• Non ci sono risultati.

Capitolo 5 Strumenti e settori regolamentati: lo sviluppo della

5.3 Energia ambiente

5.3.1 La politica energetica comunitaria

Ad eccezione del settore del carbone6 e di quello dell’elettronucleare7, la Comunità economica europea non pone le basi giuridiche per una regola-

6

Per la regolamentazione del settore del carbone viene istituita la Comunità europea del car-

bone e dell'acciaio (Ceca) con il Trattato di Parigi nel 1951. L’accordo, sottoscritto da sei paesi

(Belgio, Francia, Italia, Germania ovest, Lussemburgo, Paesi Bassi) prevede la realizzazione di un mercato unico, senza diritti di dogane e restrizioni quantitative, per la libera circolazione del carbone e dell’acciaio. L’accordo entra il vigore nel 1953.

7 La regolamentazione del settore elettronucleare avviene con l’istituzione, contemporaneamente

111

mentazione comune del settore energetico. Solo con la Risoluzione del 1974, Una nuova strategia per la politica energetica della Comunità, ven- gono individuati i primi obiettivi comuni da raggiungere nell’arco di dieci anni (1975-1985): si punta sia sulle riduzioni delle importazioni energeti- che da paesi esteri che sulla sicurezza degli approvvigionamenti. Secondo la Commissione, la riduzione delle importazioni può avvenire solo modifi- cando la struttura del consumo di energia, intensificando l’uso dell’elettricità di derivazione nucleare, mantenendo costante il livello della produzione di carbone e sviluppando la ricerca e la produzione di gas natu- rale comunitario.

Gli Stati membri devono predisporre una politica energetica che persegua gli obiettivi comunitari. Sempre nello stesso anno viene istituita l‟Agenzia

internazionale dell‟energia8 con l’obiettivo di garantire l'approvvigiona-

mento energetico in caso di crisi, mediante una limitazione della domanda e la distribuzione delle quantità disponibili, e favorire la cooperazione a li- vello internazionale per risolvere i problemi energetici sia con i paesi pro- duttori che con quelli consumatori.

In virtù del raggiungimento degli obiettivi del piano presentato nel 1974, la Commissione nel settembre del 1985 rafforza la sua politica energetica con l’emanazione un una nuova Risoluzione dal titolo Linee direttrici per le

politiche energetiche degli Stati membri, che definisce i nuovi indirizzi

comunitari nel decennio 1985-1995. Se i provvedimenti precedenti erano tesi soprattutto ad assicurare l’approvvigionamento energetico, le nuove misure puntano prevalentemente all’eliminazione sul mercato interno di tutti quegli ostacoli (differenze di prezzo, marcate differenze tra regimi fi- scali, indisponibilità di fonti energetiche alternative) che impediscono la realizzazione del mercato interno dell’energie. Si punta ad una riduzione della dipendenza dal petrolio, ad un miglioramento dell’efficienza energe- tica, ad un potenziamento della quota di combustibili fossili e alla produ- zione di energia elettrica attraverso l’uso del carbone e del nucleare. Si promuove altresì la ricerca verso fonti alternative di produzione con lo scopo di individuare tecnologie non inquinanti e quindi favorire l’integrazione degli obiettivi energetici con quelli ambientali.

A differenza del precedente, in questo decennio gli Stati membri non sono riusciti a raggiungere gli obiettivi prefissati sia per motivi giuridici che per fattori internazionali. I primi sono da attribuirsi alle indicazione della Commissione sottoforma di Risoluzione: tale atto, da un punto di vista giu- ridico, non ha valore vincolante, quindi, i singoli Stati membri sono liberi di adottare politiche energetiche indipendenti, che, come accaduto, mirano Euratom. A seguito del Trattato sull'integrazione in vigore dal 1967, quest’organizzazione è sta-

ta integrata nella Cee e quindi oggi nell’Unione europea.

8L'Agenzia Internazionale dell'Energia è stata fondata nel 1974 dai Paesi appartenenti all’Ocse

(Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). 9 In particolare il Protocollo di Kyoto fa riferimento alle emissioni di:

112

alla tutela degli interessi nazionali piuttosto che alla convergenza su obiet- tivi comunitari. Anche le condizioni nazionali, differenti da Stato a Stato, in termini di autosufficienza energetica, condizioni ambientali, geologiche, dipendenza da fonti estere, hanno contributo alla diversificazione delle strategie e quindi alla mancata realizzazione di un intervento unitario ed integrato. A ciò vanno aggiunte l’andamento del prezzo del petrolio sui mercati mondiali e la flessione nella produzione di energia nucleare dopo l’incidente di Chernobyl che hanno mostrato tutta inadeguatezza di questo tipo di politiche a lungo termine non in grado di cogliere i cambiamenti strutturali della società europea e poco attente agli impatti ambientali dei processi produttivi.

A livello internazionale, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica, nuovi attori si sono affacciati sul mercato internazionale dell’energia, divenuto ancor più globale, modificando le dinamiche politiche tra i partner mondia- li. Il nuovo quadro di riferimento mondiale è stato discusso nel Consiglio di Dublino 1990 ed ha portato alla condivisione di un documento (la Carta

europea dell‟energia) firmato dagli stati dell’ex URSS, quelli dell’Europa

centro-orientale e l’Unione europea. In questo documento, giuridicamente non vincolante per gli stati che lo hanno sottoscritto, vengono poste le basi per uno sviluppo economico degli stati più arretrati, attraverso il trasferi- mento di nuove tecnologie e know-how verso i Paesi dell’Est e una mag- giore sicurezza degli approvvigionamenti dell’Unione europea per alcune materie prime energetiche (petrolio e gas) per ridurre la dipendenza euro- pea dai Paesi medio-orientali.

Nel Quinto programma d‟azione, la Commissione riconosce l’importanza della politica energetica come fattore determinante per lo sviluppo sosteni- bile. Gli elementi principali della strategia fino al 2000 consistono nel mi-

gliorare l'efficacia energetica e nello sviluppare programmi tecnologici in- tesi a realizzare una struttura energetica che richiede un minore consumo di idrocarburi, grazie ad opzioni basate sulle fonti energetiche rinnovabili.

Quindi l’Unione europea punta sull’introduzione di tecnologie pulite che consentano un risparmio energetico e l’adozione di nuove fonti di produ- zione alternative a quelle tradizionali, considerate troppo dannose per l’ambiente.

Sulla base dei principi contenuti nella Carta europea dell‟energia, prende avvio un negoziato di ampio respiro che porta alla stipula del Trattato sul-

la carta dell‟energia a Lisbona nel dicembre del 1994, entrato poi in vigo-

re il 16 aprile del 1998. Nato su una proposta della Commissione europea, questo negoziato riscuote un enorme successo anche per l’istituzione di una organizzazione internazionale intergovernativa per la cooperazione tra gli stati in materia energetica. I principali successi raggiunti riguardano un progressivo ravvicinamento delle legislazioni del settore e una graduale rimozione delle barriere legislative agli investimenti stranieri e agli scambi

113

di materie prime e prodotti energetici allo scopo di assicurare un mercato aperto e competitivo. Infatti il Trattato prevede il libero commercio delle materie prime energetiche, dei prodotti energetici e delle attrezzature per produrre l’energia, basato, sulle regole del GATT (in seguito WTO). Tuttavia la realizzazione del mercato comunitario dell’energia, esigenza sempre più sentita per rafforzare la competitività globale dell’Unione sui mercati internazionali, parte dal Libro bianco sull‟energia del gennaio 1995 che contiene proposte condivise di azione comunitaria per la realiz- zazione del mercato interno dell’energia al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e di proteggere l’ambiente.

5.3.2 Il protocollo di Kyoto e l’esigenza di regole condivise