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L’EIAR folk

4.3 Il setaccio dell’EIAR

Una simile collezione di testi è la giusta chiave di lettura per analiz- zare il rapporto instaurato dall’EIAR con il materiale di natura – o più frequentemente di ispirazione – folklorica. Ma è lo spettro delle partiture, edite o manoscritte, a darci una buona panoramica sulla selezione operata dalla dirigenza radiofonica, in evidente ossequio alle direttive del governo.

La presenza già citata di molti brani appartenenti al repertorio alpino è la prima conferma di questo discorso: intanto si tratta di materiale popolare sui generis, molto spesso firmato nel testo come nella musica (caratteristica che, come si diceva, può essere estesa un po’ a tutto il fondo), e poi è musica nata per fare team building tra soldati in prima linea, vista la loro collocazione strategica a due passi dal confine settentrionale. Il fondo «Canzoni popolari» conserva ben sette differenti raccolte di melodie montanare, che testimoniano una decisa predilezione per il tema dell’attaccamento alla divisa: sono cinque le ricorrenze nel catalogo della canzone Sul ponte di Bassano, che allude in maniera esplicita al senso del dovere avvertito dal sol- dato al momento del distacco dall’amata; Signor Capitano compare in tre versioni diverse, che celebrano il proposito di tornare a fare il «bravo soldà» dopo aver dato l’estremo saluto alla morosa defunta;

25. L’anima musicale della patria, a cura di Achille Schinetti, Milano, Ricordi, 1928 (pagina non numerata).

e così via con l’orgoglio di La penna nera, la spinta coagulante della Marcia degli Apini, e il Testamento del capitano che mette in musica le ultime volontà di un alpino, pronto a spartire il suo corpo tra il Re d’Italia, il battaglione, la mamma, la sua bella e le montagne. Tutte canzoni di trincea che mescolano sentimenti di tenerezza all’ardore militare, sottolineando un’identità nazionale da contrapporre con violenza alla spinta dello straniero:

Se un nemico corra all’armi Per violare il patrio suolo Fiero vigile lo stuolo Di noi tutti accorrerà. Se morrem, morrem da prodi Su nell’alto fra la neve E la morte sarà lieve, Perché Italia lo vorrà.26

Nello stesso solco si colloca la raccolta di canti patriottici, spesso prelevata direttamente dal repertorio risorgimentale. La sezione è ben rappresentata dalla canzone siciliana A Garibaldi, nata nel 1860 su testo di Alfonso Porro Schiaffinati, con il suo incalzante «Surgite siculi, fede e coraggio, struggete impavidi l’onta e il servaggio» che poteva essere sbattuto in faccia tanto ai Borboni quanto ai nemici stranieri. L’Addio del volontario aveva la stessa funzione: ancora un testo nato in pieno Risorgimento (1848), nel quale un coraggioso padre di famiglia abbandona la sua donna per partire in battaglia; niente lacrime, nessuna pietà per il figlioletto, ma solo tanta voglia di lottare per l’identità nazionale («Saran tremende l’ire / grande il morir sarà! / Si muora: è un bel morire / morir per la Libertà»). Bandiera rossa, con il suo agguerrito incipit «Avanti popolo, alla riscossa», era più efficace di una marcia militare. La Bella Gigogin, grazie ai suoi simbolismi ormai parte integrante della cultura nazio- nale («avanti un passo» rivolto a Vittorio Emanuele II e la polenta, gialla come la bandiera austriaca), continuava a funzionare, anche in pieno fascismo, per incitare alla battaglia e alla difesa della patria. E stesso discorso vale per alcune pagine successive. Ninetta è una

26. Corrado Venini, Inno degli sciatori, in I canti della montagna, a cura di L. E. Ferraria, Milano, Ricordi, 1929, p. 208.

canzone piemontese emersa tra gli anni Trenta e Quaranta, che allude al solito tema della distanza dall’amata in tempo di guerra, inevitabile ostacolo per la formazione di una classe militare convinta e unita: il bastone dell’arruolamento, in questa come in molte altre poesie, è addolcito dalla carota del matrimonio alla fine della cam- pagna bellica. Mentre la Canzone del partigiano sposta l’obiettivo sul momento del ritorno, con l’abbraccio di una mamma rimasta con il fiato sospeso per tanti mesi, mentre suo figlio combatteva al fronte dove «bello era morir».

La religione poi ha un peso non indifferente nella selezione testi- moniata dal fondo. I due differenti arrangiamenti manoscritti di Tu scendi dalle stelle (per coro e per sola orchestra) sono piuttosto scontati all’interno di una collezione che privilegia il popolare di seconda mano alle manifestazioni autentiche: la pagina porta difatti una firma illustre (Sant’Alfonso Maria dei Liguori) e non può certo essere ascritta al patrimonio di tradizione orale visto che ha un luogo e una data di nascita molto precisi (Napoli, 1754). Sono però parti- ture ben rappresentative di un metodo selettivo votato all’omaggio cristiano, che trova conferma in una trentina di brani di soggetto natalizio. Senza dimenticare i casi in cui il messaggio spirituale si fonde all’etica del lavoro, perfetti per inculcare nell’ascoltatore una devozione religiosa per ogni forma di occupazione produttiva. Le tre versioni di Madonnina dei pescatori sono proprio figlie di questo pensiero. La canzone è una sorta di preghiera rivolta alla Vergine, invocata per chiedere la protezione di due poveretti salpati all’alba per svolgere il loro quotidiano lavoro; e il messaggio di fondo è di grande consolazione, perché allude a un’entità soccorritrice, eletta a vegliare su tutti gli uomini della terra che rischiano la vita per essere in regola con il senso del dovere.

Oltre alla religione è la gioia a essere sempre abbinata al tema del lavoro. Le scelte dell’EIAR cadevano spesso su canzoni popo- lari intessute di buoni sentimenti: contadini, artigiani e donne di casa felici di faticare per la propria comunità. Guardate la pollaiola compare diverse volte nel catalogo dell’Auditorium Rai; il privilegio si deve senza dubbio alla radice piemontese del brano, ma anche al messaggio: una pollivendola svolge il suo mestiere in piena alle- gria, fa buoni affari («Guardate la pollaiola, sul mercato ben gira,

contratta tutti i polli, contratta tutti i polli») si alza presto alla mat- tina ma riesce anche a farsi bella («Guardate la pollaiola, quando s’alza di buon mattin, lavora un’ora e mezza a farsi i ricciolin»), e non si preoccupa troppo del salvadanaio («La pollaiola brilla, lascia- tela brillar, le piume del cappello ancora son da pagar!»). Il Canto dei boscaioli celebra il coraggio della gente abruzzese, pronta a sfidare le bestie feroci pur di portare legna alla gente infreddolita. L’aria del mulino, tratta dalla raccolta di Leone Sinigaglia, parla di amore e bella vita, di mangiare e bere bene, come se fossero inevitabili con- seguenze dell’«aria del mülin». Maggiolata punta tutto sugli amori primaverili, senza fare alcun cenno alla ripresa delle fatiche con- tadine. E la canzone del Battitore esprime con ulteriore chiarezza questo concetto, idealizzando la campagna alla maniera dei paradisi terresti, fatti di luce dorata, allegra compagnia e frutti sicuri di un sudore gradito:

Ben legate con le spighe In covoni tutti d’oro. Pronti siamo già al lavoro, Col più schietto e allegro umor. Su lieti compagni battiamo, Battiamo domani ogni Chicco farina sarà.27

Lo screening del fondo è completato da un rilevante numero di testi dedicati al tema amoroso, e da diversi esempi di ninne nanne regionali: tutti lavori che contribuiscono a delineare un ritratto del mondo popolare sorridente e confortante.