventuale revisione dei diritti statali: si faceva strada l’idea del quadro come «toolbox», una scatola degli attrezzi, dalla quale istituzioni, Stati membri e privati potevano estrarre regole utili da copiare o da utilizzare32. Introducendo l’idea del CFR come
toolbox, si accantonava il progetto di adottare un codice civile europeo, che
appariva, invece, politicamente più impegnativa e alla quale si opponevano numerose resistenze e si optava per l’idea di un’Europa fondata su di una “cultura giuridica comune”, che attribuiva principalmente all’accademia il compito di perseguire il ravvicinamento dei modelli giuridici33.
into an optional instrument, in G. Alpa – G. Iudica (a cura di), Draft common frame of re- ference (DCFR), what for?, Milano, 2013, p. 7 ss.
32 Sulla nozione di toolbox cfr. H. BeAle, Unfair Contract Terms in the Common Frame
of Reference, in M. Andenas – S. Diaz Alabart – B. Markesinis – H. Micklitz – N. Pasquini, a cura di, Liber Amicorum Guido Alpa, cit., p. 187 ss.
33 Tra gli studiosi più favorevoli all’idea di una “cultura giuridica comune”, che si pone quindi in antitesi rispetto all’idea di codificazione, cfr. H. Kötz, The Trento Project and its
contribution to the Europeization of Private Law, in M. Bussani – U. Mattei, a cura di, The Common Core of European Private Law. Essays on the Project, Kluwer 2003, p. 209 ss.; Idem, How to Achieve a Common European Private Law, in F. Werro, a cura di, New per- spectives on European Private Law, Fribourg, 1998, p. 2 ss.; E. ioriAtti FerrAri, op. cit., p.
22 s. e B. FAuvArque-coSSon, The Contribution of European Jurists in the Field of Contract
Law, in Liber Amicorum Guido Alpa, cit., p. 363 ss., secondo la quale si rivela sempre più necessario l’insegnamento del diritto europeo non limitandosi ai soli testi normativi, ma sviscerando i tratti della comune identità legale europea.
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La Commissione procedeva quindi allo stanziamento dei fondi necessari alla costituzione di una rete di ricercatori e di esponenti delle associazioni dei consumatori, di gruppi professionali e degli organismi rappresentativi delle varie categorie di imprese, che ha cominciato i suoi lavori con una conferenza tenutasi a Bruxelles il 15 dicembre 2004. A partire dal marzo 2005 nell’ambito di questo network hanno cominciato a tenersi con regolarità seminari sui vari temi che formavano oggetto del quadro comune di riferimento.
Nella relazione del 25 luglio 2007 sullo stato di avanzamento dei lavori del CFR, la Commissione operava un revirement nel quale, se da un lato ribadiva la natura di toolbox del Common Frame ai fini della revisione dell’acquis, soprattutto in materia di consumatori, dall’altro specificava che esso non era «destinato a garantire un’armonizzazione su vasta scala del diritto privato o a trasformarsi in un codice civile europeo». Le ragioni per cui, quando si era ormai al termine dei lavori di redazione del quadro, la Commissione aves- se sentito il bisogno di intervenire con una dichiarazione così netta appaiono legate al fatto che, nel corso dei lavori del CFR, gli esponenti e i funzionari della Commissione constatarono come la mole eccessiva del progetto e la sua complessità lo rendevano irrealizzabile almeno nel breve periodo. Venivano quindi al pettine i nodi iniziali del DCFR, ossia la mancanza di un chiaro fine al quale si intendeva pervenire e la mancanza di chiarezza sull’esatta portata che il quadro comune avrebbe dovuto avere. Il progetto, però, alla luce degli sforzi e degli investimenti profusi, doveva condurre a un risultato di breve pe- riodo, che potesse essere in qualche modo immediatamente utilizzabile e che non fosse eccessivamente inviso agli Stati Membri34.
Nel 2007 i lavori del gruppo di ricerca giunsero alla fine e, il 28 dicem- bre, fu presentato alla Commissione il Draft Common Frame of Reference35.
Questa prima versione (interim outline edition) del quadro comune era pen- sata come provvisoria e fu oggetto di ampie discussioni tra studiosi e rap- presentanti delle categorie interessate. All’esito di tali riflessioni, nel 2009, 34 Cfr. G. AlPA – G. conte, op. cit., p. 168 e s., i quali osservano che «Siamo convinti, però,
che a determinare l’atteggiamento di particolare cautela esibito dalla Commissione abbia con- tribuito, in forte misura, la mancanza di un chiaro progetto politico a sostegno dei lavori di ar- monizzazione. In verità, la Commissione sembra fortemente patire la mancanza di una chiara presa di posizione da parte del Consiglio in ordine alle finalità del progetto di armonizzazione del diritto privato. A dispetto di alcuni formali richiami al progetto del CFR, nel corso delle riunioni che si sono sin qui tenute in seno al Consiglio, è emersa la generale contrarietà degli Stati Membri verso la possibilità che si pervenga a una disciplina comunitaria « uniforme » del diritto contrattuale e molte resistenze sono state sollevate in ordine alla possibilità che i lavori del CFR conducano all’adozione di uno strumento vincolante di regolazione».
35 Il titolo dell’opera era “Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference (DCFR). Outline Edition”, edito da Sellier nel 2008.
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venne licenziata una nuova versione dell’outline edition (final outline edi-
tion)36 oltre alla full edition del DCFR37 contenente anche note, commenti e
rimandi bibliografici38.
Il testo del DCFR è attualmente in fase di traduzione in italiano39, spa-
gnolo, polacco, francese e tedesco40. Il progetto di traduzione è stato affidato
dalla Commissione a un network di università e di studiosi europei coordi- nati dal prof. Schulte-Nölke dello European Legal Studies Institute dell’uni- versità di Osnabrück (tender no. JUST/2010/CONT/PR/0003/A4).
Nella già ricordata relazione del 25 luglio 2007 la Commissione invita- va il Consiglio a prendere una posizione più netta nei confronti del CFR. Proprio in seno al Consiglio, infatti, si registrarono le maggiori resisten- ze al processo di uniformazione attraverso il quadro comune. La cosa non sorprende, in quanto la sua stessa composizione rende il Consiglio partico- larmente idoneo a esprimere le resistenze nazionali al diritto comune eu- ropeo. Va detto, però, che successivamente alla pubblicazione del DCFR, molti Stati membri hanno adottato regole in esso contenute nella revisione dei rispettivi diritti nazionali41. In questo modo hanno finito per riconosce-
re al progetto una valenza e un’autorità che evidentemente non intendeva- no attribuirgli ufficialmente. Completamente diverso, invece, l’approccio al CFR del Parlamento europeo, il quale era stato il primo a pronunciarsi 36 C. von BAr, E. clive e H. Schulte-nölKe, a cura di, Principles, Definitions and Model
Rules of European Private Law, Draft Common Frame of Reference (DCFR), Outline Edition, Monaco, 2009. Il testo è consultabile online all’indirizzo http://ec.europa.eu/ justice/policies/civil/docs/dcfr_outline_edition_en.pdf
37 C. VonBAr – E. Clive, a cura di, Principles, Definitions and Model Rules of European
Private Law: Draft Common Frame of Reference (DCFR), Full Edition, Monaco, 2009. Il testo è consultabile online ai seguenti indirizzi web:
Volumi 1 e 2 http://ec.europa.eu/justice/contract/files/european-private-law_vols1_2_en.pdf Volumi 3 e 4 http://ec.europa.eu/justice/contract/files/european-private-law_vols3_4_en.pdf Volumi 5 e 6 http://ec.europa.eu/justice/contract/files/european-private-law_vols5_6_en.pdf 38 Per un commento della quale si rimanda a C. von BAr, E. clive e H. Schulte-nölKe,
a cura di, op. cit., p. 45
39 Si veda l’annuncio sul sito del Centro di Diritto Comparato e Transnazionale, http://www. cdct.it/?p=2803.Il testo può essere consultato online all’indirizzo http://ec.europa.eu/justice/ contract/files/european-private-law_it.pdf
40 Sul progetto di traduzione si veda B. PASA, L. MorrA (a cura di), Translating the DCFR
and Drafting the CESL: A Pragmatic Perspective, Monaco, 2014.
41 Si pensi, ad esempio, alla riforma del codice civile ceco o al codice civile catalano, così come ai progetti di ricodificazione del diritto polacco e slovacco. Come si vedrà meglio nei capitoli successivi, anche in assenza di interventi del legislatore, il DCFR ha influenzato alcuni ordinamenti europei attraverso l’opera della giurisprudenza.
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in senso favorevole all’armonizzazione del diritto europeo, sollecitando la Commissione a intraprendere iniziative in questo senso. Il PE, quindi, non poteva non risultare contrariato dalla riduzione di portata che il progetto aveva registrato durante la sua evoluzione. Tale contrarietà che già risul- tava dalla Risoluzione del 2 marzo 2006 sul diritto contrattuale europeo e
la revisione dell’acquis: prospettive per il futuro emerge anche dalla suc-
cessiva Risoluzione 12 dicembre 2007 sul diritto contrattuale europeo. In particolare, con quest’ultima iniziativa il Parlamento, prendendo atto dei più cauti orientamenti manifestati dalla Commissione, invitava la stessa a prendere una posizione netta sul CFR e sottolineava che una migliore rego- lamentazione del quadro comune doveva necessariamente comportare che quest’ultimo non fosse limitato esclusivamente a questioni relative al diritto contrattuale dei consumatori, ma si focalizzasse anche su questioni di diritto contrattuale generale.
4. Struttura, contenuti e obiettivi del progetto di CFR, tra disciplina