• Non ci sono risultati.

La germanizzazione del repertorio italiano

L’EIAR occupata dai nazisti Un buco nero della storia

1.4 La musica trasmessa dal circuito Soldatensender Italien

1.4.2 La germanizzazione del repertorio italiano

Il circuito Soldatensender Italien non era paragonabile agli altri. L’I- talia, nonostante l’Armistizio, continuava a far parte della geografia tedesca: la radio nazista non doveva solo essere uno strumento della Wehrmacht, aveva anche il compito di infondere fiducia in quello che restava dell’esercito fascista. Mussolini si era rintanato nella

Repubblica di Salò, ma continuava comunque a tenere d’occhio il mass media più influente del tempo. L’EIAR occupata doveva per- tanto sdoppiare il suo obiettivo mediatico, tenendo in considera- zione i desiderata degli ascoltatori locali tanto quanto le attese delle truppe naziste, inviate a difendere un fronte sempre più debole. Per questo motivo il fondo «Repertorio tedesco» è piuttosto ricco di brani tratti dal grande patrimonio italiano: pagine scelte dall’ope- retta e celebri romanze.

Molto di questo repertorio veniva direttamente dalla Germania. I tedeschi evidentemente incoraggiavano la diffusione della produ- zione nostrana; ma si riservavano comunque il privilegio di trasmet- tere versioni rivisitate secondo il loro gusto. È il caso di Erinnerung an Sorrent, trasposizione tedesca dell’analoga pagina composta da Ernesto De Curtis (Torna a Surriento). Nella partitura conservata nell’Auditorium «A. Toscanini» non è presente il testo, come spesso succede a questo tipo di materiale; ma è probabile che si tratti della traduzione approntata pochi anni prima, nel 1838, da Eugen Matray. L’arrangiamento non è firmato, ma riporta in calce la data «29 marzo 1944».

A pochi anni dalla pubblicazione, Erinnerung an Sorrent aveva ancora un grande seguito in ambito tedesco: lo dimostrano le nume- rose incisioni su 78 giri che si trovano tuttora presso la Deutsche National Bibliothek. Inoltre la fama del brano al di sopra delle Alpi era stata garantita dal tenore Herbert Ernst Groh, acclamato inter- prete della canzone proprio in quegli anni grazie a una fortunata registrazione con la Odeon Künstler Orchester diretta da Otto Dobrindt. L’arrangiamento conservato a Torino segue in maniera piuttosto fedele la versione cantata da Groh: una breve introduzione anticipa il tema del ritornello e la parte vocale riporta, a matita blu, una serie di corone che ricalcano l’esecuzione del tenore svizzero. Stando a queste indicazioni, sembrerebbe quasi una partitura pas- sata sotto le mani dello stesso Groh; ma in realtà stiamo parlando dei tipici allargamenti agogici che la consuetudine esecutiva aveva abbinato alla linea vocale.

Fig. 4: Coperta della cartellina di Torna a Surriento nel fondo «Repertorio Tedesco»

Particolarmente interessante è la coda conclusiva, che accompa- gna la voce in crescendo, arrivando a coinvolgere l’intero organico. La scelta non è affatto allineata agli arrangiamenti italiani, che da Beniamino Gigli fino a Luciano Pavarotti lasciano in bella evidenza la voce, di modo da isolare l’acuto finale. Questa versione invece si conclude con un roboante insieme di tutta l’orchestra (flauti, oboi, clarinetti, corni, trombe, arpa, archi e percussioni), conferendo un intenso sapore sinfonico alla composizione: la voce raddoppia la melodia suonata a pieni polmoni da fiati e violini primi, ricevendo un trattamento simile a quello degli altri strumenti. Anche questa scelta conferma l’intenzione di germanizzare il grande repertorio

italiano, facendo ricorso a un criterio compositivo tipico della tradi- zione tedesca, molto più incline da sempre alla ricerca sul versante strumentale piuttosto che vocale.

Stesso discorso vale per Mattinata di Ruggero Leoncavallo, pre- sente nell’arrangiamento per orchestra da saloon di Arnold Wilke. Il materiale, intitolato Morgenständchen, risale al 1904, data della pub- blicazione presso l’editore Bosworth & Co. di Lipsia. Il riferimento in copertina a Enrico Caruso («gesungen von Enrico Caruso») allude proprio al periodo di massima popolarità della romanza: la stesura avvenne difatti nello stesso anno per la britannica Gra- mophone Company, cornice discografica della prima incisione avvenuta l’8 aprile con la voce di Caruso e l’accompagnamento pia- nistico dello stesso Leoncavallo. Mentre il timbro della libreria chia- risce l’origine del documento: Paul Paasch “Florida” Musikverlag, sita a Berlino in Rankestrasse 32. Evidentemente la romanza aveva avuto una grande diffusione in Germania, e i dirigenti del circuito Soldatensender pensarono a un inserimento stabile nella program- mazione dell’EIAR. Ma anche in questo caso la scelta andò nel verso della germanizzazione, con un arrangiamento strumentale firmato da un compositore tedesco. La partitura è scritta per archi, clarinetti, flauto, oboe, clarinetto basso, tromba, trombone, timpani, arpa, armonium e pianoforte conduttore. Già la scelta di evitare comple- tamente l’intervento vocale testimonia un pensiero molto diverso da quello della romanza all’italiana. Ma, a prescindere da un orga- nico piuttosto vicino alle consuetudini del repertorio sinfonico, è la scrittura a confermare l’allineamento al linguaggio della tradizione tedesca. L’orchestra presenta una tessitura piuttosto densa: i due cla- rinetti dialogano in maniera contrappuntistica, sdoppiando la linea del canto; l’oboe interviene ad arricchire i colori della seconda strofa con una serie di svolazzi discendenti; i violoncelli si dividono in due con l’obiettivo di dare maggiore corpo alla spinta melodica; tromba e oboe spesso si rispondono in maniera imitativa; e l’armonium fa da collante sonoro per tutta la scrittura. Inoltre la melodia principale non è mai affidata a una sola parte, ma viene frammentata in timbri differenti, secondo un procedimento che ricorda la Klangfarbenme- lodie (melodia di timbri) adottata nella prima parte del Novecento da molti compositori tedeschi. Tutte queste caratteristiche hanno

ben poco in comune con la tradizione italiana della romanza vocale; basti pensare all’arrangiamento orchestrale del 1911, inciso a Milano con la partecipazione solistica di Fernando De Lucia. L’orchestra si appiattisce sullo sfondo limitandosi a pochi accordi: tutto il contra- rio di ciò che succede nell’arrangiamento di Wilke, con il suo fitto intreccio strumentale.

La differenza più evidente rispetto all’originale consiste in una coda, sostenuta dalla presenza dell’arpa, che ascende progressiva- mente verso il registro acuto. Poche battute che non sono presenti nello spartito canto-pianoforte di Leoncavallo, né tantomeno nel suddetto arrangiamento del 1911: entrambe le versioni si chiudono, secondo le consuetudini della romanza all’italiana, con l’acuto finale della voce. Questa coda invece ha il sapore dei finali sinfonici, che da sempre contribuiscono a esaurire gradualmente le tensioni del discorso musicale. Elementi formali simili a questo erano stati inven- tati proprio dal linguaggio strumentale austro-tedesco, trovando la massima esplorazione nel periodo del classicismo viennese. Mor- genständchen dunque sembra guardare molto più a quel repertorio che alla grande tradizione italiana nel genere della romanza vocale.

Sono molti anche gli arrangiamenti manoscritti tratti dal corpus della canzone lirica. Tutte partiture scritte a matita su carta della Casa Musicale «Luigi Damaso» (Torino, Via Po 32) e marchiate Sol- datensender Turin. L’assenza del timbro identificativo della posta da campo militare nazista conferma una genesi avvenuta diretta- mente nella sede EIAR di Torino. M’ama non m’ama di Mascagni, ad esempio, è presente nell’archivio in una versione non firmata per voce e orchestra. La romanza è scritta per canto e pianoforte, e si distingue per un’introduzione piuttosto elaborata dello strumento a tastiera. Nell’arrangiamento questo breve preludio viene trattato in maniera densamente contrappuntistica, secondo un procedimento molto vicino a quello dell’invenzione a tre voci: flauti, clarinetto e fagotto si intrecciano in uno scambio di idee a distanza ravvicinata. Senza dubbio un procedimento poco sfruttato nell’ambito della romanza vocale di tradizione italiana; così come sono piuttosto dense anche le scritture strumentali negli arrangiamenti di Lasciati amar! (Leoncavallo), Mattinata (Tosti), Cavallino corri e va (Di Laz- zaro) e Firenze sogna (Cesarini).

Da sottolineare infine la presenza di alcune canzoni passate alla storia grazie alla voce di Enrico Caruso. Il tenore napoletano era diventato una stella anche in ambito tedesco, in seguito alle tournées intraprese a partire dal 1906. La sua voce era un bene di interesse internazionale, che aveva favorito la diffusione in tutta Europa di molte romanze italiane. Ecco perché il fondo tedesco dell’Archi- vio Rai conserva diversi brani appartenenti al repertorio di Caruso: di Mattinata si è già detto, ma fanno parte dello stesso pacchetto Musica proibita di Stanislao Gastaldon e Lasciati amar! di Leonca- vallo: tutti successi che il cantante italiano aveva portato in giro per il mondo, lasciando un segno anche nel Reich.